La riscoperta di Totò: ma mi faccia il piacere...

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Roma, ottobre

Totò, attore trasparente, è, a modo suo misteriosissimo. Non per quel che egli è stato nella realtà, ma per come è apparso. Sia agli italiani — che lo hanno mollo amato e molto lo amano ancora — sia a quegli stranieri, come i francesi, che cominciano a scoprirlo adesso: e se ne stanno facendo un piccolo idolo, pur se in genere gli sfugge del tutto la fascinazione verbale, il gusto linguistico snodato e grottesco, che di Totò è uno degli aspetti più irresistibilmente percepibili.

1933 Toto 032 LMisteriosissimo, in sostanza, per come è andata svolgendosi la sua popolarità. Che Totò ha sempre perseguito con onesta estrema, fornendo un «lavoro», prima in teatro e poi, soprattutto, in cinema, assolutamente privo di snobismo, di intellettualismo. di sufficienza. Uomo di spettacolo e di palcoscenico leggero, Totò ha sempre lavorato duramente per conquistarsi il favore del pubblico. E quando, nel 1936, esordi nel cinema interpretando "Fermo con le mani" di Gero Zambuto (1), era già capocomico da almeno tre anni, arricchito da un passato splendido di fantasista, di «macchietta», ove si ritrovavano nulle esperienze del teatro leggero italiano del primo dopoguerra. Proprio in quel periodo molti, e fini, scrittori e critici cominciarono ad interessarsi di Totò mettendone in luce le possibilità straordinarie in funzione d‘un umorismo surreale, stralunato, sganciato dalle esigenze della comicità quotidiana.

Non a caso le sue prime esperienze cinematografiche — è tipico in questo senso proprio il suo secondo film, "Animali pazzi", diretto nel 1939 da Carlo Ludovico Bragaglia — sono spostate su un versante in realtà assai difficile per il cinema comico d’epoca; la sceneggiatura di Achille Campanile ha tutti i risvolti di quieta e geniale «follia» tipica dello scrittore, Totò è usato come strumento esplosivo di un senso del paradosso allora affiorante con grande intensità, anche se con disordine, nei giornali umoristici letti dai giovani ma ancora in qualche modo poco «esportabile» sullo schermo. Di fatto la vera affermazione di Totò come grande attore popolare di cinema, come naturale interlocutore di immense platee domenicali, avviene nel dopoguerra. Quando un'industria assetata di prodotti a breve scadenza, di immediato e rapido consumo scopre nelle straordinarie qualità di Totò. nelle sue capacità quasi miracolose di improvvisare anche sul «set», un veicolo ineguagliabile di successo.

Il Totò di quegli anni post-bellici, è praticamente il Totò di sempre, sino ai tardi anni 60 (l’attore mori il 15 aprile 1967; era nato il 7 novembre 1898: aveva dunque 69 anni), (2) fu un Totò forse diverso da quello auspicato nell'anteguerra dai letterati: più corposo, più dialogante, un vero mattatore di farse, immerso in meccanismi deformanti che raccoglievano furtivamente e rapidissimamente gli echi del cinema «serio» dell’epoca per immergerli nel tepore di una parodia a getto continuo. Sicché più il pubblico lo amava più egli destava diffidenza nella cultura cinematografica d’epoca. Le recensioni dei suoi film sono per anni un ambivalente elogio delle sue capacità «sprecate» ed una deprecazione per la «bassa» qualità farsesca dei prodotti in cui egli era «costretto». Non sempre, si badi, ma assai sovente. Il pubblico, naturalmente, se ne infischiava e correva a vederlo. Via via più vecchio, meno agile, in qualche modo meno convinto, ma sempre attore eccezionale. Ed uomo d’eccezione anche, a quel che ci viene descritto dagli intimi. Gran signore, generosissimo, animato da un certo scetticismo verso quel che faceva, professionista scaltrito, forse più tenero verso il suo titolo di principe che verso il cinema che egli andava sfornando con grande rapidità e con obbediente esattezza alle indicazioni di base della sceneggiatura.

Dopo la sua morte, ma non molto dopo la sua morte tutto è cambiato. Se negli ultimi anni la fedeltà del pubblico, pur sempre confermata, s'era andata un poco illanguidendo, distratta da altri miti più recenti e da altre mode, a Totò è toccato di essere scoperto dalla «cultura» cinematografica più aggiornata, giovanile e snobistica. Proprio quei «filmetti» d'epoca, a cui i grandi titolari mandavano, per la recensione, i loro «vice», sono divenuti pasto obbligato per i cineclub. E migliaia di giovani hanno appreso ad amare la semplicità, la «banalità», la «facilità» di quel cinema larghissimamente popolare, confezionato in poche settimane, allestito su misura perché Totò, con le sue «spalle» fedelissime ed il suo eccezionale tempismo di improvvisatore principe (senza giochi di parole), dipanasse lui, se necessario, i nodi meno convincenti del testo.

Ecco dunque che presentare Totò in televisione, con i mille impacci posti dalle difficoltà di mercato (reperimento di diritti e reperimento di negativi intatti, non è facile, poiché ogni volta si pone un problema di ritratto complessivo, di attendibilità non casuale e generica della «personale». Quella che ora la Rete 1 presenta è, speriamo, non del tutto priva di interesse. Fra questi otto film ne verranno, secondo disponibilità, scelti almeno 7, possibilmente nell'ordine cronologico qui indicato: Animali pazzi (1939) di Bragaglia (in una copia non perfetta, data l'impossibilità di ritrovare il negativo originale), Il ratto delle Sabine (1945) di Mario Bonnard, L'imperatore di Capri (1945) di Luigi Comencini, Un turco napoletano (1953) di Mario Mattoli, Il coraggio (1955) di Domenico Paolella, Totò, Peppino e i fuorilegge (1956) di Camillo Mastrocinque, Signori si nasce (I960) di Mario Mattoli, Totò truffa '62 (1961) di Camillo Mastrocinque.

Claudio G. Fava, «Radiocorriere TV», anno LVI, n.41, 7-13 ottobre 1979


NOTE

  1. Il film "Fermo con le mani" di Gero Zambuto, uscì nel gennaio del 1937
  2. Totò nacque il 15 febbraio 1898, come si evince dal suo atto di nascita.

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Claudio G. Fava, «Radiocorriere TV», anno LVI, n.41, 7-13 ottobre 1979