Totò 1971 - Totò al Giro d'Italia
Dopo morto, Totò sta vivendo il suo terzo momento magico. È un fenomeno senz’altro eccezionale: tutti i suoi film, anche quelli considerati un tempo i peggiori, hanno trovato spazio addirittura nei cinema d’essai. Analizziamone uno, realizzato nel 1949, con la «partecipazione straordinaria» di due ciclisti che quell’anno erano all’apice della loro gloria
«Totò al giro d’Italia» di Mario Mattoli, con Totò, Gino Bartali e Fausto Coppi
I «tamburini» dei cinematografi di Roma in un quotidiano di domenica, 5 dicembre. Vi troviamo tre film con Totò: Totò, Peppino e la malafemmina; II dottor Tanzarella, medico personale del Fondatore dell’Impero; Lo smemorato di Collegno. Da notare che il manifesto di Tanzarella porta in evidenza il nome di Tognazzi; quello di Totò è relegato, invece, in un angolino. Da notare, inoltre, che Il dottor Tanzarella eccetera, eccetera, è il secondo titolo d’un film che in origine si chiamava Sua Eccellenza si fermò a mangiare, con protagonista, appunto, Totò. Ciò vuol dire che nel ’61, anno in cui la pellicola uscì la prima volta, Totò era più popolare di Tognazzi, mentre alcuni anni dopo, quando il film venne ripreso con l’altro titolo, Tognazzi era più popolare di Totò. Ora, però, Il dottor Tanzarella, alias Sua Eccellenza si fermò a mangiare, viene proiettato nell’ambito di un «omaggio a Totò» che si tiene al cinema d’essai «Farnese». Questo «omaggio» durerà tutto dicembre e comprenderà una trentina di film con il comico napoletano. Totò, nel corso della sua esistenza, conobbe due momenti magici: negli anni quaranta sul palcoscenico del teatro di rivista; negli anni cinquanta sugli schermi. Oseremmo dire che l’attuale suo boom rappresenta il caso, invero eccezionale, d’un momento magico post mortem, ove vengono ricuperati tutti i suoi film, anche quelle farse sdrucite, pensate e realizzate dai nostri più modesti facitori di barzellette in immagini. Ne abbiamo vista una, risalente al 1949, in cui egli è attorniato dai più famosi ciclisti dell’epoca: Bartali, Coppi e poi Magni, Kubler, Bobet, Cottur e altri. Oltre ai divi del pedale appaiono: Isa Barzizza, la maggiore soubrette dell’epoca; un Walter Chiari ancora alle prime armi; alcuni esperti attori di teatro quali Carlo Ninchi, Carlo Micheluzzi e Giuditta Rissone.
II film si chiama Totò al Giro d'Italia ed è agevole comprendere le ragioni della sua genesi. Era il momento in cui le vittorie dei nostri assi del ciclismo riuscivano a smorzare la tensione creata dall'attentato a Togliatti. Si era cercato, quindi, di sommare due popolarità — quella di Totò e quella dei pedalatori — per ottenere il massimo successo con la minima spesa (economica e intellettuale). E, siccome un canovaccio, bisognava pur scriverlo, per andare tranquilli si era ricorsi nientemeno a Goethe. Totò, novello Faust, è un professore di provincia che, per impalmare Isa Barzizza, si mette in testa di vincere il Giro d’Italia e a tale scopo vende l’anima al diavolo. Il diavolo lo appaga ma pretende l’anima di Totò subito dopo la fine del Giro, per cui al professore non resterebbe il tempo materiale di godere delle grazie di Isa. Di qui, si far per dire, il dramma che, sullo sfondo, vede anche aggirarsi le figure di Dante e di Nerone. La componente assurda, delirante dell’incredibile soggetto potrebbe essere una delle ragioni del successo che il film sta riscuotendo tra il pubblico smaliziato del cinema d’essai. (Per motivi analoghi negli anni trenta André Bréton e i suoi a-mici surrealisti erano frequentatori assidui del Midi Minuit, una sala parigina ove si proiettavano di preferenza i film di mostri).
Altro elemento di suggestione dovrebbe essere la rozzezza della fattura che rende il film paradossalmente moderno nel suo disprezzo per la grammatica e la sintassi. Senza offesa per nessuno, a una visione superficiale Mattoli potrebbe apparire un Godard ultima maniera: quello di Vento dell’Est, per intenderci, dove si diffida dell’immagine e, pertanto, la si combatte con tutti i mezzi. (Solo che Mattoli non diffida dell’immagine né la combatte: piuttosto la ignora. Inutile, perciò, sperare di vedere Totò battere Coppi e Bartali: si dice che li ha battuti e basta; si sentono i due ciclisti ripetere come uno slogan: «Come si fa? E’ troppo bravo: vince sempre!»).
Ma questi sono dettagli: la realtà vera, pensiamo, è che Totò e la sua maschera sono sufficientemente forti da sopportare tutto. Forse Totò è uno dei pochi «attori eterni» che ci abbia dato lo spettacolo italiano.
Callisto Cosulich, «ABC», anno XII, n.52, 24 dicembre 1971
Callisto Cosulich, «ABC», anno XII, n.52, 24 dicembre 1971 |