Totò al Festival di Sanremo: affari e sentimento

Sanremo 1954

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San Remo, febbraio

Quello contro gli italiani è un lamento insistente, diffuso lungo tutto l'arco della Costa Azzurra, ed è sempre lo stesso: i turisti stranieri arrivano, si fermano due o tre giorni a Nizza, a Cannes, ad Antibes, e subito dopo fuggono verso l’Italia. Non trovano niente o quasi da ridire contro l'attrezzatura turistica organizzata dai francesi da Mentone a Saint-Raphaél, la cucina è eccellente, le strade magnifiche, completa è la gamma dei giochi e dei divertimenti, spettacolare la bellezza dei luoghi. Ma tutto ciò non interessa più gli stranieri, oppure li interessa molto meno di una volta; si direbbero distratti. Gli albergatori li sorprendono a studiare carte e guide dell'Italia, a consultare dizionari italiani, a guardare verso sud; sono impazienti come innamorati. Dopo aver visto o gustato solo poche fra le moltissime cose che offre la Costa Azzurra, prendono il volo con un senso di sollievo. Che mai li attira in Italia?

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I francesi spiano tutto quel che avviene di là dalla frontiera, si lamentano e cercano di capire, poi finiscono col fare come il giocatore sfortunato al tavolo della roulette, quando si appiglia airultima risorsa di pedinare col suo denaro le giocate di chi sta vincendo. È precisamente quel che è avvenuto col Festival internazionale della canzone organizzato a Nizza dal 26 al 31 gennaio. Questa volta i francesi erano sicuri di farcela, e in questa manifestazione, diretta concorrente di quella di San Remo, avevano investito somme ragguardevoli, decine di milioni di franchi. Se il Festival di San Remo era una faccenda solo italiana, i francesi pensarono di dare un carattere internazionale alla loro manifestazione; e perciò, a furia di milioni, reclutarono cantanti italiani, austriaci, americani, cecoslovacchi, canadesi, spagnoli, giapponesi, inglesi, messicani, brasiliani, svizzeri, danesi, paraguaiani. Accanto vi misero molte fra le vecchie e popolari glorie della canzonetta francese, da Maurice Chevalier a Joséphine Baker, da Tino Rossi a Jean Sablon. Le serate del Festival, oltre che dalla radio francese, erano messe in onda da una folla di radio europee e americane. I prezzi furono fìssati a un livello quasi popolare, da 400 franchi a 1500.

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Quando la sera del 26 cominciò il Festival, al Casino municipale di Nizza mezza sala era vuota. Andò meglio la sera dopo al Palais de la Méditerranée, ma la sera successiva, di nuovo al Casino municipale il fiasco divenne allarmante. I giornali protestarono per tutte le decine di milioni spesi inutilmente, gli stranieri finsero di non accorgersi nemmeno ch’era in corso un Festival internazionale, continuarono a fuggire verso la frontiera italiana. I francesi hanno ora deciso di ripetere anche l'hanno venturo il Festival della canzone, ma è certo che non lo faranno mai più coincidere con quello di San Remo. Non c’è che dire: il giocatore sfortunato resta sfortunato anche se ripete come un segugio le giocate di chi ha fortuna.

Se al Festival di Nizza c’era un’aria di fronte popolare per via dei baschi e dei pullover nella platea e nei palchetti, nel candido giardino d’inverno del Casino di San Remo, stilizzato da due alte palme e spennellato qua e là sulle pareti da fasci di garofani, le pellicce di visone, gli esprits, i grandi diademi, le profonde scollature non attiravano nemmeno uno sguardo tanto erano comuni. L’ultima sera, sabato 30, nemmeno a 25 mila lire era più possibile trovare un biglietto. Poche ore prima dell’inizio dello spettacolo si videro signore cadere in deliquio nelle braccia dei mariti dopo una lunga, estenuante caccia ai biglietti: si trattava qualche volta di gente che si era messa in viaggio due o tre giorni prima dalla Sicilia o dalla Calabria.

Il Festival è al suo quarto anno, i prezzi di anno in anno vengono aumentati, il disagio nei ristoranti e negli alberghi sta raggiungendo il limite della sopportazione, gli organizzatori non sanno più da che parte voltarsi per porre un argine al successo, per rendere più composta, meno frenetica, la troppa grazia fatta piovere da Sant’Antonio. Ma è difficile che vi riescano. La smania di San Remo afferra, travolge ogni anno migliaia di persone, è diventata forse la manifestazione mondana di maggiore risonanza nell’inverno italiano. Dietro alla mondanità ci sono poi gli interessi delle Case, dei canzonieri e dei parolai che stanno assisi intorno alla torta di miliardi che la Società degli Autori divide ogni anno fra i più meritevoli o fortunati. Ma non si tratta solo di denaro. C’è la gloria, c’è la popolarità, vincere a San Remo era come un tempo laurearsi poeta con l'alloro del Campidoglio. Questo vi spiega la grande, incontenibile emozione dell’attore Totò. Volentieri avrebbe rinunciato a molti suoi successi teatrali e cinematografici pur di vedere la sua ultima e diletta creatura, la canzone «Con te», prevalere sulle altre o almeno essere accolta con favore dal pubblico. Non è una questione di denaro: «Malafemmina», anche senza passare per San Remo, gli procurò una quindicina di milioni nel giro di pochi mesi.

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Sebbene non premiata, «Con te» gli arrecherà una somma di certo non inferiore. Ma Totò voleva vincere, ed era arrivato a San Remo con la fidanzata Franca Faldini, la figlia, il genero, un piccolo gruppo di amici. Totò ha composto finora una cinquantina di canzoni, e quasi tutta la musica dei suoi sketches. Si può perciò considerare un po’ di più di un dilettante. Appartiene poi a una famiglia di musicisti, e nella storia della canzone napoletana suo zio Ernesto De Curtis occupa, uno dei primissimi posti. Ora ha in mente altri motivi, altre canzoni, altre musiche. Ma «Con te» è la canzone che più ama; dice di avervi versato dentro tutta la sua tenerezza, tutta la sua anima, ch’è una cosa molto diversa dalla sua maschera teatrale. La canzone gli appariva così bella che non solo ci teneva a vincere, ma era sicuro di battere tutti i concorrenti. Molta è ora la sua amarezza per San Remo, anche perché è convinto di essere stato sconfitto non sul piano del valore artistico, ma solo dalla concorrenza sleale. Era considerato il nemico da battere, il concorrente più pericoloso, e perciò dice che c’è stata una coalizione contro di lui da parte di tutti i canzonieri ammessi al Festival. Una parte notevole del giardino d’inverno era occupata dalle varie claques organizzate da ciascun concorrente, e se ciascuna di esse aveva l'incarico di battere freneticamente le niani alla canzone di chi l’aveva pagata, tutte avevano poi avuto l’ordine di zittire gli applausi favorevoli alla canzone di Totò. E dice Totò: «Io ero arrivato a San Remo innocente e ingenuo come un colombo. Chi poteva mai immaginare tutte le brutte cose che ho visto con gli occhi miei? Ma l'ingenuità si paga. Me ne parto spennato come un pollo».

N. A., «L'Europeo», anno X, n.6, 7 febbraio 1954


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N. A., «L'Europeo», anno X, n.6, 7 febbraio 1954