Articoli & Ritagli di stampa - Rassegna 1967



Indice degli avvenimenti importanti nel 1967

17gennaio 1967 Viene annunciato l'inizio delle riprese del nuovo film di Nanni Loy, con la partecipazione di Totò, «Il padre di famiglia»

22 gennaio 1967 Totò, Gastone Moschin, Nino Castelnuovo, Paola Pitagora, Eli Wallach, Dominique Boschero, Tiberio Murgia, Do Amaral e Walter Santesso, saranno impegnati ai primi di marzo nelle riprese di un film concepito e ambientato in provincia di Cuneo dal titolo «Cupido 7»

30 gennaio 1967 Si svolgono a Firenze le premiazioni per i «Nastri d'argento». Premiati Pasolini (miglior regista per «Uccellacci e uccellini») e Totò (miglior attore)

12 febbraio 1967 Viene annunciata la lavorazione del nuovo episodio di Pasolini «Che cosa sono le nuvole?», da inserire nel film «Capriccio all'italiana»

12 aprile 1967 Totò condurrà per tre mesi, insieme a Gisella Sofio, un programma radiofonico dal titolo «Il vostro amico Totò»

15 aprile 1967 ore 3 del mattino: per gravi complicazioni cardiocircolatorie, scompare Antonio de Curtis

5 maggio 1967 la RAI inizia la trasmissione della serie televisiva «Tutto Totò», ultimo lavoro lasciato in eredità dal grande comico. 

Indice della rassegna stampa dei film per il 1967

Le streghe Distribuzione: 15 febbraio 1967

Altri artisti ed altri temi


Totò

Articoli d'epoca, anno 1967

17 Gen 2014

1967, Il padre di famiglia. L'ultimo film, come comparsa

1967, IL PADRE DI FAMIGLIA. L'ULTIMO FILM, COME COMPARSA Inizio riprese (solo Totò): 13 aprile 1967Autorizzazione censura e distribuzione: 14 settembre 1967 Titolo originale Il padre di famiglia - Paese di produzione Italia, Francia - Anno 1967 -…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
10212
17 Gen 2014

Pier Paolo Pasolini: l'incontro con Totò

Pier Paolo Pasolini: l'incontro con Totò Per un cinema ideologico e surreale Io amo il cinema perché con il cinema resto sempre a livello della realtà. E’ una specie di ideologia personale, di amore nel vivere dentro le cose, nella vita, nella…
Blog Pagine corsare, Daniele Palmesi, Federico Clemente, Orio Caldiron, Goffredo Fofi, Franca Faldini
12767
26 Giu 2014

Totò, il principe che amava gli animali

Totò, il principe che amava gli animali Un cane idrofobo fu seviziato e ucciso per aver morso un bambino. Tre o quattro ragazzacci gli spaccarono la testa a pietrate e poi lo gettarono nel Tevere con le zampe legate. Io piansi per quella povera…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
14037
05 Giu 2015

Dox, il poliziotto del principe de Curtis

Dox, il poliziotto del principe de Curtis Antonio de Curtis accolse nel suo canile i due cani poliziotto Dox il cui nome completo è Dox von Coburger Land, col figlio, chiamato sbrigativamente, come nelle grandi dinastie, Dox Junior, sfrattati dalla…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
18383
24 Set 2015

Il terzo funerale di Totò

Il terzo funerale di Totò E' la fine di maggio del 1967 quando, per il trigesimo, verrà celebrata una funzione speciale alla chiesa di S. Vincenzo alla Sanità, il quartiere natale di Totò, organizzata da Luigi Campoluongo detto Nas' ’e cane, un…
Gino Campolongo, Daniele Palmesi, Federico Clemente
9195
08 Gen 2016

L'Ospizio dei Trovatelli

L'Ospizio dei Trovatelli I cani sono come bambini muti, patiscono, hanno memoria, sentimento, nostalgia, ma non possono piagnucolarti le loro sofferenze come un accattone che dicendo, Ho fame o Mi hanno fatto questo e questo, trova sempre un santo…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
14868

Addio Totò

Addio Totò A pagina 48 del volume 24 della Consulta Araldica, il principe Antonio De Curtis (al quale spettava di diritto il titolo di Altezza Imperiale, nonché dì «basileus» e imperatore di tutto l'oriente romano, quale discendente diretto…
Flora Antonioni, «Sorrisi e Canzoni TV», anno XVI, n. 17, 23 aprile 1967
1828

La morte di Totò: «stateve bbuone!»

La morte di Totò: «stateve bbuone!» Significa “state bene” ed è un addio alla napoletana. Con questo saluto Totò concludeva ogni settimana la sua trasmissione radiofonica "Il vostro amico Totò", il cui ciclo avrebbe dovuto durare tre mesi. Roma,…
Carlo Galimberti, «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n.17, 23 aprile 1967
1876

Il principe triste che donava sorrisi

Il principe triste che donava sorrisi Nobile di stirpe e di stile, Totò ha dato in beneficenza gran parte del suo patrimonio - "Con la mia faccia potrei esprimere qualunque cosa" - Un figlio maschio fu il suo sogno inappagato Se fosse stato inglese,…
Giovanni Cavallotti, «Gente» anno XI, n.17, 26 aprile 1967
1204

Totò, il comico dalla faccia tragica

Totò, il comico dalla faccia tragica Con Totò è scomparso uno degli attori più amati dal pubblico e un uomo profondamente buono Sapeva riassumere, con il candore e la forza incisiva dei grandi interpreti, il mistero della vita. Non rifiutò mai…
Piero Pintus, «Radiocorriere TV», anno XLIV, n.17, 23-29 aprile 1967
1539

La scomparsa di Totò: siamo uomini o caporali?

La scomparsa di Totò: siamo uomini o caporali? Totò se ne è andato improvvisamente, per un infarto, la notte tra il 14 e il 15 aprile, all’età di 69 anni. Il giornale-radio — di solito così fedele e ligio a tutto ciò che è ufficiale e governativo —…
Antonio de Curtis, «Domenica del Corriere», anno LXIX, n.18, 30 aprile 1967
2560

Daniele D'Anza: Totò sfiorò la morte in palcoscenico

Daniele D'Anza: Totò sfiorò la morte in palcoscenico Come lo ricorda Daniele D'Anza, il regista di «Tutto Totò» Napoli, aprile Quanta fretta intorno a Totò, quest'anno, come tutti sapessero che per lui sarebbe stato l’ultimo, e ciascuno si…
Daniele D'Anza, «Radiocorriere TV», anno XLIV, n.18, 30 aprile - 6 maggio 1967
3200

Franca Faldini, la vedova di Totò

Franca Faldini, la vedova di Totò Un ritratto toccante della donna che ha vissuto accanto al grande attore, fatto dalla nostra Mimmina Quirico, sua carissima amica. Franca Faldini, quando conobbe l'attore e se ne innamorò, era giovanissima,…
Mimmina Quirìco, «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n. 18, 30 aprile 1967
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07 Feb 2014

1967 - Tuttototò

TUTTOTOTÓ (1967) Totò TV, che successivamente diventerà "Tutto Totò" venne messo nero su bianco nell'aprile del 1966 tra la BL Vision e la RAI. Il progetto televisivo, diretto dal regista Daniele D'Anza, si sviluppò in 10 puntate della durata di…
RAI, Sandro Bolchi, Daniele Palmesi, Federico Clemente, Daniele D'Anza
7659

Tuttototò, la sua ultima parte fu quella del capellone

Tuttototò, la sua ultima parte fu quella del capellone Da questa settimana va in onda alla televisione il programma a puntate che Totò aveva appena finito di registrare: un’antologia del suo umorismo. I registi di «Tutto Totò» ricordano in queste…
Sandro Bolchi, «Radiocorriere TV», anno XLIV, n.18, 30 aprile - 6 maggio 1967
1848

I cani salvati da Totò

I cani salvati da Totò Roma, maggio I cani randagi cui Totò provvedeva continueranno ad essere ospitati e curati nel canile che il grande attore napoletano aveva allestito alla periferia di Roma. E’ quindi infondata la voce che si era diffusa nei…
S.C., «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n. 19, 7 maggio 1967
1138

Ennio Flaiano: la prima volta che incontrai Totò

Ennio Flaiano: la prima volta che incontrai Totò Un testo quasi sconosciuto dello sceneggiatore della «Dolce vita» Nella primavera del '52 Roberto Rossellini mi chiese se volevo aiutarlo a rivedere i dialoghi di un film che doveva fare con Totò. Il…
Testo tratto da «Video», giugno 1967 - Pubblicato da «La Stampa», 10 giugno 1978
1048

La maschera di Totò

La maschera di Totò Il 16 aprile scorso, alle ore 3,30 del mattino, si spegneva a Roma l’attore Antonio De Curtis, in arte Totò, l’attore e insieme il personaggio comico più eccezionale nella storia del cinema italiano. Pensiamo che questo giudizio,…
Leandro Castellani, «Rivista del Cinematografo», n.6, giugno 1967
2022

Totò, il comico irripetibile

Totò, il comico irripetibile Di Totò — scomparso il 16 aprile scorso ancora in piena attività (stava girando le prime scene de Il padre di famiglia di Nanni Loy, che furono poi rigirate con Tognazzi) — si può ben dire che fu irripetibile. Il suo…
Ernesto G. Laura, «Bianco e nero», anno XXVII, n.6, giugno 1967
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Ricordo di Totò

Ricordo di Totò Il 15 aprile è morto improvvisamente nella sua casa di Roma il celebre attore Totò. Era nato a Napoli il 13 febbraio 1898 dal Marchese Giuseppe de Curtis e da Anna Clemente; destinato alla carriera di Ufficiale di Marina, la guerra…
Luciano Pelliccioni di Poli, «Orizzonte dei Cavalieri d'Italia»n.4, 5, 6, aprile-giugno 1967
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Franca Faldini: è ingiusto chiamarmi «vedova allegra»

Franca Faldini: è ingiusto chiamarmi «vedova allegra» Franca Faldini, la compagna di Totò, è tornata a fare vita mondana dopo la scomparsa dell’attore avvenuta 4 mesi fa. «Sono giovane, devo continuare a vivere». «Mi piacerebbe, per distrarmi, fare…
Maurizio Chierici, «Oggi», anno XXIII, n.42, 19 ottobre 1967
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27 Mar 2023

Totò e la pubblicità per «Carosello»

Totò e la pubblicità per «Carosello» CAMPAGNA PUBBLICITARIA STAR - 1966 Nei suoi vent’anni di esistenza, Carosello non ha costituito solamente la migliore vetrina catodica per pubblicizzare prodotti, ma è stato anche un veicolo formidabile per…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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03 Gen 2012

Le streghe (1967)

Le streghe (Episodio: La terra vista dalla luna) La colpa è dei funghi! Dammi retta, Crisantema, non ti far venire certe voglie, Crisantema, dai retta a questo stupido, Crisantema. Hai visto Crisantema, c'erano tanti bei broccoletti quella…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
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07 Apr 2014

Capriccio all'italiana (1968)

Capriccio all'italiana Ah, straziante meravigliosa bellezza del creato...Iago Inizio riprese dell'episodio "Il mostro della domenica", settembre 1966. Inizio riprese dell'episodio "Che cosa sono le nuvole?", febbraio 1967- Distribuzione: 1968 -…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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1967 01 13 Il Piccolo Toto Pubblicita Star L

«Il Piccolo di Trieste», 13 gennaio 1967


«Il padre di famiglia» con Manfredi e Leslie Caron

Roma, 17 gennaio.

La storia di una famiglia, la storia di un amore coniugate che si nutre quotidianamente di gioie c di dolori, di momenti meravigliosi e di equivoci amari. di speranze e di ansie, narrata nell’arco di vent’anni di una generazione, dalla Resistenza a oggi. In altre parole, la vicenda di questa famiglia (adombrando la continuazione di un discorso cinematografico già sviluppato da Nanni Loy) rispecchia la vita di ima generazione partila alla conquista della libertà, colma di slanci ideologici, e che oggi tenta di capire se stessa guardandosi con occhio distaccato. Naturalmente la conclusione del film è aperta, senza precise indicazioni per la confusione Ideologica In cui oggi un po’ tutti si trovano.

Ma questo riferimento, nel film Il padre di famiglia che Nanni Loy comincerà a «girare» in febbraio a Roma, è visto attraverso i rapporti fra Marco e Paola, entrambi architetti, che si sono sposati ed hanno avuto quattro figli. Lei ha abbandonato la professione per dedicarsi alla famiglia; lui ha lasciato la professione libera per occuparsi attivamente dei problemi urbanistici a Roma e per difendere la città nel suo sviluppo. La battaglia che conduce gli consente di vedere gli altrui cedimenti, gli fa affrontare delusioni e sconforti, lo porta ad una crisi che Investe lavoro, famiglia, sentimenti. Sarà Paola, costantemente al suo fianco, a fargli superare la crisi, a ridargli fiducia, a spingerlo verso il successo, che effettivamente egli conquista.

Ma in quello stesso momento, la donna crolla: svuotata, sfinita, esausta per una vita spesa per il marito e per i figli, deve entrare In clinica. Senza la sua presenza, di cui ora si avverte pienamente la straordinarietà. la casa è vuota, i figli sono silenziosi. E quando un agente delle tasse si presenta nell’abitazione di Marco Floris, chiedendogli se è lui il capofamiglia, l'architetto, pensoso, non risponde: forco la vera anima della famiglia è lei, la moglie. Così Loy, in pieno accordo con Nino Manfredi, protagonista maschile del film, vuole in questa sua pellicola (che ha sceneggiato con Maccari) rivolgere un madrigale alla moglie, la donna che gli è sempre vicina e tanto spesso sa sollevarsi da crisi e sconforti per ridarci forza e slancio.

Nino Manfredi afferma che il personaggio di Marco (il quale passa nel film da 25 a 45 anni) lo affascina, pur nella sua estrema difficoltà, perchè rispecchia in qualche modo la sua storia come di tutti coloro che negli ultimi vent’anni hanno attraversato, press’a poco, quella età. Paola sarà Lesile Caron, L'attrice francese che vive in Inghilterra, l'indimenticabile «Lilì», la ex-danzatrice divenuta attrice dello schermo e anche di prosa. Loy incontrando l giornalisti a Roma insieme con Manfredi e la Caron dice di aver scelto lei, perchè è una donna intelligente, madre di due figli, che vede i problemi raccontati nel film con piena comprensione, perchè non è una donna alterata dal mestiere e dalia fama che la circonda.

Lesile Caron ha confidato, a sua volta, che da tempo desiderava lavorare con un regista italiano ed è stata lietissima, quindi, di accogliere l'invito rivoltole da Loy. Giudica molto bello il personaggio di Paola, cosi umano e generoso (forse anche troppo generoso, nota in tono sorridente). E ancora osserva che si tratta di una donna italiana, di un Paese cioè diverso dal suo; pertanto pur essendo Paola una creatura istintiva. ella dovrà impegnarsi a fondo per darle vita cinematografica.

Al. Cer., «Corriere della Sera», 18 gennaio 1967


Cuneo, 21 gennaio.

Eli Wallach (il «brutto» dell'ultimo western di Sergio Leone), Totò, Gastone Moschin, Nino Castelnuovo e Paola Pitagora (I due giovani attori che danno vita al personaggi di Renzo e Lucia nei «Promossi sposi» televisivi), saranno impegnati ai primi di marzo nello riprese di un film concepito e ambientato in provincia di Cuneo. [...]

n. m., «La Stampa», 22 gennaio 1967 - «Filmografia virtuale»


Roma, 25 gennaio.

Gillo Pontecorvo per La battaglia di Algeri, l'attrice Lisa Gastoni per Svegliati e uccidi di Lizzani (dedicato alla vicenda del bandito Lutrlng) e Totò per «Uccellacci e uccellini» di Pasolini sono stati considerati rispettivamente il migliore regista e i migliori interpreti maschile e femminile dell'anno per il cinema italiano. Hanno vinto il «nastro d'argento» dei giornalisti cinematografici, assegnato al termine di un referendum al quale hanno preso parte 191 soci del sindacato.

La battaglia di Algeri ha ottenuto altri due «nastri»: quello per il miglior produttore, ad Antonio Musu, e quello per la migliore fotografia in bianco e nero, a Marcello Gatti. Due altri film hanno avuto tre «nastri» ciascuno. Signore e signori, di Germi, ha vinto i premi per la migliore sceneggiatura, di Age, Scarpelli, Germi e Vincenzoni; e per i migliori interpreti non protagonisti, maschile e femminile; Gastone Moschin e Olga Villi. L'armata Brancaleone di Monicelli quelli per la musica, di Cario Rustichelli; per la fotografia, di Carlo di Palma, e per i costumi, di Gherardi. Uccellacci e uccellini ha fatto vincere un secondo «nastro» a Pier Paolo Pasolini, giudicato l'autore del migliore soggetto, originale. Un ultimo «nastro» è andato a La Bibbia: quello per la scenografia tds di Mario Chiari. Il premio per il migliore film straniero è stato assegnato a Un uomo, una donna, di Leiouch.

I « nastri d'argento » saranno consegnati lunedì prossimo, 30 gennaio, al Comunale di Firenze, in una manifestazione di beneficenza per gli alluvionati. Nel corso della serata sarà proiettato, in ante prima per l'Italia, La contessa di Hong Kong, l'ultimo film di Charlie Chaplin, con Sophie Loren e Marion Brando. Pro cultura femminile — Oggi alle 17,30 nella sala di via Cernaia 11. Il maestro Ennio Bassi inizi era un ciclo di conversazioni dedicate allo studio delle principali forme musicali parlando sul tema : «La sinfonia : Le origini e il Settecento». Dante Alighieri — Oggi alle 17,30 alla Galleria Civica d'Arte moderna l'avv. Piero Cazzola parlerà sul tema «Artisti e diplomatici italiani in Russia nel Rinascimento».

«La Stampa», 26 gennaio 1967 - «Uccellacci e uccellini - Galleria fotografica e rassegna stampa»


Alcuni giorni fa le persone che si trovavano dalle parti del Foro Italico, a Roma, hanno creduto di avere le traveggole. Davanti ai loro occhi si muoveva infatti uno svanissimo personaggio biondo come un cherubino, dal viso stranamente familiare. Il volto del giovanotto in pantaloni rosa e camiciola a fiorellini assomigliava in modo impressionante a quello di un notissimo attore. I passanti si fermavano un attimo interdetti a sbirciare lo strano tipo, poi se ne andavano scuotendo la testa. Tra i molti solo qualcuno si è accorto, però, di come stavano in realtà le cose.

Il «giovane» in questione altri non era se non il popolarissimo comico Totò, che, impegnato negli esterni del film «CAPRICCIO ALL’ITALIANA», approfittava delle pause della lavorazione per divertirsi a sbalordire con il suo aspetto bizzarro quanti si trovavano da quelle parti senza sapere che si stavano girando le scene di un film.

«Grand Hotel», 28 gennaio 1967


Pasolini spiega che cosa sono le nuvole

Tra qualche giorno lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini comincerà, nei teatri di posa De Laurentiis, le riprese di un nuovo episodio del film «Capriccio italiano». Il titolo è «Che cosa sono le nuvole» ed è stato scritto e sceneggiato dallo stesso Pasolini. Prenderanno parte alle riprese Totò, Franco Franchi, Domenico Modugno, Adriana Asti, Laura Betti, Ciccio Ingrassia, Ninetto Davoli e lo scrittore Francesco Leonetti. Nell'episodio rivivranno, deformati in chiave farsesca e allegorica, i personaggi dell'Otello di Shakespeare dal Moro di Venezia a Jago, a Desdemona, a Roderigo.

Del film «Capriccio italiano» prodotto da Dino De Laurentiis, sono stati girati un primo episodio per la regia di Steno interpretato da Totò, ed un secondo, dal titolo «La gelosa» diretto da Mauro Bolognini con Ira Furstenberg e Walter Chiari. Le riprese di quest'ultimo sono terminate nei giorni scorsi a Milano.

«L'Unità», 12 febbraio 1967


LE STREGHE

Distribuzione: 15 febbraio 1967

Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film


Totò, grande comico, incomincia solo adesso a «fare dei film seri»

Un attore fortunato che ha la virtù della modestia. Riconosce di avere sciupato il suo talento, per sfiducia nel successo cinematografico: «Credevo non potesse durare, e la faccenda è continuata per trent'anni» - Adesso farà «veramente» l'attore, ma senza abbandonare la comicità: «Sono nato comico, mi diverto a fare il "clown"» - Ora cambia stile, ma controlla le sue ambizioni: «Non diamoci un peso che non abbiamo» - Pur tenendo al suo titolo di principe, e portandolo con schietta dignità, egli esercita anzitutto su se stesso il suo tipico umorismo anti-eroico

(Dal nostro inviato speciale) Roma, marzo.

Visita a Totò: è immediata la simpatia per quest'uomo mite, straordinariamente garbato (per prima cosa ringrazia di aver pensato a lui) che a proposito dei suoi film dice: «Ne ho fatti tanti e brutti; quasi tutti brutti». Espresso il giudizio resta serio, impenetrabile, lo sguardo più lontano dietro le lenti affumicate, il celebre mento spinto da una parte come un oggetto autonomo, carico di una propria forza comica e interrogativa. Sono questi i silenzi surreali dei grandissimi comici, come Buster Keaton e Totò, che i critici più esigenti definiscono attore incomparabile anche se malamente impiegato nel cinema italiano per interpretare operette dozzinali, dirette da registi incapaci di cogliere la umanità diretta del personaggio.

Totò sa di aver sprecato il suo talento, ed offre una spiegazione paradossale: «Io non credevo che il mio personaggio potesse durare. Meglio, diciamo la mia qualità di mestierante. Mi ripetevo sempre: questo è l'ultimo film, è un episodio passeggero. E non badavo ai copioni, né alle sceneggiature. Non mi preoccupavo dei registi. Era sempre l'ultimo film senza importanza. Ma la faccenda è durata 30 anni».

Ancora un moto del mento, a sottolineare l'ironia e la disapprovazione per se stesso, e quel sospiro amaro con cui Totò introduce nei film i suoi brevi commenti o le sue sentenze. Poi, con voce severa: «A un certo punto ho detto basta, perbacco. Ed ora faccio anche i film seri». Si è convinto di essere un attore, ma la sua umiltà professionale non è scalfita: «Il nostro è un mestiere. Io credo che l'attore sia un venditore di fumo; non diamoci un peso che non abbiamo». E precisa subito che sì tratta di un'opinione personale, timoroso di offendere o coinvolgere i colleghi.

E' un principe di antichissima nobiltà, ed ama che il titolo sia rispettato nei rapporti personali: si telefona al principe De Curtis, si va a casa del principe, non di Totò. Sembra ingenerosa la critica beffarda di questa sua debolezza, che ha radici nell'amore per la tradizione; si ha, dal colloquio, il senso di una serenità difesa dalle scosse dei tempi, e di un tradizionalismo bonario, da signore napoletano. La casa stessa ne è conferma: un appartamento ai Monti Parioli, arredato con dovizia ma non teatralmente lussuoso. La moquette gialla si insinua in ogni angolo, ed è la sola nota saliente; nel soggiorno campeggia un pianoforte a coda. Al centro una gabbia con due uccelli esotici.

«Non è vero che per far ridere l'italiano, bisogna riproporgli in forma grottesca le sue qualità peggiori. Io ho un grande rispetto per il pubblico; mi sembra che tutto stia nell'Incapacità di offrire dei copioni veramente spiritosi. Quando c'è lo spettacolo, e si ride, il pubblico corre. Si diverte il pubblico e mi diverto io». Aggiunge: «Io sono facile al riso», e confessa di divertirsi un mondo a interpretare le scene clownesche dei suoi film. Per questo motivo Totò ricorda con particolare affetto Fifa e arena, una modesta parodia.

Gli sono cari due o tre film: I soliti ignoti, in cui ebbe una limitata partecipazione (la straordinaria figura dell'esperto scassinatore a riposo), Guardie e ladri con Fabrizi, Totò cerca casa, Totò a colori. Le sue non sono distinzioni sottili, problematiche, ma affettuose. Il rapporto con Pasolini, che è stato suo regista in un film accentuatamente ideologico come Uccellacci e uccellini, si risolve in un giudizio umano, ancora da bonario signore sensibilissimo alle buone maniere e al rispetto reciproco: «Pasolini: uomo intelligente, molto corretto, ho fatto il mio lavoro benissimo».

Con Pasolini, Totò ha cominciato a preoccuparsi dei soggetti e delle sceneggiature, di quel che doveva dare, e si è calato spontaneamente nei panni dell'interprete, senza lasciare quelli del comico. «C'è poesia nei film di Pasolini, con un leggero umorismo»; e scuote su e giù il volto lungo, inarca la fronte, sospirando i tanti film fatti in trent'anni di attività disordinata. Il suo lavoro più fresco è l'episodio La Terra vista dalla Luna, simile a una favola con contenuto ideologico e fondo comico-poetico, dominata dalla perfetta umanità di Totò: lo vedremo nel nuovo film di Nanni Loy, Il padre di famiglia.

«Ora sono attore sul serio, ma non abbandono la comicità. Ce l'ho dentro. Sono nato comico, per questo ho inventato un modo di camminare, una parlata, dai tempi di Totò in teatro. E ho bisogno della comicità degli altri: alla domenica mattina apro la radio per sentire Monica Vitti nella consueta scenetta. Mi fa morire dal ridere. Io non conosco questa signora, ma mi sembra ricca di comicità».

Gli domando se almeno l'ha vista al cinema. «Non vado mai al cinema. Un tempo ero un assiduo, per i grandi comici; adoravo Charlot. L'ultimo film che ho visto è Luci della città, dopo non sono più entrato in una sala». La lontananza fisica dal cinema come spettacolo ha una ragione: Totò esige dal cinema l'inganno totale. Lo concepisce nel modo più elementare, come macchina dei prodigi: «Da quando ho visto nei teatri dì posa che basta una tinozza d'acqua per far vedere una tempesta io ho detto: "Il cinema non me la fa più". E non ci sono più andato».

Totò ha preparato una serie di scenette che compariranno sui teleschermi per offrire un'antologia di sue interpretazioni. Dopo il ciclo di Sordi, vedremo le reazioni del pubblico a questa comicità assoluta (non legata all'autobiografia né alla satira) che spesso lotta con la banalità dell'espediente o del soggetto. Ricordo a Totò un suo napoletanissimo pernacchio all'indirizzo di un ufficiale tedesco, in un film di scarso peso, come I due marescialli. Ride, poi commenta con la sua voce bassa, tutto contento: «Diciamo che era volgarità simbolica, quel pernacchio. Ma l'ufficiale tedesco era così antipatico: che soddisfazione ci provai», e sembra pronto a ripeterlo, col suo umorismo antieroico che non scade nella viltà e che si alimenta soprattutto con la gioia di ridere e far ridere.

Mario Fazio, «La Stampa», 23 marzo 1967


A Tokio una cagnetta è stata nominata beneficiarla di una assicurazione sulla vita per un milione di yen (1.800.000 lire italiane) stipulata dalla sua padrona, una geisha, nel momento In cui ha saputo di essere molto malata. Sono già arrivate 450 lettere di persone che si offrono di prendere cura della cagnetta.

FRANCA DE CURTIS FALDINI, appassionata proprietaria di Peppe, barboncino nano: «Che cosa ne penso? Capisco perfettamente la geisha perchè l’affetto che può dare un cane non sa darlo nessuna persona al mondo. Purtroppo non so come finiranno i soldi della assicurazione. Io avrei fatto in maniera diversa. Avrei lasciato un tanto al mese alla persona che si occuperà del cane finché la bestiola rimarrà in vita. Cosi si può essere certi che la tratterà bene per farla vivere il più a lungo possibile. Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, proprio perchè chi prenderà i soldi sarà una persona e non un cane».

«Corriere della Sera», 1 aprile 1967


In una scena del film «CAPRICCIO ALL'ITALIANA», Totò, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia e Laura Betti appaiono nei panni di altrettanti «pupi», i tradizionali burattini siciliani. Gli attori, per assomigliare il più possibile ai personaggi di legno, sono come quest'ultimi vincolati ai polsi ed alla nuca da sottili verghe metalliche, comandate dall'alto da invisibili burattinai. Al termine di questa scena è successo un incidente che ha provocato non poca confusione. Appena il regista ha dato lo «stop», vale a dire il segnale di chiusura, i burattinai sopra e gli attori sotto si sono mossi ciascuno per proprio conto.

Il risultato tutto da ridere si è manifestato in un attimo. Le verghe metalliche si sono intrecciate in modo tanto complicato che c'è voluto l’intervento di un operaio munito di una robusta cesoia per riportare un po’ d’ordine in quel groviglio umano. 

«Grand Hotel», 8 aprile 1967


 

Totò «poeta-becchino»

Il primo disco del celebre comico napoletano. E' uscito un "33 giri" con la registrazione di una scenetta di "Studio Uno" e una lirica macabro-umoristica

Totò ha inciso il suo primo disco (33 girl, 17 cm. Cetra). E' una gradita sorpresa per quanti amano la bonaria, macchiettistica comicità del principe Do Curtis. In una facciata ascoltiamo una famosa scenetta elle fa parte del repertorio del vecchio varietà, riproposta l'anno scorso in «Studio Uno». Si intitola «Pasquale». Totò ha per "spalla" l'attore Mario Castellani. Con le tipiche battute rispolverate dalla sua esperienza nel cinema e nella rivista, Totò riesce a suscitare un po' d'ilarità. Ma la cosa migliore del disco è la poesia in dialetto partenopeo «'A livella», che prende lo spunto dal seppellimento in tombe vicine di un povero scopino e di uno schizzinoso «gentiluomo». L'attore ha affrontato con entusiasmo l'avventura discografica. Già si preannunria la pubblicazione di um «long play» con altre brillanti scenette.

«Stampa Sera», 12 aprile 1967


Totò alla radio: potrebbe sembrare un controsenso. Il re della mimica, il comico che fa ridere senza aver bisogno di aprir bocca, che con un'alzata di sopracciglio mette in convulsioni un'intera platea, lui, titolare di una rubrica radiofonica. Possibile?

«Radiocorriere TV», 12 aprile 1967 - «Totò e la radio»


Un disco di Totò

Totò: «'A livella» e «Pasquale», Cetra LC 18 33 giri, 17 cm

Alcuni mesi fa la Cetra aveva annunciato la prossima uscita di un disco, microsolco, con la partecipazione di Totò (principe De Curtis). Ora in una veste piuttosto dimessa il disco è apparso; si tratta dì un microsolco di 17 cm inciso bene, contiene due pezzi dell'inesauribile repertorio di Totò.

Ad ascoltarlo ci si contorce dalle risa tanto è il caustico humour dell'attore napoletano. Su una facciata del disco vi è una nota poesia dello stesso Totò, «'A livella», strumento dei muratori che qui serve al poeta-attore per prendersi burla della presunzione di un blasonato. Tra due morti, un ricco aristocratico e un misero poverello, la morte ha fatto 'a livella, ha uguagliato tutto e tutti. Totò recita la propria poesia con fare garbato, ma assai sbrigativo. Il suo verso è scarno, rapido, colpisce senza troppi preamboli. E pur ammirando sia la poesia, del resto molto nota sia la dizione (che non dà fastidio seppure mantenuta in stretto e bello dialetto napoletano), si resta un po’ delusi, ci si aspettava di più La consolazione giunge sulla seconda facciata del disco, con «Pasquale»: dove è ripreso dal vivo un numero di Totò in una rivista (oltre alla sua voce e a quella di Mario Castellani, si odono fragorosi applausi del pubblico). Da una battuta all'altra, da un trucco consumato dal comici di tutto il mondo. (E' morto Diocleziano? Come passo il tempo, ragazzi!) ad una trovata fresca fresca ci si trattiene a stento dal continuo ridere.

Buona l'idea di far uscire dischi con recitazioni comiche, sarebbe bene continuare la serie magari un po' più curata.

«L'Unità», 14 aprile 1967


La morte di Totò


Le condoglianze di Saragat

Roma, 15 aprile.

Il presidente della Repubblica ha fatto pervenire alla signora Franca Faldini De Curtis il seguente telegramma: «La scomparsa del grande e popolare attore Antonio De Curtis è un grave lutto per il teatro ed il cinematografo italiano e rattrista gli innumerevoli spettatori che per lunghi anni hanno ammirato ed amato i suoi straordinari mezzi espressivi al servizio di una profonda sensibilità artistica ed umana. Associandomi al lutto del mondo dello spettacolo, invio a lei e ai familiari tutti l’espressione del mio vivo cordoglio».

«Corriere d'Informazione», 15 aprile 1967


Chiamati al telefono: a botta calda

«Quale posto occupa la donna nella sua vita?», domandammo un giorno al grande Totò. «Il primo posto assoluto. Per me la donna è tutto», rispose. Come lo ha conosciuto e come lo ricorda la donna che gli è stata vicina in questi ultimi quindici anni?

FRANCA FALDINI: «Lo conobbi in un modo molto romantico, che forse oggi potrà far sorridere. Aveva visto una mia fotografia, e mi mandò un fascio di orchidee con un biglietto: «Con tanta ammirazione e con la speranza di conoscerla». Risposi ringraziando, ma aggiungendo che non ero abituata a conoscere persone, a meno che non mi venissero presentate. Mi mandò un altro fascio di fiori con un altro biglietto: «Dal momento che i miei fiori non sono graditi, rinuncerò alla gioia di poter continuare a mandargliene degli altri ma poi cercò un amico comune e si fece presentare. Da allora non ci siamo più lasciati. Come lo ricordo? Come un uomo eccezionale che poteva riempire veramente in tutti i sensi la vita della sua donna».

«Corriere della Sera», 22 aprile 1967


I cani randagi di Totò

L'attore fu un appassionato e generoso cinofilo. Da parecchi anni il principe De Curtis manteneva (si calcola abbia speso almeno cinquanta milioni) centinaia di cani raccolti per la strada - Ora il canile è stato chiuso; i quattordici animali rimasti sono stati affidati, per adesso, ad una signora che ne avrà cura

Roma, 22 aprile.

L'«Ospizio dei trovatelli», dove Totò salvò dalla camera a gas centinaia di cani randagi, spendendo in pochi anni una cinquantina di milioni, è chiuso. Gli ultimi quattordici «orfanelli» sono stati affidati ad una signora che ne avrà cura. D'ora innanzi, passando dinanzi al cancello di via di Forte Boccea, nessuno udrà più abbaiamenti. Tutto è finito l'altro giorno al cimitero di Poggioreale, quando il popolo napoletano ha accompagnato Totò alla sua tomba. Quanti sanno che Antonio Angelo Flavio Comneno Lascaris De Curtis, principe imperiale di Bisanzio, fu uno dei cinofili più appassionati d'Italia? «Debbo sdoppiarmi continuamente — mi disse un giorno — per sostenere due ruoli. Totò, maschera, mimo, comico, lavora come un dannato per mantenere il principe con tutte le sue esigenze. Tra queste una delle più impegnative e quella dei cani, che mi succhia no un mucchio di quattrini. Ma, capirai, "noblesse oblige "».

Il 3 giugno I960 la signora Mariolina Mariani, di cinquantadue anni, accese una candela mentre stava preparando la zuppa ai suoi cani, raccolti qua e là, nel villaggio di San Francesco. La candela, cadendo a terra, appiccò il fuoco alle vesti della donna. I cani cercarono di liberarla con i denti dai brandelli di stoffa ardente. Ma Mariolina mori poco dopo all'ospedale. Dei cani si occupò la signora Elide Brigada, che in via di Forte Boccea, verso Ostia, si prendeva cura di un altro gruppo di bestiole abbandonate. La donna consumò in quest'opera tutti i risparmi.

Una mattina comparve Totò, accompagnato da Franca Faldini. Si fece raccontare com'era finita Mariolina e come la signora Brigada era rimasta senza un soldo per amore dei suoi «trovatelli», alla fine disse: «A questi cani penso io». Erano una settantina. Da quel giorno il principe passò molte ore nel canile. Lo fece tinteggiare di celeste; badò che la zuppa fosse sempre buona; assistette alla visita medica fatta dal veterinario Vincenzo Masci ai malati. In breve i «trovatelli» diventarono centosettanta. Ogni tanto qualche cinofilo andava al canile municipale; si faceva consegnare alcuni animali condannati alla vivisezione; li portava all'asilo di Totò; se ne andava fidandosi del «cuore del principe». Totò diceva agli amici: «Aiutate i miei trovatelli, se lo meritano. Sono brave persone e non ci hanno disingannati. Ma nessuno, che io sappia, fece qualche cosa di concreto.

Quando si trovava al canile, Totò parlava spesso di «Dick». Era un lupo che l'attore aveva tenuto con sé per dieci anni. «Dick» morì proprio mentre il principe cominciò ad ammalarsi agli occhi e si temette per la sua vista. La Faldini gli nascose per molti giorni la morte del cane. Quando seppe che «Dick» lo aveva lasciato, l'attore sembrò sopraffatto dalla malinconia. Recitava spesso sommessamente una poesia che aveva composto per il suo lupo. Accadde poi che la Faldini portò in casa «Peppe», un barboncino nero. Quando Totò se lo trovava fra i piedi, mostrava di non vederlo. Era geloso del nuovo cane che aveva preso il posto dì «Dick». Un giorno «Peppe» s'ammalò di cimurro nervoso, fu sul punto di morire. Totò entrò per caso nella stanza dove agonizzava; «Peppe», come tutti i bravi cani, trovò un po' di forza per levarsi in piedi sulle gambe vacillanti; il padrone, che non l'aveva mai accarezzato, gli battè sulla testa dicendogli sottovoce: «Fai il bravo, Peppe, che guarirai» Il barboncino si salvò.

Totò sapeva tutto dei «trovatelli» accolti nel canile, c'era Jack che senza una ragione era stato cacciato di casa dai padroni ; tornò dieci volte; sempre fu rimandato via a bastonate. Stette tre mesi senza abbaiare. Il veterinario Masci pensò che qualche malvagio gli avesse bruciato le corde vocali. Un giorno riabbaiò mentre gli medicavano un orecchio. Leone, un altro cane, sfuggì ripetutamente alla camera a gas, nascondendo il muso fra il pelo dei compagni morenti e cercando di respirare pochissimo. I guardiani del canile lo rimisero in libertà, dopo averlo trovato per la terza volta stordito ma vivo fra un mucchio di morti. La storia di «Arro», pastore tedesco, sembrava a Totò la più patetica di tutte. Il padrone, un medico, lo aveva addestrato a far la guardia all'automobile, quando si allontanava. Il medico morì. Gli eredi regalarono «Arro» ad un amico. Questi mise la bestia nella propria vettura. Giunto dinanzi ad un tabaccaio, scese per comperare le sigarette. Non potette più risalire in macchina. Il cane, che non conosceva il nuovo padrone, si regolava come ai tempi del medico morto. Buscò tante bastonate che rimase cieco. Totò lo volle nel suo «ospizio»; lo fece curare; a poco a poco la bestia cominciò a vedere.

Arnaldo Geraldini, «La Stampa», 23 aprile 1967


«Il Popolo», 23 aprile 1967


«Il Popolo», 23 aprile 1967


Agli «Incontri del cinema» premio in nome di Totò

Roma, 29 aprile.

Totò sarà ricordato con un premio annuale, da assegnarsi all’attore dell’anno. Lo ha annunciato Gian Luigi Rondi, direttore degli Incontri internazionali del cinema di Sorrento. Il Premio Antonio De Curtis, che consisterà in una statuetta d’oro raffigurante Totò, sarà votato da una giuria composta dagli attori e dai critici membri del consiglio d’onore degli Incontri del cinema.

«Corriere della Sera», 29 aprile 1967


Pochi giorni prima di morire Totò ci aveva detto: «tutti mi vogliono bene, perbacco»

Totò è morto mentre stava girando il film «Capriccio all'italiana», nel quale fa diversi travestimenti per adescare i capelloni e raparli a zero. «E' un film come tanti altri che ho interpretato», ci aveva detto Totò quando gli abbiamo parlato l’ultima volta per telefono: «Vale poco. Ma io questi film li ho sempre fatti lo stesso, perché so che piacciono al mio pubblico. La gente, quella che viene a vedere i miei film, ama la risata semplice, la storia banale, senza problemi. E io do al mio pubblico quello che vuole da me: ho fatto così per tutta la mia carriera. I film di valore che ho interpretato si possono contare sulla punta delle dita. Quelli che mi stanno più a cuore sono Arrangiatevi di Bolognini e, naturalmente. Uccellacci e uccellini. Dico naturalmente, perché è per questo film che ho avuto tanti premi, tantissimi. Sa, finalmente dopo quarant'anni di carriera sono stato riconosciuto il migliore attore dell’anno.

Sono proprio soddisfatto. Inoltre tutti i mercoledì, per radio, vengono trasmesse le mie canzoni. Perbacco, è importante: io alle mie canzoni ci ho dedicato buona parte della mia vita, nei loro versi si ritrovano la mia felicità, la mia amarezza, i miei ricordi, E' proprio un anno fortunato questo per me: fra qualche mese andrà in onda per televisione un mio show, il primo show della mia vita. Poi fra qualche settimana Mina mi inviterà a Sabato sera, per fare l’ospite d’onore. Tutti mi vogliono, perbacco. E io vado, perché per me il lavoro è tutto. Mi fa male lavorare, dovrei starmene in casa buono buono, in silenzio e non pensare a niente. Non sto tanto bene, vede: in questi giorni ho un tremendo raffreddore. Ma io lavoro lo stesso, sennò mi sentirei inutile. Perbacco, se mi togliete questa gioia che cosa mi resta più nella vita? lo ho sessantanove anni, perbacco ».

Due giorni dopo Totò moriva. E noi lo ricordiamo così: allegro, felice, tranquillo, soddisfatto di sé e della sua carriera, come il Totò dei suoi film.

S.M. «Novella 2000», anno XLVIII, n.18, 30 aprile 1967


In nove trasmissioni vengono presentate le più famose scenette che costituirono per tanti anni in teatro i «cavalli di battaglia» di Totò. Diverse battute però sono cadute sotto le forbici della censura televisiva.

Carlo Galimberti, «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n. 19, 7 maggio 1967 - «1967 - Tutto Totò»


Quest'anno l'Italia è presente in gran forza al festival di Venezia: cinque film scelti dal professor Chiarini e dalla commissione selezionatrice sono un record forse mai raggiunto, se la memoria non ci inganna. È evidente che una partecipazione così nutrita comporta il rischio di togliere spazio a film di altri paesi e a trasformare sempre più Venezia in una pedana di lancio per i migliori prodotti nazionali, ma si comprendono al contempo quelle che sono state le intensioni degli organizzatori: in un periodo di crisi, conferire risalto agli sforzi creativi più nobili, interessanti e generosi

Il padre di famiglia

«Il padre di famiglia» rientra, invece, nella categoria della commedia di costume, ma a differenza di tanti intrattenimenti che vanno per la maggiore si annuncia costellato di annotazioni pungenti, uno specchio in cui si rifletteranno virtù e vizi dell'italiano medio. C'è un «ma» da non tralasciare in questa anticipazione della selezione italiana a Venezia. Tirando le somme basta un nonnulla, un eccesso di ottimismo ingiustificato, a falsare le proporzioni del fenomeno. Cinque film italiani in gara sono un bel primato, tuttavia guai a dimenticare che, omissioni a parte e pellicole non ancora ultimate, poche rondini non fanno primavera. Lo stato di salute di una cinematografia non lo si accerta e verifica su un numero cosi ristretto e limitato di componimenti, ma deve essere rapportato al tessuto, al tono, al livello qualitativo generale, alla pluralità degli apporti e alla loro connotazione. Ne consegue pertanto che se è lecito rallegrarci perché una decina di registi nel '68 solleveranno un po' le sorti del cinema italiano, non siamo affatto autorizzati a ignorare che esistono e continuano a esistere oltre duecento film mediocri e modesti i quali confermano la sopravvivenza di una grave crisi, insomma, a prescindere dal probabile successo veneziano, i problemi del cinema italiano restano sul tappeto.

Mino Argentieri, «Noi donne», anno XXII, n.34, 2 settembre 1967


Totò non avrebbe sposato l'ex attrice Franca Faldini

Visse con lei gli ultimi quindici anni. Lo sostiene la figlie dell'attore scomparso, nata da un matrimonio successivamente annullato - Totò e la sua giovane compagna avevano sempre affermato il contrario - La rivelazione dovuta forse a motivi di interesse

r. s., «La Stampa», 7 novembre 1967 - «Antonio e Franca, la colpa di non essersi mai sposati»


Tutto il patrimonio di Totò sarebbe finito alla Faldini

La figlia contesta i diritti della «vedova». E si tratta d'una fortuna ingente, valutata in un miliardo circa (che il fisco però non riuscì ad accertare) - Ora l'ex compagna dell'attore conduce un'intensa vita mondana. E' spesso in compagnia di Vittorio Caprioli che le ha proposto di girare un film.

Luca Giurato, «Stampa Sera», 7 novembre 1967 - «Antonio e Franca, la colpa di non essersi mai sposati»


Totò non potè mai sposare Franca Faldini

La figlia del famoso attore nega che il «matrimonio svizzero» sia stato celebrato - La Faldini, tempo fa, avrebbe detto: «Fui io a non volere le nozze; intendevo dimostrare che stavo con Antonio soltanto perchè lo amavo»

«Corriere d'Informazione», 7 novembre 1967 - «Antonio e Franca, la colpa di non essersi mai sposati»


Totò e Franca Faldini non sono mai stati sposati?

La figlia del famoso attore nega che il «matrimonio svizzero» sia stato celebrato - La Faldini avrebbe tempo fa ammesso la cosa: «Volevo dimostrare che stavo con lui perchè lo amavo»

«Corriere d'Informazione», 8 novembre 1967 - «Antonio e Franca, la colpa di non essersi mai sposati»


Sarebbe Franca Faldini l'unica erede di Totò

Roma 7 novembre.

Nessuno è riuscito ad accostare oggi, a Roma, Franca Faldini, la giovane donna che fu accanto a Totò nei suoi ultimi quindici anni di vita. Si voleva sentire da lei una conferma o una smentita alla dichiarazione di Liliana de Curtis, figlia dell'attore scomparso: che cioè Totò non sposò mai la sua compagna. In ambienti ben informati si fa notare che, in realtà, l'unica erede dei beni di Totò, valutati ad un miliardo di lire, è Franca Faldini.

«La Stampa», 8 novembre 1967


Le «nozze svizzere» Totò-Faldini (forse) non sono mai avvenute

Rivelazioni della figlia dell'attore. Secondo Liliana Buffardi dal passaporto e dal certificato di morte Antonio De Curtis risulterebbe celibe - La presa di posizione dovuta a motivi di interesse?

«Corriere della Sera», 8 novembre 1967 - «Antonio e Franca, la colpa di non essersi mai sposati»


La Faldini conferma: Totò non ha lasciato testamento

Roma, 9 novembre.

In una dichiarazione alla stampa, Franca Faldini ha detto stasera: «In ricordo dei quindici meravigliosi e indimenticabili anni vissuti al fianco del mio grande compagno Antonio De Curtis tengo a precisare quanto segue: per l’ennesima volta ripeto e dichiaro che Totò è morto senza lasciare alcun testamento. Poiché per la legge italiana e per la legge svizzera non esisteva nessun vincolo tale da potermi configurare giuridicamente come sua erede, se un miliardo o una lira di eredità vi fossero state nulla mi sarebbe mai spettato».

«Per quel che riguarda la mia vita futura — ha concluso la Faldini — intendo viverla pienamente, intensamente, lavorando, riempiendola di mille interessi e vivendola nel modo che giudicherò più giusto. Sono una donna sola, completamente sola, e ho diritto di pensare e guardare al mio avvenire come meglio lo riterrò».

«Corriere della Sera», 9 novembre 1967


Franca Faldini: «ho vissuto con Totò quindici anni meravigliosi»

Tutto è rimasto come quando c'era lui. L'attrice, 36 anni, pensa che difficilmente farà ancora del cinema, ma è decisa a lavorare (traduce sceneggiature), conoscere, viaggiare - Non vuol parlare del passato, dice «sto riscoprendo il mondo come una ragazzina» - Ma senza accorgersene, torna sempre a parlare di lui, dell'uomo Antonio De Curtis, gran signore gentile, modesto e timido, accanto al quale fu felice

Laura Bergagna, «La Stampa», 25 novembre 1967 - «Antonio e Franca, la colpa di non essersi mai sposati»


Totò doveva pagare 300 milioni al fisco

Pochi giorni prima della morte, aveva versato la prima rata del suo debito: tre milioni - Adesso il resto della grossa cifra è stato dichiarato inesigibile: nessun bene patrimoniale è intestato al nome del principe De Curtis

«Corriere della Sera», 12 maggio 1967 - «Il fisco contro Totò: scetticismo per la notizia che sia morto povero»


«Napoli notte», 16 giugno 1967 


Si è concluso ad Alghero il «meeting» del cinema italiano

Visto uno straordinario Totò in un'antologia di Lattuada. Era in una sequenza della «Mandragola» tagliala dal regista stesso in sede di montaggio

Alghero, giovedì sera.

Valeva la pena di partecipare al meeting di Alghero del cinema — a parte la cordialità della riunione e la bellezza del luogo — per avere l'occasione di vedere, una sequenza inedita, contenuta nell'antologia dedicata a Lattuada, che il regista dovette tagliare da La mandragola per ragioni di ritmo.

Si tratta del «dialogo della morte» ed è uno straordinario monologo, detto da Totò (Fra Timoteo) in una cripta di mummie, tutti frati. Il frate si pente del male che ha fatto e chiede perdono a Dio, salutando i fratelli morti prima di uscire con un «a presto» che a noi ora tuona profetico. Lattuada ha voluto stampare tre copie di questo brano e regalarle alle cineteche di Parigi, Bruxelles e Milano. Abbiamo chiesto al regista — arrivato con la moglie, Carla Del Poggio (è straordinario averla vista nell'antologia di film di 20 anni fa e rivederla fra noi, snella, giovane, truccata con gran sobrietà: — quale dei brani avrebbe salvato. «Difficile dirlo, sono tutti miei figli. Certo, rivedendoli, penso che avrei potuto far meglio, ma sono lo stesso felice dei miei 25 anni di cinema».

«Stampa Sera», 29-30 giugno 1967


Incontri del cinema - Sorrento ricorda Totò con un premio

Roma, 3 luglio.

Per ricordare un attore a tutti carissimo, Totò e la sua passione per l'arte della recitazione, ogni anno, nel quadro degli incontri internazionali del cinema verrà assegnato un premio a lui intitolato. Il premio, istituito dal sindaco di Sorrento, in nome della città che tradizionalmente ospita gli incontri, s'intitolerà appunto Premio Antonio De Curtis, consisterà in una statuetta in oro raffigurante Totò, e verrà assegnato all'attore o all'attrice italiano o straniero che abbia dato un particolare impegnativo contributo alla vita del cinema.

La giuria, composta da attori e di critici cinematografici, esprimerà il suo voto attraverso un referendum per iscritto sulla base di una lista di nomi (da tre a cinque) che verrà sottoposta dalla direzione degli Incontri, sentito anche il parere del presidente e del comitato organizzatore dell’ente provinciale del turismo di Napoli e del sindaco di Sorrento. Qualora nessuno dei nomi proposti ottenesse nello spoglio delle schede la maggioranza dei due terzi del votanti, la direzione degli Incontri sottoporrà ad un ulteriore referendum i nomi che hanno raccolto il maggior numero di voti. La consegna del premio avverrà, naturalmente a Sorrento, nel corso della manifestazione degli Incontri.

«Corriere della Sera», 4 luglio 1967


Stasera ancora una puntata della serie «Tutto Totò»,una serie che ultimamente ha dato grossi dispiaceri agli ammiratori — e sono sempre molti — del celebre comico napoletano. In programma è la farsa «Premio Nobel» tratta dallo sketch del vagone letto, che vent'anni fa, incluso in una rivista di Galdieri, ebbe un successo enorme e divenne rapidamente famoso, tanto da essere considerato un pezzo classico del teatro leggero. Vent'anni fa, accanto a Totò, si esibiva in un applauditissimo spogliarello Isa Barzizza: in tv la parte della Barzizza sarà sostenuta da Sandra Milo che però assai difficilmente potrà spogliarsi con altrettanta libertà. Tuttavia c'è la possibilità che al posto del «Premio Nobel» venga trasmesso «Toto yé yé » che l'altro giovedì, 29 giugno, è stato abbastanza misteriosamente messo in coda al canale nazionale e poi soppresso: un numero in cui si assisteva al contatto di Totò col mondo beat.

u.bz., «La Stampa», 6 luglio 1967


Nelle liriche affiora la vena più autentica del comico napoletano.

Questo recentissimo Totò (Cetra LPP 99), che del resto raccoglie cinque sketch di evidente origine radiofonica o televisiva, conferma, ma anche spiega, la cocente delusione che hanno subito gli ammiratori del comico napoletano rivedendolo sul piccolo schermo nell'infelice serie «Tutto Totò» (proprio ieri sera il Primo Canale ha trasmesso «Premio Nobel» che ampliava una scenetta di questo disco). Ma come, hanno detto molti, questo è il nostro Totò? E infatti non lo era. Totò, si vuol dire, era fatto per il palcoscenico e, almeno cosi come lo abbiamo conosciuto, soltanto per il palcoscenico. Portato tale e quale davanti alle telecamere o ai microfoni non era più Totò come non lo era sullo schermo, nonostante i suoi cento e più film.

Tranne quando, ma avveniva rara mente, il regista cercava di «costruire» un Totò cinematografìco, cioè un altro Totò. Forse avrebbero dovuto fare lo stesso i registi televisivi. E non si getti troppo la croce addosso agli autori di questi testi. In fondo, essi sono zeppi degli stessi doppisensi e nonsensi, battute e giochi d'. parole con cui per anni Totò ha fatto ridere sino alle lacrime tutte le platee. Ma, fuori del palcoscenico, il loro sapore svanisce. Per questo, ascoltando questo disco, se ne può cavare qualche divertimento soltanto immaginandosi di starsene a teatro. Altrimenti, assai meglio le poesie, dello stesso Totò, poste all'inizio. Tenui, delicate e tristi: non è un modo di dire che in ogni grande comico si nasconde una vena di profonda malinconia.

a. bl., «Stampa Sera», 7 luglio 1967


«Radiocorriere TV», Recensione de «I soliti ignoti»


Totò recita le sue poesie

Totò: Poesie di Totò dette da Totò; Ufficio di collocamento (Corbucci); Lallo, parrucchiere per signora (De Curtis); Serafino Bolletta premio Nobel (Corbucci); Vagone letto (De Curtis); Medaglia al valore civile (De Curtis-Galdleri), Fonit-Cetra LPP 99.

Sono pochi mesi soltanto da quando in questa rubrica avevamo parlato di un piccolo disco a 45 giri di Antonio De Curtis-Totò. Disco che faceva divertire ma che lasciava perplessi per aspetti puramente tecnici. Nel frattempo il grande artista è scomparso e prendendo in mano questo bel long playing a lui dedicato, ci si sente a disagio.

Il disco è un omaggio alla inconfondibile voce di Totò, un suo recital postumo destinato a rimanere immutato per sempre. Quanta magia nella nostra moderna capacità di eternare la voce umana, la sua cadenza, lo sue flessioni personali, l'indiavolato spirito di un artista dialettale come Totò.

Nella prima facciata c'è una serie di poesia di Totò da lui stesso recitato: come poeta egli si era riallacciato al miglior filone della poesia dialettale; forse confrontato con un Di Giacomo al quale i suoi versi fanno pensare continuamente), Totò ha il grande vantaggio di averci recitato la propria poesia lui stesso, facendosi forte della doppia arte di poeta e di attore. Come in tutto ciò che egli faceva, l'ascolto di queste poesie ci tiene in bilico tra il ridere e il piangere. Felicità, Statuetta, La filosofia del cornuto, non ci si stanca a riascoltarle.

Ma sulla stessa prima facciata ci sono anche due sketch, uno più buffo dell’altro, nei quali Totò è affiancato dall'inseparabile Mario Castellani e da Cesare Gelli e Corrado Olmi. Lallo, parrucchiere per signora è irresistibile.

Sulla seconda facciata altri sketch, anche questi divertenti e ottimamente recitati. Peccato che il disco non sia accompagnato da una nota sul protagonista.

r. la., «La Stampa», 21 luglio 1967


Napoli - Miracolo per la nipote di Totò

Maria Rosaria De Curtis (21 anni) è stata scagliata giù dal balcone, durante una lite, dal marito Salvatore Ramaglia (pittore, 22 anni) - Un filo metallico per stendere al sole la biancheria ha attutito la caduta: la sposina, madre d'un bambino di tre mesi, si salverà e ha già cercato di scagionare il suo uomo - La gente gioca al lotto i numeri del fatto

«Corriere della Sera», 26 luglio 1967


Leggi l'articolo: «Il padre di famiglia. L'ultimo film, come comparsa»



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