L'asse Totò-Magnani
Settant'anni di rivista italiana - Nel 1938, per il primo spettacolo Errepi, furono falsificati i documenti di attori e sceneggiatori israeliti che le autorità fasciste volevano messi da parte; nel 1941, si svolse a Roma la conferenza a cinque per la creazione della compagnia di Anna Magnani e del Principe Antonio De Curtis
Dicevo, la volta scorsa, della primogenita rivista Errepi, quella Zizì di Szilaghy, protagonisti Rosy Barsony e Oscar Denes, che nel 1938 doveva iniziare le rappresentazioni. Premetto: quell’autore Szilaghy è mia invenzione. Non si tratta, badate, d’un «autore-fantoccio» : il personaggio esiste, è di carne e ossa, vivo insomma, e a quel tempo anche vegeto (tanti anni dopo concluderà i suoi giorni tristissimi in una clinica per alienati a New York) ma in realtà si chiama Paul Abraham, l’Abraham illustre che ha dato al mondo musicale gioielli senza pari quali Vittoria e il suo Ussaro. Fior d’Haway, Ballo al Savoy. Ma è ebreo, ebreo d’Ungheria, perciò in quell’anno di epurazione razziale, che è il 1938, destinato al macero. Che faccio allora, ossequiente alle leggi del momento? Procedo alla epurazione del cognome, lo battezzo Ladislao Szilaghy e metto nel sacco la legge razziale. Bene, mi sento in una botte di ferro.
Accidenti alle botti di ferro: non si è mai tranquilli nel loro interno. La mattina del 20 ottobre (subito dopo la inaugurazione del Teatro Nuovo avvenuta il giorno prima) sono doppiamente convocato in Questura ed all’Ufficio Stampa della Prefettura di Milano.
— Buongiorno, dottor Paone.
— Riverisco.
— Come la mettiamo con questi vostri artisti Barsony Rosy e Denes Oscar?
— Molto bene, sono due assi.
— Sapete che sono ebrei?
— Non scherziamo, per carità.
— C’è poco da scherzare: c’è soltanto da rimpatriarli. Le chiare direttive...
Anche io ho una direttiva mia personale, ma non gliela dico, nè al Questore nè al capufficio di via Monforte. Questa direttiva è il direttissimo Milano-Roma, che è una specie di casa mia. Durante una settimana di permanenza romana., riesco a mettere insieme:
a) due documenti in perfetto stato (sembrano veri) dai quali risulta che Rosy Barsony ed Oscal Denes sono di pura, purissima razza cristiana;
b) un permesso del ministro della Cultura Popolare Dino Alfieri, che, su proposta favorevole di Nicola De Pirro « consente che la signora Rosy Barsony e il signor Oscar Denes, partecipino indisturbati alle rappresentazioni di Zizì del signor Ladislao Szilaghy ».
Così Zizì. primogenita della rivista Errepi, il 7 novembre 1938, entra ufficialmente, con tutti i crismi e tutti gli interpreti nessuno escluso, nemmeno quelli istraditi, nella storia della rivista in Italia.
Ora siamo, state attenti, allo scoppio del secondo conflitto mondiale. In alto, altissimo loco, si è effettuato l’asse Roma-Berlino, e in basso, modestamente in basso, se ne effettua un altro, infinitamente più piacevole e soprattutto più producente: l’asse Totò-Magnani.
Sentite: di incontri a superbo livello, la casistica di questi ultimi anni è ricca a profusione. Ma io non posso sottovalutare quello che un pomeriggio del 1941 ha luogo nel salone d’un grande albergo romano, ed al quale partecipano cinque potenze. La conferenza a cinque è per le ore diciassette. Ordine dei lavori:
1) Formazione della compagnia di riviste «Totò-Magnani » per la rappresentazione di "Volumineide" di Michele Galdieri.
2) Discussione sul tema e sul contenuto della rivista.
3) Varie.
Alle cinque esatte, spaccando il minuto, è presente Totò. Sangue patrizio non mente: il primo dovere del patriziato e del vero gentiluomo è la puntualità. Alle cinque e tre minuti (purtroppo il ritardo degli organizzatori-ìmpresari-producers eccetera è proverbiale ed insopprimibile) sopravveniamo io ed il caro indimenticabile Luigi Riboldi. Alle diciassette e venti, trafelato, mortificato, abbracci e baci, ecco Michele Galdieri.
TOTO’: E Anna?
MICHELE: C’è, c’è, l’ho vista!
IO: AH bene, dove?
MICHELE: Poco fa, qua per via Veneto. Sulla sua charette nuova: a momenti il cavallo mi viene addosso, perchè sapete come guida quella benedetta donna. Ma non può tardare.
Alle diciotto e dieci, serena, disinvolta, persino confidenziale, ecco la Nostra. La seduta ha inizio. Il verbale della Storica conferenza reca:
...«Il dottor Paone e l’avv. Riboldi presentano le credenziali che li delegano, a nome della ” Spettacoli Errepi ” e della Società Suvini Zerboni, a rappresentarle nella creazione, fondazione e gestione della Compagnia».
MICHELE: Adesso vi dico del copione. Si comincia con una coppia di ladri. Questa coppia di ladri ha stabilito di penetrare di nottetempo in un negozio. Praticano il solito foro, travestiti abilmente da manovali municipali, sotto gli occhi dei passanti e dei vigili urbani. Quando è notte si calano nel sottosuolo, lì praticano un secondo, un terzo foro, e finalmente sbucano felicemente...
IO: Nella gioielleria. Ahi, ahi, già vedo il solito quadro dei gioielli, le perle, i brillanti... Miche’, s’è già fatto un sacco di volte, per carità... TOTO’: Ma lascialo finire. Ostia!
MICHELE: (S’è tolto gli occhiali: i suoi occhi a globo volti in direzione degli astanti, parlano per lui. E dicono cose che soltanto i napoletani di autentica discendenza saprebbero tradurre). (Rivolto a Paone). Gioielleria un corno. Hanno sbagliato buco. Si trovano in una libreria.
IO: (Mi alzo, stringo la mano dell’autore). Miche', sei grande.
MICHELE: Lo so.
"Volumineide" di Galdieri, riprende, alla distanza di trent’anni, la desinenza in «eide», nel titolo che si rifà al tempo di Turlupineide di Renato Simoni. Come ho narrato tempo fa su queste colonne. Quella di Simoni fu il primo esempio di rivista «a filo conduttore», di rivista cioè con un capo ed una coda: un settore rivistaiolo nel quale Michele Galdieri s’è sempre nobilmente distinto, quale rappresentante di primo piano di quella «intellighentia» nella quale fanno spicco ai nostri giorni i Caprioli, Bonucci, Valeri ed i Fo, Durano, Parenti, pionieri del «terzo tempo » della rivista italiana.
Che si vide e si ascoltò nella prima rivista galdieriana per Errepi? Si videro, ve l’ho accennato, libri e libri, autentici gioielli di ogni tempo: si ascoltarono parodie, accostamenti, paralleli fra gli avvenimenti del giorno e i volumi di un tempo. Tornò all’ordine del giorno Pinocchio, rivisse i suoi eventi Anna Karenina, fu di turno Carolina Invernizio con i suoi eroi ed eroine, ed ogni figura un fatto, ogni copertina un motivo pertinente, ogni pagina un commento vivo e parlante.
Oh, bei tempi del mio noviziato in rivista!
Pensate: Totò (lo ripeto: nobil sangue non traligna) diede le mille e una prove del suo aristocratico modo di sentire e comportarsi, accettando da gran signore sicuro del fatto suo, parti di piccolo o grosso rilievo, facendo sua la massima del grande Stanislawsky «In teatro non sussistono parti grandi e piccole: ma soltanto grandi o piccoli artisti».
— Mi sento, modestamente, Archimede — disse e dice — Datemi un punto di appoggio, e poi vi faccio vedere io...
E l’Anna nostra?
Riflettete, e concludete con me. In occasione di "Volumineide", lei, la grande inoppugnabile Annissima nazionale, veste da «Cappuccetto Rosso» ma non mi fa richiesta di un cappuccetto costellato di rubini, nè di un costume firmato da qualche Paquin romano del tempo. Interpreta «Anna Karenina» ma non pretende stivaletti foderati di chinchillà da cima a fondo... Il nome di Schubert è apparso sì sul manifesto di "Volumineide" ma non s’è trattato del grande couturier, soltanto dello Schubert Franz (1797-1828) le cui musiche son servite a Gisa Geert per talune delle sue danze d’arte cerebrale, di cui la viennese detiene da un ventennio l’aureo scettro sui nostri palcoscenici di rivista.
E a Franz Schubert dell’altro secolo, in "Volumineide" tien dietro il Manuel De Falla del secolo nostro, perchè non c’è rivista di Galdieri senza pagine di Schubert senza «temi» di De Falla, o di Malipiero, o, magari, di Respighi, o Dallapiccola: ve l’ho detto è questione di «intellighentia» portata costantemente sul piano della rivista, sul cosiddetto, ahimè, «palcoscenico minore».
Alla faccia del «palcoscenico minore» !
Termino la rievocazione di "Volumineide", ricordando quella «Gondola delle Chimere» di Maurice Dekobra, a bordo della quale eroi ed eroine della rivista concludevano il loro periplo galderiano. Chiedetemi nomi e cognomi dei naviganti, vi risponderò. Erano, se ben ricordo, insieme con la Magnani e Totò, la elettrizzata Mariuccia Dominiani, ad alta tensione, la perlacea Pola Orlowa, in pieno sboccio, la conturbante Maria Asias, primogenita del duo famoso, ed era Mario Castellani, che poi per molti anni ricoprì la carica di capo del cerimoniale artistico del Principe Totò, erano Paoli, Colbelli, ed il maestro Anèpeta...
Questo spettacolo Errepi iniziò nel febbraio del 1942 al Teatro Verdi di Ferrara, e di lì mosse alla volta di Milano e di Roma, di Napoli, e così via. Disse, Umberto Onorato, il venefico Onorato che aveva disegnato i costumi e le scene: «Speriamo, ragazzi, che sia una rivista a prova di bomba. Coi tempi, e le bombe, che corrono...».
Remigio Paone, «Vie Nuove», anno XI, Roma, 1 dicembre 1956
Remigio Paone, «Vie Nuove», anno XI, Roma, 1 dicembre 1956 |