Il grande cinema di Totò sul «Corriere della Sera»

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Totò, mito di sempre che non finisce mai di essere d'attualità

Nessun altro come il principe Antonio de Curtis ha saputo diventare la maschera di tutta l’Italia

In ognuno dei suoi cento e passa film ci sono una pillola di saggezza, una gemma di intelligenza, un giacimento di ironia

Si può fare a meno di Totò? Negli anni Cinquanta una certa Italia, ideologica e supponente, ne era convinta. Ma siccome «ogni limite ha una pazienza», l’altra Italia piano piano ha preso la sua rivincita dimostrando nei fatti (negli incassi, nelle battute che diventavano patrimonio di tutti, nel piacere di lasciarsi andare ai suoi lazzi e ai suoi sberleffi) che di Antonio de Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, duca di Macedonia e d'Illiria, principe di Bisanzio eccetera eccetera, non si poteva proprio fare a meno.

Perché nessun altro come lui ha saputo diventare la maschera di un Paese tutto, complesso e nello stesso tempo lineare come l'ltalia, capace di arrangiarsi quando serviva, e insieme rispettoso della più autentica generosità, che non nascondeva ipocritamente la sua fame di cibo e di sesso (come invece cercava di fare una certa Italia altezzosa e fintamente libertaria) ma disposto a riconoscere i dritti binari della morale e dell’onestà, convinto che divertirsi fosse un diritto di tutti ma sensibilissimo al dolore e alla sofferenza... La sua complessità, a volte lunare e surreale a volte lancinante e metafisica, lo ha reso «contemporaneo» a ben più di una generazione, ognuna riconoscendovi quello di cui aveva bisogno: nell'immediato dopoguerra la forza di rivendicare i bisogni per troppi anni repressi, negli anni Cinquanta la capacità di irridere le due grandi «chiese» del Paese — Dc e Pci —, nei Sessanta la capacità eversiva di chi non si fa mai ingabbiare da nessun potere, nei Settanta il distacco ironico dalla cupezza del pensiero dominante. E poi ancora la rivolta contro i «caporali» di ogni tempo, i supponenti, i tracotanti, i furbi, i prepotenti...

2008 09 27 Corriere della Sera Toto f1

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A sinistra Totò nel film «Gli onorevoli» nel quale de Curtis interpreta Antonio La Trippa, candidato del Partito Nazionale della Restaurazione. L’immagine si riferisce alla mitica scena dell’improvvisata campagna elettorale: al grido di «votantonio, votantonio, votantonio», Totò cerca di assicurarsi perlomeno i voti degli inquilini del palazzo in cui abita; a destra, Totò è con Aldo Fabrizi in una scena di «Guardie e ladri» del 1951

In ognuno dei suoi cento e passa film ci sono una pillola di saggezza, una gemma di intelligenza, un giacimento di ironia. E naturalmente una montagna di risate. Perché far ridere, in un mondo che per troppo tempo aveva dimenticato come si faceva, diventò per Totò una specie di missione umanitaria, un imperativo categorico, un obbligo morale. Per questo è impossibile fare a meno di rivedere e rivedere ancora la dettatura della lettera in Totò, Peppino e la malafemmina, il numero del finto morto in Napoli milionaria, il furto della valigia di De Sica nei Due marescialli, la lezione di scasso con destrezza (e col buzzichino) nei Soliti ignoti, la costruzione del busto in mollica del commissario in Totò e Carolina, la vendita della fontana di Trevi in Tototruffa '62, lo spaccio delle diecimila lire false/vere in La banda degli onesti, il direttore d’orchestra-fuoco d’artificio di Totò a colori (e il numero del wagon lit e quello degli esistenzialisti di Capri, e il Pinocchio disarticolato e le composizioni di .Aristarco Scannagatti...) e poi l’imitazione della gallina che ha fatto l’uovo in Totò cerca casa, il proclama agli italiani mammoni e sessuofobi in Arrangiatevi, le battute in arabo-napoletano di Totò sceicco, gli sguardi alle forme procaci delle sue partner, dalla Loren alla Pampanini, i duetti con Peppino, con Fabrizi, con Castellani, con chiunque gli capitasse a tiro.

L’idea di una collana di dvd con Totò nasce proprio da qui, dal bisogno di confrontarsi ancora una volta con la sua genialità, il suo estro, la sua fantasia. Per verificare che non è vero che nessuno lo apprezzasse in vita (i dvd sono accompagnati da un libretto scritto per l’occasione, con testi, interviste, commenti e soprattutto le testimonianze di chi seppe apprezzarne da subito l’intelligenza e la bravura, da Bontempelli a Moravia, da Corrado Alvaro a Filippo Sacrili, da Palazzeschi a Flaiano a Pasolini), ma anche per scoprire che la sua modernità non è ancora finita e che in un cinema che ha scambiato lo sberleffo con la volgarità, la satira con l’insulto, l’ironia con il cinismo, i film di Totò — perché prima che dei suoi registi e dei suoi sceneggiatori tutti i suoi film sono intimamente e Istintivamente di Totò — sono uno dei momenti più alti e più sfavillanti del cinema italiano e della storia culturale del nostro Novecento.

Paolo Mereghetti


Silvio Orlando: «uno come lui si può citare ma non imitare»

L’intervista «Quando gli altri impazzivano per Kantor e Grotowski, io guardavo in tv le commedie del comico napoletano». Incollocabile: «Rispondeva solo al suo estro, era incollocabile, era un’esplosione anarchica senza generi né ideologie»

Per Silvio Orlando, neo vincitore della Coppa Volpi a Venezia col Papà di Giovanna, attore dalla duplice natura comica e drammatica, Totò è stato un mediatore generazionale di marca, qualcosa di cui non possiamo più fare a meno: «Con mio padre eravamo in disaccordo quasi su tutto ma quando arrivava un film con Totò, e le tv libere ne trasmettevano di continuo, scoppiava il pieno accordo si rideva e lui immancabilmente finiva dicendo: "Ma quanti film avrà fatto questo qui?"».

Il principe de Curtis ha rappresentato molto per gli attori ora cinquantenni perché aveva qualcosa di speciale, qualcosa di atavico e di arlecchinesco come diceva Fellini, la maschera: «Era incollocabile, era un'esplosione anarchica senza generi né ideologie, rispondeva solo al suo estro. Il boom dei suoi film in tv ci ha fatto capire la sua complessità di attore. Io Io preferisco nella maschera del 5oenne quando faceva il borghese avido, egoista, meschino che martirizzava i suoi partner, tra cui Peppino De Filippo che io reputo il suo più grande antagonista comico».

Silvio Orlando ha sentito dire che a teatro il comico Totò valeva una fortuna, faceva correre nelle riviste la compagnia in passerella al ritmo dei bersaglieri. «Non so cosa sceglierei se mi proponessero un remake di un suo film. Io amo molto Guardie e ladri per il suo aspetto sociale e trovo che Totò, Peppino e la malafemmina sia perfetto, non abbia un tempo morto, ma mi fa impazzire anche Totò, Peppino e i giovani d’oggi, e devo confessare an-
che che considero un capolavoro La banda degli onesti. Ma in verità nessuno può pensare di diventare Totò: Io si può citare, ma non imitare. Io solo in teatro mi sono permesso di recitare alcuni suoi sketch, erano testi scritti». Orlando nella sua carriera in palcoscenico ha spesso fatto con successo Eduardo e Peppino, ma non ricorda esattamente il suo primo incontro da spettatore con Totò: «Non ce la faccio ad isolare una scena, un titolo, ricordo una marea di sensazioni che ci cascavano addosso dallo schermo tv negli assolati pomeriggi estivi napoletani. Perciò noi ricostruiamo volentieri la sua carriera in un collage perché nei suoi film c’è sempre un momento esemplare, e allora si fa un puzzle col meglio del meglio».

Eppure quando Orlando stava in casa a scoprire il Totò in tv il gusto radicai chic imponeva ben diverse scelte culturali: «Erano i momenti in cui i colleghi impazzivano per i grandi profeti Barba, Kantor, Grotowski, mentre io me ne stavo con papà a ridere col principe de Curtis. Alla fine per evitare rimproveri mi inventai Io stile Totowski, un perfetto e indigesto mix tra il pensoso Grotowski e il nostro comico».

Maurizio Porro

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Io, papà e i due volti del principe

Io sono un uomo di mondo, ho fatto tre anni di militare a Cuneo

La serva serve, soprattutto se è bona, serve, eccome!

Ma se io la tocco, lei perché mi fa il ri-tocco?!

Enrico Vanzina, figlio di Steno: «Nella vita privata De Curtis era elegante e riservato». «Ho visto piangere mio padre due volte: per la morte di Longanesi e quando Totò ritirò un premio. Del mondo del cinema c’era solo lui»

Sulla scrivania, Enrico Vanzina ha una sua foto con Sordi e un’altra accanto a Totò in «Guardie e ladri», durante la scena dell’inseguimento di Aldo Fabrizi all’Acqua Acetosa. «C'è Totò che mi tiene per mano. Avevo due anni». Non è mai stato sulle sue ginocchia. «Ma l’ho conosciuto bene, andavo con mio fratello Carlo sul set dei suoi film, negli ultimi anni della sua vita ci invitava nella casa ai Monti Parioli, a prendere il tè. Era già cieco. Ci toccava come uno che ha paura di toccarti. Era un rapporto formale, borghese. In quei momenti non era Totò, nella vita era un signore elegante, garbato, spiritoso certo, però ti metteva in soggezione».

Totò non era per loro, come lo era Alberto Sordi, un amico di famiglia. «Era un amico di papà», ricorda Enrico, figlio di Steno, il regista legato ai film d’oro di Totò, tra gli Anni 50 e l’inizio degli Anni 60. «Anche se papà fece "Un americano a Roma" con Sordi, era Totò il suo attore prediletto, a casa con noi parlava come lui: "Ma mi faccia il piacere". Oppure, guardando la cameriera: "La serva serve"». Terrence Malick, il regista di culto noto per i suoi silenzi e che non si stacca mai dalla sua ombra, rivelò alla Festa del cinema a Roma che «Totò a colori» è il primo film italiano che ha visto, e gli ricorda Chaplin e Buster Keaton. Enrico non si scompone: «Da buon ultimo, parla bene di Totò. Non ho ricordi di quel film, papà però diceva che i colori più belli erano il bianco e nero, rimase colpito dai primi colori sullo schermo, così forti e vivaci, così realistici; per lui il cinema era finzione».

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Racconta che una volta Steno papà andò a Napoli per uno dei pochi premi che prese Totò. E disse che era una triste serata, non solo perché fuori pioveva, ma perché a festeggiarlo del mondo del cinema c’era solo lui, che sarebbe diventato un eroe nazionale. «Totò soffriva di questo. Ho visto piangere mio padre due volte: quando morì Leo Longanesi si chiuse nello studio, chiuse le tapparelle e restò al buio. Poi nell’occasione di quel premio a Totò. Lui amava molto papà, sul set alle sue battute rideva come un bambino e per Totò questo voleva dire che il film funzionava. Papà non dava quasi mai lo stop».

Si è tanto parlato delle improvvisazioni di Totò. «Erano meno di quelle che si pensa, le scene erano provate e riprovate in camerino con gli altri attori che facevano da spalla, era tutto studiato, improvvisava solo nei finali. Diceva che non si fa ridere al mattino, girava in quello che si chiama l’orario francese, dalle 13 alle 21. Non andava mai a vedere i giornalieri, il lavoro del giorno. Ogni tanto si vestiva da principe De Curtis, col blazer e il foulard, e si rivedeva in sala di proiezione: il principe era il primo ammiratore di Totò».

Enrico è lo sceneggiatore dei film di suo fratello Carlo. «Le nostre famiglie sono legate a filo doppio. Anche mio fratello ha debuttato al cinema con Totò. Il film era "Totò e le donne", c’è una voce che dice che fin da piccolo era ossessionato dalle donne, in un flashback lo si vede sbaciucchiato da vecchie zie. Era mio fratello Carlo, aveva un anno. Ha esordito facendo Totò da piccolo. La prima volta che lo vidi io, invece, fu per strada, mi fece effetto, girava con un macchinone americano».

Totò e Sordi insieme? «Una volta sola, per il film "Totò e i re di Roma". Era una scena tutta a favore di Sordi, Totò gli andò dietro e gli sputò sul collo. Voleva rubargli attenzione. Capì che Sordi era bravissimo e s’inventò qualcosa, aveva paura di lui». Eppure i loro sberleffi non sono mai volgari. I due hanno qualcosa in comune? «Sì, hanno inventato e fotografato un modo di essere italiani mettendo alla berlina una certa cialtroneria che tuttora esiste e ci appartiene. E poi ci fanno ridere con una comicità non sofisticata, andando sui grandi topos della farsa: l’invidia, la fame, il sonno, la balbuzie, l’avarizia. Cose semplici».

Che cosa c’è da imparare nel 2008 dalla maschera di Totò? «Lui, Sordi, De Sica, erano attori talmente bravi... Non importava che facessero film importanti o meno importanti per i motivi più vari, per mangiare, per contratto, ma ogni volta davano il meglio di sé, non sottovalutavano nessun progetto, non avevano mai la puzza sotto il naso. E infatti è raro trovare un film in cui Totò non è bravo. Ecco, questa forse è, al di là del talento, la lezione più grande che ci lascia».

Valerio Cappelli

021 La banda

E il principe disse: «Eduardo, con te lavoro gratis»

50 mila lire
«Per dire amici e fratelli a un comizio mi date 50 mila lire. L’ospedale e a parte, però!»

Lotta discontinua
Totò a Eduardo: «La vita è una lotta continua e discontinua!»

La Guerra lampo di Eduardo
«Questi fanno la guerra lampo!». Totò: «La guerra coi lampi non si può fare. È un bluff!».

Le comparse
Per rendere verosimile l’atmosfera dei vicoli partenopei, Eduardo fece arrivare a Roma numerose comparse napoletane. Famiglie intere ospitate in una pensione della capitale. D’altronde, girare a Napoli sarebbe stato molto complicato. L’affetto dei napoletani verso Totò ed Eduardo avrebbe di certo paralizzato il set.

Una salma simpatica
Quando Delia Scala gli chiese se non fosse a disagio nell’interpretare il ruolo di un finto morto, Totò replicò: «Però ammettetelo, sono una “salma simpatica’’!».

Liliana De Curtis svela i retroscena dell’amicizia fra i due grandi attori in «Napoli milionaria».

Se due amici fraterni, come Totò ed Eduardo, s’incontrarono sul set nel 1949, fu grazie a un complice di lusso: il produttore Dino De Laurentiis. Fu lui che, prima di allestire il cast di «Napoli milionaria», film tratto dal capolavoro teatrale di De Filippo sulle miserie morali di una famiglia napoletana durante la guerra, parlo chiaro a Eduardo: «Chiama Totò. Convincilo ad accettare una parte». Il principe della risata non ebbe esitazioni: «Accetto, ma per te lo faccio gratis!». In segno di riconoscenza, De Filippo gli scrisse una delle più toccanti lettere della storia dello spettacolo italiano: «Caro Antonio, ogni qual volta penso a te, Amico, te Ilio detto a voce e voglio ripeterlo per iscritto, ho l'mpressione di non essere più solo nella vita!». E accompagnò quelle righe con un regalo per Diana, la moglie del principe: una collana d’oro, tempestata di brillanti. Nacque un film con Eduardo e Totò nei panni di due tranvieri. Quest’ultimo, con moglie e figli a carico, costretto a fingersi morto pur di sbarcare il lunario.

2008 10 25 Corriere della Sera Toto f1Totò ed Eduardo in una scena di «Napoli milionaria»: Pasquale Miele, il personaggio interpretato dal principe, era assente nella versione teatrale

Liliana De Curtis, lei è Tunica figlia di Totò. Come reagì suo padre al gesto di Eduardo?

«Papà rimase commosso dalle sue parole. Nel suo cuore pesava più la lettera che la collana di Bulgari. Ma non c’è da meravigliarsi Erano due sopravvissuti alla guerra. Due specchi, che quando si incontravano, riflettevano le difficoltà vissute insieme. Conoscevano il vero significato della parola fame, quando pane e frittata era un pranzo extralusso».

Eduardo, però, ricordava anche quando, negli anni '20, Totò Io aveva curato come un fratello...

«Beh, come poteva dimenticare che papà, dopo i suoi spettacoli, con infinita dolcezza gli stirava le pezze calde e gliele poggiava sul petto. Per distrarlo, poi, cantava "Il portavoce”, una "macchietta” napoletana. Eduardo si divertiva così tanto che una notte gli disse: "Totò, vattene! Mi fai troppo ridere, mi sento male!”».

La generosità del principe è proverbiale. Al punto che, raccontando i suoi gesti, la realtà stupisce così tanto da sembrare finzione.

«Lo pensavano anche tanti capifamiglia napoletani del quartiere Sanità, dov’era nato. Soprattutto quando al mattino trovavano sotto l’uscio una busta piena di diecimila lire. All’inizio erano pazzi di gelosia, ma poi scoprirono che era Totò, accompagnato di notte in Cadillac dall’autista Cafiero, a donare soldi ai più bisognosi. Lui faceva tutto in silenzio. Anche la sua auto non doveva far rumore: andava a 40 all’ora, anche per evitare incidenti».

Ma a volte, però, c'è chi in pubblico dispensa generosità e in privato lesina aiuto. Chi era il principe De Curtis?

«Un uomo che amava il silenzio, la notte e parlava a voce bassa. Con la famiglia, poi, è sempre stato sorprendente. Soprattutto con i nipoti. Pensate che a mio figlio Antonello donò la prima Ferrari elettrica e a mia figlia Diana il primo pupazzo parlante. Aveva un sesto senso. Percepiva subito i nostri desideri. Si preoccupava persino di comprare personalmente pigiami e maglie di lana per i nipoti. Un nonno ideale».

È vero che era innamorato del mare? «Per lui era fonte di tranquillità e ispirazione. Appena poteva, passeggiava sul lungomare napoletano. 0 a Nizza. Ma davanti a un problema, fermava il mondo! Una volta, in vacanza a Rapallo, scopri che il marinaio della sua barca aveva la moglie prossima al parto. Gli disse: "Corri da lei e falla partorire. Ti aspettiamo". Tornato da papà, il marinaio non credette ai suoi occhi. Totò aveva già acquistato una carrozzina e un set per la prima infanzia».

Michele Avitabile


2008 10 25 Corriere della Sera Toto f2Fu in nome di un'antica e mai interrotta amicizia, che Totò recitò gratis in «Napoli milionaria». Ed Eduardo ricambiò inviandogli una collana di Bulgari per la moglie Diana, accompagnata da una lettera commossa (l'originale è stato concesso in esclusiva dalla famiglia De Curtis). Ma girare il film richiese un anno intero: il principe era anche sul set di «Totò cerca casa» e «Totò le Moko», mentre Eduardo era spesso assente per impegni teatrali. Totò considerò comunque il film tra i suoi migliori e lo rivedeva per conto suo «quasi tutte le sere».


Riferimenti e bibliografie:

La raccolta «Il grande cinema di Totò - Collezione oro» mette insieme alcune delle pellicole migliori del principe della risata. Ciascun dvd viene offerto ai lettori del Corriere della Sera a 9,99 € più il costo del quotidiano. La prima uscita, Guardie e ladri, è in edicola dal 27 settembre 2008. Ogni dvd è corredato da un libretto di 16 pagine a cura di Paolo Mereghetti e Goffredo Fofi, con contributi inediti, un ricco apparato fotografico, scritti dell’epoca e una dettagliata scheda sul film. E proprio nel libretto del primo dvd c’è una testimonianza inedita di Monicelli.

La collana si compone di 50 titoli, anche se al momento sono state definite solo le prime 30 uscite. I primi 5 film proposti dal Corriere sono totalmente inediti, nel senso che si tratta di dvd mai usciti in edicola. Di seguito l’elenco dei film e i relativi giorni di uscita:

  • Guardie e ladri (27 settembre)
  • Totò a colori (4 ottobre)
  • L’oro di Napoli (11 ottobre)
  • Totò e Carolina (18 ottobre)
  • Napoli milionaria (25 ottobre)
  • Totò, Peppino e la malafemmina (1 novembre)
  • Signori si nasce (8 novembre)
  • Miseria e nobiltà (15 novembre)
  • La banda degli onesti (22 novembre)
  • Siamo uomini o caporali? (29 novembre)
  • Risate di gioia (6 dicembre)
  • 47 morto che parla (13 dicembre)
  • Totòtruffa '62 (20 dicembre)
  • Totò Peppino e i fuorilegge (27 dicembre)
  • Totò sceicco (3 gennaio)
  • I tartassati (10 gennaio)
  • Totò e le donne (17 gennaio)
  • Totò cerca casa (24 gennaio)
  • I soliti ignoti (31 gennaio)
  • L’Imperatore di Capri (7 febbraio)
  • Totò cerca moglie (14 febbraio)
  • Totò le Mokò (21 febbraio)
  • Totò Fabrizi e i giovani d’oggi (28 febbraio)
  • Un turco napoletano (7 marzo)
  • Il medico dei pazzi (14 marzo)
  • I due marescialli (21 marzo)
  • Arrangiatevi! (28 marzo)
  • Totò e i redi Roma (4 aprile)
  • L’allegro fantasma (11 aprile)
  • Fermo con le mani (18 aprile)

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Paolo Mereghetti, Maurizio Porro, Valerio Cappelli, Michele Avitabile, «Corriere della Sera», settembre/ottobre 2008