Articoli & Ritagli di stampa - Rassegna 1950
Indice avvenimenti importanti
30 maggio 1950 un curioso fatto accadde in casa de Curtis: il fedele Pippo, il cane di Liliana, venne smarrito durante una passeggiata. Conoscendo l'amore di Totò per gli animali, vennero interessati molti giornali per facilitare le ricerche.
Totò contro Scalfaro: lo strano caso del prendisole luglio 1950. Cronaca della "sfida" fra Antonio de Curtis e l'onorevole Oscar Luigi Scalfaro, futuro presidente della Repubblica
Maschera d'Argento settembre 1950
Ottobre 1950 Totò è al cimitero di Poggioreale con i suoi familiari per la costruzione della cappella gentilizia della famiglia de Curtis
Indice della rassegna stampa dei film per l'anno 1950
Totò cerca moglie (distribuito il 13 marzo 1950)
Napoli milionaria (distribuito il 12 giugno 1950)
Figaro qua, figaro là (distribuito il 29 settembre 1950)
Totò Tarzan (distribuito il 28 ottobre 1950)
Le sei mogli di Barbablù (distribuito il 7 novembre 1950)
Totò sceicco (distribuito il 21 novembre 1950)
47 morto che parla (distribuito il 19 dicembre 1950)
Altri artisti ed altri temi
Totò
Articoli d'epoca, anno 1950
L'impero di Totò nacque a Ponte Milvio
Totò impugnerà la spada di Don Chisciotte
Maschera di Totò
Firmamento Totò
Il Senato minaccia i Cavalieri di Totò
Totò si prepara a morire
Il cinema ha rubato Totò
Totò visto da un americano
Totò visto da Aldo Palazzeschi
13 domande indiscrete a Totò
Le canzoni di Totò. Notizie, curiosità e rassegna stampa
Totò e la nobiltà: la casta è casta e va sì rispettata...
La cappella gentilizia della famiglia de Curtis
Eduardo, Totò e Napoli milionaria: una verità complicata
47 morto che parla (1950)
Figaro qua, figaro là (1950)
Le sei mogli di Barbablù (1950)
Napoli milionaria (1950)
Totò cerca moglie (1950)
Totò sceicco (1950)
Totò Tarzan (1950)
Totò contro Scalfaro - Il caso del prendisole
Francesco De Marco, detto «nfrù»: è morto all'ospedale l'ultimo Pulcinella
L'attore Totò
Il comico Totò ha aderito con la sua Compagnia, alla manifestazione di protesta di tutta la cittadinanza ferrarese per i luttuosi fatti di Modena, sospendendo lo spettacolo e rimborsando gli spettatori. Alla nostra domanda: «Cosa ne pensa, del luttuosi fatti di Modena?», Totò ha risposto: «Io penso che noi italiani ci si dovrebbe voler bene tutti quanti, specie in questi momenti».
«L'Unità», 7 gennaio 1950
Sua Altezza Totò
CARAVAGGIO, 10 gennaio 1950
Egregio Direttore,
ho letto nella sua rivista che il comico Totò ha diritto al titolo di Altezza Imperiale in qualità di discendente della più antica dinastia d'Europa. Nello stesso articolo si aggiunge che Totò avrebbe la potestà di conferire il titolo di principe, duca ecc., essendo fornito di tutte le prerogative reali. Ora con un mio amico si è discusso sul fatto che questa ultima è una prerogativa solo di sovrani regnanti, e che quindi Totò, per quanto antico possa essere il suo lignaggio, non potrebbe assolutamente non solo cedere ma neppure conferire alcun titolo di nobiltà, come è invece affermato nell’articolo.
Risponde a verità questo? Desidereremmo una sua chiarificazione. La ringrazio.
Gianfranco Tartaglia
La questione è molto discussa tn Questo momento in Italia. Alcuni esperti sono di un avviso, altri di contraria opinione. Effettivamente, solo l sovrani regnanti usano conferire titoli e onori. Quelli in esilio se ne astengano con discrezione. Cionondimeno la loro potestà resta teoricamente intatta.
«La Settimana Incom Illustrata», 21 gennaio 1950
Il regista di "Don Chisciotte"... con Totò protagonista, sarà Aldo Vergano, il quale intanto si accinge a dirigere il film già annunciato col titolo Montelepre. Secondo una comunicazione dell'A.R.I., il titolo è stato cambiato per disposizione del ministero dell'Interno che ha anche richiesto l'eliminazione di ogni accenno al bandito Giuliano.
«Cinema», 30 gennaio 1950
Oggi alle ore 21 replica della spettacolosa rivista «Bada che ti mangio!», nuova edizione, nell'elegantissimo spettacolo della Grande Compagnia Totò, con Mario Castellani, Lia Origoni, Laura de Lauri, Galeazzo Benti.
«Il Messaggero», 22 gennaio 1950
Il popolarissimo Totò, il comico n.1 delle scene e dello schermo, farà la sua puntatina anche a Bari. L'attesissimo debutto avverrà il 7 marzo sulle scene del Piccinni. Circondato da un complesso artistico di prim'ordine, il Marchese Antonio De Curtis, Totò per gli amici, porterà nella nostra città l'applauditissima e sfarzosa rivista di De Curtis e Galdieri Bada che ti mangio. Le prenotazioni si ricevono da oggi al botteghino del teatro.
«Cinesport», 14 febbraio 1950
«Cinesport», 1 marzo 1950
«Cinema», 10 marzo 1950 - Incassi dei film di Totò
Il cane di Totò scomparso da Roma
ROMA, 30 maggio
Il marchese Antonio De Curtis, più noto con il nome di Totò ai pubblici teatrali e cinematografici, è disperato. Il cane Pippo, che egli considera il suo migliore amico, è improvvisamente scomparso. Questo cane doveva partecipare con Totò ad un film di cui sta per essere iniziata la lavorazione. Due sere fa il cane era sceso, come al solito, nel giardinetto della villa abitata da Totò, secondo il suo solito, « per prendere una boccata d’aria prima di andare a dormire », come ha spiegato il suo padrone; poi non è rientrato, fuggito con una cagnetta? Rapito? O semplicemente bisognoso di solitudine? Totò ne ha denunciato la scomparsa ed ha promesso una buona ricompensa a chi gli riporterà il cane.
«Gazzetta del Popolo», 31 maggio 1950
Distribuzione: 13 marzo 1950
Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film
L'acidiavolo non si fa frate
L’Arcidiavolo Totò per poco non doveva farsi frate. E' stata una confidenza a cui l'artista, di solito riservatissimo, come tutti sanno, m è lasciato andare dopo una visita fatta giorni or sono ad Assisi, quando, cioè, con la sua compagnia recitava al Morlacchi di Perugia, sostando devotamente presso la tomba del Poverello, dicono le cronache locali, in ginocchio sulla nuda pietra del gradino. Arrivato ad Assisi a bordo di una macchina targata Bari Totó chiese ad un frate di fargli da guida nella visita delle tre Basiliche. Fu un osservatore attento e silenzioso ma, per quanto avesse cercato di non dare nell'occhio a nessuno, la voce della sua presenta non mancò di diffondersi. Quando dopo la sosta nella cripta, Totò si trovò, di nuovo, sul piazzale davanti alla vista delia vallata umbra piena di suggestiva poesia e fu circondato da una piccola folla di curiosi, si lasciò andare alle confidenze.
Non nascose la sua commozione che gli aveva fatto provare e, poiché, confidenza chiama confidenza, gii si affacciò alla mente e parlò brevemente di un proposito formulato nei suoi giovanissimi anni, quando per una delusione amorosa, aveva deciso di abbracciare la vita religiosa a Padova fra i medesimi frati minori conventuali, custodi dei due più insigni santuari del francescanesimo. Totò non disse come poi cambiò idea. Era tardi e bisognava rientrare a Perugia per la recita. Due ore dopo Antonio de Curtis, Griffo Focas Principe Imperiale di Bisanzio, Duca di Cipro, come dice il biglietto lasciato ad Assisi, era ancora l'Arcidiavolo in caccia di anime da spedire all’Inferno, ripetendo sulle tavole del vecchio Morlacchi la poco francescana frase «Bada che ti mangio».
«La Settimana Incom Illustrata», 1 aprile 1950
Firenze, aprile
I corrispondenti perugini mandano ai giornali dì Firenze la straordinaria notizia che Totò si è incontrato con San Francesco. Raccontano che lunedì scorso il popolarissimo comico che sì trovava a Perugia per alcune rappresentazioni è giunto ad Assisi su una bella auromobile targata BA insieme ad alcune graziose subrettine della sua rivista. L’artista si è subito recato alla basilica di San Francesco ad ha fatto chiedere al superiore di poter essere accompagnato da un frate nella visita delle tre chiese. Totò naturalmente era in incognito e il padre guardiano è stato un poco meravigliato di vedersi arrivaree un biglietto da visita su cui era scritto: Antonio De Curtis Griffo Focas, principe imperiale di Bisanzio, Duca di Cipro.
Sceso nella cripta, davanti alla tomba di San Francesco il popolarissimo comico, colto da segni evidentissimi di una viva commozione si è gettato in ginocchio sulla nuda pietra, ed è rimasto raccolto lunghi minuti, a fronte china. Alcuni curiosi, fra i quali erano dei giornalisti, come sempre indiscreti, si sono fatti intorno all'artista, turbando il suo raccoglimento e pur sottovoce e con sommessi bisbigli formulando domande della più impertinente indifferenza, o cercando di far firmare autografi. Per spiegare tanta devozione al centro francescano allora Totò ha ricordano che da giovane studente a Padova, avendo subito una penosa delusione d’amore (e chi avrebbe immaginato Totò che soffre per una spina d’amore?) aveva voluto abbracciare la vita religiosa e si era presentato ai padri francescani che custodiscono il Santuario del Santo a Padova, domandando d’esser novìzio. I frati però, dopo breve e facile esame, lo avevano invitato a riflettere meglio sulla sua vocazione. Infatti...
Marco Marchini, «Il Piccolo di Trieste», 3 aprile 1950
Totò cerca casa
Il principe De Curtis, in arte Totò, abita a Roma in viale Parioli 41, al secondo piano del palazzo più bello del quartiere, che ha uno scalone di accesso in marmo veramente principesco. L’appartamento di Totò è composto da otto nove stanze, con un salone per réception e un ingresso in marmo rosa davvero lussuosi. Il padrone di casa riceve dall'inquilino famoso, tutto, sommato, una cifra mensile di poco superiore alle cinquemila lire e, naturalmente, non vede l'ora che il comico se ne vada e lasci libero l'alloggio: ogni tanto, per le scale, incontra la figlia di Totò e s'informa sull’andamento dei lavori della villetta che «l'imperatore di Capri» si sta costruendo in fondo al quartiere dei Parioli. La figlia gli risponde che per la fine dell’anno il nuovo alloggio sarà pronto e, finalmente il proprietario potrà affittare uno degli appartamenti del palazzo a un prezzo più ragionevole; un giorno dell'anno scorso, egli ebbe un cortese scambio di vedute sulla questione della casa con il principe De Curtis e alla fine si salutarono da vecchi amici quali sono. Poche sere dopo, nella rivista che Totò rappresentava in un teatro di Roma, comparve il capocomico a raccontare alcune storielle e una delle più divertenti fu quella nella quale prendeva amabilmente in giro i padroni di casa con i fitti bloccati.
«La Settimana Incom Illustrata», 15 aprile 1950
Ermanno Contini, «La Settimana Incom Illustrata», 1 aprile 1950 - Atollo K (filmografia virtuale)
E per chi volesse spiegato meglio il successo di Totò, diremo subito che i tre film seguenti sono tutti interpretati dal nobile comico: L'imperatore di Capri (117 giorni in Italia), Totò le Moko e Totò cerca moglie. Immediatamente dopo seguono II lupo della Sila, Riso amaro, Adamo ed Èva, Botta e risposta, mentre molto più giù nella graduatoria si trovano È primavera (82 giorni), Le mura di Malapaga (75), Cielo sulla palude (74), Campane a martello (72), Amore (55), Gente così (45). E adesso non fate finta di sorprendervi per il fatto che Totò è costretto a interpretare dieci film l’anno, giacché la colpa è vostra, di voi lettori che andate al cinema.
Italo Dragosei, "Hollywood", 1950
È l’espressione tipica di due aspirazioni diverse e contrastanti. Il pubblico è “Totòmane” perché vuol ridere, divertirsi e non pensare ai guai; i produttori sono “Totòmani” perché vogliono guadagnare tanti denari, per questo, per esempio, molti produttori italiani vanno a vedersi ed a studiarsi Catene [...] Può darsi infatti che dopo la “Totòmania” venga la “Catenomania”.
Roberto Sgroj, "Cine Illustrato", 1950
Misteriosa scomparsa di "Pippo", il cane del comico Totò
Totò, il popolare comico, al secolo il marchese Antonio de Curtis, è disperato perché il suo migliore amico, l'amico per antonomasia è misteriosamente scomparso. Scomparsa che a Totò crea imbarazzi perché l'amico doveva figurare come protagonista in un film di prossima programmazione. In breve, ecco come sono andate le cose: l'altra sera, come di consueto, Pippo (sia ben chiaro che si tratta di un cane) era sceso nel cortiletto del villino dove abita Totò, al viale Parioli 41, per prendere una boccata d'aria prima di coricarsi. Poi, invece di tornarsene a casa, si allontanava per ignota destinazione. Rapito? Fuggito con una cagnetta? Non è dato di sapere con precisione. Totò, in preda a viva disperazione, ha fatto spargere la voce che chi riporterà il suo lupo Pippo color grigio scuro, avrà una buona ricompensa.
«Il Messaggero», 30 maggio 1950
Totò cerca... il cane - Pippo è scomparso: doveva diventare il protagonista di un film del noto comico
Totò, il popolare comico, al secolo il marchese Antonio de Curtis, è disperato perchè il suo migliore amico, l'amico per antonomasia, è misteriosamente scomparso. Scomparsa che a Totò crea imbarazzo perchè l'amico doveva figurare come protagonista in un film di prossima programmazione. In breve ecco come sono andate le cose: l’altra sera, come di' consueto, Pippo (sia ben chiaro che si tratta di un cane) era sceso nel cortiletto del villino dove abita Totò al viale Parioli 41, per prendere una boccata d’aria prima di coricarsi.
Poi invece di tornarsene a casa si allontanava per ignota destinazione. Rapito? Fuggito con una cagnetta? Non è dato sapere con precisione. Totò in preda a viva disperazione ha fatto, spargere la
voce che chi li riporterà il suo Pippo color grigio scuro avrà una buona ricompensa.
«Il Piccolo di Trieste», 30 maggio 1950
Totò ha perso il cane che "girava" nel suo film
Dopo “Totò cerca casa” e “Totò cerca moglie”, il popolare comico napoletano sta girando un film vissuto che potrebbe benissimo intitolarsi “Totò cerca cane”. Da circa tre anni, S.A.I. il marchese Antonio de Curtis, principe della stirpe dei Griffo Focas, gode dell'amichevole compagnia di un lupo grigio scuro, che, a detta del padrone, è una bestia di doti tanto eccezionali da essere riuscito a farlo scritturare per un film che sta girando attualmente. Pippo, tale è il nome dell'animale, è sempre stato poi fedele e ubbidiente. L'altra sera, però, dopo le 21, la giovanissima Liliana - figlia del comico - scese con il cane nel piccolo giardino antistante il villino di via Parioli dove la famiglia De Curtis risiede in un magnifico appartamento abitato in passato da un cardinale.
Pippo era tranquillo come sempre e la padroncina, mentre la bestia scorrazzava nei dintorni, si fermò a chiacchierare con alcuni amici. Dopo una mezz'oretta Liliana decise di risalire in casa e chiamò a gran voce Pippo; ma la bestia non apparve con l'abituale obbedienza; anzi, non si fece affatto viva. Ricerche furono allora iniziate subito nei dintorni, un amico si mise a girare tutti i Parioli con la Topolino. Tutto fu invano: del lupo nessuna traccia. Quando Totò rientro a casa a tarda ora, reduce dagli studi (sta girando il primo dei sei film per cui ha avuto lauti contratti, tanto che potrà riformare la compagnia il prossimo inverno) e apprese la notizia, si allarmò doppiamente; non sono aveva perso un amico, ma anche un compagno di lavoro regolarmente scritturato.
Risalì perciò in macchina e si precipitò dal direttore di un giornale del mattino di cui gode la confidenza, per chiedergli cosa dovesse fare. Il direttore, che ama i gatti, ma rispetta anche i cani, ha pubblicato stamani un trafiletto narrando la vicenda con la promessa di una principesca (è il caso di dirlo) mancia a chi avesse riportato il fuggiasco (è maggio e anche le bestie sentono la primavera) al domicilio dell'attore.
Da stamane, intanto, Liliana gira a Roma alla ricerca di Pippo; Totò telefona ogni mezz'ora dagli studi alla moglie per sapere se è stato ritrovato il transfuga. La signora Diana risponde amareggiata che purtroppo del lupo non c'è traccia. Tuttavia nel corso della giornata ben 25 persone si sono presentate con cani delle razze più disparate (uno è arrivato persino con un bassotto), ma di Pippo nessuna traccia. Per sovraccarico Totò deve godersi i lazzi scherzosi degli amici; uno l'ha fatto addirittura arrabbiare quando gli ha detto: “che vuoi, sciolta la compagnia, disperse gli attori, anche il cane ha voluto seguire gli altri.”
«La Nuova Stampa», 31 maggio 1950
Il cane di Totò scomparso a Roma
ROMA, 30 maggio
Il marchese Antonio De Curtis, più noto con il nome di Totò ai pubblici teatrali e cinematografici, è disperato. Il cane Pippo, che egli considera il suo migliore amico, è improvvisamente scomparso. Questo cane doveva partecipare con Totò ad un film di cui sta per essere iniziata la lavorazione. Due sere fa il cane era sceso, come al solito, nel giardinetto della « per d’aria prima villa abitata da Totò, prendere una boccata secondo il suo solito, di andare a dormire », come ha spiegato il suo padrone; poi non è rientrato, ruggito con una cagnetta? Rapito? O semplicemente bisognoso di solitudine? Totò ne ha denunciato la scomparsa ed ha promesso una buona ricompensa a chi gli riporterà il cane.
«La Gazzetta del Popolo», 31 maggio 1950
Shakespeare come Totò
Il pubblico italiano si orienta, verso i film italiani, a quanto risulta da una statistica effettuata sul primo semestre delia stagione cinematografica in corso. Il gettito delle prime visioni del semestre ha raggiunto i quattro miliardi e 600 milioni di cui 3 miliardi 616 milioni spettano a film americani; 713 milioni circa spettano a film italiani, e 226 spettano a film inglesi. Il migliorato favore coi quale il pubblico accoglie la produzione italiana è documentato dal confronto tra il semestre preso ora in considerazione e il corrispondente semestre della stagione '48-49. La percentuale dei gettiti dovuti ai film americani in questo inizio di stagione è del 78,88 per cento (mentre nell'altra stagione era dell'84,30 per cento) ; la percentuale dovuta ai film italiani è del 15.48 per cento (mentre prima era solo del 10-01 per cento). I film stranieri che hanno raggiunto maggiori incassi sono «Cucciolo» con 131 milioni 272 mila lire e «Giovanna d’Arco» con poco meno. Il film italiano che ha incassato di più è «Totò cerca casa» con 80 milioni 317 mila lire. Il film d'arte di Lawrence Olivier, «Enrico V», ha incassato quasi la stessa cifra: 80 milioni sessanta mila lire. Shakespeare è dunque sullo stesso piano di Totò.
«La Settimana Incom Illustrata», 10 giugno 1950
Distribuzione: 12 giugno 1950
Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film
Nessun Totò senza Totò
Uno dei quattro film italiani che saranno presentati al Festival internazionale di Venezia, è «Miracolo a Milano» di De Sica. Il titolo originale del film era «Totò il buono», come l'omonimo romanzo di Cesare Zavattini dal quale il soggetto del film è stato tratto. Quando De Sica presentò il piano finanziario per la realizzazione del film a un importante produttore, questi, dopo aver accettato tutte le condizioni, domandò quale fosse la cifra che Totò richiedeva per la parte di protagonista. Quando De Sica, rispose che Totò non c'entrava, si rifiutò di finanziare il film che, secondo lui, senza il conico napoletano aveva minori probabilità di successo. Per non far cadere nello stesso equivoco anche gli spettatori, De Sica ha creduto opportuno cambiare il titolo del film in quello di «Miracolo a Milano»
«La Settimana Incom Illustrata», 12 agosto 1950
Vedette premiate con la «Maschera d'argento»
«Il Messaggero», 4 settembre 1950 - Premiazione «Maschere d'argento»
Totò al Quirino nella serata di Roberto Murolo
Con «Aria di Roma» la compagnia di Rascel darà questa sera la serata in onore del bravo Roberto Murolo. Per l'occasione il grande comico Totò partecipa gentilmente allo spettacolo con «'O saccio sultanto io» di Totò (De Curtis) e Ruccione.
«Il Messaggero», 20 settembre 1950
Distribuzione: 29 settembre 1950
Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film
Distribuzione: 7 novembre 1950
Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film
Nell'afoso mese di luglio del 1950, l'onorevole Oscar Luigi Scalfaro, giovane sottosegretario, ebbe da ridire in un ristorante sull'abbigliamento di una giovane signora, Edith Toussan, giudicato troppo azzardato per colpa di un prendisole tolto dalle spalle rimaste cosi nude. Nell'anno di grazia 1992 sia la signora che l’attuale presidente della Repubblica ricordano con un comprensibile fastidio quel giorno di quaranta e più anni fa.
Allora, nell'Italia appena repubblicana e da poco uscita dagli orrori della guerra, il pubblico battibecco tra un deputato DC cattolico osservante e una bella donna dalle spalle scoperte fece la gioia dei vignettisti: il Marc'Aurelio e il Travaso camparono di rendita per settimane. Fatto sta che Scalfaro si ritrovò tra le mani tre sfide a duello: del padre e del marito dell’insultata e della stessa Edith, lei stessa eccellente schermitrice. Tutte rifiutate per motivi religiosi, almeno così riportarono le gazzette.
In una lettera diretta proprio all'on. Scalfaro che porta la firma del principe Antonio Focas Flavio Comneno de Curtis, Totò, pubblicata da alcuni giornali, il principe di Bisanzio lo rimprovera: «Abusi del genere comportano l'obbligo di assumerne le conseguenze, specialmente per uomini responsabili.». La sfida al duello è lanciata...
Tutta la cronaca, le interviste ai protagonisti e interessanti documenti dell'epoca nel nostro articolo:
Totò contro Scalfaro: lo strano caso del prendisole
LO SCANDALO DEL PRENDISOLE
Anche Totò disapprova Scalfaro
«Ho appreso dai giornali che Ella ha respinto la sfida a duello inviataLe dal padre della signora Toussan, in seguito agli incidenti a Lei noti. La motivazione del rifiuto di battersi da Lei adottata, cioè quella dei princìpi cristiani, ammetterà che è speciosa e infondata. Il sentimento cristiano, prima di essere da Lei invocato per sottrarsi a un dovere che è patrimonio comune di tutti i gentiluomini, avrebbe dovuto impedire a Lei e ai Suoi Amici di fare apprezzamenti sulla persona di una Signora rispettabilissima. Abusi del genere comportano l’obbligo di assumerne le conseguenze, specialmente per uomini responsabili, i quali hanno la discutibile prerogativa di essere segnalati all’attenzione pubblica, per ogni loro atto. Non si pretende da Lei, dopo il rifiuto di battersi, una maggiore sensibilità, ma si ha il diritto di esigere che in incidenti del genere, le persone alle quali il sentimento della responsabilità morale e cavalleresca è ignoto, abbiano almeno il pudore di sottrarsi al giudizio degli uomini, ai quali questi sentimenti e il coraggio civile dicono ancora qualcosa.»
Principe Antonio Focas Flavio Comneno De Curtis
«Avanti», 23 novembre 1950
Campanini parla di padre Pio Macario e Toitò andranno a trovarlo
Il bello è che Campanini sta infettando un po' tutto l’ambiente del teatro e del cinema. Ha comunicato a tutti la sua serenità e la sua intimità familiare. Anche a Totò, anche a Macario. Dimodoché questi due comici andranno quanto prima da Padre Pio. «Cosi non si può vivere, — gli diceva poco tempo fa Macario. — è una vita di inferno». E a dargli il colpo di grazia della decisione è stato proprio quella fotografia di Padre Pio che Orio Vergani tiene nel suo studio. Orio Vergani stava scrivendo per Macario il copione di una rivista. «Chi è quel frate? — chiese. Me ne ha parlato anche Campanini. Bisogna che ci vada. Non posso più vivere cosi». E andrà.
Con Totò invece la decisione è avvenuta diversamente. Il comico napoletano stava mostrando a Campanini alcune fotografie che richiamavano colpe d’un tempo. Questi non ebbe il coraggio di dirgli la sua nuova vita e richiamarlo ai principi» morali per paura di essere deriso. Ne ebbe cosi rimorso per questa viltà che corse pochi giorni dopo da Padre Pio a confessarsi. «Hai fatto male — gli disse Padre Pio — ritorna a dire a Totò che io ho piacere di vederlo». Contemporaneamente avveniva un fatto curioso
Totò parlando con il conte della Torre di Firenze, non so come. senti pronunciare il nome di Padre Pio. E dal conte della Torre fu sollecitato di andare a San Giovanni Rotondo. •Voglio andare, sì bisogna che vada». Arrivava intanto Campanini il quale apertamente si dichiarava cattolico praticante e domandava scusa se in passato gli aveva dato scandalo. Fu in questo colloquio che Totò anziché uscire in una battuta agnostica disse: «Bisogna che anche io cambi vita. Voglio andare da un frate a San Giovanni Rotondo». «Da Padre Pio?» — aggiunse subito Campanini. «Ma sai che egli ti aspetta e che io ho proprio t’incarico di comunicartelo?».
«Il Popolo», 23 novembre 1950
«Cinesport», 25 novembre 1950
La cappella gentilizia della famiglia de Curtis
Totò ha scelto la sua tomba nel Cimitero di Poggioreale
Coloro che hnno assistito al sopralluogo pensavano si trattasse di una ripresa cinematografica
«Il Messaggero», 24 ottobre 1950
«Film d'oggi», 29 novembre 1950
«Film d'Oggi», anno II, n.10, 6 dicembre 1950
I comici del teatro leggero hanno compiuto ieri il Giubileo. Ecco Totò e Fabrizi in Piazza San Pietro, all'uscita della Basilica.
«Il Messaggero», 16 dicembre 1950
Distribuzione: 19 dicembre 1950
Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film
Pellegrini dell'ultima ora gli artisti di palcoscenico
Macario, Totò e Aldo Fabrizi si abbracciarono prima del Giubileo
Negli ultimi giorni dell'Anno Santo, è stato un frettoloso accorrere di ritardatari, di gente che ha atteso l’ultimo momento, di altra che non sarebbe forse mai venuta se non fosse stata «pescata» E’ venuto Schotte a Roma e l’hanno saputo dopo e soltanto un giornale; sono venuti gli sportivi, tutti insieme, e anche in questo caso, la risonanza è stata limitata; infine si è avuto il più impensabile Giubileo, il più improvviso per il modo in cui è stato ideato e fatto, quello degli attori comici del cinema e della rivista e delle artiste del varietà.
L’idea è venuta a una personalità dell’ambiente cinematografico e teatrale, il comm. Tito Marconi, presidente di Cinecittà, e al giornalista Imolo Marconi. Lì per lì ha sorpreso qualcuno, anche dell’ambiente religioso. Ma le perplessità sono state di breve durata. Nè d’altra parte c’è stato tempo di discutere; i comici e le soubrettes hanno accettato con entusiasmo e non hanno voluto indugiare. Gli organizzatori hanno cercato un sacerdote particolarmente adatto a preparare questi straordinari pellegrini e pellegrine e l’hanno trovato nel Padre Tondi, un gesuita della Gregoriana, simpatico ed affabile.
Pochi a Roma hanno saputo dell’avvenimento, poiché tutti hanno avuto interesse a non fargli della pubblicità. Così il sottoscritto è stato l’unico giornalista che, grazie alle confidenze dei due amici Commendatori Marconi, ha potuto seguire la eccezionale compagnia. Qualche mattina fa, davanti alla Chiesa di S. Ignazio, alle 10,30 tre comici notissimi del cinema e della rivista s’incontrarono e si abbracciarono: erano Macario, Totò e Aldo Fabrizi; da tempo non si vedevano; per la professione che fanno non hanno modo d’incontrarsi che in qualche teatro di posa, per qualche film; altrimenti, recitano sempre l’uno lontano dall’altro, per lo meno Macario e Totò, poiché Fabrizi da tempo ha abbandonato la rivista e si è dato tutto al cinema. Incontrarsi davanti a una Chiesa non è avvenimento comune per questa gente; così i tre furono particolarmente commossi; la schiera, sul sagrato della bella chiesa barocca, si accresceva sempre più. Giunse Scotti, giunse Rizzo, «spalla» di Macario; giunse, nella sua macchina lunga e splendida, guidata dal proprio autista, la bella Elena Giusti, «prima donna» di Macario; giunsero Glorian, Nivea Luciani, la Pieziller, le «prime parti» della stessa compagnia che recita da un mese al Sistina di Roma, e che debutterà presto al Lirico di Milano; e giunsero tante altre «artiste» come amavano definirsi, dai nomi scritti in caratteri vistosi e piccoli sui manifesti colorati delle città.
Si erano poco imbellettate; la sveglia era suonata alle 9,30, ora «indecente» per loro che vanno a letto alle 3 di notte (lavorano fino all’una, poi vanno a mangiare); si erano alzate brontolando; poi, ricordato il motivo, non avevano indugiato. La sera precedente Macario aveva aggiunto nell’» ordine del giorno»: «Giubileo: visita alle Basiliche». E tutte, tranne le straniere, erano venute. E con le... ballerine, i comici, i danzatori, i sarti, t tecnici della «troupe». Si ritrovarono insieme, davanti a 8. Ignazio, un po’ impacciati, incerti. Entrarono nell’Oratorio del Carovita. Li attendeva il Padre Tondi. Padre Tondi parlò loro con molta familiarità, molto da vicino. Opportunamente. Ricordò alcune sue vicende personali; per es. che era un convertito, che si battezzò a trent’anni e a quell’età si fece sacerdote, dopo aver girato tutto il mondo, dopo aver conosciuto del mondo, cose belle e brutte e fatue. Senza accenti terribili, lesse un ammonitore passo di Isaia (e Totò esclamò: «La bomba atomica»), ricordò che anche le professioni che possono essere le meno... edificanti, le meno buone, possono essere riscattate, purché non divengano fine, ma strumento. Citò l’episodio evangelico di Cristo e la Samaritana; a un certo punto chiese allo strano uditorio se avesse annoiato qualcuno. «Abbiate pazienza — disse — abbiate pazienza; un tempo andavo a teatro, e qualche volta ho dovuto aver pazienza anche io...». E questa battuta fece ridere e si meritò lo stupido elogio di Totò e Fabrizi.
Notammo che Macario era il più attento, Fabrizi il più compassato. Delle ragazze poche avevano il velo all’inizio; ma alla fine tutte si erano coperta la testa o con un fazzoletto o con una sciarpa. Il Padre spiegò le pratiche giubilari. - Ricordate le preghiere? - chiese. - Diamine - rispose pronto Totò - noi siamo buoni cattolici, lo siamo sempre stati; io non mi sono mai convertito. E padre Tondi sorrise benevolmente. A S. Pietro, di volata. Il comm. Tito Marconi aveva preparato un torpedone e delle macchine; alcuni, come Totò, Macario, la Giusti, avevano portato la propria. Qualche ragazza mi confessò di non esser mai entrata in S. Pietro. Qualche altra, che avevo notata diffidente e annoiata all’inizio, dopo le parole di Padre Tondi disse: «Se i preti fossero tutti cosi...». Ma un’altra ribattè: «Ma da quanti anni tu non frequenti confessori!». Leggere e serie, alla fine, in chiesa, erano tutte egualmente commosse e raccolte. Non tutte ricordavano le preghiere; per la verità gli uomini mostrarono più memoria e, all’inizio, meno rispetto umano delle donne. Ma il rispetto umano, dopo la prima visita era finito. Fuori S. Pietro una folla improvvisata e sempre più numerosa prese d’assalto le notissime persone; e la scena si ripetè poi a S. Maria Maggiore dove Totò e Fabrizi dovettero distribuire autografi su autografi mentre Macario riuscì a svignarsela.
Uscendo da S. Paolo gli artisti incontrarono un pellegrinaggio di fanciulle di qualche collegio di provincia, la prima delle quali portava una croce. Fu un contrasto che mi commosse; impellicciate, imbellettate, (la Giusti aveva un grazioso turbante bianco), camminanti a passo di danza senza volerlo anche in chiesa, le attrici e le ballerine s’incrociarono con le pallide ragazze che cantavano e camminavano dietro la croce, e si fermarono a guardarle. Chissà cosa pensarono! Non dissero nulla. La chiesa era piuttosto oscura filtrava molto dalle vetrate. Disse Fabrizi, chiesa era e la luce attenuata, dopo l’ultima visita: «Che credete di esser diventati tutti santi per queste quattro "scarrozzate" per Roma! Bisogna confessarsi e comuni carsi» Padre Tondi sorrise: «Son contento che mi abbia preceduto — aggiunse: stavo proprio per dire questo. Domattina, chi vuole, può venire a confessarsi da me a S. Ignazio; poi distribuirò la Comunione». E la mattina dopo a Sant’Ignazio, Padre Tondi ebbe a fare le più gradite confessioni dell’annata.
Mario Guidotti, «Il Nostro Tempo», 24 dicembre 1950
Farà un film con Anna Magnani
Torino, dicembre
Totò s’è già impegnato per una nuova serie di film con la «Lux» e col produttore De Laurentiis che lo legherà anche per tutto il 1951. Il primo film di cui sarà interprete con Aldo Fabrizi, sotto la regìa di Steno e Menicelli, ha per titolo «Ladro e guardia». Chi dei due comici sarà la guardia e chi il ladro? Non lo sappiamo ancora. Il secondo film sarà «Questi fantasmi» tratto dalla commedia di Eduardo De Filippo. Speriamo che Totò, sotto la regia dello stesso De Filippo, ritrovi la misura che tanto ce lo fece ammirare in «Napoli milionaria». E’ naturale che l’autore del copione e regista dei film, cioè Eduardo, sia anche interprete e che nella parte femminile abbia chiamato la sorella Titina.
La serie non è ancora terminata. Totò ha accettato di interpretare un film a fianco di Anna Magnani. Non esiste ancora il copione, non è stato ancora fissato il regista (sarà Bragaglia o sarà Mattoli?) ma la coppia (speriamo che mantengano fede alle promesse) è già stata impegnata. Durante il 1951 il programma di lavoro del comico Totò, come si vede, è abbastanza nutrito. A questi tre film di un certo impegno si devono poi aggiungere i sei o sette che girerà tra una pausa e l’altra, come per prendere un aperitivo.
I film del comico partenopeo hanno almeno questo di buono: se sono in genere negativi per ciò che riguarda copione, sceneggiatura e regìa (eccezion fatta per «Napoli milionaria») hanno per compenso la spassosa presenza di Totò che, volenti o nolenti, ci strappa la risata con una certa frequenza anche se egli si è ormai fissato su posizioni da cui dovrebbe muoversi rinnovando il suo repertorio di mossette, di finte, di lazzi.
«Il Piccolo di Trieste», 26 dicembre 1950
Ultimi pellegrini a Roma per l'Anno Santo
Totò, Macario, Scotti con tutte le loro soubrettes
In silenzio qualche mattina fa hanno visitato le quattro basiliche e si sono accostati con devozione ai sacramenti
In questo scorcio di Anno Santo, è tutto un frettoloso correre di ritardatari, di gente che ha atteso l'ultimo momento, dì altra che non sarebbe forse mai venula se non fosse stata «pescata» da qualche zelante; di persone «giornalisticamente» interessanti e dì anime «lontane» il cui ravvicinamento ed atto di devozione è interessante per un ben più alto e nobile motivo: ma a Piazza San Pietro i fotografi delle agenzie sono diradati, i cronisti non passano più con la frequenza di prima e il «colpo» sfugge.
E’ venuto Schotte a Roma e l'ha saputo soltanto un giornale; sono venuti gli sportivi, tutti insieme, ed anche in questo caso la risonanza è stata limitata; infine, si è avuto il più indispensabile «giubileo», il più improvviso per il modo in cui è stato ideato e fatto, quello degli attori comici del cinema e della rivista e delle artiste di varietà.
L’idea è venuta a una personalità dell’ambiente cinematografico e teatrale, il comm. Tito Marconi, presidente di Cinecittà, ed al giornalista Imolo Marconi. Lì per lì ha sorpreso qualcuno, anche dell'ambiente religioso. Ma le perplessità sono state di breve durata. Nè d’altra parte c'è stato tempo di discutere; i comici e le «soubrettes» hanno accettato con entusiasmo e non hanno voluto indugiare. Gli organizzatori hanno cercato un sacerdote particolarmente adatto a preparare questi straordinari pellegrini e pellegrine, e l'hanno trovato in padre Tondi, un gesuita.
Pochi a Roma hanno saputo dell’ avvenimento, poiché tutti hanno avuto interesse a non fargli della pubblicità. Cosi il sottoscritto è stato l’unico giornalista che, grazie alle confidenze dei due amici commendatori Marconi, ha potuto seguire l'eccezionale compagnia.
Qualche mattina fa, davanti alla Chiesa di S. Ignazio, alle 10.20, tre notissimi comici del cinema e della rivista s’incontrarono e si abbracciarono: erano Macario, Totò e Aldo Fabrizi; da tempo non si vedevano; per la professione che fanno non hanno modo di incontrarsi che in qualche teatro di posa, per qualche film; altrimenti recitano sempre uno lontano dall'altro, per lo meno Macario e Totò, poiché Fabrizi da tempo ha abbandonato la rivista e si è dato tutto al cinema. Incontrarsi davanti ad una chiesa non è avvenimento comune per questa gente; così i tre furono particolarmente commossi; la schiera, sul sagrato della bella chiesa barocca, si accresceva sempre più. Giunse Scotti, giunse Rizzo, «spalla» di Macario, giunse nella sua macchina lunga e splendida, guidata dal proprio autista, la bella Elena Giusti, «prima donna» di Macario, Giunsero Glorian, Nivea Luciani, la Peziller, le «prime parti» della stessa compagnia, e giunsero tante altre «artiste», come amavano definirsi, dai nomi scritti in caratteri vistosi e piccoli sui manifesti colorati delle città.
La sera precedente, Macario aveva aggiunto nell'ordine del giorno: «Giubileo: visita alle Basiliche». E tutte, tranne le straniere, erano venute. E con le... ballerine, i comici, i danzatori, i sarti, i tecnici della «troupe». Si ritrovarono insieme, davanti a Sant’Ignazio, un po' impacciati, incerti.
Entrarono nell' Oratorio del Carovita. Li attendeva padre Tondi, che parlò loro con molta familiarità, molto da vicino. Opportunamente. Padre Tondi ricordò alcune sue vicende personali: per esempio, che era un convertito, che si battezzò a 30 anni ed a quell’età si fece sacerdote, dopo aver girato tutto il mondo, dopo aver conosciuto del mondo cose belle e brutte e fatue. Senza accenti terribili lesse un ammonitore passo di Isaia (e Totò esclamò: «La bomba atomica»), ricordò che anche le professioni che sono le meno... edificanti, le meno buone, possono essere riscattate, purché non divengano fine, ma strumento. Citò l'episodio evangelico di Cristo e la Samaritana; ad un certo punto chiese allo strano uditorio se avesse annoiato qualcuno. «Abbiate pazienza — disse, — abbiate pazienza; un tempo andavo a teatro, e qualche volta ho dovuto aver pazienza anch’io...». E questa battuta fece ridere e si meritò lo stupito elogio di Totò e di Fabrizi.
Notammo che Macario era il più attento, Fabrizi il più compassato. Delle ragazze, poche avevano il velo all’inizio; ma alla fine tutte si erano coperte la testa o con un fazzoletto o con una sciarpa.
A San Pietro, di volata. Tito Marconi aveva preparato un torpedone e delle macchine; alcuni, come Totò, Macario, la Giusti, avevano portato la propria. Qualche ragazza mi confessò dì non essere mai entrata in San Pietro. Qualche altra che avevo notata diffidente ed annoiata all’inizio, dopo le parole di padre Tondi, disse: «Se i preti fossero tutti cosi..». Ma un'altra ribattè: «Ma da quanti anni tu non frequenti confessori?».
Leggere e serie, alla fine, in chiesa, erano tutte egualmente commosse e raccolte. Fuori San Pietro, una folla improvvisata e sempre più numerosa prese d’assalto le notissime persone; e la scena si ripetè poi a Santa Maria Maggiore, dove Totò e Fabrizi dovettero distribuire autografi. Disse Fabrìzi, dopo l'ultima visita: «Che credete di essere diventati tutti santi per queste quattro scarrozzate per Roma? Bisogna confessarsi e comunicarsi»
Padre Tondi sorrise: «Sono contento che mi abbia preceduto — aggiunse; — stavo per dire questo. Domattina, chi vuole, può venire a confessarsi da me a Sant’lgnazìo; poi distribuirò la comunione.» E la mattina dopo, a Sant’ Ignazio padre Tondi ebbe a fare le più gradite confessioni dell’annata.
Mario Guidotti, «Il Piccolo di Trieste», 26 dicembre 1950
«CineSport», 27 dicembre 1950
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