Con Totò ogni limite ha una pazienza
Poffarbacco - Il lessico di Totò resiste al tempo così come le sue pellicole appena restaurate. La figlia Liliana ricorda l'attore e i suoi giochi linguistici che sfidano senza paura i modi di dire dei giorni nostri e rivivono su Internet
In un’epoca in cui si parla tanto della necessità di restaurare vecchi film che altrimenti andrebbero perduti ma in cui le operazioni di recupero sono poi abbastanza rare e slegate fra loro, accade una sona di miracolo: sono stati rimessi a nuovo due grandi film di Totò, Totò, Peppino e la malafemmena e Siamo uomini o caporali, entrambi diretti da Camillo Mastrocinque rispettivamente nel 1955 e nel 1956. Le due pellicole, che gran parte dell’Italia di oggi ha potuto vedere solo in televisione anziché nello splendore di un vero schermo cinematografico (sono 30 anni o giù di lì che Totò non si proietta più al cinema, ed è un vero peccato poterselo gustare solo nell’angusto spazio del video), sono in programma stasera e domani sera alla Mostra Internazionale del Cinema Restaurato, una rassegna unica al mondo organizzata da Gerolamo Marzano a San Marco di Castellabate (in provincia di Salerno e a due passi da Paestum) che dal 26 luglio al 24 agosto sta proponendo 11 film restaurati e riportati all’originale qualità nelle immagini e nel suono.
Dopo Amarcord e Lo sceicco bianco di Fellini, Riso amaro di Giuseppe De Santis e Giù la testa di Sergio Leone, presentati dalla mostra nei giorni scorsi, gli onori del restauro sono toccati dunque anche al grande Totò, ed è curioso, anche se doveroso, che un fatto del genere avvenga nel quadro di operazioni che si rivolgono sempre ai «grandi» autori. Merito dell’Ente Gestione Cinema e Cinecittà, consociati per il recupero di Siamo uomini o caporali e Totò, Peppino e la malafemmena che oggi sembrano come nuovi.
Io divido l’umanità in due categorie, gli uomini e i caporali. Gli uomini sono costretti a lavorare come bestie tutta la vita, nell’ombra di un 'esistenza misera. I caporali sfruttano, offendono, maltrattano, sono invasati dalla loro bramosia di guadagno. Li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando
«La cosa mi riempie di felicità - dice Liliana De Curtis, figlia dell’attore scomparso trent’anni fa - perché porta i film di Totò, dei quali la critica ha sempre parlato malissimo, a un livello molto alto. Siamo sulla buona strada, insomma, anche se c’è ancora molto da fare perché non esistono più copie: molti negativi sono andati distrutti, e poi le pellicole di una volrta si deterioravano con facilità. Mi piacerebbe per esempio che si restaurasse il suo unico film tridimensionale: è Il più comico spettacolo del mondo, si svolge in un circo e Totò recita una preghiera scritta da lui. la preghiera di un clown, che è davvero toccante».
La mostra di San Marco di Castellabate ci sembra l'occasione, soprattutto davanti a due classici di Totò che guadagnano una nuova luce dall’operazione di restauro, per chiederci perché Totò sia ancora oggi così conosciuto e ammirato da un pubblico enorme, di qualsiasi età e di qualsiasi estrazione sociale. Nostalgici cinquantenni e ragazzini di 14 anni fanno a gara nel ricordare e nel ripetere le sue battute, le sue «bazzecole, quisquilie e pinzillacchere» come se facessero parte del linguaggio di oggi anziché di quello di 40 o 50 anni fa.
«La sua forza è proprio questa: la maggior parte delle sue battute è sempre attualissima - sostiene Liliana. - Il linguaggio di Totò è legato alla vita di tutti noi, prende spunto da situazioni umane, sociali. politiche e di ogni altro genere nelle quali anche oggi chiunque si potrebbe ritrovare e riconoscere. L’università di Perugia gli conferì una laura ad honorem proprio per il suo linguaggio, per tutto quello che aveva inventato, per come aveva trasformato l’italiano in una lingua a sé».
Era un uomo così antipatico che dopo la sua morte i parenti chiedevano il bis.
Quello di Totò è un linguaggio che vive ancora oggi sulla bocca di tutti e nei posti più diversi: da Cuneo e Udine alla Calabria e alla Sicilia un mare di persone usa ancora le sue parole. «Un chirurgo - racconta Liliana - mi ha confessato che in sala operatoria lui e i suoi assistenti parlano con le battute di Totò, e come loro continuano a farlo tutti, giovani e vecchi». E se credete che Totò e il suo linguaggio siano solo un mito del passato sbagliate: date un’occhiata, per esempio, su Internet, e guardate quanti sono siti a lui dedicati. Oppure comprate una maglietta con una delle sue frasi: i detenuti del carcere minorile di Casal Del Marmo ne fanno ogni giorno centinaia, e si vendono come il pane.
Liliana De Curtis riceve una quantità di lettere. Una ragazza che ha fatto una tesi di laurea su Totò confessa che lo vorrebbe come «marito, padre, fratello, zio, tutto». Gianni e Deborah raccontano che il loro amore è nato davanti ai suoi film e che risolvono tutte le loro liti leggendo i libri con le sue battute. «La sua comicità - dice - lascia scoprire sempre nuove cose, e poi nel suo linguaggio niente era costruito: era tutto vero e chiunque ci si può ritrovare. Come si fa a ignorare battute come "signori si nasce, e io modestamente lo nacqui”, "ogni limite ha una pazienza”, "noi siamo sudisti, siamo sotto allo stivale” o "e io pago”?».
E’ verissimo. Come si fa?
Fabrizio Zampa, «Il Messaggero», 10 agosto 1997
Fabrizio Zampa, «Il Messaggero», 10 agosto 1997 |