I cani salvati da Totò

Totò animali

Roma, maggio

I cani randagi cui Totò provvedeva continueranno ad essere ospitati e curati nel canile che il grande attore napoletano aveva allestito alla periferia di Roma. E’ quindi infondata la voce che si era diffusa nei giorni scorsi secondo la quale già da due anni Totò si disinteressava dei cani che aveva raccolto e amorosamente curato. Tutto è iniziato nel giugno di sette anni fa quando Totò venne a sapere della tragica morte della signora Mariolina Mariani.

La signora stava accudendo ai suoi cani quando, inavvertitamente, si avvicinò troppo ad una candela. Le fiamme si svilupparono e ben presto avvolsero gli abiti della donna che morì per le ustioni.

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Sarebbe stata la fine per quei poveri cani se della loro sorte non si fosse occupata la signora Elide Brigada, che prese gli animali e li ricoverò in un canile che aveva allestito sulla via di Boccea, all’estrema periferia di Roma. Ma le risorse della signora Brigada erano limitate e per i cani si preparavano tristi giorni quando, per caso, comparve Totò.

Conosciuta la storia della generosa benefattrice, il principe de Curtis decise di occuparsi delle bestie: sborsò una cospicua somma e assicurò alla signora Brigada che avrebbe continuato a provvedere personalmente alle necessità dell’ospizio. Da quel giorno parve che le bestie dovessero moltiplicarsi a ritmo vertiginoso: la punta massima raggiunse i duecentocinquanta cani.

Nel 1965 il canile fu costretto a trasferirsi. A pochi metri di distanza, infatti, una compagnia di religiosi stava costruendo un grosso edificio e l’uggiolio dei cani avrebbe disturbato i seminaristi. Totò trasferì i suoi amici sulla via Aurelia, al 13° chilometro. Là sorgeva «Villa Paradiso», un allevamento di cani da caccia. Totò si accordò col signor Gastone Fugato, proprietario dell’allevamento, che gli affittò un pezzo di terreno confinante col suo canile, dove costruì quanto era necessario per ricoverare i «suoi» cani.

La malattia che colpì l’attore agli occhi non gli permise in questi ultimi 18 mesi di essere assiduo visitatore dei suoi ospiti, ma, nonostante ciò ai cani non mancava il necessario. Due volte la settimana il veterinario, dottor Mascia, si reca a villa Paradiso a visitarli; due volte la settimana un camioncino scarica carne, riso, pane, verdura e tutto quanto occorre per l’alimentazione.

Oggi i cani ospiti di Totò sono poche decine, ma continueranno ad essere curati e mantenuti ad opera di un gruppo di cinofili romani che si è interessato della loro sorte. «Jack», il cane che non abbaiava mai, e «Leone», che tante volte si è salvato dalla camera a gas, continueranno a vivere e a ricordare Totò, così come farà «Arro» il pastore tedesco che aveva molto commosso l'attore con la sua storia.

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Il suo padrone, un medico, aveva fatto di lui un vero guardiano e «Arro» custodiva diligentemente l’automobile del padrone. Quando questi morì, colui che aveva avuto la bestia la fece accovacciare nella sua automobile, e si allontanò per qualche minuto. Quando tornò fu violentemente assalito dal cane che riconosceva come padrone solo il medico scomparso. «Arro» pagò a caro prezzo la fedeltà al suo primo padrone: dopo aver ricevuto un sacco di bastonate fu abbandonato in mezzo a una strada. Fu raccolto e curato dal dottor Mascia, il veterinario di fiducia di Totò, ma il cane era ormai cieco. Tutti pensavano di sbarazzarsene, tranne Totò che con l’aiuto del dottor Mascia riuscì dopo tre mesi di amorevoli cure a rendergli la vista.

S.C., «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n. 19, 7 maggio 1967


Il Piccolo
S.C., «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n. 19, 7 maggio 1967