Al Sistina di Roma «A prescindere» - Rivista di Nelli e Mangini

A-prescindere

Al Sistina "A prescindere..." - Rivista di Nelli e Mangini


Il ritorno di Totò alle scene ha richiamato al «Sistina» il più bel pubblico di Roma che ha gremito la sala per festeggiare il suo beniamino. E al suo primo apparire gli applausi sono stati eccezionalmente calorosi. Dopo una presentazione alquanto lunga durante la quale Totò, sotto le vesti di un uomo di mondo che sa abilmente barcamenarsi, ha presentato un campionario delle sue più tradizionali formule comiche, la rivista ha preso felicemente avvio con un seguito di quadri indipendenti l'uno dall'altro, ma felicemente congegnati ed eseguiti con incalzante vivacità.

Le originali coreografie di Gisa Geert dominate dal sapiente e raffinato stile di Ivonne Menard, svolte con ritmo intenso e serrato dal bravissimi gruppi di soliste e di solisti coadiuvati dalle show-girls (notevoli una drammatica «Makumba» e un frenetico «Rock and Roll»); le variate apparizioni di Franca May che canta, balla e recita con maliziosa grazia; le riuscite e gustose parodie di Gandolfi delle quali è stato chiesto un bit; i briosi intermezzi affidati alla Gandolfi, alla Lissiak, all'Aloisi al Curcio, al La Raina; il valido e rapido avvicendarsi di sketches di balli, di canzoni, di cori sullo sfondo dei pittoreschi scenari di Artioli fra lo sfolgorio dei costumi di Folco, hanno costituito una rappresentazione colorita, stimolante, mossa e quanto mai gradevole. Anche se il testo non è molto ricco nè molto spiritoso, la parte visiva sostenuta da una vivida fantasia di coreografie e di variazioni, ha pienamente approvato l'aspettativa del pubblico che si molto divertito.

Su questa attraente trama spettacolare si sono inseriti e intrecciati gli interventi di Totò, sul quale pesano, evidentemente, i sette anni di attività cinematografica che lo hanno disabituato dall'improvvisazione scenica e, soprattutto, gli hanno impedito di aggiornare l'estro inventivo. La sua comicità è rimasta legata a espedienti alquanto superati, qualche volta perfino di gusto dubbio, basati su doppi sensi ed equivoci verbali che non trovano più la rispondenza di una volta. Ciò non toglie che l'innato umorismo di Totò, il suo istinto del grottesco e le sue trovate mimiche abbiano a poco a poco, nel calore della recita, ritrovato slancio e sapore: cosicchè alla fine anche le sue scene hanno avuto piena risonanza.

Il pubblico lo ha vivamente applaudito insieme a Enzo Turco e a tutti gli altri bravissimi esecutori chiamandoli e richiamandoli innumerevoli volte sulla passerella. Lo spettacolo, che ha un tono, un livello e un entrain del tutto insolito, si replica da stasera.

E. C. (Ermanno Contini), «Il Messaggero», 24 novembre 1956


E. C. (Ermanno Contini), «Il Messaggero», 24 novembre 1956

Le "prime" - Rivista "A prescindere"

L'applauso interminabile che è scrosciato ieri sera all'apparire di Totò sulla ribalta del Sistina ha testimoniato in maniera evidente la affettuosa cordialità con cui il pubblico accoglie il ritorno del popolare attore alla rivista, dopo sette anni di assenza. E Totò ha ben ripagato i suoi spettatori, mettendo in opera tutte le sue risorse mimiche e di recitazione che lo rendono inconfondibile e che fanno di lui un maestro del lazzo, dello sberleffo, della comicità scatenata al limite dell'assurdo e dell'irreale. Peccato, grosso peccato che il copione di Nelli e Mangini servisse molto mediocremente le straordinarie doti del protagonista e dell'ottimo complesso di interpreti che gli erano accanto.

"A prescindere" si presenta come un seguito di quadri o volutamente slegati l'uno dall'altro, ma privi anche (e qui è il guaio) di un minimo di coesione tra loro, nel contenuto e nella forma. Non mancano gli spunti tratti dal costume corrente o dalla cronaca: i concorsi televisivi, la crisi del cinema e i colossi di cartapesta, il Rock'n'Roll; la materia è però elaborata quasi sempre con superficiale facilità, e scade a più riprese in situazioni e battute accentuatamente sboccate.

La parte coreografica, curata da Gisa Geert, offre momenti di buon gusto accanto a soluzioni risapute e anche stantie, ma ha comunque modo di dare sostegno alle esibizioni di Yvonne Menard, una ballerina francese dalla splendida corporatura e dalle movenze conturbanti, e a quelle della brava e simpatica Franca May.

Si deve a loro soprattutto (oltre che a Totò) se allo spettacolo, nonostante i difetti cui si accennava, è arriso un successo lietissimo. Da ricordare anche l'eccellente Enzo Turco, il Curcio, l'Alvisi, il La Raina, sacrificati purtroppo dalla fiacchezza del testo, la Graziosa Franca Gandolfi, Elvy Lissiak, la Maver, la Silli, lo strabiliante imitatore Di Gilio, i due gruppi di danzatrici e il gruppo di danzatori. Scene adeguate, di Artioli; costumi eleganti, di Folco, musiche di normale livello, del maestro C.A. Rossi. Passerelle in gran numero. Da oggi si replica.

ag. sa., «L'Unità», 24 novembre 1956


ag. sa., «L'Unità», 24 novembre 1956

Il numero sette domina nello spettacolo di Totò

Roma 24 novembre, matt.

Poche battute sono state necessarie ieri sera a Totò, per annullare di colpo i sette anni che è restato lontano dalla rivista: presentando al teatro Sistina lo spettacolo «A prescindere», l'attore ha dimostrato di ritrovare se stesso. la sua insuperabile arte di comico, la sua comunicativa con il pubblico ormai rassegnato a vederlo comparire soltanto sullo schermo.

Costruita con facile brio, la rivista ha dato modo a Totò di «ringraziare la marcia» sul palcoscenico: il pubblico ha ritrovato il suo vecchio beniamino, ma ha ritrovato, contemporaneamente. la genuina forma della rivista. «A prescindere» non è una commedia musicale, come se ne sono viste molte In questi ultimi tempi: è una vera «rivista», così chiamata perché passa in rassegna in chiave umoristica ed a volte lievemente satirica, •le manifestazioni più appariscenti della vita. Tòtò ha voluto prescindere, come egli stesso ha affermato, da ogni schema, da ogni cliché prefabbricato. Ed il successo con il quale il pubblico romano lo ha accolto ha dimostrato che egli ha avuto ragione. E con Totò sono state applauditissime Franca May, soubrette bionda, fresca e spumeggiante; la bella e brava Franca Gandolfi; Jvonne Menard, delle «Folies Bergère»; oltre al simpatico Enzo Turco.

Al debutto della compagnia di Totò la folla é accorsa numerosissima. Anna Magnani, Gina Lollobrigida con il marito Milko Scofic, Eleonora Rossi Drago, Alberto Sordi ed una miriade di «stelline» del cinema e della rivista erano presenti al Sistina, dove erano convenuti pure il sottosegretario allo spettacolo Giuseppe Brusasca e numerose altre personalità dei mondo politico ed artistico. Se la serata ha registrato il successo di Totò, un vero trionfo é toccato a Remigio Paone, l'impresario che é riuscito a riportare li comico dallo schermo al palcoscenico. Ma per questo, Paone ha avuto come ottima complice la nostalgia, quel sentimento che Totò ha già definito «il richiamo della foresta». E l'attore, ieri sera, era sensibilmente emozionato: un'emozione che gli veniva dal ritrovarsi a diretto contatto con il pubblico.

«A prescindere» porta la firma di Nelli e Mangini, ed è stato uno spettacolo riuscito anche se, a volte, il copione denunciava qualche lentezza rieccheggiando motivi conosciuti. Buona la regia. La personalità esuberante di Totò si è imposta anche nella parte musicale: molte canzoni, oltre a quelle dei maestro Carlo Alberto Rossi, sono sue. Apprezzati i costumi di Folco e le scene, eseguite su bozzetti di Artioli. Misurati, piacevoli e quindi applauditi gli altri attori componenti il cast: Dino Curcio, Antonio La Raina. Alvaro Alvise, il simpatico e bravissimo Imitatore Mario di Giglio, le belle Elvi Lissiak. Marisa Mayer, Luana Silli.

Sette danzatrici del balletto di Gisa Geert, sette «show-glrls», sette danzatori, come i sette anni di assenza, hanno compiuto miracoli: il quadro del «Rock and roll» ha rivelato, insieme ad intenti satirici, la loro bravura. La critica romana ha accolto favorevolmente lo spettacolo, che non era soltanto una «prima», ma un avvenimento nel campo artistico. Per questo forse il teatro è riuscito a stento a contenere tanto pubblico. Applausi, bis e «passerelle» a ripetizione.

«Corriere della Sera», 24 novembre 1956



«Corriere della Sera», 24 novembre 1956

 

Dopo sette annidi assenza dalle scene, Totò si è ricordato che Giuseppe Verdi sosteneva «torniamo all'antico e faremo del nuovo» ed ha chiesto al suoi autori Nelli e Mangini non la solita commedia musicale ora di moda, bensì una semplice rivista, sapida di belle donne, allegra e sgambettante in libertà, senza quel filo conduttore che spesso imbriglia l’estro. Infatti «A prescindere» è uno di quei motti cari a Totò perché dicono tutto e non dicono niente!

Lo spettacolo, sotto l'egida Errepi, è giunto a Roma dopo due giorni di rodaggio a Perugia. Pochi. Fra una settimana godrà di quella carburazione perfetta di cui ieri sera difettiva. Amico di Paone, amico di Totò, non amico del giaguaro, ma soprattutto amicissimo dei miei lettori, scrivere una critica del debutto al Sistina non è cosa facile. Dire che ha deluso, è indubbiamente eccessivo. Dire che è stalo inferiore alla aspettativa, è onesto. Remigio Paone ed Antonio De Curtis sono uomini di teatro di tale probità artistica da rendersi lealmente conto delle zone grigie di ieri sera.

Totò ci ha detto qualche cosa di nuovo? No. Anzi ha drogato il testo con le trovate sceniche ed i lazzi a lui sempre cari, anche se oramai velati dalla patina del tempo, a costo di farla da padrone sugli autori, travolti — talora forse loro malgrado — da una personalità artistica talmente violenta da annullare qualsiasi copione: ci fosse o non ci fosse. Le sue caratterizzazioni umoristiche (il viveur, il già noto Commissario di P.S., il produttore cinematografico, Napoleone e persino Otello) sono sempre irresistibili. Mi consente duuque di risparmiargli il solito, sia pure meritato, inno. La sua carriera teatrale, quanto ad inni, é tutta — ed ancora — una marcia trionfale dell'Aida. Due quadretti di preparazione e si salta di palo in frasca: Elvis Presley, il cantante isterico, il ragazzone sportivo che preferisce la partita di calcio a quella propostagli dall'ardente fidanzatina, le generichette «tuttofare» in cerca di produttori, eccetera. Le coreografie di Gisa Geert incidono notevolmente sulla classe dello spettacolo. La Makumba, in cui ammiriamo Yvonne Ménard nel ruolo di una vergine offerta al mulatto Bob Curtis, in funzione di coccodrillo sacro (ma di buon appetito), e il Notturno sulla nave, ove vediamo una passeggera (Franca May), sofferente d’insonnia, concedersi una rapida esperienza erotica con un robusto fochista negro (Ted Barnett) mi sembrarono quadri di ordinaria amministrazione. Ma il travolgente Rock and Roll, l'arioso finalissimo, e soprattutto la Leggenda siciliana, racconto d'amore e di morte, sono composizioni pantomimiche degne delia magistrale firma di Gisa Geert.

Per Franca May sciolgo volentieri le riserve fatte in altre occasioni, relative alla mancanza di maturazione per un ruolo tanto impegnativo, frutto di una carriera troppo accelerata: tipo «Tutto l'Inglese in 24 lezioni», oppure «Imparate a ballate per corrispondenza». Elegante, avvenente, volenterosa, allorché nel monologo romanesco, non più ossessionata dalle pastoie di un subrettiname di maniera, ha recitato sinceramente e - facile facile -, si è rivelata valida attrice.

Yvonne Ménard, quanto a mezzi vocali, è una chanteuse de charme, ma — vedi la canzoncina dello « spogliarello — di quale delizioso charme! Come ballerina ha dimostrato che non a torto il suo veccho impresario parigino, Paul Derval, la definì «un vrai démon qui mec le feti aux planches». Benché evidentemente spaesata in uno spettacolo italiano, tenne costantemente i vigili del fuoco in preallarme.

Franca Gandolfi ha avuto tutto dalla vita teatrale: un bel marito, e per di più armato di chitarra. Domenico Modugno; una bellezza tale da farla apparire. come l’amato oggetto del tenore del «Ballo in maschera», tutta estasi, raggiante di pallore, un aspetto da figurino di Vague ed ora persino un successo secondo ruolo, nel quale sfoga brillantemente. Avrei veduto volentieri affidare ad Elvi Lissiak, che è ottima attrice, parti di maggior rilievo.

Marisa Mayer e Luana Silli fanno con lodevole impegno quel poco che (non) hanno dato loro da fare. Eccellente in bravura, un tantino meno in misura, Enzo Turco. Ammirevoli Aivisi, Curcio e La Raina nel cavar fuori sangue dalla rapa dei vari personaggi loro adeguati. L'imitatore Mario Del Giglio — rifacendo l'esteta Muriannini, il gastronomo avv. Rossi, Tina Pica ed altri — è stato uno spasso. Il pericolante primo tempo gli mandi un telegramma di ringraziamento per grazia ricevuta.

Musiche di C. A. Rossi oneste quanto insignificanti, malgrado gli sforiz eroici del Maestro Mariano Rossi per armonizzarle con la sua orchestra. Scene di Artioli diligenti: di gradevole effetto il finalissimo. Costumi di Folco: un altalenare di buonissime o di banali idee. Ottime le sette coppie di danza, dalle quali emergono per particolare bravura, la svitata Josè Hargreaves, in evidente cura dimagrante, lo stilizzato Sandro Domini ed il plastico mulatto Ted Barnett ,con le svettanti show girl, le coppie sono state a volte pregevole quadro ed altre preziosa cornice.

La celebre «cosetta» di tutta la Compagnia al seguito di Totò, sul patriottico motivo della marcetta del Bersaglieri, ha concluso la serata in bellezza, coprendo qualche lieve dissenso e galvanizzando la platea, mentre dall'alto dei dell'italico Stellone — che è sempre una grande risorsa — faceva da faro e da moccolo.

Nino Capriati, «Momento Sera», 25 novembre 1956 - Disegno di Umberto Onorato



Nino Capriati, «Momento Sera», 25 novembre 1956

Riferimenti e bibliografie:

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • La Stampa
  • La Nuova Stampa
  • Stampa Sera
  • Nuova Stampa Sera
  • Il Messaggero
  • Corriere della Sera
  • Corriere d'Informazione
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