Totò? È un eroe dei fumetti

Pianeta Totò

Ultima settimana in televisione de «Il pianeta Totò» (Rete 2, ore 18.50), carrellata del successi cinematografici del grande comico napoletano. La trasmissione sta riscuotendo un alto Indice di gradimento e l'interesse non solo degli appassionati, del ragazzi, delle famiglie, ma anche dei critici e degli intellettuali. Bonvi, il noto «cartoonist» Inventore di Sturmtruppen, «striscia» dichiaratamente antimilitarista, ha scritto per il «Corriere d'informazione» un articolo nel quale elogia Totò, definendolo un vero e proprio eroe del fumetti e attacca tra i critici chi lo ha scoperto solo da poco tempo come grande artista.

Focas Flavio Angelo Ducas Commino de Curtis di Bisanzio Gagliardi Antonio Giuseppe di Luigi Napoli. Principe Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero. Nobile Altezza Imperlale. In arte «Totò», «L'artista più amato, più esaltato ma anche più ignorato e vilipeso. Questo è stato Totò nei suoi cinquant'anni di carriera strepitosa consumata tra teatro e cinema e questo continua ad essere dopo la clamorosa "riscoperta" esplosa qualche anno dopo la sua morte (avvenuta nel 1967) e tuttora in atto».

Cosi, testualmente, il Bollettino Radio e TV, notiziario interno della Radiotelevisione Italiana, si scarica la coscienza con un ennesimo «...l'avevo detto, io!». Da quando la Rete 2 sta trasmettendo ogni sera i 40 minuti de «Il pianeta Toto», tutti i vecchi tromboni della critica italiana si sono riscatenati in una tardiva e sciacallesca opera di recupero, a base anche loro di tonanti: «...l'avevo detto, io!.. Chissà che cose meravigliose avrebbe saputo fare il povero Totò, se solo fosse stato diretto da un qualche grande regista!», E qui, oltre a mentire spudoratamente, visto che quando Totò era vivo non avevano detto proprio un bel niente, anzi, si erano sempre rifiutati di prendere in semplice considerazione l’attore napoletano, definendo, spregiativamente, «Totoate» l’intera sua produzione, dimostrano anche di non aver capito un accidente. Se Totò fosse capitato tra le grinfie di un qualche grande regista, non sarebbe stato «Totò». Proprio i registi minori, rudi artigiani del cinema di serie «B», i vari Mattoli e Bragaglia, confezionando le tanto disprezzate «Totoate», hanno permesso all’attore d’interpretare genuinamente se stesso, al di fuori d’ogni condizionamento e pastoia di falsi Intellettualismi da salotto culturale.

Il solo «grande regista» che capi a fondo la maschera di Totò fu Pier Paolo Pasolini che lo utilizzò spingendo sino agli estremi limiti la sua matrice popolare: «Nel mio film Uccellacci e uccellini — disse P P. Pasolini — io ho scelto Totò per la sua natura, diciamo cosi, doppista. Da una parte c'e il sottoproletariato napoletano, e dall'altra c’è il puro e semplice clown, il burattino snodato, l'uomo dei lazzi e degli sberleffi. Queste due caratteristiche insieme mi servivano a formare il mio personaggio. Ed è per questo che l'ho usato. Nel mio film, Toto non si presenta come piccolo-borghese, ma come proletario e sottoproletario, cioè come lavoratore, E il suo non accorgersi della storia è il non accorgersi della storia dell'uomo innocente, non del piccolo-borghese che non vuole accorgersene per i suoi miseri interessi personali e sociali».

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«...Pasolini arrivò a casa di Totò accompagnato da Ninetto Davoli. Indossavano tutti e due jeans sdruciti e stinti, che a Totò apparvero subito sporchi. Quando Pasolini si presentò, Totò stentò a dargli la mano (un uomo vero, un uomo virile non ha niente da spartire con un uomo "diverso"). Tra i due ci fu subito un senso di disagio. Pasolini, che aveva una grande sensibilità, soprattutto per queste cose, aprì e portò subito il discorso sul film per il quale voleva Totò come protagonista. Totò, che per tutto il tempo dell’incontro era stato in grande apprensione per la tappezzeria del salotto messa a dura prova dai jeans di Pasolini e di Ninetto, del film che gli si offriva capì poco o niente. Ma accettò lo stesso, di istinto ed anche perché in quel momento era alla ricerca del prodotto di qualità, delia riva-lutazione da parte della critica e, soprattutto. dell'opera con cui passare alla storia Aveva lanciato appelli a Federico Fellini, che gli aveva risposto prendendolo in giro, con molto cinismo, in "Toby Dammit” (un episodio del film "Quattro passi nel delirio"), in cui rappresentava un vecchio attore cieco che inciampa mentre sale su un palcoscenico per ricevere un premio di poco conto. Che con Pasolini le cose andavano bene. Franca lo capi subito: si alzava presto al mattino e ritornava tardi la sera, e poi rimaneva delle ore a parlare del film, di questo strano film che stava facendo. Un giorno, mentre raccontava, si lasciò sfuggire un Pier Paolo e Franca capì che i due si davano anche del tu. "Di quello che facciamo non capisco niente — diceva — non so che film stiamo facendo. Pier Paolo mi spiega le scene ed io eseguo con l'entusiasmo di un principiante perché sento che mi posso affidare a lui completamente».

Così racconta Giancarlo Governi, autore di «Vita di Totò, Principe Napoletano e Grande Attore» (Rusconi Editore), l’unica biografia completa del grande comico, fonte inesauribile di aneddoti e di episodi raccolti dalla viva voce dei compagni di lavoro, amici e parenti dell’attore, ideatore e curatore della serie televisiva «Il pianeta Totò», un poderoso omaggio al grande comico napoletano. Non a caso, Giancarlo Governi, oltre che curatore di un sacco di programmi televisivi d’indubbio successo (Petrosino, La Baronessa di Carini, L'affare Stavisky, Alberto Sordi: Storta di un italiano, e, rischiando il licenziamento in tronco, l’ideazione di «Onda Libera», la primissima apparizione televisiva di Roberto Benigni) Giancarlo Governi, giustappunto, è un critico cinematografico. Lui si ritiene un «fumettaro» (sua è anche la trasmissione «Supergulp! I fumetti in TV») e, da bravo «fumettaro», ha saputo montare la trasmissione sforbiciando a destra e a manca scartando valanghe di materiale inutile e regalandoci quelle autentiche «chicche» che sono le puntate del «Pianeta Totò».

Chissà se i signori critici, quegli stessi che anni fa snobbavano le «Totoate» e che ora si affannano a tessere elogi ai video ed alla «riscoperta culturale» di Totò, si accorgono di stare recensendo albi di fumetti a puntate, con protagonista un personaggio popolare e popolaresco come può essere Tex Willer o Nick Carter.

Sono sicuro che di lassù (o di laggiù, secondo i punti di vista) il principe Antonio De Curtis sta ridendo come un matto. A prescindere...

Bonvi, «Corriere della Sera», 6 gennaio 1981


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Bonvi, «Corriere della Sera», 6 gennaio 1981