Articoli & Ritagli di stampa - Rassegna 1949
Indice degli avvenimenti importanti per l'anno 1949
Maschera d'Argento agosto 1949
6 settembre 1949 Antonio de Curtis è presidente della giuria per l'elezione di «Miss Roma»
Indice della rassegna stampa dei film per l'anno 1949
I pompieri di Viggiù (Distribuzione 6 aprile 1949)
Yvonne la nuit (Distribuzione 19 novembre 1949)
Totò cerca casa (Distribuzione 5 Dicembre 1949)
L'imperatore di Capri (Distribuzione 7 Dicembre 1949)
Totò le mokò (Distribuzione 17 Dicembre 1949)
Totò
Articoli d'epoca, anno 1949
Eduardo, Totò e Napoli milionaria: una verità complicata
«Bada che ti mangio»: muro del pianto tra le quinte dopo la "prima" di Totò
Totò perde i caccia ma vince con i 381
Antonio de Curtis, l'uomo che non ride alle recite di Totò
Totò commodoro
Bada che ti mangio 50 milioni
I pompieri di Viggiù (1949)
L'imperatore di Capri (1949)
Totò «cerca casa»: molte donnine è riuscito a trovare, ma non due camere e cucina
Totò cerca casa (1949)
Totò-rivista: nozze d'argento
Bada che ti mangio! (1949)
Totò le Mokò (1949)
Yvonne la nuit (1949)
Il marchese Antonio de Curtis, ultimo rampollo di una antichissima famiglia, è assai diverso da quel grande comico che sulla scena il pubblico conosce ed ama come Totò. Rigido, misurato, gentilissimo, estremamente serio, parla a voce bassissima. Ci troviamo nel salotto della sua magnifica casa ai Parioli ed io gli ho già fatto qualche domanda.
- Le canzoni, già, le canzoni… mi piacciono, non c'è che dire. Sono, diciamo, una musica di secondo ordine. Una musica utilitaria, ecco, ma accessibile a tutti: e sotto quest'ultimo aspetto le canzoni sono senz'altro in testa a tutti gli altri generi di musica.
Comprendo benissimo ciò che Totò vuol dire, ma l'argomento merita di essere sviscerato:
- Come ha detto, Marchese?
- Ecco, il mio parere è che in tutte le forme di spettacolo in qualsiasi modo il pubblico sia chiamato ad ascoltare, vedere, giudicare, far… da pubblico Insomma, c'è il genere cosiddetto plateale che piace alla massa ma non ai palati delicati; c'è il genere cosiddetto fine che piace ad una esigua minoranza di critici, esteti, ecc. Ma lascia completamente indifferenti tutti gli altri. L'ideale è il genere che soddisfi incondizionatamente tutti.
Mi piace sentirlo parlare, con quel suo tono basso e cortese e quello spiccato accento napoletano, per questo chiedo:
- Non potrebbe spiegarsi con qualche esempio?
- Ma certo… la musica classica, da camera, sinfonica piace a pochi intenditori e buongustai. Il teatro di Ibsen, lo stesso, la comicità cinematografica di Stan Laurel e Oliver Hardy manda in visibilio la massa ma fa storcere il naso agli esigenti, e così via. Di contro, per rimanere nei generi presi ad esempio, ecco qua: il teatro di Shakespeare piace a tutti, la comicità di Charlie Chaplin piace a tutti, la musica di Verdi piace a tutti.
Magistrale, che vede pare? Ma insisto:
- Verdi, d'accordo… ma noi parlavamo di canzoni…
- Non sembri irriverente ciò che dico, ma Verdi è il più grande compositore di canzoni, oltre al resto, si capisce. La Messa di Requiem e l'Otello sono capolavori, d'accordo, ma sempre per quella minoranza. Ma tutti, assolutamente tutti, almeno una volta al giorno, fischietteranno o canteranno: La donna è mobile… oppure: Alfredo, Alfredo di questo cuore… oppure: Va’ pensiero sull'ali dorate…
Non vi pare che Totò abbia ragione? A me sembra di sì. Giungere al cuore di tutti, popolino e persone fini dall'istruzione completa, ecco il segreto.
Shakespeare, Verdi, Chaplin e Totò ci sono riusciti. Beati loro.
Antonio de Curtis, 1949
«Canzoniere della Radio», gennaio 1949
Roma, dicembre
Totò aspetta ancora il suo regista. Nel corso di parecchi anni vari registi si sono provati a fargli fare il cinematografo. Il primo, o uno dei primi, è stato Palermi con il « San Giovanni decollato ». Si videro in quell’occasione le grandi possibilità che aveva Totò di trasferire sullo schermo i personalissimi effetti del suo estro, la sua leggera e aerea follia, le sue evasioni dalla realtà che si esplicano in certi giri d'occhio, in certi suoi improvvisi e silenziosi fervorini durante i quali l’attore sembra uscire dal mondo e navigare nell’etere.
L’effetto di queste sue reazioni di fronte agli avvenimenti è straordinariamente comunicativo e fa sempre centro arrivando in maniera irresistibile a tutte le categorie di spettatori, dal più raffinati intellettuali ai ragazzini dei cinema rionali. Totò è tutto lì. Egli non può essere costretto in un personaggio normale sia pure comico. Perchè egli dia tutti i risultati di cui è capace dev'essere sempre lui in contrapposto alla situazione alla quale lo si mette di fronte qualunque essa sia. Bisogna provocare le personali reazioni del personaggio Totò.
Nei vari film dei quali egli è stato protagonista, gran parte di questi è andata sempre perduta e ciò perchè, interpretando personaggi che non siano soltanto lui, Totò appare un comico come ce ne sono tanti, un attore brillante di ordinaria amministrazione che non merita si faccia un intero film sulla sua persona. Un film che riuscisse a mettere a fuoco quelle qualità, che poi rappresentano la vera personalità di Totò, direbbe qualcosa di nuovo nel campo del film comico. Questi problemi non si è posti Mattoli con Fifa e arena, farsa di corrente e sbrigativa fattura congegnata su misura con una serie di situazioni molto tese nelle quali Totò, in seguito ad alcuni equivoci obbligati, viene sottoposto ai più esasperati adattamenti: vestito da donna su un aereo nel ruolo di hostess, costretto suo malgrado a toreare in una corrida a Siviglia. Alcuni episodi fanno ridere. Ma la farsa cinematografica per Totò rimane ancora da fare. [...]
Ercole Patti, «L'Europeo», anno V, n.1, 2 gennaio 1949
«Reggio Democratica», 12 gennaio 1949
AL «LUX» — Ieri sera, alle 21, è andata in scena l'attesa rivista «C'era una volta il mondo» di Galdieri. Il pubblico era numerosissimo, accorso con il desiderio di ridere e veder belle donne. E' stato accontentato. Totò, con la sua consueta mimica, si è prodigato a tutto spiano. Applausi a lui e ai suoi compagni: Mario Castellani, Isa Barzizza, Elena Elena Giusti. Da stasera replica.
«La Stampa», 19 gennaio 1949
C’ERA UNA VOLTA IL MONDO al Lux — Quando Totò e Galdieri si prendono a braccetto, il successo è assicurato. Non importa se lo spettacolo ricalca i temi di un anno fa e se qualche quadro denuncia quindi le rughe del tempo. Non importa se in qualche momento (il ballo delle nazioni, il fuori velario dei due vecchietti) il cattivo guato fa capolino. E’ tale e tanta l'intelligenza dell'autore e l'inesauribile comicità di Totò che i piccoli néi vengono presto dimenticati e la rivista fugge via agile, leggera, veloce come un diretto di cui Totò è il dinamico macchinista. E scusate se è poco.
Con lui sono la fine ed elegante Elena Giusti che ci ricorda le settecentesche porcellane di bisquit, la scattante Isa Barzizza, il simpaticissimo Castellani, la Serra, il Riva, la graziosa Cerchiai e tutti gli altri. Un saluto particolare alla bravissima Silva che ritorna ai palcoscenici dopo oltre due anni d’assenza. Teatro accogliente e gremito, applausi e risate a non finire.
Vice, «L'Unità», 19 gennaio 1949
Dopo la sua serata d'onore, il popolare comico ha dovuto lavorare fino all'alba per il nuovo film.
Gli occhi del signore grasso cominciarono a velarsi: nelle luce abbagliante del palcoscenico le figure danzavano confusamente, prive di’ contorni. Dopo aver sbuffato per tre ore ed essersi contorto paurosamente in preda a violenti accessi di riso su una poltrona del teatro durante lo spettacolo della rivista di Totò, il pingue spettatore fu colto da un improvviso e subdolo attacco di sonno. La riviste terminò verso l’una; il teatro si sfollò lentamente. Afflosciato nella poltrona di quarta fila il signore grasso era rimasto solo. Ma d'improvviso le luci sul palcoscenico si riaccesero: un nugolo di uomini vestiti con grembiuli e tute comparvero trasportando essi, scenari, supporti e cavalletti. C’era Totò, c’era Dapporto, Nino Taranto, Wanda Osiris e con essi le loro compagnie di riviste. Anche la platea fu invasa da giovanotti con occhiali, signore anziane e uomini con barda. Nessuno si curò del dormente: una signorina insinuatasi nella fila di poltrone gli pestò un piede.
Il signore grasso sobbalzò e aprì gli occhi fissandoli imbambolati: vide un uomo piccolissimo che attraversava velocemente la sala reggendo una scala lunga lunga. Poi si udì un « ciak » e una voce gridò: « Si gira ». L’orchestra attaccò un motivo cadenzato e sul palco si ripetè una scena della rivista. Fu interrotte. Ricominciò una volta, due, sedici volte di seguito. Erano le riprese del nuovissimo film « I pompieri di Viggiù », di Mattali. Sono le avventure di un grosso vigile del fuoco, Carlo Campanini, il quale capita in un teatro di varietà inseguito da tutta la sua squadra, convinto ch’egli sia in procinto di spegnere un incendio di proporzioni allarmanti. Nel film sono ritratti i quadri culminanti delle riviste delle quattro compagnie citate. Di quella di Totò viene girata le scena finale con Castellani, Riva, Bertucci, Isa Barzizza ed amici. Per tre notti consecutive tutta la compagnia dopo la rappresentazione serale si è trattentua fino alle otto del mattino a provare sotto la severa direzione del regista Mattoli.
Tutto questo per òil signore che s’era addormentato ieri sera in una poltrona di quarta fila non lo sapeva: non capiva nulla, guardava solo sgomento il palcoscenico, poi l’operatore, poi di nuovo il palcoscenico. Il teatro sfolla nuovamente (era ormai l’alba). Le ballerine uscirono aggrappate ai loro cavalieri, e molti uomini barcollavano dal sonno. Solamente Totò, soddisfatto perchè le scene sono ormai ultimate, uscì fresco e saltellante. Fu lui a trascinarsi dietro il signore grasso e ed accompagnarlo benevolmente, ma con fermezza, fuori del teatro.
f. c., «Gazzetta del Popolo», 28 gennaio 1949
Bada che ti mangio, rivista di M. Galdieri
Spettacolo ricco di coreografie e di costumi. Buon gusto e sfarzo sono i suol elementi caratteristici. Un complesso di ballerine e di figuranti, elegante e armonioso, fa da contorno a Totò, il quale con le risorse che l'hanno reso beniamino di chi ama la risata facile, ha suscitato anche ieri sera con la sua buffoneria di maschera pulcinellesca, frequenti risate. La parte coreografica è la meglio riuscita. Per essa non sono state fatte economie. Vestiari di pregio e scene di bei colori, offrono una festa per gli occhi. Le musiche vivaci sostengono balli e sfilate. Lo sfolgorante quadro degli scacchi, quello pittoresco spagnuolo, quello della fontana, sono tra i più fantasmagorici. Il testo manca di mordente, sebbene muova da uno spunto ameno e attuale che ha per protagonista un Adamo atomico, impersonato da Totò, che si presenta come uomo meccanico. Applausi molti e calorosi al Totò, alla Barzizza, alla Giusti, al Castellani, alla Brown e a tutti quanti. Alcune scenette dialogate sono di troppo: qualcuna è di dubbio gusto. Teatro gremito e la «Celere» a regolare l'ingresso. Stasera replica.
e. p., «Corriere della Sera», 1 marzo 1949
Totò e la sua grande compagnia di riviste daranno stasera la prima assoluta della nuova rivista di Michele Galdieri «Bada che ti mangio». I biglietti venduti per il primo spettacolo valgono per stasera, quelli venduti per il secondo, domani venerdì, quelli per il terzo valgono per la serata di domenica, quelli per il quarto lunedi e quelli per il quinto martedi 5.
I biglietti per la rappresentazione di sabato 5 (Carnevalone) e quelli per la diurna di domenica 6 sono in vendita da stamane.
«Avanti», 3 marzo 1949
Spettacolo ricco di coreografie e di costumi. Buon gusto e sfarzo sono i suoi elementi caratteristici. Un complesso di ballerine e di figuranti, elegante e armonioso, fa da contorno a Totò, il quale con le risorse che l'hanno reso beniamino di chi ama la risala facile, ha suscitato anche ieri sera con la sua buffoneria di maschera pulcinellesca, frequenti risate. La parte coreografica è la meglio riuscita. Per essa non sono state fatte economie. Vestiari di pregio e scene di bei colori, offrono una festa per gli occhi. Le musiche vivaci sostengono balli e sfilate. Lo sfolgorante quadro degli scacchi, quello pittoresco spagnuolo, quello della fontana. sono tra i più fantasmagorici.
Il testo manca di mordente, sebbene muova da uno spunto ameno e attuale che ha per protagonista un Adamo atomico, impersonato da Totò, che si presenta come uomo meccanico. Applausi molti e calorosi al Totò, alla Barzizza, alla Giusti, al Castellani, alla Brown e a tutti quanti. Alcune scenette dialogate sono di troppo: qualcuna è di dubbio gusto. Teatro gremito e la «Celere» a regolare l'ingresso. Stasera replica.
e. p., «Corriere della Sera», 4 marzo 1949
Totò e Macario in veste di agitatori
Roma 9 marzo, matt.
Alle tante agitazioni di questi ultimi tempi si aggiunga ora quella dei capi comici delle compagnie di riviste, operette e varietà, causata dallo scontento serpeggiante negli ambienti del teatro minore per la esclusione di quest'ultimo dalle sovvenzioni statali. Del comitato di agitazione, che terrà domani un comizio di protesta alla sala Pichetti, fanno parte fra gli altri Totò, Macario, Nino Taranto, Dante Maggio. Pietro De Vico.
«Corriere della Sera», 10 marzo 1949
Il robot è la nuova macchietta di Totò nella rivista "Bada che ti mangio", andata in scena la settimana scorsa a Milano. Nelle vesti metalliche dell'uomo meccanico Totò ha trovato modo di concentrare ancora una volta la nota comicità. L'automatismo dei gesti, già notato in Pinocchio, è qui portato alle estreme possibilità, per sempre dominato dalla maschera esilarante. Ma Totò è stato un po' sacrificato dal copione. Poche scene per lui e non tutte di quell'umorismo vivido e sostenuto di cui è capace (ricordate la scena del vagone letto nella precedente rivista?). I critici più severi hanno scritto che la vena comica della autore, Galdieri, si è rivelata stanca. Alla "prima" il sipario è calato alle 2 del mattino: materia in esuberanza. La seconda sera è terminata alle una; svaltita, ne ha guadagnato e gli applausi sono stati più nutriti. Essa rappresenta il maggior sforzo del teatro della rivista per diventare "successo di coreografia e dominio di buon gusto". C'è una scena durante la quale il pubblico applaude ininterrottamente, quella delle fontane colorate, realizzazione veramente grandiosa. Per l'occasione il palcoscenico del Nuovo era tutto una grande fontana i cui getti, illuminati alternativamente nelle tinte più delicate, diffondevano la "Rapsodia in blu" di Gershwin, con l'altalenare ritmico degli zampilli. Questa fontana è costata a quattro milioni di lire.
«Tempo», 12 marzo 1949
Totò può mettere lo spettacolo di iersera tre i più fausti della sua fortunatissima carriera di comico. L'Adriano era gremito in modo così strabocchevole che spettatori avevano occupato i corridoi e s’erano arrampicati perfino sulle balaustre e le scalette della pedana. Per oltre quattro ore — chè tanto dura lo spettacolo — dalla platea al loggione non s'è fatto che ridere e applaudire. La rivista di Michele Galdieri «Bada, che ti mangio», per quanto con un filo conduttore cosi leggero e fragile da perdersi net variare delle coreografie, tra la ridda dei colori e nell'accavallarsi degli sketches, è piaciuta in ogni quadro. Tutti gli interpreti bravissimi, sono stati calorosamente festeggiati e chi ha colto la palma del trionfo è stato Totò.
«Bada che ti mangio» vuole essere un avvertimento e più encora una sintesi burlesca delle vicende, spesso cannibalesche della vita moderna, dove il più forte aggredisce il più piccolo. Il prepotente ha ragione del mite e tutti gli appetiti si scatenano nel grande banchetto delle ambizioni umane. In questo tema Totò ha un ruolo di personaggio surrealista: è l'eroe atomico. Che cosa abbia potuto tirar fuori, da un simile personaggio Totò, non staremo a dire, nè sarebbe cosa facile. Il lepidissimo comico degli inesauribili slogamenti stavolta ha superato se stesso, dandoci un burattino di carne ed ossa quale non si era mal visto nelle nostre ribalte. La sua meccanica e poliedrica comicità è straripata violenta e continua, suscitando fino allo spasimo ondate di ilarità. Data la stura al fuoco d'artificio delle sue parossistiche trovate, non ha concesso al pubblico un attimo di respiro.
L’ora e lo spazio non consentono di elencare i quadri della rivista che hanno incontrato maggiore successo; sono troppi. La rivista presentata in una sfarzosissima cornice sfolgorante di luci e di colori, con dovizia di ottime e gustose coreografie di Gisa Geert, ha indubbiamente superato quanto finora s'era fatto in queste genere di spettacoli. Il quadro delle fontane luminose, con i poderosi multicolori getti d’acqua, ha mandato il pubblico in delirio. Particolarmente divertenti sono apparsi il quadro del cabaret degli esistenzialisti e lo sketch del commissario, una gustosa satira della polizia di Scelba. Indovinato e ricchissimo di costumi scenari il quadro della partita a scacchi tra capitale e lavoro. Dovremmo ora elencare i bravi interpreti, con Isa Barzizza, Elena Giusti, Mario Castellani e Mario Riva in testa: ma anche questo elenco sarebbe troppo lungo. Tutta Roma accorrerà a vedere questo eccezionale spettacolo e giudicherà. Da stasera le repliche.
«Il Paese», 5 maggio 1949
Le ballerine di Totò truffate a rotazione
Elena Giusti, la bellissima «soubrette» della compagnia di Totò, il noto comico, e le altre attrici della compagnia, sono state prese di mira da una banda di abili truffatori. Anzi, si può dire che tutta la compagnia che recita all’«Adriano» ne è stata vittima. La banda era capeggiata da un tipo dall’aspetto molto signorile, il quale ha iniziato la propria attività contemporaneamente alle recita della compagnia di Totò. La sua prima vittima è stata una coreografa, Gisa Geert, alla quale aveva proposto addirittura di sposarla, facendole balenare la possibilità di trasferirsi con lui in Spagna.
Una sera però la Geert si accorse che le era scomparso un bracciale d’oro di valore rilevante e il tizio, di cui si ignora ancora il nome, il giorno seguente le promise di donarle un altro bracciale. Naturalmente tutto questo rimase allo stato di promessa. Contemporaneamente, per non perdere tempo, il truffatore, facendosi passare per un ricco argentino corteggiava le altre ballerine della compagnia, promettendo ad ognuna di esse scritture
ad Hollywood. Invitandole a cena, le derubava del poco che possedevano.
Quasi contemporaneamente perveniva alla «soubrette» della compagnia, la signorina Elena Giusti, una telefonata da parte della casa di mode Antonelli, che sollecitava la signorina a ritirare il ricco corredo che era stato per lei ordinato da un suo incaricato e che ammontava al valore di circa un milione. La signorina Giusti, naturalmente cadeva dalle nuvole, poiché non aveva ordinato nulla.
Apprendeva cosi che un signore elegante sempre lo stesso truffatore, aveva ordinato alla casa di mode gli abiti per la Giusti, esibendo un assegno di un milione di lire per il pagamento, guardandosi bene dal consegnarlo, ma cogliendo anzi l’occasione per chiedere, con la scusa di non avere altro denaro spicciolo, un prestito di ventimila lire, da conteggiarsi nel conto complessivo dell’ordinazione.
«Gazzetta del Popolo», 13 maggio 1949
Roma, venerdì sera.
La Compagnia di riviste di Totò è stata presa di mira da una banda di abili truffatori. Il capobanda, un individuo dall'aspetto signorile, aveva cominciato la sua attività, contemporaneamente alle recite della compagnia di Totò. Aveva cominciato cioè avvicinando la coreografi Glsa Geert, alla quale aveva proposto nientemeno che le nozze. L'abile lestofante aveva fatto balenare alla signorina la possibilità di trasferirsi con lui in Spagna, polche il tipo si faceva passare per gentiluomo spagnolo.
Una sera però la Geert si accorse che le era scomparso un bracciale d'oro di valore rilevante. Il tizio, di cui si ignora il nome, il giorno seguente le promise di donarle un bracciale di gran lunga superiore come bellezza e come valore. Naturalmente, tutto questo rimase allo stato di promessa. Contemporaneamente, per non perdere tempo, il falso nobile spagnolo, facendosi questa volta passare per un ricco argentino, corteggiava altre ballerine della compagnia promettendo ad ogauna di esse scritture a Hollywood. Regolarmente le invitava a cena e le derubava del poco che possedevano.
Allarmata per la ripetizione dei furti, una delle giovani finiva per telefonare all'Hotel Flora dove il tipo asseriva di abitare Ma all'Hotel Flora nessuno lo aveva mai visto nè conosciuto. Quasi contemporaneamente perveniva alla «soubrette della Compagnia, Elena Giusti, una telefonata da parte della casa di mode Antonella La casa sollecitava la signorina a ritirare il ricco corredo che era stato per lei ordinato da un suo inviato e che ammontava al valore di oltre un milione.
La signorina Giusti, naturalmente, cadeva dalle nuvole: lei non aveva mai ordinato niente a nessuno e non capiva cosa mal volesse la casa di mode. Si apprendeva allora che lo stesso tizio o qualcuno da lui Inviato si era recato alla casa Antonelli e aveva ordinato vestiti per la signorina esibendo un assegno di un milione di lire per il pagamento. Naturalmente l'individuo ai guardava bene dal consegnare l'assegno, anzi, colta l'occasione, chiedeva, con la scusa di non avere denaro spicciolo, un prestito di 20 mila lire, da conteggiarsi nel conto complessivo dell'ordinazione. Dopo di che si eclissava. Da quel giorno l'argentino-spagnolo è latante e la polizia lo ricerca.
«Stampa Sera», 13 maggio 1949
Totò all'Adriano. Se Totò non ha trovato ancora secondo il suo merito, un suo regista e una sua storia cinematografica, dominava però la rivista con il suo fortunato vampo di battaglia. Ma con Bada che ti mangio, pretenziosa quanto scipita rivista di Michele Galdieri, Totò perde molti punti nei confronti di altri protagonisti di rivista, come ad esempio la Wanda Osiris. Quando nell'ultima rivista della Osiris era buon gusto, arguzia, freschezza di riferimenti e spunti polemici, altrettanto qua è banalità, cattivo gusto, pigri luoghi comuni.
Il pubblico numeroso ha cercato con la più volenterosa disposizione di divertirsi, e Totò non ha lesinato la sua grande tecnica di comico per compensarli di tanta cordialità. Lo spettacolo ricchissimo di costumi, di messinscena, di ballerine, di stelle di rivista di primo piano fra cui Isa Barzizza, Elena Giusti, Adriana Serra, Dorina Coreno, ecc. inizia da stasera le sue repliche.
Socrate, «L'Unità», 30 maggio 1949
Il comico Totò accusato di ingiurie al Parlamento
Roma, martedì sera.
Del celebro comico Totò si parlerà alla Camera. Ma i rappresentanti del popolo non si occuperanno nè delta sua bazza nè della sua inarrivabile comicità che manda in visibilio le platee. A Montecitorio Totò comparirà idealmente, nella veste di imputato. E a ben considerare, l'Imputazione non è lieve: insieme all'autore della rivista Buon appetito, che con tanto successo interpreta ora in un teatro romano, Totò è accusato di «espressioni ingiuriose verso II Parlamento», reato perseguibile ai sensi dell’art. 290 del Codice Penale.
Il deputato napoletano Nello Caserta, avvocato e filosofo, che ha chiamato sul banco dagli accusati il suo conterraneo Totò con una Interrogazione a Da Gasperi e Scelba, afferma che le «espressioni ingiuriose verso il Parlamento — perseguibili in base al Codice Penale — sono chiara manifestazione di una mentalità antidemocratica e incivile».
A chi gli chiedeva spiegazioni su questo suo perentorio giudizio, l'On. Caserta ha risposto vibratamente: «Proprio così: mentalità antidemocratica a incivile. In quanto democrazia e civiltà hanno diritto ad accusare specificamente gli indegni di rivestire cariche politiche, ma non consentono la dlffamazione collettiva e anonima che infanga i singoli parlamentari e discredita la fondamentale istituzione di una nazione libera».
Coma si vede Totò, al secolo principe De Curtis, ha di che preoccuparsi, tanto più che l'interrogante chiede al presidente del Consiglio e al ministro dell'Interno «quali provvedimenti hanno preso o intendono prendere» contro lo stesso Totò e l'autore della rivista in cui al denigra il Parlamento.
Vittorio Statera, «Nuova Stampa Sera», 15 giugno 1949
Onorevole foglio di via... Il "Buon appetito" non è di Totò
Totò non c’entra. Egli non è responsabile di aver vilipeso il Parlamento, l'istituzione basilare dei paesi democratici. L’inarrivabile comico ci scrive infatti una lettera per precisarci che la rivista «Buon appetito» in cui sono contenute offese al Parlamento non fa parte dei suo repertorio, ma di quello di un altro comico: «Carlo Dapporto». «Io — dice in sostanza Totò — non conosco affatto il copione della rivista e pertanto non posso essere accusato di aver vilipeso il Parlamento».
Totò, al secolo principe De Curtis, precisa poi che nella rivista che egli interpreta, mai si soffermò nella satira politica e delle istituzioni democratiche. E gli va dato atto di tutto ciò. L'equivoco nacque per una Interrogazione del deputato democristiano Nello Caserta al Presidente del Consiglio e al Ministro dell'Interno contro alcune battute, riferentesi ai parlamentari, contenute nella rivista «Buon appetito» che a Montecitorio si riteneva interpretata da Totò, mentre, come questi precisa, lo è da Dapporto.
Vittorio Statera, «Nuova Stampa Sera», 21 giugno 1949
Questa sera la «Maschera d'argento»
«Momento Sera», 8 agosto 1949
Giudizio universale a Roma per comici, fantasisti e soubrette
Nella festa per l'assegnazione delle «Maschere d'argento» non si sa come un premio toccò a tutti quanti.
Roma, agosto.
Una giuria di giornalisti specializzati ha distribuito sabato scorso le «Maschere d'argento» ai protagonisti dell’arte varia, ni comici, ai musicisti, alle subrette, alle spalle, ai fantasisti, definizioni divenute ormai classiche, serissime. Fu una festa lunga, complicata, che Nino Caprioli organizzò con estrema abilità, mescolando, in una cornice borghesemente mondana, tutti gli elementi necessari alla riuscita di una grossa rivista teatrale. Scelse, a sfondo, la pineta del Foro Italico, che, duramente illuminata di verde, divenne falsa quanto un fondale, e tutto intorno la piscina coperta, i campi del tennis inondati di luna, le attrezzature sportive, il ristorante, il bar, sembravano pronti ad accogliere i quadri intitolati «Ed ora... un buon tuffo!» oppure «Dagli, racchetta mia!».
Totò, esemplarmente vestito da gentiluomo napoletano, recitava con serenità il suo ruolo numero 2, quello di Altezza Imperiale bizantina: non appena si toglie la bombetta o l’armatura, non appena rinuncia all’elaborata balbuzie del suo ruolo numero 1, Totò assume le caratteristiche elegantemente mostruose del riassunto storico, e la sua bazza, cosi utile in scena per esprimere ammirazione nei riguardi di Isa Barzizza, gli riesce preziosa nella vita privata, per stabilire un parallelo con il naso dei Borboni, o il labbro degli Absburgo. Anche Walter Chiari ha adattato le sue mansuete follie, la sua elaborata speltinatura ad apparizioni insomma private: seduto con Marisa Maresca in uno sfolgorante abito verde sull'orlo della pista rotonda dove, dopo il ballo, i premiati si inoltravano per ricevere la «Maschera», Walter Chiari sembrava pronto a recitare uno sketch: invece spari, con la «Maschera», con la Maresca e con modestia, sottraendosi alla piccola esibizione di Ognuno. Il maestro Danzi, Nino Taranto ed Alberto Sordi furono i più applauditi.[...]
Irene Brin, «Corriere della Sera», 13 agosto 1949
«Gazzetta del Popolo», 7 settembre 1949
L' O.F.I. dopo il successo di "Paisà" prepara, tratto dall'immortale romanzo di Cervantes «Don Chisciotte della Mancia» con Totò
«L'Araldo dello spettacolo», novembre 1949
Al Teatro Alfieri - Anche il pubblico dà spettacolo
Pubblico strabocchevole al Teatro Alfieri e applausi che si sono prolungati sino oltre la una e mezza. Insomma dopo lo spettacolo vi è stato un altro spettacolo, anche perché una voce, nell'altoparlante aveva assicurato che vi sarebbe stato il servizio tranviario. Infatti c'era. Se non vi fosse stato la gente sarebbe tornata in teatro a pretendere un terzo supplemento, tanta era la violenza dell'acqua che veniva giù scrosciando.
Totò, dunque, dopo la rivista Bada che ti mangio, quando già aveva quasi esaurito il suo personale e… inesauribile programma, poiché si trovava ad avere tra le mani la bacchetta direttoriale, intonava e faceva intonare al pubblico che lo aveva asserragliato sulla passerella, le canzoni alpine. E allora lo spettacolo, dal palcoscenico, passò in platea ove, gentili e tremebonde vocine di signore, davano lo spunto delle strofe. E la rivista era stata bella, ricca, anzi ricchissima, forse anche stracarica di ricchezza.
Notevole, sotto un punto di vista tecnico il getto dell'acqua sul palcoscenico, lanciato da una fontana monumentale.
L'acqua vera cangiante di colore, sorgente da una dozzina di tubature, si alzava e si abbassava sul ritmo di uno dei più noti ritmi di Gershwin. La sequenza dei numerosissimi quadri, condotta con ritmo veloce e preciso, non ha dato respiro al pubblico che si diletta a tal genere di spettacoli. Oltre a Totò, più che mai lepido e spassoso, specialmente quando indossa il suo caratteristico tight, Lia Origoni, elegante munita di una bella voce e di molta grazia, il Lauri, la Molfesi hanno avuto la loro larga parte di applausi.
Il "fantasista" Campos, di una comicità meccanica irresistibile ha mandato gli spettatori in visibilio. Da questa sera Bada che ti mangio inizia le repliche.
e.q. (Enrico Quaglietti), «La Stampa», 23 e 24 novembre 1949
TOTO’, il comico delle « quisquilie » e delle « pinzellacchere », ha ieri sera inventato un nuovo termine, ovvero il nuovo aggettivo sarchiaponico, derivandolo dal dialettale nomignolo napoletano Sarchiapone, cioè tipo goffo, nel fisico e nelle azioni, che è o pretende di essere scaltro ed è invece più tonto che furbo. Naturalmente Totò ha, del suo sarchiaponico, fatto ieri sera stessa, in scena, le prime variazioni possibili: la sarchiaponata (azione da Sarchiapone) e sarchiaponare (verbo). Remigio Paone, partenopeo, è preoccupato: Totò dice spesso la verità, non soltanto sul palcoscenico.
LILIANA DE CURTIS, la sedicenne figlia di Totò, oramai una gentile e bella signorinella, questa volta non è venuta col babbo al debutto torinese. La principessina è rimasta a Roma, con la mamma, nell'appartamento ai Parioli. Ma gli ha scritto: « Caro papà, Natale si avvicina... » ecc. ecc. Totò mostra la lettera con molto paterno orgoglio e con finta apprensione: « Questi figli!... Come costano i figli! ». Totò, di figli, ha soltanto Liliana.
TOTO', principe di Bisanzio, ha con sè in Compagnia, un conte: l’attore Galeazzo Bentivoglio di Bologna, e una marchesina: la giovanissima, brava e graziosa ballerina Floria Torrigiani, fiorentina. « Meglio bene accompagnati che soli », sostiene Totò.
RUDY, direttore di scena della Compagnia Totò, austriaco calato in Italia con gli Schwartz oltre vent’anni fa, parla la nostra lingua in modo barbaro. Richiestogli il perchè di questa sua inspiegabile pecca, ha risposto: «Cosa volete. Ho sempre a che fare con le straniere ». Totò è intervenuto per dirgli: « Sei sarchiaponico. La verità è che le italiane non vogliono avere a che fare con te ». Evidentemente Rudy non si era spiegato bene.
Il trovarobe, «Gazzetta Sera», 25 novembre 1949
«La vergine di Tripoli» è una curiosa mescolanza di favola orientale e di avventura all’americana, una specie di contaminazione fra il «western» e le Mille e una notte, una antologia di pezzi classici dell’uno e dell'altro genere: le danze sinuose di Yvonne De Carlo, le cavalcate d! George Brent, sultani, marinai, tuaregh e palazzi incantati [...] slittando a poco a poco verso la parodia, complice un cammello filosofo e parlante al quale Totò presta i suoi inconfondibili accenti napoletani. [...] II film schiera, accanto ai due protagonisti, una felice accolta di caratteristi.
Arturo Lanocita, «Il Corriere della Sera», 11 dicembre 1949
Totò all'Augustus
E’ attesissimo il debutto di Totò.Il comico che tanto piace al pubblico per domani alla 21, al centro della festosa rivista «Bada che ti mangio» di Galdieri e De Curtis. La comicità travolgente di Totò, lo sfarzo grandioso dei quadri, la ricchezza delle coreografie, l’originalità delle trovate e delle sorprese, costituiscono il massimo coefficiente spettacolare di una grande interpretazione artistica.
«Il Lavoro», 9 dicembre 1949
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