Walter Pidgeon è uscito da Hollywood alla ricerca di un nuovo personaggio

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1962 11 27 Il Messaggero I due colonnelli A intro

Walter Pidgeon è uscito da Hollywood alla ricerca di un nuovo personaggio - Sta interpretando «I due colonnelli» di Steno, accanto a Totò - La sua prima visita alla Città Eterna la compì quarant anni fa proprio nei giorni della «marcia su Roma» - «Tempesta su Washington» non è un film polemico

Erano esattamente quaranta anni che Walter Pidgeon mancava da Roma. La prima volta, nell’ottobre del 1922, era giunto nella capitale insieme con la sua prima moglie (che poco tempo dopo doveva morire nel dare alla luce una bambina) per trascorrervi qualche giornata tranquilla e invece capitò proprio nel periodo più turbolento che avesse trascorso il nostro Paese dopo l’unità, quello della «marcia su Roma». Egli ricorda che, passando sotto il Traforo in automobile, vide gruppi di gente armata che bivaccava e cantava a squarciagola. Provò allora la medesima impressione di quando, qualche anno addietro, si era trovato nel bel mezzo di una rivoluzione in Messico, dove si era recato per girare gli esterni di uno dei suoi primi film con la Metro Goldwyn Mayer. Naturalmente si affrettò a chiedere il conto dell'albergo e a ripartirsene. Ed ora eccolo di nuovo a Roma, dopo tanto tempo, noti per vacanze ma per ragioni di lavoro. Egli sta infatti, come è noto, interpretando accanto a Totò «I due colonnelli», con la regia di Steno.

Anche lui ha creduto bene di prendere contatto con gli ambienti cinematografici italiani. In America il nostro cinema ha conquistato una posizione di altissimo prestigio e non c’è attore. per affermato che sia, il quale non desideri venire a Cinecittà con una scrittura in tasca. La situazione si è capovolta. Soltanto fino a qualche anno fa erano gli attori italiani che guardavano a Hollywood come alla tappa più ambita della carriera, come al Cape Canaveral dei lancio pubblicitario su scala mondiale. Oggi è il contrario. Lo confessa Pidgeon stesso, che di pubblicità non ha davvero bisogno dopo i suoi 64 film girati nella ex Mecca del cinema. La verità è anche che Pidgeon è stanco di Hollywood e dei suoi sistemi. Non lo dice apertamente, ma la sua presenza a Roma lo dimostra. Egli ha accettato a scatola chiusa di partecipare a «I due colonnelli» proprio per uscire dalle strettoie di un personaggio che rischiava di fossilizzarlo: il personaggio del buono, generoso, un poco sofisticato. ma sempre elementarmente serioso e sentimentale. I produttori hollywoodiani lo vedevano da vent’anni sotto quel profilo, cristallizzato nei consueti atteggiamenti del — tanto per intenderci — signor Miniver.

Una volta un produttore indipendente gli offri di interpretare un ruolo di «cattivo», di antipatico. Era un personaggio pieno di complessi freudiani, proprio il ruolo che lui desiderava per uscire dal clichè abituale. Chiese il permesso ai dirigenti della Metro, con cui era legato da un contratto, per prendere parte a quel film, ma gli fu negato. Pidgeon non dette in escandescenze, non fece valere il suo prestigio di attore, non si atteggiò a divo. Ubbidì e rinunciò. Ma appena il contratto scadde si rifiutò di rinnovarlo.

E' stato forse l’unico colpo di testa della sua carriera perchè in fondo Pidgeon è un attore perfettamente integrato nella società di Hollywood, della quale sa di essere un esponente, ma anche un membro ubbidiente. Altissimo, capelli castani, occhi d’un azzurro chiaro che ti scrutano da capo a fondo non appena si accorgono della tua presenza. Pidgeon emana bonomia e cordialità da tutta la sua persona. Parla velocemente con un perfetto accento oxfordiano. Scrupolosissimo nel lavoro, non si reca sul set se non è ben sicuro di ciò che deve dire e fare. Ritocca il trucco del viso in continuazione e si assicura che ogni particolare dell’abito che indossa per la scena sia a punto. E’ insomma l'attore ideale per disciplina e senso di responsabilità. Un tipico prodotto hollywoodiano anche sotto tale aspetto. Ma non è un conformista nel senso stretto del termine.

A proposito di conformismo, ad un certo punto il discorso e caduto sul film di Preminger Tempesta su Washington, in cui egli ha interpretato uno dei ruoli principali. Gli ho chiesto se lo giudicasse veramente polemico e coraggioso quale la pubblicità lo voleva far apparire e se in America avesse suscitato polemiche e discussioni. Pidgeon lo ha escluso decisamente. «E' un film come tanti altri — ha detto —. Un ottimo film che narra un caso di corruzione politica, ma che non intende porre sotto accusa l’intera classe dirigente e tanto meno il sistema parlamentare».

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Quando gli è stato detto che da noi un film del genere sarebbe impossibile. anche se mettesse in cattiva luce una sola figura di parlamentare e fosse circoscritto ad un solo episodio attinto da uno scandalo di dominio pubblico. Pidgeon si è molto meravigliato. La satira politica, la denuncia di qualche fatto non ortodosso registrato tra le quinte della scena pubblica statunitense, sono cose normali in America. «Anche se poi tutto finisce con l'happy end e ogni cosa rientra nei limiti della buona norma». gli ho fatto osservare. «Si — ha risposto con convinzione Pidgeon — perchè la classe politica americana è fonda Unente sana e gli americani credono in essa e nella democrazia. I casi di corruzione sono appunto solo dei «casi» e in quanto tali non intaccano il sistema. Non c’è quindi alcun pericolo nel metterli in piazza».

Pidgeon fra qualche giorno tornerà in America. Ma è entusiasta della sua esperienza romana e vuole ripeterla. Specialmente ora che si è reso conto che la città é calma e in regola con la democrazia.

Luciano Chitarrini, «Il Messaggero», 27 novembre 1962


Luciano Chitarrini, «Il Messaggero», 27 novembre 1962