Cinque storie come tante altre

1962-Toto

Non è facile stabilire quante siano le ragazze che ogni anno tentano il tutto per tutto con il miraggio di riuscire a inserirsi nel mondo del cinema; ma non c’è dubbio che sono molte se quasi ogni giorno di loro si occupa la cronaca, per via dei sistemi troppo ingenui o troppo scaltri che mettono in pratica per farsi pubblicità. Le straniere, lo sanno lutti, ricorrono mollo spesso allo spogliarello in via Veneto o al bagno vestite nella Fontana di Trevi; le italiane, più fantasiose, adoperano sistemi più personali, come dimostrano le storie che raccontiamo in questo articolo e di cui sono stati protagonisti attori celebri e aspiranti stelle.

Ormai, quasi quotidianamente, sui giornali è pubblicata la notizia di una ragazza che si allontana da casa e raggiunge Roma. Quale è il motivo? Fare l’attrice, venire a Cinecittà, conoscere un regista o un produttore, presentarsi in casa di qualche attore nel tentativo di «sfondare». Questa la fantasia. La realtà è un’altra e molto più amara: le fuggitive sono rintracciate dopo brevi indagini dei carabinieri e sono riaccompagnate a casa. Il loro racconto, con le lacrime che rigano i volti, è sempre dello stesso tenore: «Volevo fare l’attrice, mi sono presentata a Cinecittà e nessuno mi ha ricevuto e allora ho cominciato a girare per la città...». Non è facile girare per la città, quando questa città è Roma, ha due milioni e mezzo di abitanti e non tutti si alzano la mattina con idee buone e altruiste.

Noi vorremmo dire a queste ragazze che si lasciano prendere la mano dalla fantasia o dai cattivi consigli, quanto inutile sia raggiungere Cinecittà o bussare all'uscio di un regista e di un produttore. Prima le ragazze dicono: «Questa è l'unica strada giusta, bisogna farsi sentire. Perchè Sofìa Loren è riuscita ed io non debbo nemmeno provare?».

Ma poi, a Cinecittà e nel mondo del cinema si sta tanto bene? Noi siamo dell’idea che ci sia molta illusione in tutto questo. Due o tre esempi ricavati dalla esperienza personale (siamo costretti per motivi professionali ad avvicinare e a conoscere attori, registi e produttori) ci portano, infatti, a credere che non è tutto oro quello che riluce. Prima di tutto, la popolarità è scomoda in quanto un attore famoso non può recarsi a suo piacimento al cinema, o in un locale notturno o in un ristorante, ma è sempre, puntualmente, vittima della curiosità altrui.

Il successo non è poi così facile da conquistare e, più che altro, da mantenere. E’ facile, infatti, «scivolare» dalle simpatie del pubblico e ritrovarsi all’improvviso illustri sconosciuti.

Un’altra cosa ancora: si dice con una certa approssimazione che fare l'attore è «facile». E' vero fino ad un certo punto. Spesso bisogna alzarsi alle quattro del mattino per giorni e giorni ; spesso si deve girare indossando sciarpe, cappotti e cappelli sotto il sole di agosto; spesso si rimane per due o tre mesi confinati in sperduti paesetti di montagna dove, appena, arriva la radio.

Abbiamo brevemente raccontato queste cose, per dimostrare come, in fondo, gli attori non siano personaggi molto invidiabili e non valga la pena, per emularli, di correre tanti rischi.

Lasciamo adesso le raccomandazioni e occupiamoci invece di una divertente aneddotica legata appunto a queste «fughe». Ogni attore e ogni regista importante hanno da raccontare qualche episodio in cui la protagonista è una «fuggitiva» o un «fuggitivo». Talvolta, come vedrete da questi brevi racconti, il ridicolo fa capolino in storie che di ridicolo non dovrebbero avere nulla.

TOTÒ

Quattro anni fa, il segretario del principe Antonio de Curtis, in arte Totò, aprendo la porta dell’abitazione privata del popolare attore si trovò davanti una ragazza di circa sedici anni. «Vorrei parlare con Totò», disse la ragazza e fece l’atto di entrare in casa. «Per quale motivo?» domandò il segretario. «Perchè voglio fare del cinema....», rispose la ragazza e scoppiò a piangere. Raccontò che era scappata di casa (viveva in un paesino della Campania dove lavorava come sarta) già da dieci giorni, che era stata a Cinecittà, che era riuscita ad ottenere l’indirizzo di Totò tramite un fotografo e che adesso l’unica sua speranza era rappresentata dalla nota generosità dell'attore.

Il segretario si recò da Totò e disse che una ragazza scappata di casa voleva parlargli. Totò la ricevette (la ragazza, per sua fortuna era capitata in un momento che Totò non aveva impegni di lavoro) e si fece raccontare da capo tutta la storia. Alla fine le disse: «Vede, signorina, anch’io, come lei, quando avevo la sua età decisi che sarebbe stato opportuno fare l’attore. Non che, allora, fossi consumato dal sacro fuoco dell’arte, ma soltanto perchè era necessario, per me, fare qualcosa. Lei mi dice che ha una famiglia, che ha già un lavoro e allora?». La ragazza si mise a ridere, disse che senza dubbio avrebbe fatto tesoro dei consigli e sarebbe tornata a casa. «Stia tranquilla — le disse l'attore — che se veramente ha il temperamento e la stoffa dell’attrice, attrice diventerà anche rimanendo al suo paese».

«Ne ha saputo più niente?» abbiamo domandato all'attore. «Sì — ci ha risposto. — Purtroppo queste persone hanno un grave difetto: non danno ascolto ai buoni consigli: sono testarde. Quella ragazza l’ho rincontrata qualche mese dopo. Faceva la comparsa a Cinecittà. Prima era una bella ragazza, sana, allegra e piena di vitalità, quando l'ho rivista sembrava invecchiata di dieci anni, e anche la passione per il cinema era finita. "Non sono voluta tornare a casa — mi disse — e adesso mi arrangio così". Ho saputo in seguito, da un capogruppo delle comparse, che dopo qualche mese era venuto a Cinecittà un ragazzo che l'aveva costretta a tornare al paese. Era il suo fidanzato, oggi è suo marito. Meno male, che almeno questa storia è finita bene».

Antonio De Curtis CC

Vittorio Gassman Giovanna Ralli e Alberto Lattuada Grolla doro Saint Vincent 7 luglio 1957 CC

Totò è forse l’attore italiano a cui al è rivolto il maggior numero di aspiranti attori. Il celebre comico. Infatti, è noto non solo per le sue qualità artistiche ma anche per il suo buon cuore «tutto napoletano». Fra le tante ragazze che hanno chiesto al principe De Curtis (in arte, appunto, Totò) di avviarle alla carriera cinematografica, egli ricorda specialmente una che si introdusse a casa sua e gli confessò piangendo di essere scappata da casa. Alberto Lattuada, è il regista più bersagliato dalle richieste di lavoro di aspiranti. Questo perchè ha lanciato molte attrici giovani, da Catherine Spaak a Jacqueline Sassard.


MARCELLO MASTROIANNI

 

Marcello Mastroianni è stato lungamente inseguito da una ragazza che voleva fare del cinema. La ragazza era una autentica «patita», ed era agevolata nei suoi inseguimenti dal fatto che risiedeva a Roma. Insomma non era una fuggitiva. Avrà avuto, quando Marcello si accorse per la prima volta di lei, quindici anni. Era piuttosto avvenente, disinvolta e testarda. Marcello la trovava all'angolo della strada, quando la mattina usciva di casa. Lei aveva i libri di scuola sotto il braccio e lui le diceva: «Vada a scuola, invece di stare qui». «Preferisco star qui!», replicava lei.

«Quello che non ho mai capito — racconta oggi Mastroianni — è come riuscisse a spostarsi con tanta rapidità. La lasciavo sotto casa mia e poi la ritrovavo al cancello di Cinecittà o al caffè di Piazza del Popolo dove avevo un appuntamento. Probabilmente mi pedinava».

La storia della tenace ammiratrice cominciò a diventare interessante quando quest'ultima decise di consegnare a Marcello lunghe lettere nelle quali affermava la sua volontà, categorica e assoluta, di fare del cinema. «E’ per lei» diceva la ragazza quando lo vedeva uscire dal portone (con il passare dei mesi, si era fatta più ardita e dall'angolo della strada si era trasferita nel portone di via Pompeo Magno, dove abita l’attore). Le lettere erano sovente accompagnate da poesie dove veniva, per l’appunto, ribadito il desiderio di fare del cinema.

La ragazza fu bocciata a scuola. Marcello, che ormai la salutava come si saluta una persona che s’incontra tutti i giorni, le fece una ramanzina e ancora una volta la invitò a riprendere gli studi.

Una mattina, la tenace ammiratrice si presentò con un ragazzo. «E’ il mio fidanzato», disse a Mastroianni. «Glielo dica lei — disse l’attore — che non è proprio il caso di insistere con il cinema». Il fidanzato, evidentemente, ebbe buon gioco e, a distanza di pochi mesi, la ragazza, che non si era fatta più vedere, si ripresentò al portone di via Pompeo Magno per invitare l’attore alle sue prossime nozze. Mastroianni, lieto che fosse terminato l’incubo dell’attesa al portone, accettò e andò alle nozze della ammiratrice. Acconsentì anche che la sposa lo presentasse a tutti come «il mio caro amico Marcello Mastroianni».

«Quella ragazza — dice Marcello — ha voluto fare tutto presto. Voleva fare del cinema che aveva quindici anni, si è sposata che ancora non ne aveva diciassette... Chissà perchè questa fretta!».


ALBERTO LATTUADA

Il regista Alberto Lattuada (autore di film di successo come «Il cappotto», «La steppa», «Lettere di una novizia», «L’imprevisto» e adesso «Il mafioso» ha la fama di «talent-scout», cioè di scopritore di giovanissime stelle cinematografiche. Tanto per fare qualche nome: Jacqueline Sassard, Catherine Spaak e Carla Gravina. E’ naturale, quindi, che Lattuada, sposato con Carla del Poggio e padre di due bellissimi bambini, sia il più bersagliato dalle «fuggitive».

Di queste, il regista ha un album di ricordi. Dalla ragazza conosciuta in treno mentre si recava a Messina e che non voleva scendere alla sua stazione (il regista fu costretto a chiedere l’intervento della polizia) a quella che gli telefonava nel cuore della notte inventando, ogni volta, violenti episodi di cronaca nera di cui era, al momento, protagonista.

«Io non mi rifiuto mai — dice Lattuada — di prestare almeno un orecchio a queste storie. Non è detto, infatti, che dietro una qualsiasi ragazzina scappata di casa alla ricerca del successo non si nasconda una nuova Greta Garbo. Che regista sarei se mi lasciassi sfuggire Greta Garbo?». Però, è indubbio, che la sua buona volontà è stata messa sovente a dura prova dal comportamento di queste «aspiranti attrici». Per esempio, un giorno andò ad aprire la porta e si trovò dinanzi una ragazza che, senza profferir parola, si accasciò al suolo svenuta. Erano cinque o sei giorni che non mangiava: era stata a Cinecittà, aveva cercato di penetrare nella villa di Gina Lollobrigida e poi, chissà da chi, aveva saputo che Alberto Lattuada faceva provini per l’interprete di un suo nuovo film. «La tenni in casa — dice Lattuada — tutto un giorno. Mia moglie ed io cercammo di farla mangiare il più possibile, ma i guai cominciarono quando le feci presente che sarebbe stato opportuno far ritorno nel paesino della Calabria da dove era fuggita. "Voglio fare il cinema — disse lei. — Ascolti se sono capace”. E, a questo punto, cominciò a recitare una poesia dietro l’altra. Ci volle un po’ di tempo per farle capire che non bastava saper declamare poesie per riuscire nel cinema. Alla fine si convinse e mia moglie l’accompagnò alla stazione. Ringraziò, si commosse e il treno partì. Dopo una ventina di giorni mi fu recapitata una lettera del padre della ragazza; il brav’uomo voleva sapere quando sarebbe arrivato il contratto con i soldi, perchè lei gli aveva detto che io ero rimasto soddisfatto e l’avevo scritturata per il film».

LEA MASSARI

Lea Massari, a proposito delle «fuggitive», può raccontare una tra le storie più belle che l’argomento offra. Lea, che cercava una domestica, pregò la portinaia di passare la voce. Dopo qualche giorno, le si presentò una ragazza sui vent’anni, nativa di un paese della Ciociaria, che domandò di essere assunta. Tutto andò bene per un certo periodo di tempo. Poi la ragazza, di nome Celestina, confidò a Lea di essere appassionata di cinema e di aver lungamente desiderato di diventare attrice. La Massari non diede molta importanza a questa confidenza, e partì per Napoli dove l’attendeva un film. Al ritorno venne a sapere che Celestina, rispondendo alla telefonata di un produttore che cercava Lea, si era autoproposta come sua sostituta o, per Io meno, come attrice. «La signorina — aveva detto al produttore — mi ha sempre spinta a tentare il cinema, ma io ancora non ho voluto accettare».

Non basta: una sera che in casa della Massari si diedero convegno alcuni personaggi del cinema. Celestina, come impazzita, prese da una parte il regista Luciano Salce e gli confidò: «La signorina Massari è gelosa di me, non vuole che diventi anch’io attrice perchè sa che sarei più brava di lei. Ma io devo fare del cinema, capisce?».

A questo punto la Massari decise che era opportuno dare a Celestina gli otto giorni. E soltanto in questa circostanza venne a sapere, per bocca dell’interessata, tutta la verità: sei mesi prima era scappata di casa con la ferma intenzione di aggirare l’ostacolo e di arrivare al cinema attraverso un'altra strada, e sembrandole questa la strada più corta aveva deciso di improvvisarsi domestica. Se divento amica della padrona — si era detta — o se conosco qualche produttore o qualche regista, la mia carriera è assicurata.

Furono i carabinieri a informare la famiglia di Celestina che la ragazza godeva ottima salute ed era a Roma. Oggi Celestina si trova nuovamente in Ciociaria e ogni tanto invia qualche lettera a Lea Massari, senza mai dimenticarsi di aggiungere: mi saluti tanto il comune amico dottor Luciano Salce.

Lea Massari CC

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Lea Massari e Sofìa Loren (foto a sinistra e foto a destra) hanno scoperto due aspiranti attori perfino tra le mura domestiche: nel caso di Lea si trattava di una finta-cameriera; nel caso di Sofìa di un finto operalo della società del gas che si sentiva un vero artista. 


SOFIA LOREN

Sofia Loren ha ormai imparato a difendersi dagli aspiranti attori: se desse loro il minimo ascolto, la sua vita sarebbe un inferno. Oltre alle migliaia di lettere settimanali, oltre a quei ragazzi e a quelle ragazze che l'aspettano al portone o fuori i cancelli della sua villa, Sofìa deve difendersi dagli «aspiranti truccati», cioè dai più furbi che fanno di tutto per parlarli inventando scuse, amicizie e la vori inesistenti.

Tra questi ultimi il persona^ gio più singolare è stato un fìnto operaio della Società del gas. Non si sa come, il giovane «aspirante attore» era venuto a sapere che la segretaria di Sofia aveva richiesto alla Società del gas l’invio di un operaio. E come operaio, infatti, si presentò, portando la cassetta degli attrezzi e indossando la tuta blu. Cominciò ad armeggiare intorno ai fornelli e poi disse che doveva controllare le tubature di camera in camera. Arrivò Analmente nello studio dove Sofìa stava leggendo un giornale. «Signora, — esclamò — non faccia allontanare una persona che potrebbe essere, anzi che è il nuovo Errol Flynn. Mi ascolti, mi dia la possibilità di fare del cinema».

Oggi, per entrare nella villa della Loren è necessario esibire un documento di identità.

Stefano Puma, «Sogno», n.45, 8 novembre 1962


Stefano Puma, «Sogno», n.45, 8 novembre 1962