Totò si agita in platea: c'è uno spiffero, la mia polmonite!
Totò è arrivato ieri mattina a Torino. Con una piccola troupe, il segretario e Franca Faldini. «La città delle tote» ha esclamato subito, allungando il mento. Si é sistemato in un albergo cittadino, ieri sera è andato come uno spettatore qualunque all'Alfieri a vedere le Tre Nava che erano da alcuni giorni nella nastra città. Ma non è riuscito a mantenere l'incognito, anche se aveva l'aria seria e il cappello nero sugli occhi. Lo hanno ripreso alla televisione. Le Nava sono scese a festeggiarlo, il pubblico ha applaudito rumorosamente. Totò pareva divertito, ha ringraziato, il mento gli scendeva sempre più giù, mentre stava per commuoversi. Poi ha dovuto affrontare i fotografi, gli sono volati addosso, ha fatto per loro una smorfia d'occasione; «Sono un po' sciupatino» si schermiva ogni tanto.
E' appena uscito, infatti, da una grossa polmonite. L'ha presa un mese fa durante la lavorazione del suo ultimo film «Addio Carolina». «Sono caduto nell'acqua — dice sconsolato — magari fosse stato il Tevere. Era un fiumiciattolo, un affluente di terzo ordine. Non ne valeva la pena ».
Adesso «Addio Carolina» viene a finirlo a Torino. Al Palazzo del Ghiaccio ci sono già le macchine da presa a posto, si aspetta soltanto Anna Maria Ferrero, che fa la parte della protagonista.
«Anna Maria arriva martedì da Sanremo con Gassman. So che ha fatto bene Ofelia, nell'Amleto. E' una parte cosi difficile per i suoi diciotto anni!». Ci sarà anche lui, all'Alfieri, la sera della prima.
Starà qualche giorno a Torino, si propone di visitarla bene. Dice che abbiamo delle bellezze nazionali: la collina, le ragazze e... i tartufi.
«Poi tornerò a Roma. Altro lavoro, altri films. Il prossimo si intitolerà «I tre ladri» tratto da un soggetto di Notari. Naturalmente uno dei ladri sarò io, per gli altri non so ancora. Devo trovare le facce adatte».
«E la rivista?» gli chiede qualcuno.
«Per ora non se ne parla: mi piace fare lo spettatore, come stasera». E sprofonda in poltrona vicino alla Faldini.
Ma non è seduto da un secondo, che già si agita, si guarda intorno preoccupato «C'è uno spiffero, la mia polmonite!».
Corrono a chiudere porte e finestre. Pare più calmo «Sono ancora convalescente — spiega — Non sarei qui se non fosse per quel veleno che mi hanno fatto ingoiare...». La Faldini dalle lunghe chiome precisa; «Cristicillin, è un antibiotico».
Totò la guarda, storce gli occhi, ò il suo modo di essere affettuoso.
Mirella Appiotti, «La Stampa», 14 dicembre 1953
Mirella Appiotti, «La Stampa», 14 dicembre 1953 |