Ricordando Totò

Garretto, Onorato, Meloni, Interlenghi

1992 09 12 Comix Toto introGianni Allegra

La guerra era appena finita e un’ Italia povera e provata aveva voglia di divertirsi e forse bisogno di allegre evasioni. E’ davvero così semplice la spiegazione? (A ben vedere anche oggi, con l’aria che tira, ci sarebbe ben poco da ridere, eppure...) Certo è che quelli furono gli anni d’oro di un clown: Antonio de Curtis, in arte Totò. Un clown principesco ed instancabile, capace, con la sua presenza disarticolata di meraviglioso tiramolla futurista, di girare anche otto film in anno, imprigionato dentro sceneggiature scadenti e regie frettolose , eppure, proprio lì, di mostrare e dimostrare la propria arte e grandezza. Ecco enunciato “il paradosso di Totò”, forse il suo segreto ed una pista per inseguirlo lungo un territorio anomalo e difficile come quello del comico: tanto più il contesto è cialtrone, il film è orribile, tanto più Totò è grande. Totò è il comico che inventa se stesso e scopre e fa sentire la potenza del riso come atto gratuito, come azione che si costruisce sul vuoto più perfetto. Il luogo dove accade questo magico paradosso è il volto. “Totò - puntualizzerà un altro grande attore comico come Dario Fo - utilizza il volto come luogo della trasformazione del grottesco”.

1992 09 12 Comix f1 L

Non ho mai visto Totò al cinema. Appartengo ad una generazione che lo ha conosciuto ed imparato ad amare in televisione, di solito a notte fonda o durante torridi pomeriggi estivi nelle più locali delle prime tv private, che rimpinzavano i palinsesti di vecchi film di Totò. E continuo a non saper rinunciare, quando il telecomando casualmente le cattura, alle delizie di Totò a colori ( strepitosa antologia del repertorio teatrale di sketch: dal vagone letto dell’onorevole Trombetta alla magia di Totò/Pinocchio, marionetta insieme astratta e in carne ed ossa nella sua prodigiosa disarticolazione; di passaggio: è il primo film italiano a colori, girato nel 1952 con luci spaventose da Steno, il papà dei Vanzina ) o di Totò Peppino e la malafemmina

Femmena
Tu sì na malafemmena
Chist’uocchie he fatto chiagnere
lacreme ‘e ‘nfamità

canta Teddy Reno ma, soprattutto, di Totò le mokò, il mio preferito. Sulle orme del vecchio Gabin, Totò si perde nella Casbah e viene scambiato per un terribile boss del crimine. Una serie esilarante di equivoci e, ogni volta, la festa di una rinnovata visione. Totò scatenato e sbizzarrito nel suo repertorio d’eccellenza, esce vittorioso dallo scontro col populismo e la retorica del tempo: con felice scelta di campo sta alla larga dal neo-realismo, mentre mette in scena l’anarchica leggerezza della sua magnifica arte.

1992 09 12 Comix f2 LPablo Echaurren

1992 09 12 Comix f3 LDariush

Dopo oltre quarant'anni, Totò è finalmente sentito dagli italiani come un bene che è loro proprio, come Arlecchino, Pulcinella, come la commedia dell’arte. Ogni volta, per film, libri, iniziative, mostre che ci ricordano Totò è una gran festa e un bel regalo. Ne vogliamo ancora, golosamente non siamo mai appagati di storie, aneddoti, memorie, segreti. E allora, mentre la figlia Liliana De Curtis manda in libreria Totò, a prescindere, e Dario Fo l’imprescindibile Totò, Manuale dell’attor comico, a Grottammare gli amici del festival dell’umorismo Cabaret amore mio! hanno organizzato la bella mostra Ricordando Totò: interpretazioni artistiche di 32 grandi disegnatori italiani, dedicate al grande attore napoletano con disegni e opere originali, a venticinque anni dalla sua scomparsa. Comix, giornale del comico scritto e disegnato, si associa naturalmente con gioia a questo ricordo e vi propone molte di quelle interpretazioni. Quelle a colori, le trovate al centro del giornale, nel cuore del nostro inserto Humour comix. In copertina, segue in seconda segue dalla prima il Totò coloratissimo visto da Gianni Allegra, quel picciotto palermitano tostissimo che per noi disegna le strisce di quell'altro picciotto tostissimo che si chiama Natale.

Tutte queste opere sono state battute all’asta il 23 agosto, per devolvere il ricavato alla Lega del filo d’oro, l’associazione che aiuta i bambini che non vedono, non sentono, non parlano. Il catalogo della mostra, curato da Matilde Amorosi e Liliana De Curtis, è molto bello e lo potete richiedere all’Azienda autonoma di soggiorno in Piazza Pericle Fazzini di Grottammare (AP).

Poco tempo fa Renzo Arbore ha detto che Totò è più grande di Charlot. Io credo che gli stia accanto, nel cielo dei cosmicomici, assieme a Buster Keaton, i fratelli Marx, Stan Luarel e Oliver Hardy, il nostro Petrolini e giù fino a John Belushi. Anche la vendita del catalogo aiuta il Filo d’oro. E Totò e i suoi fantastici colleghi, buffi e angelici spiritelli, ne sono molto felici.

Beppe Cottafavi


Caro papà

di Liliana de Curtis

Ogni volta che vengo invitata a ricordare mio padre nel suo duplice ruolo di uomo e di artista, sono assalita da una grossa emozione e anche da una certa ansia. Far rivivere in un viaggio nella memoria la sua poliedrica personalità, sempre in bilico tra la lacrima e il sorriso, la dolcezza e il sarcasmo, infatti, non è un’impresa facile. Soprattutto quando non si vuole cadere nella retorica, in un clima in cui la mitizzazione di mio padre ha assunto il carattere di un fenomeno sociale e culturale, definito totolatria.

Il primo ricordo di papà che mi balza alla mente è la sua immagine di uomo ancora giovane, elegantissimo, un po’ vanitoso, anzi un “civettone ”, come ammetteva con una punta di autoironia. Se chiudo gli occhi, lo rivedo lucidare personalmente l’argenteria, simbolo del benessere raggiunto attraverso il duro lavoro, oppure impomatarsi i capelli fino a non averne nemmeno uno fuori posto, o anche pregare Sant’Antonio il suo protettore con il quale aveva un rapporto conflittuale.

1992 09 12 Comix f4 LGianluigi Capriotti

1992 09 12 Comix f5 LGiorgio Cavallo

Se non gli concedeva la grazia di turno, infatti, papà lo puniva girando la sua immagine verso il muro. Salvo beninteso a chiedergli perdono, con uno dei suoi tipici mutamenti d’umore, preludio alla “riappacificazione” col santo. Per non parlare dello spettacolo che Totò offriva manifestando la sua leggendaria superstizione, fatta di odio per i gatti neri, per il venerdì, per il numero diciassette, una vera e propria mania, che culminava con una particolare teoria elaborata per individuare lo jettatore di turno ed esorcizzare i suoi poteri malefici.

Lo seguivo in teatro insieme a mia madre, assistevo al rito della “vestizione” prima di entrare in scena, constatando ogni sera, la sua stupefacente creatività. “Io sono il servitore del pubblico”, ripeteva, ma del pubblico era anche il padrone.

Dominava la platea con la grazia ipnotica di un mago, vantandosi di riuscire a far ridere la gente nella sua stessa tonalità. Era il cosiddetto gioco della risata che gli riusciva sempre e o riempiva ogni volta di orgoglio, poiché, vulnerabile come un bambino, aveva bisogno di continue conferme al suo potere di artista.

Lo vidi ridete molte volte, felice soprattutto di divertire la gente, ma lo vidi anche piangere e soffrire. Oggi che sono passati venticinque anni dalla sua scomparsa, i critici più illustri riconoscono il suo talento, ma quando era vivo mio padre spesso fu considerato un comico di categoria By un’ingiustizia che lo rendeva triste e insicuro.

1992 09 12 Comix f6 LSergio Staino

1992 09 12 Comix f7 LVincenzo Bonifazi

Desiderava essere apprezzato perchè aveva bisogno d’amore, oltre che di consensi e questa sua esigenza rimase inappagata, almeno fino quando, un anno prima di morire, con la sua memorabile interpretazione del film di Pier Paolo Pasolini “Uccellacci e uccellini” si meritò finalmente la qualifica di grande attore. Certo dal luogo lontanissimo dove si trova adesso Totò “vede” la sua clamorosa rivalutazione e gode dei tanti onori, tardivi, ma non per questo meno importanti, che gli vengono tributati.

La medaglia commemorativa emessa dalla Zecca di Stato, per esempio, e anche la sconfinata ammirazione di Federico Fellini, che nella prefazione al libro che ho scritto insieme a matilde Amorosi “Totò a prescindere”, propone addirittura la sua santificazione.Per i tanti miracoli che sapeva compiere dal palcoscenico, spiega colui che papà chiamava il “reggistone”, il “poeta del cinema” col quale sognò, invano, di girare un film.

Liliana de Curtis 


1992 09 12 Comix f8 LSilvia Ziche

1992 09 12 Comix f9 LDanilo Interlenghi


Comix
«Comix», n.28, 12 settembre 1992

Riferimenti e bibliografie:

  • Liliana de Curtis in «Ricordando Totò» a cura di Matilde Amorosi e Liliana De Curtis, Stamperia dell'Arancio, 1992.