Anna contro Totò
C'è già chi pensava di rivedere la Magnani con Totò: non se ne fa nulla e pazienza!
Lugete, Veneres Cupidinesque: piangete, o Veneri e Cupidi... Reminiscenze degli studi di latino della seconda (o della terza?) ginnasiale. Ma gli anni passano e non si piange più, con Catullo, il passerotto morto e la mestizia d'una fanciulla. Ora Veneri e i Cupidi, impersonati dal pubblico del teatro di rivista, piangono Anna: Anna, che, chissà per quanto, non vedranno più, e la sua arguzia straripante, e le sue canzoni romanesche (cantate, sì, con una voce che richiamava alla mente l'aspro cigolar della carrucola d’un pozzo, ma ricolma di sentimento e di malizia). Che? Si ritira forse dalla scena, Anna Magnani? Ma no, figuratevi. Proprio adesso che gli americani han voluto proclamarla «attrice mondiale» cingendole di lauro gli scarmigliati e gorgonici capelli! Che, scherzate? é il «suo» momento.
Al dunque: non se ne fa nulla. Perchè? Ecco. Prima fase: la Anna, forte dei diritti conferitile dal suo titolo di campione mondiale, spara le sue artiglierie. Trentamila al giorno, e col contratto di prosa. A scanso di equivoci da parte di qualche profano, bisogna stabilire che le trentamila son lire di paga, e non bruscolini da vendere in teatro, durante l'intervallo (ammesso che nei teatri dove recita la Magnani si possano vendere i bruscolini: o, meglio, per i profani, semi di zucca abbrustoliti). Il contratto di prosa prevede una corresponsione di quattrini supplementare per le recite doppie festive e non prevede i quattro riposi mensili della rivista. Per cui la paga della Magnani, teoricamente fissata in trentamila, sarebbe praticamente salita a trentasei-trentasette (mila, sempre mila, e giornaliere). Ma Romagnoli, che decisamente ci tiene — e questo è lodevole — ad essere lo Ziegfield italiano, e per questo sta radunando tutte le più forti firme della nostra rivesta, ivi comprese, quelle di Wanda e di Totò, finì per accettare. E accettò anche Totò — oh, meraviglia! — sebbene il suo emolumento fosse inferiore.
Senonchè, non erano finiti i guai. Si giunse alla seconda fase: cioè alia denominazione della compagnia. E qui la «Anna mondiale» superò se stessa. Ordinò il fuoco alle sue batterie, e Romagnoli si vide arrivare un proiettile così concepito : «La compagnia porterà, come ditta, il nome di Anna Magnani». Cosi, insomma: Gli spettacoli «R.» presentano la compagnia di Anna Magnani, con (e qui tutta la sfilza dei nomi e con la partecipazione straordinaria di Totò». A questa richiesta, il già chilometrico mento di Sua Altezza Totò ad allungò di qualche altro decimetro, e ci fu un silenzio foriero di tempesta. Poi Totò, con voce cavernosa, disse: «A prescindere fa d'uopo, ma io non ci sto. Io sono Totò, e non «con Totò» che, scherziamo?». E qui bisogna ammettere, per quanto siamo in tempi di repubblica, che il principe aveva ragione.
Peccato, sarebbe stata una gran bella compagnia! Ma è cosi difficile far capire agli attori, dopo un bel successo, qual'è la zona di tolleranza nella quale devono fermarsi? Qui i casi sono due. O la Magnani, avendo altre proposte o altri impegni, magari cinematografici, ha voluto cavarsi d'impaccio formulando proposte, che lo sapeva a priori, erano inaccettabili, (ma ha commesso, in tal caso, una scortesia verso il suo collega Totò che certamente non vale meno di lei in rivista, anzi...), oppure l’euforia per il meritato pataccone conferitole dagli americani è tale da farne perdere ogni senso della misura.
Mario Casalbore, «Film», anno X, n.7, 15 febbraio 1947
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Mario Casalbore, «Film», anno X, n.7, 15 febbraio 1947 |