L'infallibile Dox torna in borghese
Durante la sua lunga carriera il famoso cane poliziotto ha risolto centocinquanta casi, ha operato otto salvataggi, è stato sette volte ferito.
Roma, gennaio
Negli Stati Uniti, durante uno dei tanti giochi televisivi, venne chiesto ad un concorrente : «Chi è il poliziotto italiano più famoso del mondo?». «Il cane Dox», rispose il concorrente. «La risposta è esatta!» confermò il presentatore del quiz scatenando un uragano di applausi nella platea.
In Italia, invece, il cane poliziotto Dox ed il suo degno erede Dox jr. sono stati «sfrattati» proprio in questi giorni dalla Questura della Capitale, scatenando un uragano di attacchi sui giornali, suscitando la compatta pietà di migliaia di romani proprio in un Paese dove gli animali non hanno mai trovato troppi difensori e rischiando di farci avere, dopo un «caso Melone», anche un «caso Maimone», ché questo è il nome del brigadiere proprietario di tanto cane.
Con la sola differenza che se i guai del vigile Melone cominciarono con una multa all'allora questore di Roma Marzano, i pretesi guai del brigadiere Maimone sarebbero coincisi con il trasferimento del dottor Marzano a Venezia. La «pietosa vicenda» del cane poliziotto più celebre del mondo nasconde quindi un piccolo retroscena che vai la pena di esaminare sotto i suoi diversi aspetti prima che, frettolosamente o intenzionalmente, qualcuno pretenda di farlo diventare quello scandalo che in realtà non è.
Il primo punto debole, e forse il più importante di tutta la storia, è costituito dal fatto che Dox, il famoso cane col naso-radar, è un «abusivo». Di proprietà del brigadiere Maimone, lo ha seguito per quattordici anni in tutte le sue azioni di polizia e in circa centocinquanta casi ha portato il padrone e gli agenti sulla pista giusta. Però è rimasto un abusivo, o meglio un «cane poliziotto privato», un isolato, un artista senza la protezione di alcun sindacato. In più di una occasione, anzi, le gesta di Dox hanno talmente interessato le scuole di cani poliziotti che è stato chiesto il suo inserimento nei ranghi. Ma Dox, o meglio il suo padrone, ha preferito la libertà, senza rinunciare tuttavia alla popolarità e ai vantaggi che potevano derivare, nella stessa polizia, dai brillanti risultati conseguiti.
Finché è arrivato il giorno della resa dei conti ed è stato ordinato al brigadiere Maimone di tenersi il suo cane, con il figlio Dox jr. nato nell’estate scorsa, ma di non portarlo più in caserma. Maimone, che è un poliziotto siciliano coraggioso e solerte, ma sospettoso e permaloso, ha preso questo provvedimento come una offesa personale, come un brutale benservito dopo tanti anni di sacrifici e privazioni, del resto di volta in volta regolarmente retribuiti. E senza por tempo in mezzo, siccome è anche un abile public relations dei suoi pupilli a quattro zampe, ha preso i due cani e li ha messi in una cuccia frettolosa sulla strada, proprio fuori degli uffici della Mobile. Risultato: la cuccia dei due Dox si riempì di doni; la polizia ha avuto una pessima stampa, il comico Totò ne ha avuto una ottima ospitando i due cani prima in una stanza dell'hotel Parioli e poi nel suo canile di Forte Boccea. Il provvedimento non è stato revocato e Maimone ha preso la decisione estrema: si è dimesso.
C'è chi si rovina con le donne, chi col gioco: di Giovanni Maimone i colleghi dicono che si è rovinato per quel cane. Rovinato è tuttavia un termine da intendere in senso molto ampio, per dire che da quasi tre lustri la sua vita ha avuto due sole direttive: il proprio dovere e l'istruzione di Dox. «Per quel cane si è persino separato dalla moglie», giunge a dire qualche altro, non sappiamo con quanto fondamento. È un fatto, comunque, che come sottufficiale ammogliato Giovanni Maimone aveva diritto ad una casa, con dispensa dalla vita di caserma, fissata dai regolamenti per gli scapoli. A Roma il brigadiere è domiciliato in un appartamento di Viale Medaglie d'Oro, ma non vi abitava mai, né lui né i cani: perché Maimone, considerandosi uno scapolo, viveva da anni in caserma, sempre seguito come un'ombra dall'abusivo Dox.
Tutto è andato bene finché qualcuno ha chiuso un occhio e di Dox ce ne sono stati due (il secondo piuttosto aggressivo e lunatico con gli stessi agenti) o finché, come dice qualche altro, Dox è stato sulla cresta dell’onda Poi è bastato un nuovo comandante, la segnalazione di un articolo del regolamento, o il ventilato pericolo che altri agenti potessero scoprirsi t amici degli animali», a mettere un punto fermo a tutta la vicenda. «Vuoi mandarli alla scuola di polizia?» gli è stato chiesto. Maimone ha detto no. «Vuoi che li mettiamo come guardiani in qualche bella villa?» Maimone ha ripetuto di no, questa volta quasi offeso. * Vuoi portarli a casa tua, a Monte Mario?» Un terzo no.
I suoi giorni eroici furono quelli della caccia a Giuliano
Secondo l'archivio storico, compilalo dal brigadiere Maimone, il cane Dox ha una brillantissima attività di servizio: ha collaborato a sette casi di omicidio risolvendone tre, a tren-tacinque rapine scoprendone quattordici, ha compiuto otto salvataggi, ha rintracciato sette persone scomparse, ha risolto sei casi di estorsioni e ricatti ed ha portato a buon fine novantatré altre azioni di polizia con cattura di ladri e recupero di refurtiva. Il pastore tedesco Dox von Coburger Land è stato anche ferito con arma da fuoco o con pugnale ben sette volte, e in più di una occasione ha salvato la vita del suo proprietario, distinguendosi particolarmente nelle operazioni di repressione del banditismo siciliano.
Prima di diventare un elemento quasi indispensabile alle forze di polizia italiane, Dox acquistò una discreta notorietà e guadagnò i suoi primi biglietti da mille in una serie di tournée» artistiche, che cominciarono al teatro Alfieri di Torino quando aveva due anni e si conclusero, con crescente successo, ad Alessandria, Acqui e nelle località più note della riviera ligure tra Genova e Ventimiglia. Ad Acqui, durante una provai generale, nei percorrere bendato un asse lungo dieci metri e largo pochi centimetri, cadde da sette metri e si ruppe una zampa. Lo stesso Maimone temette di dover rinunciare allo spettacolo, ma l'indomani Dox, con stoicismo teutonico e la zampa ingessata, riuscì a ripetere il difficile esercizio. Sempre bendato e zoppicante, il cane trovò ogni volta gli oggetti, le monete, gli indumenti che gli avevano fatti annusare prima di nasconderli. Per il futuro cane poliziotto si trattava di esercizi quasi normali che tuttavia fruttavano a Maimone, a seconda dei teatri, dalle quindici alle centocinquantamila lire.
Le giornate eroiche di Dox e del suo padrone furono quelle siciliane della caccia a Giuliano, anche perché entrambi rimasero feriti sul campo. L’arrivo di Dox impressionò quanto un battaglione di guastatori. I banditi, non appena si resero conto di avere a che fare con un cane dal fiuto eccezionale, organizzarono un servizio di avvistamento solo per lui. In una imboscata gli spararono a bruciapelo ferendolo ad una zampa. Dox si finse morto. Poi, appena uno dei banditi tentò di fuggire per impervi sentieri, si gettò al suo inseguimento, fermandosi ogni tanto a lambirsi il sangue che sgorgava dalla ferita. Corse cosi per nove chilometri, riuscì a sorpassare il suo feritore e a tendergli a sua volta una imboscata, a gettarlo a terra e ad addentarlo disperatamente, finché non sopraggiunse Maimone con i suoi uomini. Dal canto suo Maimone, in altra operazione, si prese in pieno petto una sventagliata di mitra, dopo essere riuscito a stanare un gruppo di banditi. Fu salvo per miracolo.
Oltre che con queste prodezze, Dox ha conquistato la notorietà e si è imposto all'ammirazione della polizia italiana e di quelle straniere, con una serie di metodiche operazioni cittadine che, una volta di più, hanno messo in evidenza il suo eccezionale fiuto. È il caso dei duo fidanzati assaltati e derubati all’EUR da un malvivente, che nella fuga perdette un guanto: dopo averlo annusato accuratamente, Dox si fece una passeggiata di sette chilometri attraverso la campagna raggiungendo il fuggiasco nel suo nascondiglio, con la refurtiva ancora addosso. E il caso della ragazza coinvolta nello scandalo degli esami ad un concorso per notaio: avvicinata dalla polizia a Ponte Garibaldi, la ragazza aveva finto uno svenimento che le aveva permesso di far cadere la borsetta nel Tevere; a Dox bastò annusare la ragazza per lanciarsi lungo il greto del nume e ritrovare, due chilometri più avanti, impigliata in un cespuglio, la borsetta con le prove della truffa, che portò all’arresto di sette persone.
Nell'estate scorsa, quando fu segnalata alla Squadra Mobile una rapina in Via Panico, della quale si occuparono molto i giornali perché coinvolse anche lo scrittore Pier Paolo Pasolini, il brigadiere Maimone fu inviato sul posto con Dox. Erano le tre di notte, le strade apparivano deserte, silenziose e completamente buie. D cane, incitato dal suo padrone, cominciò ad annusare il terreno, finché non scovò il bottone di una camicia da uomo. Gli girò attorno un po’, poi lo prese in bocca e cominciò a trotterellare sicuro verso una direzione precisa. Maimone l’osservò: questa volta era davvero incerto se seguire o no la pista del cane. La rapina era avvenuta un paio d'ore prima, non vi erano testimoni, la zona era molto isolata e trovare il proprietario di quel bottone avrebbe potuto non significare nulla: poteva averlo perso un passante qualsiasi. Alla fine decise di lasciar fare a Dox e di seguirlo.
La pista fini davanti a una casa. Il brigadiere, che intanto era stato raggiunto da altri agenti, fece l'intimazione di rito: ne uscì un giovanotto in canottiera, seguito da due donne. Il cane si infilò nell’uscio, attraversò la prima stanza, entrò in una stanza da letto, si fermò davanti ad un armadio raschiando con la zampa come se volesse aprirlo, poi puntò verso un angolo della stanza e si fermò accanto ad una camicia da uomo cui mancava il quarto bottone dall'alto, dello stesso tipo di quello rintracciato sulla strada. Gli agenti trovarono, nell'armadio, la catenina e il bracciale d’oro sottratti ai rapinati. Poi il cane riprese la sua marcia e, sempre fiutando il terreno, guidò gli agenti in altre abitazioni dove dormivano i loro sonni gli altri nove implicati nell’aggressione.
Molti hanno cercato di stabilire come riesca il cane a selezionare gli odori, seguendo quello che lo condurrà al malvivente. Infatti, non sempre gli agenti possono sapere se un oggetto apparteneva al ladro o al derubato. Gli esperti sostengono che ogni individuo, al momento di compiere un atto delittuoso, abbia una particolare secrezione della pelle; un odore che un cane è in grado di distinguere e inseguire sino alla fine. Ma la gente preferisce credere al «fiuto miracoloso», che anche in Dox non è garantito al cento per cento, se è vero che all’inizio della sua prestigiosa carriera la caccia a un delinquente si concluse nella camera da letto del commissario stesso che l’aveva ordinata, fatto alzare di forza dai propri agenti nel cuore della notte.
Detentore di primati, attestati e medaglie, laureato a Genova nel 1953 campione mondiale dei cani poliziotti, dopo aver battuto colleghi temibili come Xorro della Sureté francese e Rei di Scotland Yard, il buon Dox non meritava lo «sfratto» di questi giorni, anche se il provvedimento adottato contro di lui gli ha garantito, ormai alla fine della sua carriera, una pensione che la burocrazia italiana non avrebbe mai saputo o potuto dargli. Ma il primo a capire tutto questo avrebbe dovuto essere proprio il brigadiere Giovanni Maimone. forse troppo occupato a curare il suo idolo (al punto di chiederne e ottenerne il trasferimento estivo in fresche località montane) per rendersi conto che nessuna eccezione può mai tramutarsi in regola.
Giorgio Salvioni, «Epoca» anno XII, n. 539, 29 gennaio 1961
Giorgio Salvioni, «Tempo» anno XII, n. 539, 29 gennaio 1961 |