Totò, un principe misterioso
Nel libro «Totò, A prescindere» Fellini e Visconti omaggiano l'uomo e l'artista. Dopo la prima biografia, il nuovo libro della figlia Liliana raccoglie testimonianze e segreti del grande artista. La pubblicazione, curata anche da Matilde Amorosi, raccoglie tra gli altri, interventi dei De Filippo, della Magnani, di Pasolini, di Sophia Loren. Age: «Parlava di sé come attore in terza persona»
Si intitola a prescindere il nuovo libro che Liliana de Curtis, in collaborazione con Matilde Amorosi, ha dedicato al padre, raccogliendo gli aneddoti, gli incontri, i segreti della vita di Totò come altrettanti tasselli di un complicato puzzle, al fine di far conoscere il grande attore, oltre che come personaggio, anche come persona (Arnoldo Mondadori Editore, pag. 140, lire 32.000).
Il libro s’apre con una Prefazione di Federico Fellini, il quale si chiede: «Come raccontare, come riferire di quel suo fascino inquietante da creature extraterrestre, da spiritello lunare, da manifestazione di seduta spiritica, un angelo buffo che si è incarnato con la missione mai tradita di regalare buon umore, risate, festa, gaiezza e renderci tutti più allegri, soddisfatti, confortati? Vi ricordate la sua voce bassa, rauca, stentorea e sfiatata da sepolto vivo? E la grazia stregata delle sue danzette al rullo del tamburo, disarticolate, da scossa elettrica, da zombi?». Il regista non esita quindi a chiedersi: «Perché non si pensa di santificare questo generosissimo benefattore dell'umanità? Un santo clown o, se la proposta vi scandalizza, vi sembra sproporzionata, blasfema, cominciamo intanto a stampare la sua incredibile faccia sui francobolli del nostro paese. Chi meglio di lui può rappresentarci? San Francesco amava definirsi giullare di Dio, e allora coraggio, San Totò! Del resto non faceva già piccoli miracoli sul palcoscenico?».
Liliana de Curtis e Matilde Amorosi si sono premurate di riportare nel libro i ricordi, le impressioni, le testimonianze di coloro che ebbero la ventura di lavorare con Totò o di conoscerlo da vicino. E’ una lista lunga, enorme, che attraversa il panorama del teatro e del cinema italiano dalla fine degli anni Dieci agli anni Sessanta, fino a quel fatale 1967 in cui il grande comico si spense, fulminato da «una fucilata al cuore». I De Filippo, Anna Magnani, Roberto Rosscllini, Federico Fellini, Giulietta Masina Pier Paolo Pasolini, Luchino Visconti, Silvana Pampanini, Sophia Loren, Delia Scala, Antonella Lualdi, Oriana Fallaci, Indro Montanelli, Vianello, Mario Monicelli, Age e Scarpelli, Alberto Sordi, Carlo Croccolo, Ninetto, etc. etc.
Dopo averlo diretto in Uccellacci e uccellini, nonché negli episodi di Le streghe e Capriccio all'italiana, Pier Paolo Pasolini intendeva prenderlo per un altro film, I Magi. Aveva scritto il copione apposta per lui. Si proponeva di sfruttare la dualità del comico, diviso fra la marionetta e il personaggio del sottoproletario partenopeo tenero e buono ma schiacciato dagli eventi. Aveva in mente di trasformare il burattino in un grande attore tragico. Senonché, imprevedibilmente, Totò se ne andò prima che lo scrittore-regista potesse realizzare il suo progetto.
Anche Luchino Visconti aveva pensato a Totò. Lo ricorda Suso Cecchi D’Amico, che aveva sceneggiato parecchi film del comico, fra i quali I soliti ignoti, l'indimenticabile piccolo capolavoro di Mario Monicelli. L’autore di Ossessione e di La terra trema aveva in animo di fargli impersonare sullo schermo Antonio Petito, ossia il mitico artista napoletano inventore di Pulcinella e morto in scena come Molière. Diceva di lui: «Totò è un grande attore, utilizzato troppo spesso in modo volgare. Nessuno più di lui è in grado di esprimere l’anima napoletana con quel suo umorismo particolare, venato di amarezza: un sentimento espresso tanto bene nella maschera di Pulcinella, arcigna nella sua apparente allegria». Dal canto suo Totò diceva di Visconti: «Questo regista, oltre tutto, è un uomo bellissimo: sembra uscito da un quadro. Sono rimasto incantato da Senso. Che finezza! Che gusto squisito, dalla ricostruzione dell’ambiente alle acconciature di Alida Valli. Sì, Visconti è un genio e anche un vero aristocratico. lo sono principe ma se avessi la fortuna di lavorare con lui mi sentirei un re». Ma poi quel progetto si arenò e nessuno ne seppe più nulla.
Nella Introduzione di a prescindere Liliana de Curtis scrive che questo libro è un viaggio nella memoria alla ricerca di suo padre, ancora oggi, a venticinque anni dalla morte, inafferrabile e misterioso, tutt’altro che ben conosciuto come uomo, come persona.
Com’era in realtà Totò quale uomo, quale persona? Quale la sua reale personalità? Che cosa questa personalità aveva di suo proprio, di peculiare, di specifico? Secondo molti sintomi, Totò era uno sdoppiato, portatore di una personalità scissa, o di due personalità separate e distinte, in conflitto fra loro: da una parte Antonio de Curtis, il principe, l’aristocratico, il riservato, amante delle cose preziose, della poesia, della musica; dall’altra l’attore, con il quale intratteneva un rapporto ambivalente, di amore-odio, di stima-disprezzo, di tenerezza e crudeltà. La distanza fra i due era tale, che il principe parlava dell’attore in terza persona. Ricorda al riguardo Age: «Quando si preparava a girare, diceva, per esempio: ”Adesso Totò entra in scena, si siede, sorride, si toglie il cappello...”. Mai che dicesse ”io” o citasse il nome del suo personaggio: a recitare era sempre e solo Totò. Non ho mai riscontrato un fatto del genere in nessun altro attore».
Per un verso, l’attore era amato dal principe, anche perché era lui che gli consentiva di vivere da principe, ossia di condurre una vita signorile, agiata, dispendiosa; per un altro, era detestato, o non era amato. Ciò perché non gli piaceva, perché «accettava» film e ruoli che lo sminuivano, perché il più delle volte risultava di gran lunga al di sotto delle sue reali possibilità. In questo contesto entrano in campo i produttori, i registi, i critici, che per molti anni si erano ostinati a considerare il grande comico un guitto da avanspettacolo e lo avevano umiliato duramente, insidiandone, almeno in parte, la sicurezza, se non anche il talento.
Confidava Totò a Dino Valdi, l’attore napoletano che lo sostituiva nelle scene più scabrose: «La vita in fondo non mi ha dato niente. Sono un uomo deluso negli affetti e posso contare soltanto sulla notorietà. E pure ''malamente”, visto che i critici giudicano i miei film una schifezza».
Costanzo Costantini, «Il Messaggero», 24 luglio 1992
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Costanzo Costantini, «Il Messaggero», 24 luglio 1992 |