«Così dissi a Totò che non avrebbe più visto»
L'oculista palermitano Giuseppe Cascio, 90 anni, racconta la visita al comico che diventò cieco recitando a Palermo
«Il primo ricordo è emozionante: quando mi hanno portato Totò allo studio di via Moccio, aveva le mani calde c bagnate egli occhi lucidi. Dopo l’esame è scoppiato a piangere». L’oculista Giuseppe Cascio ricorda bene quella giornata di 56 anni fa, quando l'attore, a Palermo per la commedia A prescindere di Politeama, corse da lui perché stava diventando cicco. «Dopo l'esame - racconta - comprese che la situazione era grave e tra le lacrime invocò la presenza della madre per confortarlo. E poi ricordò che da bambino la mamma lo teneva per mano e lo portava in chiesa a pregare la Madonna perché lo facesse crescere bene e buono. Mamma, diceva Totò, se fossi ancora qui con me adesso sarei sereno».
Il professore Cascio, ex docente alla clinica oculistica e primario a Villa Sofia, nel giorno dei suoi 90 anni, ha rievocato al pubblico intervenuto a «Fare Insieme» le sue visite a Totò, divenuto cieco. L'occasione è la presentazione del libro di Giuseppe Bagnati, Totò l'ultimo sipario dove il giornalista palermitano racconta, con particolari inediti, la storia di come l’attore napoletano fu costretto a Palermo, per i problemi di vista, a dire addio definitivamente al teatro.
Il dramma si alterna all'umorismo dell’attore. «Durante la visita - racconta Cascio - quando chiesi al Principe De Curtis se soffrisse di altre malattie mi rispose: “C'è una linea retta che divide il mio corpo in due e passa per l'ombelico. Le comunico e le assicuro che tutto ciò che al di sotto di questa linea è perfettamente funzionante. E rivolgendosi alla compagna Franca Faldini, che lo accompagnava: "Dillo pure tu che è così, potrebbero non credermi"».
Cascio disse a Totò che sarebbe stato troppo pericoloso tornare a recitare, avrebbe rischiato una caduta rovinosa. In conseguenza fu annullata l'ultima recita al Politeama di A prescindere e l'intera tournée facendo infuriare l'impresario Remigio Paone. «Il 6 maggio 1956 - ricorda Cascio -, la mattina dell'ultima recita, vennero a casa mia due personaggi che mi chiesero di modificare la relazione per permettere a Totò di recitare. Risposi: non è possibile. Quelli dissero che c'erano in ballo 5 milioni d'incasso, lasciando intendere la possibilità di qualcosa per me. Risposi che mi stavano offendendo e che uscissero fuori di casa».
La malattia era una coroidite essudativa forse conseguenza di una precedente polmonite. L'altro occhio era spento da tempo. «Non volli essere pagato - conclude Cascio -, era un onore averlo visitato, ma Totò inviò un regalo per mio figlio Giovanni e diede 5000 lire di mancia al portiere».
Durante la serata, cui ha partecipato Vincenzo Prestigiacomo, sono stati proiettati spezzoni di film di Totò. Commuove oggi l'immagine dell'episodio Che cosa sono le nuvole, di Pier Paolo Pasolini (1968), in cui Totò è una marionetta gettata in una discarica. E vede, come non poteva più fare, la poesia delle nuvole.
Guido Fiorito, «Il Giornale di Sicilia», 12 novembre 2013
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Guido Fiorito, «Il Giornale di Sicilia», 12 novembre 2013 |