Nuovi quadri ne "L'Orlando curioso" al Valle
Quando le stelle sono lucciole e le lucciole sono stelle
L'Orlando curioso, in trionfale ripresa al Valle, si è adornato l'altra sera di nuovi quadri, gentile omaggio di Errepi e Galdieri alla scoperta dei loro fedeli. Il Saggio di regia, in cui l'autore amabilmente presenta il Glauco di Morselli, così come lo metterebbe in scena oggi una regista cinematografica (e l'allusione, almeno a noi praticoni dell'ambiente cinerivistaiolo, è apparsa sapida ed evidente), era il pezzo forte della serata. Successone di Galdieri e degli ottimi interpreti: Totò, Lucia D'Alberti, Passarelli, Gianna d'Auro, Vera Worth, Feist, Rioli, Rita, Paoli, anche se il copione, vivace di notazioni argute, se pur intelligentemente velate, si potrebbe giovare di qualche taglio, specie nel declamato testo originale, in cui, nell'intento di parodiarlo, forse troppo spesso si insiste. Numerose le trovate e trovatine caricaturali, condimento così caratteristico e sempre gradito alla produzione galderiana.
Nel quadro della reggia di Circe, la danza tra la D'Alberti e Rioli ci è apparsa una trina di preziosa eleganza, una prova di raffinata bravura, tanto che al pubblico è sfuggita perfino la difficoltà di certe figurazioni acrobatiche, perchè presentate con una disinvoltura così perfetta da non far più nemmeno sbalordire.
Nel Saggio di regia abbiamo avuto la gioia di vedere l'elegantissima Vera Worth completamente ristabilita in salute. Finalmente cioè guarita da quel grave mal di gola... psichico che la obbliga, quando la parte affidatale le sembra ingrata o comunque di non sufficente rilievo, a balbettare, accennare, belare, miagolare, dimenticando parole e passi di danza, tacendo quando le altre cinquantanove persone in scena cantano, per paroleggiare invece, radio-sorridendo alla platea, con un'arte sottile superata solo dalla caposcuola: Mariuccia Dominiani. Un valente clinico, il dott. Galdieri, ha compiuto il miracolo di guarire una sì leggiadra ammalata e ci auguriamo riesca a preservarla da ogni ricaduta, per la sua e la nostra gioia. Nel firmamento rivistaiolo vorremmo chiamare Worth una Vera, luminosa stella fissa ed ammirare stelle... cadenti soltanto quelle del suo bel costume di Scilla.
Chiude lo spettacolo la pantomima E' bello far l'amore per le scale, coreografia del mago Harry Feist magistrale e deliziosa per impasto di temi decorativi, per eleganze visive e ricchezza di situazioni, e soprattutto per la festosità non pacchiana della sinfonia cromatica, in cui vibra tutta la gamma variata delle colorazioni, che con delicato ed artistico gusto pittorico è stata realizzata dal figurinista e scenografo Elio Costanzi. Vi prende parte, anche eseguendo semplici passaggi, tutto il complesso artistico, in un gareggiare di bravura con quel balletto che è indubbiamente oggi uno dei migliori delle nostre scene: una solista, Clara Ughj, riesce perfino, con una precisa serie di piroette fouttées, a meritarsi un applauso personale. Ed a tal proposito ci si dispensi, una volta tanto, nello scrivere la cronaca dello spettacolo, dall'intessere le lodi rituali alle vedettes, pur facendo un'eccezione per Totò che, specie nella scena della Censura epistolare, ha raggiunto ora un livello artistico che non crediamo possa essere facilmente superato nè da lui nè dagli altri, per citare invece i meriti di una ballerinetta. E' concesso alla critica, ed in particolar modo a quella così detta arcigna - esempio: noi -, di accorgersi di queste cose!... E qui «cose» sta per «ragazze di fila».
Ci dicono si chiami, la ballerinetta, Argene Moret e - tralasciando anche l'evidente leggiadria - soprattutto per l'impegno interpretativo, per preparazione tecnica, per flessuosità armoniosa dei plastici atteggiamenti, riesce a farsi notare, pur nella modestia del compito affidatole. Brava, veramente brava, al punto che più volte, durante l'intero spettacolo, la nostra attenzione si è distolta perfino dalle figure di primo piano, dai maggiori astri, per non seguire che il vivido sfarfallio di questa piccola ma luminosa lucciola. Il maestro Palombj, specie nel tango In una sera di nostalgia, ha saputo valorizzare ogni inciso ritmico ottenendo pregevoli effetti sonori.
Cronachetta: il capocomico Errepi (al secolo Remigio Paone) faceva bella mostra del suo sorriso soddisfatto da un palco centrale (beato lui!) di prim'ordine, sfoggiando il gran pavese dei giorni di festa. Noi, che fortunatamente non soffriamo di vertigini, alloggiati dalla fragile memoria della Direzione del Valle, in alto molto in alto, a filo di piombo sulla ribalta, vedevamo - purtroppo! - più che le bellissime gambe di Lucia D'Alberti, i misteri abissali della buca del suggeritore, e più che la prodigiosa maschera di Totò, il «mare mosso» dei suoi capelli, che egli ora pettina «a onde», certo per intonarli alla tragedia di Glauco e di Scilla, che è tragedia... marinara.
Nino Capriati, «Film», anno VI, n. 16, 17 aprile 1943
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