Presentazione del libro di Liliana de Curtis «Parli come badi»

1994-Toto-Parli-come-badi.

Totò-pensiero il mondo in pillole

L'amore, la guerra, la vita, la morte: raccolte per temi le frasi celebri del grande comico, genio del nonsense

«Il danaro fa la guerra, la guerra fa il dopoguerra, il dopoguerra fa la borsa nera, la borsa nera rifà il danaro, e il danaro rifà la guerra. Guerra era un corridore ciclista, perciò noi gridiamo in coro: viva Girardengo! evviva Edison, che scoprendo la bussola disse: eppur si muove!»: Totò ne I due orfanelli. Una girandola in puro nonsense. Da lasciare storditi, da dubitare di sé. Insomma: sogno o son desto? O meglio: «Desto o son sogno?» (Totò all'inferno), che non è un lapsus, e nemmeno un calembour di troppe pretese, e pure apre la via, forse, a una cognizione più profonda e radicale, a una vertigine «metafisica».

«Ma mi faccia il piacere!» sbufferebbe lui, l'omino in bombetta, tight abbondante (pronuncia: tigt, tic) e calzoni a saltafossi. Oppure: «Alla faccia del bicarbonato di sodio!», o anche: «Parli come badi», «Ogni limite ha una pazienza». I tormentoni, le frasi celebri, le battute di Totò: a 27 anni dalla sua scomparsa, a molti più anni dalla loro creazione, ronzano inquieti e fastidiosi nelle nostre coscienze, vitali e fecondi come allora. Adesso sono finiti in un'antologia, Parli come badi (appunto), curata dalla figlia del geniale comico, Liliana de Curtis, e da Matilde Amorosi, che Rizzoli sta per mandare in libreria. Un utile strumento di lavoro per il popolo dei totologi-totofili. Con un'avvertenza: il principe De Curtis non era e non voleva essere un battutista. «Io le barzellette non ho mai saputo dirle, sono un comico muto» ha confessato una volta; e in un'altra occasione ha spiegato che lui preferiva lavorare con la faccia, lamentando che «il nostro cinema comico, siccome è povero, è basato sulle battute» e quasi asfissiato da un'ipertrofico accumularsi di «parole, parole, parole». Ripassando le sue gag trascritte, occorre sforzarsi di ricostruire mentalmente quella mimica facciale, quei toni, quelle pause, quegli sguardi nella cui azione combinata con il gioco verbale deflagra sul momento, nell'improvvisazione, la vis comica totoiana.

Ed è un'esplosione violenta e distruttiva. Totò si mette in bocca un modo di dire e nella ripetizione esasperata ne logora la potenza significante riducendolo a un mero flatus vocis: «Io sono un uomo di mondo», «Appunto, dico...», «Una mano lava l'altra», «Chicche e sia», «Eziandio», «Tampoco», «A prescindere». E' come una rete che getta addosso a una realtà sfuggente, per irretirla e imprigionarla, e poi cominciare a sezionarla, smontarla, mandarla a gambe all'aria. «Perfido e insinuante come una mosca cavallina» si definì lui stesso alludendo alle angherie inflitte al povero Mario Castellani, spalla nella memorabile gag del vagone letto: «Molte volte non ne può più di aver.ni accanto, non vede l'ora che la scena finisca. Ma io continuo a non dargli pace, lo circondo da ogni iato, lo tocco e lo ritocco». Alla fine il contegnoso onorevole Trombetta, ormai isterico e ridotto in mutande, viene trascinato via dalla polizia ferroviaria, mentre Antonio Scannagatti esulta: «In galera! In galera!».

Totò gioca con le immagini, da un contesto ridondante estrae una parola che forza fino a produrre un'altra invenzione, fino a ricostruire un'altra realtà: «E' una piccola forca, è carina, è una forchetta»; «A chi va sul cammello viene spesso il mal di mare. E' per questo che i cammelli sono detti le navi del deserto»; «Quello di aiutare gli altri per me è un hobby, come le devo dire? Sono un obelisco per un fatto ereditario: in famiglia eravamo tutti obesi». E poi le contaminazioni contestuali, sul filo dell'analogia, dell'assonanza, della contiguità: «Egizi, abbiamo lance, spade, mortaretti, tricche tracchi e castagnole. E con queste armi spezzeremo le reni a Maciste, a Rocco e ai suoi fratelli» (Totò contro Maciste, nell'antico Egitto); «La regina Tolomea? Pia dei Tolomei? I due sergenti? La cieca di Sorrento? Ci sono...: la Portatrice di pane. Ah no, la regina Tolomea... Mi dispiace ma non l'ho letto. Ogni tanto leggo Salgari e mi diverto un mondo» (Totò e Cleopatra, ai tempi dell'impero romano).

Distruggere e ricostruire. O soltanto distruggere. La distruzione, diceva Bakunin, è una forma di creatività. E Totò - «monarchico socialdemocratico napoletano», come dice in un film, o anche «né ambidestro né mancino», né rosso né blu né verde, come spiega in un'intervista - da vero anarchico aggredisce tutte le maschere del potere. In Totò diabolicus si cala nei corpi del cardinale, del poliziotto, del medico, del generale, della attempata nobildonna, e li riconsegna inerti (in tutti i sensi), dopo averli erosi dall'interno; sicché l'assassinio di cui ognuno cade vittima nel film rappresenta anche l'unica soluzione possibile por quei personaggi, ridotti a involucri inconsistenti.

Neppure di fronte alla morte si ferma la furia eversiva: dal delirante soliloquio di Che fine ha fatto Totò baby alle innumerevoli battute sulle risate che si fanno ai funerali, sulle lunghe veglie della salma che diventano veglioni, o sul caso della signora che svenne e quando rinvenne era morta da due giorni. I nessi di causa-effetto sono scardinati, il principio di realtà si dissolve: proprio come in un sogno. Le nostre certezze rovinano nella polvere, e non ci restano neppure le parole per esprimere l'incertezza. «Desto o son sogno?». La vita è sogno (Calderón de la Barca). Il mondo vero, alla fine, diventa favola (Nietzsche).

Maurizio Assalto, «La Stampa», 19 settembre 1994


Parli come badi 

«Parli come badi»

Uomini, caporali, whisky e pernacchie: così parlò il principe de Curtis


La donna è mobile e io mi sento mobiliere

Lei è un cretino, si specchi, si convinca

Piuttosto mi tolga una curiosità: lei è vivo?


LE DONNE

«La donna è mobile e io mi sento mobiliere». (Signori si nasce)
«Signora, sono a sua completa disposizione: corpo, anima e frattaglie». (Totò cerca moglie) «L'opulenza femminile è un dono, ma non tutte lo opulenze riescono col buco». (Sua Eccellenza si fermò a mangiare)

LA GUERRA

«Hai perso un occhio per la causa? Mi dispiace, ma chi to lo fa fare di perdere tempo con le cause? Vanno sempre per le lunghe, e poi gli avvocati costano cari. Non fare il causillo!». (Totò sceicco)

TOTO' POLIGLOTTA

(A Berlino) «Excuse mi, s'il vù pie, questa Strass, ove trovass?». (Totò e Peppino divisi a Berlino) «Sursum corda, su con le corde». (Il monaco di Monza) «Audax fortuna Juventus». (Chi si ferma è perduto) «Morti tua e tui patri e tuo nonno in carriolam meam, linoleum, linoleum. Ora prò nobis, autobus, autobus, Sos». (I due marescialli)

L'ORIENTE MISTERIOSO

«Io sono turco, turco dalla testa ai piedi, ho perfino gli occhi turchini, fumo come un turco: sono un turco». (Un turco napoletano) «Qui si tollerano troppe cose, questa è una casbah di tolleranza; e con i tempi che corrono c'è pericolo che la chiudano». (Totò le Mokò)

NELLA FORESTA

(L'età di Tarzan) «Quattro eclissi, due alluvioni e un pediluvio. Lo so, non dimostro i miei anni, nella foresta mi danno tutti un pediluvio in meno». (Totòtarzan)

NORD

«Se a Milano quando c'è la nebbia non si vede, come fanno i milanesi a vedere se c'è la nebbia?». (Totò, Peppino e la malafemmina)

UOMINI E CAPORALI

«L'umanità io l'ho divisa in due categorie di persone: uomini e caporali. La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali, per fortuna, è la minoranza. (...) I caporali sono coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza averne l'autorità, l'abilità e l'intelligenza, ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza». (Siamo uomini o caporali?)

CONSIGLI

«Sono tre anni che lei dice di essere mi perito, ma non perisce mai. Ma perisca una buona volta, mi faccia il piacere!». (Chi si ferma è perduto)

DUBBI

«Le manca un polmone? Un altro se ne sta andando? E lasciamolo andare, mo' ci mettiamo a correre dietro a un polmone! Piuttosto, mi tolga una curiosità: lei è vivo?». (Gli onorevoli) «Se non c'è nessuno, perché non mi risponde qualcuno per dirmi che non c'è nessuno?». (Sua Eccellenza si fermò a mangiare) «Che mani meravigliose che ha! Ma, mi dica, sono proprio le sue?». (Totò lascia o raddoppia?)

CRIMINI E MISFATTI

«Ha trovato un cadavere nel bagno? E che ci vuole fare? Vada a lavarsi in cucina». (Totò, Vittorio e la dottoressa)

PECCATI

«Non mi guardi con quegli occhiacci... Lei con quegli occhi mi spoglia... Spogliatoio!». (Totòtruffa '62)

MONDANITÀ

«Sono un uomo di mondo: ho fatto tre anni di militare a Cuneo». (Passim) «Moet Chandon? Mo' esce Antonio. Triple sec no, la trippa secca no. Sa che le dico? Mi porti due whisky e tre pernacchie». (Totò, Peppino e la dolce vita)

OFFESE

«Lei è un cretino, si specchi, si convinca». (Totò le Moka) «Lei è un cretino, s'informi». (Totò, Eva e il pennello proibito)

IL LAVORO

«Lo so, dovrei lavorare invece di cercare dei fessi da imbrogliare, ma non posso, perché nella vita ci sono più fessi che datori di lavoro». (Totòtruffa '62)


La-Stampa
Maurizio Assalto, «La Stampa», 19 settembre 1994