«Tutto Totò»: vietato ai maggiori di 90 anni
Il popolare attore, dopo 45 anni di attività artistica, ha deciso di far ridere i telespettatori di ogni età con la sua comicità immediata, riproponendo le sue più celebri “gags” in una serie televisiva di 10 puntate dal titolo “Tutto-Totò”.
Roma, maggio
«Buongiorno, signore: io l'ho già vista in qualche posto...?» «Ma, veramente non credo.» Dico io un po' imbarazzato, rispondendo alla domanda indirizzatami: infatti non mi ero mai incontrato prima con il principe De Curtis, in arte Totò. «Quindi» continua Totò «lei non è mai stato in qualche posto?... va bene, mi sarò dunque sbagliato.» Sessantotto anni compiuti da qualche mese, cinquant'anni di carriera artistica alle spalle, il principe Antonio De Curtis Griffo Focas Angelo Flavio Ducas Comneno di Bisanzio (questo l'intero nome del nobile casato di Totò), ha ancora voglia di scherzare, di ridere e di far ridere.
L'ho raggiunto a Roma, un giorno di pioggia, mentre girava in interni in un night club del centro una scena destinata alla serie di spettacoli televisivi che Totò sta interpretando, per la regia di Daniele D'Anza.
Totò dunque si è deciso a dire il tanto atteso «sì» alla TV: da tempo i dirigenti televisivi facevano la corte al popolare comico, perché prendesse parte a una serie di trasmissioni ; ma Totò ora per una ragione ora per l'altra, aveva sempre opposto un netto rifiuto. Finalmente ha ceduto alle insistenze: sta preparando dieci spettacoli in cui rivedremo il Totò classico, la sua comicità elementare, immediata, nelle pili divertenti «gags».
Toto è, come si dice, «in forma» solo quando lavora. È il comico stesso che mi racconta di come siano lunghe, interminabilmente lunghe le sue giornate quando non deve infilarsi quel suo strano tight (pantaloni alla caviglia e bombetta in testa: questo il costume di scena che Totò usa ormai da anni) e mettersi sotto il fuoco dei riflettori, davanti alle cineprese.
Il principe De Curtis, come tutti sanno, soffre di una grave malattia agli occhi e la sua vista è ormai debolissima. Davanti alle luci del set soltanto, si toglie i grossi occhiali neri che solitamente porta, ma non può restarne senza a lungo. Per questo il regista cerca di ridurre, laddove è possibile, al minimo indispensabile le scene, i tempi di ripresa. Ma a Totò queste cose non bisogna dirle. È della vecchia guardia, lui, e vorrebbe poter continuare a lavorare come un ventenne fino a quando avrà cento anni. Sono rimasto sul set di Tutto Totò (questo sarà il titolo della serie televisiva) qualche ora, per vedere dal vero il comico al lavoro.
La scena si svolge nel «salotto giapponese» di un ristorante di lusso. Totò entra (veste il consueto tight) e viene «agganciato» dal maitre del locale, l’attore Castellani. Le solite incomprensioni, che danno luogo alle facili battute di quel tipo di comica che Totò non ha mai abbandonato. Una comica che tutti noi, eccezion fatta forse per la generazione più giovane, conosciamo da tempo; una comica non impegnata, non intellettualistica, ma che strappa la risata quasi automaticamente, e comunque senza assolutamente far lavorare la mente dello spettatore.
«Chi si vuole divertire» mi ha detto Totò «non vuole fare fatiche mentali. Vuole rilassarsi, ridere spontaneamente. Io credo che oggi i giovani colleghi, in generale, stiano sbagliando strada, con la loro comicità basata soprattutto su allusioni e via dicendo. Sostengo che l'uomo d'oggi è uguale all'uomo di cento anni fa, per quanto riguarda i sentimenti. Se l'uomo rideva cento anni fa per aver visto uno sconosciuto scivolare su una buccia di banana, state pur certi che davanti allo stesso spettacolo riderebbe anche il giovanottello yé-yé dei giorni nostri. Eppure la conseguenza è penosa: chi cade si fa male. Ma nel veder cadere il prossimo, si sa, vien fatto di ridere: poi subito dopo ci si pente e si pensa che la vittima della caduta potrebbe esser ferita. Questo» ha concluso Totò «è il lato umano della comica "vecchia maniera", che è poi come dire la comica più sincera, più reale, più vicina alle masse.»
Totò mi parla con calma, direi con metodo, come se fosse ormai da tempo abituato a ripetere queste stesse conclusioni. Gli chiedo, anche se credo di sapere già la risposta, cosa pensa dei giovanissimi d’oggi.
«I ragazzi d'oggi» ha detto Totò scuotendo il capo «sono bravi. I ragazzi, per me, sono sempre "bravi ragazzi". Lo erano quelli di "ieri" e quelli dell'altro ieri. I giovanissimi non sono mai cattivi: seguono una corrente, come i pesci "neonati" nel mare. Può essere una corrente buona, ma può essere anche una corrente cattiva. Poi diventano più grandi e vanno dietro a un'altra corrente. E così via: tutta la vita è latta di viaggi dietro le correnti più disparate, fino a quando non entriamo nell'ultima corrente...»
Concludendo quest'argomento, Totò, come vi potete facilmente immaginare, ricorre a un pittoresco gesto di scongiuro. In sostanza per il popolare comico i giovani, presi singolarmente, sono tutti buoni; messi insieme possono anche apparire «sfasati»: ma Totò è convinto che i giovanissimi rideranno ancora alle sue «gags» perché, in fondo, sono onesti.
Ma che cosa si aspetta dalla TV, Totò, con la riesumazione delle sue più celebri macchiette? Spera forse, quest'uomo, di essere eterno: perché solo con una simile speranza, alla sua età, si va in cerca di un rilancio pubblicitario. Esprimo questi concetti a Totò e la sua risposta mi dà il «colpo di grazia»: Totò, per il 1967, metterà su una compagnia teatrale. Ritorna quindi, dopo cinquant'anni di carriera, a calcare come capocomico i palcoscenici. Che Dio gliela mandi buona!
Per questa serie televisiva sono stati affiancati a Totò, nei vari telefilm, oltre alla consueta «spalla» del comico, Mario Castellani, i seguenti attori: Luisella Boni, Lia Zoppelli, Giusi Ra-spani Dandolo, Ernesto Calindri, Giuseppe Porcili, Giustino Durano, Mario Pisu e Sylva Koscina.
Per sei sere vedremo Totò rivivere i suoi personaggi sul video: nelle ultime quattro trasmissioni, invece, il comico lascerà il tight e la bombetta per il doppiopetto scuro, e presenterà un'antologia di se stesso (Totò-ciak, Totò-yé-vé, Totò-Natale e Totò-Befana): sarà un pretesto per ricordare una lunga attività artistica, chiamando al suo fianco attori, registi, cantanti celebri, da Mina a Rita Pavone, da Celentano a Bobby Solo.
Si credeva (lo credevo anch'io fino a pochi minuti fa, prima che il comico mi confidasse il suo progetto teatrale) che questa serie televisiva dovesse essere una sorta di testamento artistico del l'attore. Si credeva che Totò avesse finalmente detto «sì» alla TV solo per consegnare la sua maschera a un materiale destinato a restare. Non è così: Totò non ha ancora esaurito le sue cartucce. Lo vedremo ancora percorrere il palco-scenico, agitandosi, muovendo il capo avanti e indietro quasi fosse caricato a molla. Rideremo ancora vedendogli strabuzzare gli occhi e storcere il mento. Potremo ridere un po' tutti, con i suoi lazzi, le sue mossette. Il suo è un teatro «vietato ai maggiori di 90 anni».
Enrico Negrettl, «Bolero Film», anno XX, n.993, 15 maggio 1966
Enrico Negretti, «Bolero Film», anno XX, n.993, 15 maggio 1966 |