Articoli e ritagli di stampa: dal 1985 al 1989

Rassegna-Stampa-anni-1985-1989


Indice degli avvenimenti importanti 1985-1989

9 marzo 1985 Va in onda su Canale 5 un ciclo di 16 film di Totò con cadenza settimanale. I titoli trasmessi: Chi si ferma è perduto, I due marescialli, Totò contro Maciste, Totò e Peppino divisi a Berlino, I due colonnelli, Letto a tre piazze, Totò Peppino e la dolce vita, Totò contro i quattro, I tartassati, Arrangiatevi, Totò cerca pace, Il coraggio, Totò d’Arabia, Che fine ha fatto Totò Baby?, Totò diabolicus, Le belle famiglie.

Luglio 1986 In occasione del ventennale della morte di Totò, Napoli dedica al suo grande artista una statua in bronzo realizzata dallo scultore Vincenzo Giggiano Borriello di Torre del Greco

Ottobre 1987 Totò appare nuovamente in televisione, stavolta in uno spot pubblicitario della catena di supermercati Conad

Maggio 1988 La rete due della RAI trasmette, in seconda serata, la terza edizione dello speciale televisivo «Il Pianeta Totò», curato da Giancarlo Governi

 

Mostre, programmi televisivi, retrospettive, serate a tema, Totò torna popolare come e forse più di quando era in vita. In suo onore vengono istituiti premi, giornate a tema, create associazioni commemorative, gli vengono dedicate strade, piazze, monumenti ed altre iniziative. Si parla della creazione di un museo a lui dedicato che si dovrà inaugurare a Napoli.

6 aprile 1987 Sulla terza rete della RAI va in onda lo speciale «Ridere all'italiana». Ampio spazio dedicato all'arte di Totò

15 aprile 1987 Per ricordare i vent'anni dalla scomparsa di Totò, Canale 5 dedica all'avvenimento lo speciale «Totò vent'anni dopo», curato da Maurizio Costanzo con numerosi ospiti in studio

10 dicembre 1988 Viene pubblicato un cofanetto dal titolo «Le canzoni di Totò». L'opera, a cura del giornalista Vincenzo Mollica, contiene 2 PL 33 giri contenente brani scritti da Totò, un picture disc contenente la poesia «'A livella» e un volume corredato da articoli, testimonianze ed immagini inedite.

 


Altri artisti ed altri temi


1985 - 1986 - 1987 - 1988 - 1989


Totò

Articoli d'epoca, dal 1985 al 1989

Articoli d'epoca - 1980-1989 723 Valerio Caprara, «Il Mattino», 11 aprile 1987

Dove sta Totò

Dove sta Totò Dal revival sessantottino al periodo di saturazione provocato dall’orgia dell'emittenza privata. Le radici e le ragioni di un carisma sovversivo. Totò segna una brutta e quasi una nera pagina sull’antropologia, la psicologia e l’…
Televisione 2419 Mediaset Canale 5

1987 - Totò vent'anni dopo

Totò vent'anni dopo 15 aprile 1987 - Maurizio Costanzo presentò su Canale 5, presente Franca Faldini per la regia di Paolo Pietrangeli, lo speciale "Totò vent' anni dopo". Furono invitati inoltre l'attrice Silvana Pampanini, la "soubrette" Elena…

1987 - Viva Totò

Televisione 3468 RAI
Viva Totò Un programma trasmesso dalla RAI dall'Auditorio di Napoli, in occasione del ventennale della scomparsa di Totò, condotto da Nanni Loy curato da Nicoletta Bonucci, Jvanka Kotnik…

Totò non rideva mai

Articoli d'epoca - 1980-1989 1657 Vittorio Paliotti, «Il Mattino», 11 aprile 1987
Totò non rideva mai Totò lontano dalla scena e dal set era un uomo molto riservato Forse era l’impegno intellettuale che spendeva sul lavoro a renderlo per i familiari e gli amici una…

Totò, «mòseca e quisquiglie»

Articoli d'epoca - 1980-1989 747 Gianni Cesarini, «Il Mattino», 11 aprile 1987
Totò, «mòseca e quisquiglie» «Nun sì ’na femmina», «Core analfabeta», «Nemica», «Miss, mia cara miss», «Luntano ’a te», «Casa mia»: a parte «Malafemmina» ecco il Totò in sette note. «Non…

Franca Faldini: Totò vent'anni dopo

Articoli d'epoca - 1980-1989 759 Franca Faldini, «Ciak», anno III, n.4, aprile 1987
Franca Faldini: Totò vent'anni dopo Vent'anni fa la scomparsa di Antonio de Curtis, in arte Totò, ci lasciava orfani di uno dei più straordinari talenti della storia dei cinema italiano. La…

Totò, muto da ridere

Articoli d'epoca - 1980-1989 650 Ernesto Baldo, «Radiocorriere TV», anno LXIV, n.15, 12-18 aprile 1987
Totò, muto da ridere Franca Faldini racconta l’ultimo sogno del principe De Curtis «Cosa c'è ancora da dire su Totò?». Questa domanda se la pone Franca Faldini. È stata la compagna del gran…

Totò comprò l'onore per sua madre

Articoli d'epoca - 1980-1989 1442 Gaetano Saglimbeni, «Gente», anno XXXI, n.18, 8 maggio 1987
Totò comprò l'onore per sua madre Raccontiamo la tormentata esistenza del grande attore nel ventesimo anniversario della sua scomparsa - Totò nacque in un poverissimo quartiere di Napoli -…

Ieri, oggi e domani è sempre Totò

Articoli d'epoca - 1980-1989 576 «Sorrisi e Canzoni TV», n.50, 11-17 dicembre 1988
Ieri, oggi e domani è sempre Totò A oltre vent’anni dalla morte, il grandissimo comico napoletano continua ad affascinare il pubblico di ogni età: così, ogni volta che se ne celebra il…

Pochi fondi per il museo di Totò

Articoli d'epoca - 1980-1989 645 Titti Beneduce, «Il Mattino», 18 febbraio 1989
Pochi fondi per il museo di Totò Liliana De Curtis, figlia del grande comico, vorrebbe istituire anche un premio e borse di studio. E’ delusa dell’incontro con Lezzi. «A una Fondazione…

Totò, il suo volto segreto

Articoli d'epoca - 1980-1989 697 «Ciak», anno V, n.4, aprile 1989
Totò, il suo volto segreto È stato ed è l’attore più amato dagli italiani. A tutt’oggi i suoi scatenati film riscuotono in televisione un incredibile successo. Uno straordinario personaggio…

Il cinema del riso aveva un re

Articoli d'epoca - 1980-1989 539 Masolino d'Amico, «La Stampa», 12 novembre 1985
Il cinema del riso aveva un re L'attore napoletano era considerato inadatto allo schermo - Ma nell'immediato dopoguerra, dopo «I due orfanelli» e «Fifa e arena», trionfò in una valanga di…

1985

Totò in TV. Quante volte l’avremo visto? È diventata un’abitudine ormai più che decennale, dai cicli di film ai centoni confezionati appositamente per il piccolo schermo. Ciò nonostante, imperturbabile, Canale 5 ce lo ripresenta da oggi, alle ore 14. Ogni sabato pomeriggio per un totale di addirittura 16 pellicole. E noi telespettatori ne siamo tutto sommato felici, perché il più stupido dei film con Totò è sempre meglio del più scafato telefilm americano.

È inutile tentare di scrivere cose originali su Totò. Anche la vecchia storiella dell’artista «esaltato dal pubblico, snobbato dalla critica non regge più, perché anche gli storici più «seri» hanno ormai completamente rivalutato la sua arte d’attore. I libri su Totò, ormai, non sì contano. E la sua comicità, dopo aver riempito per decenni i cinemini di periferia, si è dimostrata negli anni quanto mai televisiva: forse perché Totò, arrivato al cinema dalla rivista, è davvero consumabile in pillole, sequenza per sequenza, battuta per battuta, senza curarsi minimamente di trarne e sceneggiature pressoché inesistenti.

Che altro dirvi? I film, naturalmente. Si parte con Chi si ferma è perduto, si proseguirà con I due marescialli, Totò contro Maciste, Totò e Peppino divisi a Berlino, I due colonnelli, Letto a tre piazze, Totò Peppino e la dolce vita, Totò contro i quattro, I tartassati, Arrangiatevi, Totò cerca pace, Il coraggio, Totò d’Arabia, Che fine ha fatto Totò Baby?, Totò diabolicus, Le belle famiglie. A ognuno il suo Totò quotidiano, e buon divertimento.

«L'Unità», 9 marzo 1985


NAPOLI — Una rassegna cinematografica per onorare la memoria di Totò non potrà essere realizzata a Napoli nel cortile del Maschio Angioino perché l'amministrazione comunale non è in condizione di fornire i tubi Innocenti per la realizzazione dello schermo e le sedie per accogliere il pubblico. La mini-rassegna era stata programmata per oggi, domani e domenica In concomitanza con la cerimonia di consegna dei premi «Omaggio a Totò», riservati agli autori cinematografici italiani campioni d'incasso nella stagione '84-'85. Gli organizzatori della manifestazióne avevano ottenuto l'autorizzazione dall'assessorato al patrimonio del Comune di Napoli nell'agosto scorso. (Agi)

«La Stampa», 27 settembre 1985


La commedia all'italiana, sottotitolo «il cinema comico in Italia dal 1945 al 1975» di Masolino d'Amico (appena pubblicato nella mondadoriana collana ..Studio,.) è un testo prezioso per capire non solo la storia del nostro cinema, ma la nostra storia nazionale. E che lo abbia scritto un ordinarlo di lingua inglese, dopo un corso di lezioni tenuto sull'argomento al Bamard College di New York, suona un poco come un'accusa alla nostra critica cinematografica specializzata. Basta provare a leggere, nell'introduzione, la genesi di questo libro. Masolino d'Amico racconta, infatti, che nell'autunno del 1977, invitato dalla professoressa Maristella Lorch, direttrice del Dipartimento di italianistica appunto del Barnard College, a tenere un corso di «cultura dell'Italia moderna al Barnard College, decise di dedicare una parte del corso al nostro cinema del dopoguerra e, dopo aver constatato che gli studenti (molti dei quali frequentavano anche la Film School della vicina e gemellata Columbia University) sapevano già tutto dei Visconti, dei Rossellini, dei De Sica, dei Fellini e degli Antonioni, provò a parlare della cosiddetta «commedia all'italiana», alcuni dei cui prodotti come il Divorzio di Germi e i Compagni di Monicelli erano ben noti negli atenei americani e disponibili in copie sottotitolate.

Cosi Masolino d'Amico si trovò a fare due scoperte. La prima che i film comici italiani (anche quelli che lui avrebbe considerato meno esportabili) piacevano enormemente al suo giovane pubblico americano. E la seconda che in Italia non esistevano studi monografici né manuali-repertorio di notizie sulla commedia all'italiana né su quel cinema comico italiano in generale da cui occorreva pur prendere le mosse per un discorso minimamente coerente. Dunque, Masolino d'Amico dovette cominciare a mettere insieme, tutto da solo, appunti e materiali per i suoi studenti americani, i suoi ascoltatori di «docente in visita».

Non c'era la TV

Da allora, certo, sono uscite da noi monografie con informazioni precise ed esaurienti sulla carriera di molti tra i principali attori e registi del cinema comico italiano del dopoguerra. Continua, tuttavia, a mancare un libro in cui si tracci un bilancio complessivo sia della commedia all'italiana sia del contesto più ampio in cui questa fiorì. «Ho pertanto pensato di contribuire a colmare questa lacuna offrendo la presente rassegna da non specialista quale sono come punto di riferimento per eventuali studi futuri, che mi auguro più esaurienti del mio; d'altro canto, come si vedrà, il campo è vastissimo...», dice con modestia Masolino d'Amico, die, fortunatamente, non ha tentato di togliere alle sue pagine la caratteristica di discorso indirizzato soprattutto a stranieri quasi completamente digiuni del fatti di casa nostra. Del resto anche per un trentenne italiano d'oggi l'epoca in cui la televisione non esisteva appartiene al mondo delle favole. Dunque, come cominciò?

Il cinema comico italiano, per cosi dire, moderno si era già fatto vedere sotto il. fascismo nel 1930, anno in cui su quattro film sonori prodotti uno era comico, s'intitolava Nerone, era diretto da Blasetti, ma era nel bene e nel male uno spettacolo teatrale dello straordinario comico Petrolini. Poi nel 193S il regista Mattali (che nel 1931 aveva fondato la compagnia Zabum, riformando il teatro di rivista) lanciò sullo sdiermo in Imputato, alzatevi! il comico Macario, con battute, gags e bizzarrie suggerite dal giornalisti del Marc'Aurelio e del Bertoldo, i due fogli umoristici prosperanti sotto il regime fascista.

Fellini umorista

Giacomo Binnella insegnante, ancona II nome del regista non contava molto allora, e si parlò di quel primo film e del successivi della serie come dei film di Macario. E si parlò del film di Fabrlzl, altro comico di varietà, per la serie che ebbe inizio nel 1943 con Avanti, c'è posto!, regia di Bonnard, soggetto e sceneggiatura dello stesso comico e di Fellini, anche lui proveniente dalla fucina del giornali umoristici. Naturalmente, c'era già in pista Totò, ma i suoi film (come, del resto, il Nerone di Petrolini) sapevano più di teatro filmato che di cinema, godevano una celebrità di riflesso, e, quando non eran teatro filmato, come Fermo con le mani! (1937) o Animali pazzi (1939) non avevano gran successo. L'era d'oro cinematografica di Totò si sarebbe celebrata nel dopoguerra.

Il regista fu ancora una volta Mattoli ne I due orfanelli (1947) a cui seguirono, dall'anno della rinascita cinematografica di Totò al primo anno dopo la morte fistca di Totò e della definitiva uscita degli ultimi due suol sketch in Capriccio all'italiana (1968), altri 90 (novanta) film quasi tutti di gran successo di cassetta e di scarso successo di critica (che, anche quando elogiava, sosptrava differenti film per il popolarissimo attore napoletano). La commedia all'italiana nacque nel segno di un altro straordinario comico, Sordi, che non fu capito al suo esordio cinematografico come protagonista in Mamma mia che impressione (1951) ma fu poi imposto all'attenzione da Fellini in I vitelloni (1953), e, soprattutto, si impose lui grazie al suo talento, oltre che di attore, di osservatore, anzi studioso, analista degli usi e costumi del nuovo italiano uscente dal dopoguerra nella pace con tutti i vizi e i vezzi possibili e impossibili.

Da qui comincia la storia della commedia all'italiana a cui Masolino d'Amico ha dedicato questo succinto (meno di 250 pagine), ma ricchissimo (di dati, di puntiglio e di affetto per la materia) libretto, che vi consiglio di tutto cuore. Sordi, per così dire, contro Totò. Il prevalere, nel film fatto per divertire, di un sagace strumento di critica della società italiana. Il vero impegno, insomma, è stato quello della commedia all'italiana più , che quello del neorealismo? E' una domanda che il lettore di Masolino d'Amico finisce salutarmente per porsi.

Oreste Del Buono, «La Stampa», 7 dicembre 1985 (Approfondimenti ed altre informazioni nell'articolo «Il cinema del riso aveva un re»)


1986

«Io defunto? Diffamazioni, calunnie, pettegolezzi di cortigiani. La morte imita l'arte e la mia arte è stata tutta un'iperbole» - «Quel 15 aprile non uscivo dalla chiesa ma dal teatro della vita dopo una lunga fatica» « che ho avuto pessimi registi, sceneggiatori, soggettisti. Il bello che c'è in quei brutti film l'ho fatto io: mi intendo di tutto, lazzi, smorfie, capriole, erotismo, lamento e risata»

Il 15 aprile 1967 usciva per sempre di scena Totò. A quasi vent'anni dalla morte del popolare comico, però, la sua fama è immutata, anzi accresciuta, nuove generazioni hanno potuto ammirare attraverso i suoi film continuamente riproposti in Tv quanto sia stata grande la sua arte. Oggi rendiamo omaggio al mitico Totò con un’intervista immaginaria dello scrittore partenopeo Luigi Compagnone (anche lui è nato nel quartiere Stella rione Sanità di Napoli).

Totò ha lavorato fino all'ultimo. Dal gennaio al 10 aprile del '67 — va ricordato — interpreta negli studi Rai del Teatro delle Vittorie gli episodi «Tutto Totò» con gli sketches più celebri della sua attività teatrale. Il 13 aprile è sul set di «Padre di famiglia» di Nanni Loy: gira solo la prima scena perché viene assalito da una crisi cardiaca. Crisi che si susseguono fino alle tre e mezzo del mattino del 15 aprile. Muore nella sua casa di Roma.

Due giorni dopo viene trasportato nella chiesa di Sant'Eustorgio: sulla bara la bombetta con cui aveva esordito e un garofano rosso. Nel pomeriggio la salma di Totò arriva a Napoli accolta dall’uscita dell’autostrada alla basilica del Carmine Maggiore da una marea di folla. L'attore è sepolto nella Cappella de Curtis al Pianto, il cimitero sulle alture di Napoli. A quasi vent'anni da quel giorno di lutto del mondo dello spettacolo e della cultura leggiamo questa singolare, affettuosa, immaginaria intervista.

1986 04 15 Corriere della Sera Ricorrenza f1— Totò, mani in alto, questa è un 'intervista.

«Ma mi faccia il piacere! E si tolga quella calzamaglia! E non mi chiami Totò. Mi chiami. più alla buona, Altezza Imperiale Antonio Porfirogenito della stirpe Costantiniana dei Focas Angelo Flavio Comneno di Bisanzio, principe di Cilicia, di Macedonia, di Dardania, di Tessaglia, del Ponto, di Moldavia, di Illiria, del Peloponneso, duca di Cipro c di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo, di Eccetera Eccetera e di A Prescindere».

— Vostra Altezza mi scusi, ma vorrei chiederle se è vero quel che si dice in giro...

«Lei impallidisce sotto la calzamaglia, si imbarazza e mi imbarazza. Avanti, che cosa si dice in giro?».

— Che vostra Altezza Imperiale è morta esattamente diciannove anni fa, il 15 aprile del '67.

«Ohibò! Diffamazioni, calunnie, pettegolezzi di cortigiani. Poi dice che uno si butta a sinistra. Io morto? lo defunto? Ma siamo uomini o trapassati?».

— Però, vede, quando quel Riorno si sparse la notizia della morte di Vostra Altezza, i poveri guitti che trascinavano la loro fame nella galleria Umberto I affissero un manifesto che diceva: «Napoletani, vi annunciamo con profonda tristezza la mone di Sua Altezza Imperiale Antonio de Curtis in arte Totò».

«Lei forse ignora che in Italia gli annunci funebri sono un pretesto per attestare stima, affetto, simpatia, c soprattutto per augurare una vita lunga e felice. Siamo uomini o becchini?».

— Dunque la morte di Vostra Altezza è stata soltanto un equivoco?

«La morte imita l’arte e la mia arte è stata tutta un'iperbole. In essa non vi è stato mai e non vi sarà mai nulla di medio, di ordinario. Io conosco soltanto lo smisurato. E Io esercito col rifiuto del linguaggio che si parla nella vita reale e dei gesti che vi si compiono. Pensi all’armonica disarmonia delle mie membra svitabili. Pensi a come spingo Fino all’impossibile il lato comico dei rapporti umani, portandolo al colmo della comicità, sviluppando fino al massimo ciò che nella realtà si trova soltanto allo stadio di allusione. Siamo uomini o napoletani di estrazione neoverista?».

— Vostra Altezza è infatti un eretico di Partenope, ed è forse per questo che si ritrova una faccia che non è viso né maschera, ma un'iperbole istintivamente creata da un qualunquista di vicolo contro la morale e le ideologie del qualunquismo. Forse non a caso Vostra Altezza è nata nel quartiere Stella, rione Sanità, in uno di quei vicoli dove sottoproletariato e infima borghesia lottano non per vivere ma per sopravvivere. Vi sono nato, immeritatamente, anch'io.

«E’ vero, sono nato in uno di quei vicoli ma conosco perfettamente il francese, infatti non dico mai 'veramente’ ma ’veramon’, come del resto dicono tutti i Principi ben istruiti. SI, sono nato nella Sanità e lì ho imparato la disperazione della pernacchia, del lazzo, dell'irrisione permanente. Ricorda le pernacchie che feci in una "Settimana Incom” che mi "prese" mentre depositavo la scheda nell’urna, alle elezioni del 18 aprile? Qualunquismo, lei dice, e va bene, sarà stato qualunquismo. Lei intanto mi chiama Vostra Altezza, e in cuor suo mi sfotte. Ma perché non ha capito che io, pur essendo Principe di Macedonia, di Tessaglia e di Eccetera Eccetera, ho sempre derìso i Magnifici Avi a cui mi ispiro. E sa quando li ho presi in giro? Ma quando inventavo sulla scena strepitosi tornei fra principi antichi, grandi cacce, favolose avventure di guerra. Ho deriso la Magnificenza, quando l’ho rappresentata trasformando me stesso in un’apoteosi di fuochi d’artificio. in una fantasmagoria surreale, grottesca, di razzi, bengala, castagnole, trictrac. Ricorda la mia famosa "batteria"? Lei dice che quelli del quartiere Stella hanno sempre combattuto la loro guerra non per vivere ma per sopravvivere. Ebbene, anch'io combatto la mia guerra, senza quartiere, contro l'imbecillità, i luoghi comuni, le frasi fatte».

— Vostra Altezza ha detto di conoscere soltanto lo smisurato, la deformazione, l'iperbole, il colmo del comico. Ma Vostra Altezza è anche una misteriosa, trasparente marionetta, che inventa e reinventa se stessa con quella grazia e quel furor sacro che si ritrovano solo nello sferzante dominio del riso. Anche il riso è un’iperbole. Anzi, soprattutto il riso. Purtroppo oggi ne manchiamo. E dire che idoli da abbattere con l’arma del riso ce ne sono e quanti. Purtroppo manca il riso. Manca l’iperbole.

«La parola 'iperbole’ come la parola 'apoteosi', l’ho inventata io. Sono stato e sono un po’ iperbolico, modestia a parte. Come quella volta che montai in treno e gridavo a squarciagola: 'Lampisti, macchinisti, scambisti, conduttori, frenatori, facchini, impiegati delle Ferrovie dello Stato!'. E sa perché? Perché montare in treno mi ha sempre spaventato, e quindi quella volta chiesi aiuto a tutti, tranne naturalmente ai dirigenti delle Ferrovie. La bassa forza mi sta bene, coi dirigenti in generale è un’altra cosa, uno non sa mai se sono uomini o alti funzionari».

— Vedo che conserva sempre intatta la sua celebre mascella.

«L’Italia di questo secolo di mascelle ne ha avute due. Una mascella della provvidenza, gagliarda, volitiva, romana ed imperiale. E una mascella, la mia, umile, smandrappata, ridicola e metafisica. Tocchi, per favore, tocchi e se ne accerti».

— Giuseppe Marotta ha scritto che Vostra Altezza è un attore, non è un artista. Vi chiedo perché napoletani ed italiani ci dobbiamo trattare sempre a pesci in faccia. Certo, non è stata Vostra Altezza a inventare quell’esasperazione di gesti, quelle parole deformate, quello svitamento di membra che l’hanno caratterizzata sulla scena italiana. Tutto questo è appartenuto da sempre al mondo popolare napoletano, ai vecchi comici degli sgangherati teatrini periferici, alle nostre antiche maschere teatrali. Ma è stata Vostra Altezza a dare a tutto quel repertorio una stupefacente unità stilistica, che i suoi predecessori non ebbero mai. E questo significa essere un artista. Marotta invece lo ha negato.

«E poi dice che uno si butta all’estrema sinistra. Ma io non sono ambidestro né mancino, sono — le ripeto — un tantinello qualunquista come tutti i Principi, e come tutti gli uomini di teatro. E, più faccio il qualunquista, più cresce il mio sistema metrico decimale come uomo di teatro. Quando lavoro sulla scena, sono eccitato, inebriato: il calore del pubblico, la comunicazione col pubblico, lei mi capisce. Ecco perché volevo molta luce quando recitavo in teatro. Mi piaceva vedere la sala, vedere e 'sentire' il pubblico. Il cinema è un’altra cosa. Ho fatto centinaia di Film, se ne salvano cinque o sci. Dicono che ho avuto pessimi registi, pessimi sceneggiatori, pessimi soggettisti. Bazzecole! Il bello che c’è in quei brutti Film, l’ho fatto io. Io il regista, io lo sceneggiatore, io il soggettista. Mi invento tutto io, i lazzi e le smorfie, le capriole e l’erotismo, il lamento e la risata. Gli altri non c'entrano per niente. Al più, mi servono da spalla. Ma devono mangiare anche loro, e io sono assai caritatevole, come tutte le altezze imperiali».

— Vorrei pregare Vostra Altezza di tornare a quella diceria, o calunnia, intorno alla sua morte...

«... presunta!».

— E’ stato anche detto che, quando il feretro di Vostra Altezza usci dalla chiesa, venne accolto dall’applauso di un pubblico enorme.

«Io quel giorno non uscivo dalla chiesa ma dal teatro della vita, dopo una lunga fatica. E quel pubblico enorme me ne volle ringraziare, dopo essersi divertito, con molte lacrime. Tutto qui. E poi la morte non esiste».

— Però molti vi credono.

«Ma non mi faccia ridere! Siamo uomini o trapassati?».

Luigi Compagnone, «Corriere della Sera», 15 aprile 1986


PARIGI

Un omaggio a Mario Monicelll e uno a Totò sono tra le manifestazioni previste nell'ambito del 14° Festival di cinema di La Rochelle, in programma nella città francese dal 27 giugno all'8 luglio prossimi. Il Festival, che non ha, per principio, una sezione competitiva, si propone ogni anno di far conoscere alcuni film inediti e di ricordare I' opera di grandi registi. In programma in particolare quest'anno, secondo quanto ha reso noto il direttore della manifestazione Jean-Loup Passale, due retrospettive, una dedicata al giapponese Helnosuke Gosho e una al francese Max Ophuls, diversi omaggi, tra cui quello a Monicelll.

«La Stampa», 1 giugno 1986


NAPOLI — (Ansa) A quasi vent'anni dalla scomparsa di Totò (1898-1967) i napoletani hanno voluto ricordare il celebre artista con una statua in bronzo (nella foto Ap) che raffigura l'indimenticabile maschera comica di Antonio de Curtis. La statua, che è alta due metri e venti centimetri, fusa in bronzo in una «bottega» delle Fontanelle, il quartiere dove visse l'artista, è stata consegnata ufficialmente ieri mattina all'assessore comunale alla cultura Rosario Rusciano nel corso dì una breve cerimonia svoltasi al Maschio Angioino. E' questa la prima testimonianza della città ad uno dei suoi figli più illustri e si è concretizzata esclusivamente per iniziativa di semplici cittadini che si sono tassati pur di offrire a tutti un ricordo perenne dell’arte di Totò.

L'idea di erigere la statua fu raccolta alcuni mesi fa dai responsabili dell'emittente televisiva napoletana «Canale 21» che spinta dall’entusiasmo dei propri telespettatori organizzò una vera e propria asta, riuscendo a coinvolgere vari esponenti del mondo della cultura, dell'arte e dello spettacolo. Il ricavato è stato poi destinato allo scultore Vincenzo Giggiano Borriello di Torre del Greco, che, a giudizio di una speciale giuria, aveva presentato il miglior bozzetto per la realizzazione del monumento.

Ora la statua di Totò rimarrà al Maschio Angioino fino a settembre, allorché nel corso di una solenne cerimonia sarà messa a dimora in una delle aiuole della Villa Comunale presso il Circolo della Stampa.

Luigi Compagnone, «Corriere della Sera», 10 luglio 1986



ROMA

Il ministero delle Poste ha annunciato ieri di aver predisposto un timbro speciale che raffigura il volto di Totò: sarà utilizzato il 13 settembre per annullare i francobolli in partenza da Boario Terme in occasione del primo Festival internazionale del film comico.

Il giorno precedente, sempre a Boario, sarà utilizzato un altro annullo, firmato da Fellini: è il viso di una attrice nella quale sembra dì poter riconoscere i lineamenti di Giulietta Masina. E' la prima volta che le poste italiane rendono omaggio al mondo del cinema.

«La Stampa», 28 agosto 1986


Diodoro Siculo, nelle sue storie sugli antichi greci, racconta che «i padri di tutti gli Elicili», volutamente, erigevano monumenti lignei ai generali vincitori. Il legno veniva preferito al bronzo e al marmo perché dava una maggiore garanzia di autodistruggersi col tempo. In altre parole, i nostri antenati non volevano infierire sui popoli vicini, e pensavano che non era giusto ricordare loro, in eterno, di essere stati sconfìtti.

Non tutti la pensano cosi: nell'Irlanda del Nord un gruppo di cristiani protestanti, non molto cristiani in verità, continua a fare, il 30 giugno di ogni anno, una sfilata in costume per celebrare la vittoria di Guglielmo d'Orange sui cattolici di Giacomo II, avvenuta tre secoli fa. e ogni volta, a causa di questa mascherata, ci sono morti e feriti tra i religiosi delle opposte fazioni.

In Italia, da un mese a questa parte, si sta discutendo, con S6 anni di ritardo, se sia più giusto erigere un monumento a Gaetano Bresci. l'anarchico che sparò a Re Umberto I. o ai milanesi che furono presi a cannonate nel '98 dal generale Bava Beccaris per ordine dello stesso Re. A nessuno viene in mente che. Dio sia lodato, è passato tanto tempo e che la monarchia non c'è più da quarant'anni.

Per quanto mi riguarda, più che il monumento a Bresci, ho a cuore il monumento a Totò, e vorrei cogliere l'occasione per sollecitare il Comune di Napoli a erigere una statua al principe De Curtis, Totò, è vero, non ha mai ammazzato nessuno, e questo è un handicap per un'aspirante statua. In genere i monumenti vengono dedicati agli Eroi, ai Re e ai condottieri, tutta gente che, seppure per nobili motivi, ha quasi sempre provocato un po' di spargimento di sangue: Garibaldi. Cesare e Napoleone ne sanno qualcosa. Totò, invece, era incensurato, e se qualche volta ha tentato di uccidere gli spettatori, lo ha fatto solo con l'arma delia risata.

Ebbene, dovete sapere che l'idea del monumento a Totò è stata già approvata dal Comune di Napoli e realizzata dallo scultore Vincenzo Giggiano Borriello. Il bozzetto dell'opera, a suo tempo, ha vinto una gara, e i fondi sono stati reperiti grazie a una colletta popolare. Non c’è che da chiamare gli addetti alla posa e preparare una bella e commovente cerimonia di scoprimento. Ma allora, perché si ritarda? Leggo dal «Mattino» di Napoli che la Commissione Edilizia ha bloccato l'iniziativa perche «l’opera costituirebbe una turbativa a un paesaggio consolidato storicamente». In altre parole, Totò «stonerebbe» accanto ai gruppi marmorei di Laocoonte e di altri celebri personaggi. Dal comunicato non si capisce se ce l’hanno con lo scultore, perché ha realizzato un monumento brutto, o con il soggetto dell’opera, che, in quanto comico, non sarebbe in sintonia con le statue vicine. In tutto questo, mentre le autorità comunali dibattono la questione, il monumento a Totò è rinchiuso in una segreta del Maschio Angioino. Immagino i suoi commenti se fosse ancora vivo!

C’è ancora un'altra cosa molto importante da sapere: Totò nel '64 scrisse una celebre poesia intitolata «'A livella», nella quale racconta di un litigio avvenuto in un cimitero, a mezzanotte, tra due defunti appena sepolti. I litiganti sono un marchese e un netturbino. Il marchese è molto arrabbiato perché i parenti del netturbino hanno osato seppellire il loro congiunto proprio accanto alla sua cappella gentilizia. Il nobiluomo chiede perentoriamente allo scheletro del poveretto di allontanarsi di qualche metro e di nascondere i suoi miseri resti a debita distanza. Il netturbino, mortificato, chiede scusa, anche a nome dei parenti, finché a un certo punto perde la pazienza ed esclama: «Marchese, queste pagliacciate lasciamole fare ai vivi, noi adesso siamo gente seria: siamo morti!».

E questo vale anche per i sostenitori di Bresci, per quelli di Umberto I e per gli Irlandesi che partecipano al corteo di Guglielmo d’Orange.

Luciano De Crescenzo, «Corriere della Sera», 14 settembre 1986


Sanremo '87: cinema in marzo, a novembre torna il «Marinuzzi»

Sanremo, nel corso del 1987, celebrerà il trentennale della più discreta e meno pubblicizzata delle sue manifestazioni: la Mostra del Film d'Autore, rigorosissima rassegna cinematografica trapiantata a Sanremo dal 1971, che si terrà al cinema-teatro Ritz dal 28 al 31 marzo. Nino Zucchelli, il patron della manifestazione, ed i suoi collaboratori sono già al lavoro per celebrare la ricorrenza. [...]

La più interessante delle iniziative collaterali programmate per il trentennale dovrebbe essere l'omaggio al grande Totò di cui, nel 1987, ricorrerà il ventennale della sua morte. Per celebrarlo verrà organizzata una retrospettiva del suoi films più importanti, quelli cioè girati con registi di grande fama in contrapposizione alle tante pellicole di scarso contenuto girate dal grande attore napoletano. In lista, per la retrospettiva, titoli di prestigio: Dov'è la libertà (1953) diretto da Roberto Rossellini, Totò e Carolina (1954) e Risate di gioia (1960) di Mario Monicelli, La mandragola (1965) di Alberto Lattuada, Uccellacci e uccellini (1966) e l'episodio La terra vista dalla luna (1967, tratto dal film Le streghe) di Pier Paolo Pasolini.

Con l'omaggio a Totò, Zucchelli conta anche su un'altra ambiziosa iniziativa: riunire, in una tavola rotonda, tutti i registi vincitori delle precedenti ventinove edizioni della mostra. [...] Un'altra iniziativa legata al trentennale dovrebbe essere e, come benemerito del cinema, al produttore Alfredo Bini.

Bruno Monticone, «La Stampa», 14 dicembre 1986


1987

15 aprile 1967 - 15 aprile 1987 Ventennale della scomparsa di Totò

Totò nel ventennale della sua scomparsa

Articoli d'epoca - 1980-1989 723 Valerio Caprara, «Il Mattino», 11 aprile 1987

Dove sta Totò

Dove sta Totò Dal revival sessantottino al periodo di saturazione provocato dall’orgia dell'emittenza privata. Le radici e le ragioni di un carisma sovversivo. Totò segna una brutta e quasi una nera pagina sull’antropologia, la psicologia e l’…
Articoli d'epoca - 1980-1989 552 Catherine Spaak, «Corriere della Sera», 14 aprile 1987

Franca Faldini: «Sono passati vent'anni e Totò è sempre fra noi»

Franca Faldini: «Sono passati vent'anni e Totò è sempre fra noi» Così Franca Faldini, che fu sua amica e compagna, ricorda il carattere, l’umiltà e la professionalità del celebre comico scomparso il 15 aprile 1967 - «Non amava festeggiare il suo…
Articoli d'epoca - 1980-1989 908 Titta Fiore, «Il Mattino», 11 aprile 1987

Franca Faldini: «Totò si diventa, signori si nasce»

Franca Faldini: «Totò si diventa, signori si nasce» «Mi vide per la prima volta sulla copertina di un settimanale. Nonostante i trentatrè anni che ci dividevano, sono stata felicissima accanto a lui. Era un solitario, un introverso. Non amava il…

Ieri, oggi e domani è sempre Totò

Articoli d'epoca - 1980-1989 576 «Sorrisi e Canzoni TV», n.50, 11-17 dicembre 1988
Ieri, oggi e domani è sempre Totò A oltre vent’anni dalla morte, il grandissimo comico napoletano continua ad affascinare il pubblico di ogni età:…

Totò vent'anni dopo la sua scomparsa - Rassegna stampa

Articoli d'epoca - 1980-1989 958 Varie testate, aprile-giugno 1987
Totò vent'anni dopo la sua scomparsa - Rassegna stampa Comincia domani su Raitre «Ridere all'italiana» - Dominatore incontrastato l'attore napoletano…

Totò, muto da ridere

Articoli d'epoca - 1980-1989 650 Ernesto Baldo, «Radiocorriere TV», anno LXIV, n.15, 12-18 aprile 1987
Totò, muto da ridere Franca Faldini racconta l’ultimo sogno del principe De Curtis «Cosa c'è ancora da dire su Totò?». Questa domanda se la pone…

Un monumento? Ma mi faccia il piacere...

Articoli d'epoca - 1980-1989 703 Pasquale Esposito, «Il Mattino», 11 aprile 1987
Un monumento? Ma mi faccia il piacere... Dov’è finita la statua presentata al pubblico nello scorso luglio? Dopo le polemiche è stata depositata…


Trent'anni. Fra le persone e le figure che, televisivamente e pubblicitariamente parlando, «non dimenticheremo mai», restano quei modesti mostri sacri, artigianali, in bianco e nero, ma proprio per questo affascinanti, che ebbero in Carosello il loro contenitore di più domestica risonanza.

La Rai li ha quasi furtivamente, ma affettuosamente commemorati. Termine, ahimè, persino acconcio, in quanto per molti di loro (gli interpreti, non le maschere, come l'immortale Totò e Gino Cervi) sono morti. Invece mostri sacri come Ernesto Calindri e Ave Ninchi sono tuttora vivi e attivi.

Il confronto porterebbe al «come eravamo», e non sarebbe giusto, perché i «vecchi» vincerebbero, a mio parere, sul «nuovi mostri» della stessa pubblicità, sui medesimi teleschermi, al servizio della medesima onnicomprensiva mamma Rai, circondata o aggredita da figlie più o meno «illegittime», capaci di tutto pur di sorpassarla nella persuasione palese al servizio del profitto, del commercio, dell'industria.

E' un'epoca, quella di Carosello, che anticipa, con pochi mezzi e ottime idee, figure, macchiette e slogans proprio con una perfezione qualche volta superiore a ogni risultato del moderni robots e computers.

Basta pensare a quegli anni in cui Carosello, più di tanti sondaggi, ci rappresentava nelle piccole speranze, nelle piccole ambizioni, nei piccoli sogni di risparmio e di sconto, di consumo e di benessere. Il distintissimo Calindri delle bottiglie piene di carciofo; il Totò; il tenente Sheridan; il Cesare Polacco dalla pelata «che non ha mai usato la brillantina», e soprattutto, per i più piccoli, il delizioso Calimero ingenuo e fortunato che approdava sempre dal nero al bianco che più bianco non si poteva già allora, tutti avevano un pregio che non è più possibile che abbiano le nuove maschere degli spot a go go.

Tutto cambia, perché tutto continua perché tutto si perfeziona e si sviluppa. Il colore stesso ha ridotto lo spazio della fantasia negli spot super raffinati della pubblicità televisiva. Il commercio ha le sue ragioni che le più volte il compratore non conosce. Ma la presunzione dei nuovi persuasori è evidentemente senza limiti, proprio come le vie della provvidenza utilitaria, in quanto finisce per considerarci oggi più immaturi ed obbedienti dei clienti di quegli anni in bianco e nero.

Il bianco e nero lasciava alla fantasia più stimoli di quanto non he lasci la rarefazione attuale che ha dietro tecnici «freddi» sino al gelo, computer inflessibili sino, per fortuna, all'errore sociologico, senza umanità. Tanto che spesso si potrebbe parafrasare: «E sotto lo spot — quattrini a parte — niente». L'arcipelago di Carosello resta, a suo modo, un fatto di cultura povera, ma vera espressione di un'Italia in crescita e sempre deliziosamente datata; un modesto arcipelago di sogni immediati di consumo, ma con meno malizia informatica e tecnologica Oggi quasi dietro a ogni spot c'è il Grande Sociologo o addirittura il Sublime Semiologo, o il Boss Grafico dalla matita indiscutibile e onnipotente; per non parlare di coraggiosi e un po' sfiatati attori buoni, in maschera o per voce, per tutte le stagioni.

Due mondi due culture, anche se resta unico lo scopo: raccontare, come d'altronde avviene da che mondo è mondo, al cliente, ormai teledipendente, forse più ancora di ieri le bugie più commercialmente redditizie. Un istmo solo, secondo me, come figura ed espressione augurale di quegli anni lega il Sud di quegli anni al Nord del nuovo continente pubblicitario, sia in scatola che- in pizzeria, in boutique come al mercato ortofrutticolo, fra i polli o fra le arance: Ave Ninchi, salda boa simpatica e accattivante, che, senza mal malizie, ci sa prendere ancora per mano e per la gola

Nazareno Fabbretti, «La Stampa», 16 febbraio 1987


ROMA — (Adnkronos)

La compagna del principe Antonio De Curtis, in arte Totò, ha duramente stigmatizzato l’utilizzazione commerciale di un brano di un film del noto attore comico napoletano inserito in uno spot pubblicitario. In una lettera inviata a un quotidiano Franca Faldini sostiene tra l'altro di essere stata la compagna di Antonio De Curtis per 15 anni e di sapere «quanto l’uomo Antonio soffrisse per il fatto che il comico Totò veniva sfruttato come un sottoprodotto commerciale di largo consumo. Totò, dopo la sua morte, è stato finalmente riconosciuto grandissimo artista. Dispiace e immalinconisce, quindi, vederlo ridotto a protagonista di un filmino pubblicitario. Diverso sarebbe se egli fosse stato ancora in questo mondo e avesse potuto operare una sua precisa scelta in proposito».

«La Repubblica», 20 marzo 1987


1987 04 05 Corriere della Sera Risate all italiana TV f1ROMA — «Il riso è un vento diabolico che deforma il volto e rende gli uomini simili alle scimmie», dice il vecchio Jorge Da Burgos ne «Il nome della rosa»; ma Sean Connery controbatte: «Le scimmie non ridono, il riso è proprio dell'uomo».

Ma che cosa è il riso? Quali sono i meccanismi della comicità? Che cosa è e da dove viene la comicità italiana? A questi e ad altri interrogativi risponde «Ridere all'italiana», la trasmissione televisiva che, a partire da domani sera, andrà in onda per cinque settimane su Raitre alle 20.30.

«Ridere all'italiana» è un saggio sulla comicità fatto a spezzoni, antologia di scene memorabili e di brani inediti del nostro cinema di ieri e di oggi. Per realizzare questa trasmissione di un’ora e dieci circa a puntata, Orio Caldiron e Matilde Hochkofler hanno «saccheggiato» più di trecento film degli ultimi cinquant'anni inaugurando, cosi, un nuovo modo di fare critica e spettacolo. A presentare, o meglio a cucire, il materiale di repertorio che spesso si alterna ad interviste e testimonianze sulla comicità in generale e su quella nostrana in particolare, è stato chiamato Sergio Corbucci che assolve da esperto il compito affidatogli.

La trasmissione è divisa in cinque puntate che, a partire da quella di domani sera, sono: «Vieni avanti cretino», «Senti chi parla», «Basta guardarlo», «Attenti al buffóne» e «Votate per Venere».

In questi cinque appuntamenti si affolla tutto il gotha della comicità italiana da Totò a Peppino De Filippo, da Abatantuono a Jerry Calà, da Petrolini a Gigi Proietti, da Franca Valeri a Monica Vitti. I personaggi citati nella vasta antologia sono tanti (più di 50!) perché non si tratta solo di comici ma anche di attori (Leopoldo Trieste, ad esempio, o Mariangela Melato, o ancora Laura Antonelli) semplicemente coinvolti in situazioni comiche. Citarli tutti, ovviamente, è impossibile.

Così come sono numerosi gli interventi di carattere sociologico, psicanalitico o semplicemente aneddotico ad opera di personaggi come Cesare Frugoni, Carlo Dapporto, Alberto Abruzzese, Age e Scarpelli, Forattini, Dino Risi, per citare solo alcuni nomi in scaletta.

Questo viaggio-spettacolo, abbiamo detto, ha cinque «fermate». Domani sera in «Vieni avanti cretino» che si aprirà proprio con la già citata scena de «Il nome della rosa» Corbucci, De Crescenzo, Piero Bellanova, Age, Dino Risi, Nanni Loy, Carlo Verdone. Leo Gullotta, Enrico Vanzina ed Alberto Abruzzese parleranno della comicità cercando di analizzarne ogni aspetto con il supporto di alcune delle tante scene estrapolate da film dell’ultimo cinquantennio.

Nella altre settimane alla ribalta saliranno nell’ordine: il telefono come spunto di comicità, quindi il volto, il potere e, per concludere, le risate che si possono fare anche sull’amore, sul sesso, sul rapporto in genere fra uomo e donna.

Maso Biggero, «Corriere della Sera» 5 aprile 1987


ROMA — Nuova serie di Raitre in partenza domani alle 2030 per cinque puntate fino a maggio: titolo Ridere all'italiana, ovvero il come il quando e il perché della risata. Ideato e realizzato dal duo Orio Caldiron e Matilde Hochkofler, Ridere all'italiana è una cosa anomala: spezzoni di film italiani alternati ad interviste ai protagonisti, interventi di intellettuali montati con sequenze di scenette, il tutto legato e cucito insieme da Sergio Corbucci in veste di presentatore, provocatore, filo conduttore di questo viaggio all'interno e all'esterno della risata.

1987 04 05 La Stampa Vieni Avanti Toto f1

I comici che hanno fatto grande la commedia all'italiana ci sono tutti: il più citato comunque è Totò, primo a trasportare nel cinema tempi e giochi dell'avanspettacolo, insuperabile trait d'union tra il popolaresco e il raffinato, modello di attore che sa essere maschera senza perdere umanità. La trasmissione è anche un modo di ricordare Antonio De Curtis a ventanni dalla scomparsa: Totò morì il 15 aprile del 1967. Nel programma si passano in rassegna tutti i possibili motivi di riso: dalla scivolata sulla buccia di banana al gioco di parole, dalla sostituzione di persona ai doppi sensi erotici. La serie si apre con una citazione da II nome della rosa, ai riso — dice il vecchio Jorge da Burgos — è un vento diabolico che deforma il volto e rende gli uomini simili a scimmie». Ma Sean Connery risponde: «Le scimmie non ridono. Il riso è proprio dell'uomo». La prima puntata. Vieni avanti, cretino, è dedicata alla risata nell'avanspettacolo: sullo schermo spezzoni di film di Dapporto, Macario, De Sica, Anna Magnani, Petrolini; in studio a riderne e far ridere Rosalia Maggio e Marisa Laurito.

si. ro., «La Stampa», 5 aprile 1987


Per gli appassionati di cinema — che la tv in questi ultimi anni ha molto accresciuto — è stato realizzato il programma «Ridere all'Italiana»; debutto l'altro ieri su Raitre, obbiettivo la rivisitazione del nostro cinema comico dalla guerra ad oggi. Appassionante tema, e ricco materiale: ma — stando alla prima delle cinque puntate — l'impresa, pur rispettabile, sembra nascere sotto il segno delle occasioni in parte mancate. Va benissimo — oggi — un discorso sul cinema comico italiano, tanto più che in televisione ne abbiamo visto passare in quantità industriale. Però — oggi — qualsiasi rassegna, qualsiasi antologia non può che essere inquadrata in una precisa dimensione storica e critica.

Invece l'esordio di «Ridere all'Italiana» è andato in un'altra direzione. Il tema era comicità sullo schermo e avanspettacolo, cioè si tendeva a stabilire uno stretto legame — vivo e sanguigno, ma anche spesso poco qualificante e sbracato — tra il nostro cinema «da ridere» e l'antica tradizione del palcoscenico minore che ai prodotti della celluloide ha dato estri, humour grasso, dialoghi a soggetto, malizie, scollacciature, invenzioni facili, personaggi surreali ecc. Ottima la scelta di spezzoni dalla Magnani a Totò, dai De Filippo al duo Chiari-Campanini. Ma poi questi spezzoni, dove si evidenziavano i momenti più felici e anche quelli deteriori del genere, dovevano essere «pilotati» e commentati da critici, storici e studiosi del cinema che avrebbero preso le giuste distanze e avrebbero dato una valutazione seria e articolata — nei suoi grandi meriti e nei suoi difetti e nelle storture — di un fenomeno che non ha più bisogno di essere soltanto illustrato, ma esige un ragionamento e un'analisi di ampia prospettiva.

L'altro ieri quasi tutti gli interventi sono apparsi superflui, o chiose di persone che con il cinema comico italiano hanno scarsi nessi, o che volevano fare la battuta più o meno spiritosa, o che si abbandonavano a ricordi personali mitizzando il passato, o che, a suo tempo direttamente coinvolte, non avevano l'obbiettività necessaria per parlarne criticamente. Il pubblico, e in specie il pubblico di Raitre, esige un altro tipo di rivisitazione, che non sia celebrazione od omaggio. C'è da sperare che il programma — il quale, ripeto, offre una selezione filmata eccellente — corregga la mira e nelle prossime puntate (dedicate al linguaggio, ai personaggi, alla satira, alle donne) non resti in superficie e riesca a scavare un po' più a fondo.

«La Stampa», 8 aprile 1987


«Una moneta d’oro incastonata in un bracciale era il generoso regalo che preferiva fare Totò ed io, vedendolo al polso di qualche altra donna, scoprivo i suoi tradimenti». Queste le parole di Franca Faldini, compagna di Totò, nella seconda parte dello special di Maurizio Costanzo: «Totò 20 anni dopo», che apre la puntata di «Buona domenica», in onda alle 14 su Canale 5.

Ospiti, accanto alla Faldini, Elena Giusti, Silvana Pampanini, Dante Maggio, Ninetto Davoli e Vittorio Caprioli.

«Corriere della Sera», 19 aprile 1987


ROMA — Pomeriggi pasquali nel nome di Totò: sia Raffaella Carrà che Maurizio Costanzo hanno preparato per oggi servizi dedicati al grande comico scomparso venti anni fa. A Domenica in, su Raduno a partire dalle 14, interverrà la figlia Liliana, arrivata dal Sud Africa per raccontare i ricordi su suo padre, mentre di Buona domenica sarà ospite la compagna dell'attore Franca Faldini. [...]

A Buona domenica, in onda su Canale 5 dalle 14 alle 20,30 (oggi senza l'intermezzo del film), sono invitati per parlare di Totò, oltre alla Faldini, Elena Giusti, Silvana Pampanini, Dante Maggio, Ninetto Davoli e Vittorio Caprioli che interpreterà alcune poesie inedite dell'attore.

f.c., «La Stampa», 19 aprile 1987


Quali, nella settimana, i programmi più «pasquali», ossia improntati a quello spirito cristiano che il video, doverosamente, aveva il compito di evocare? Direi, certi programmi che sono rifluiti fra le righe, meno espliciti, nell'assunto, dei soliti Barabba (Raiuno, giovedì), Jesus Christ Superstar (sempre Raiuno, venerdì), oppure Storia ai una monaca (Canale 5, venerdì), buon prodotto confezionato dal regista Fred Zinnemann, con la diligente interpretazione di Audrey Hepburn e Peter Finch. Tutte trasmissioni, queste, che vengono puntualmente riciclate allorché la Tv deve mostrare di possedere, in magazzino, un cuore votivo. No, credo che lo spirito cristiano meglio si sia espresso in altro, più indiretto modo.

Un esempio: Maurizio Costanzo, a cui non si può certo negare una mente fertile di idee appropriate alle circostanze, ha curato per Canale 5 (martedì): Totò 20 anni dopo. Antonio De Curtis, infatti morì, a sessantanove anni, il 15 aprile 1961. Anche la Rai poteva ricordarsi di una coincidenza così opportuna; se n'è ricordato Costanzo, il quale ha firmato un toccante poemetto per immagini, in collaborazione con Franca Faldini, che è stata la compagna del grande comico negli ultimi quindici anni della sua vita.

Ci si chiederà: cosa c’era, di cristiano, in Totò? Si può rispondere: moltissimo, sia nella sua arte che nella sua esistenza. Anzitutto, e a lungo, il dolore per non essere compreso, apprezzato. Ricordo quando, nel '54, mi recai a casa dell'attore per proporgli un libro che raccogliesse i testi delle sue interpretazioni più significative, oltre che un primo tentativo di analisi critica della sua maniera di essere poeta (il progetto rifluì, in buona misura, nel mio I grandi Comici).

Con una sorprendente umiltà, Totò mi obiettò: «Ma non crede di compromettersi, occupandosi di me?» Il dolore, appunto, che spinge un uomo a sentirsi escluso nella stessa misura in cui egli sa benissimo di essere geniale. Cristiana, poi, l'arte di Totò; in questo senso, che lui precisava, alla maniera sua, nei nostri colloqui: Dio ha una sua eterna fanciullezza, guai a prenderla senza la giocosità dello spirito; Cristo è anche allegria; benché i Vangeli non sottolineino mai il suo sorriso. E, di sicuro, c'è più pietà per gli esseri in una mossa geniale di un mimo quale Totò che in una lunga litania, detta tanto per stare in pace con se stessi. [...]

Alberto Bevilacqua, «Corriere della Sera», 19 aprile 1987


1987 05 15 Corriere della Sera Isa Barzizza Toto f1«Se non ci tosse stato quel pesce democristiano!...» esclamava Totò e lasciava in sospeso la frase, maliziosamente. Il pesce «democristiano» era ospite di un acquario dietro il quale si era nascosto Totò per spiare Isa Barzizza in procinto di spogliarsi. Sul più bello però il pesce passava davanti allo sguardo bramoso di Totò che lo accusava di essere un «democristiano», come dire — allora — un censore, un bigotto. Il film era «Fifa e arena» del 1949 e Totò, incontrando poco dopo la Barzizza in un altro film, «I pompieri di Viggiù» del 1950, le diceva: «Lei non mi conosce, ma io si. Anzi, la conoscerei benissimo se non ci fosse stato quel pesce democristiano!...».

Ecco, Isa Barzizza era la partner ideale di Totò, luminoso oggetto del desiderio e insieme capace — e scusate se era poco! — di tenere testa ai formidabili tempi comici del Principe. Basterebbe la sua presenza, in guépière, nel mitico sketch del «Vagone letto» (nella rivista «C’era una volta il mondo» della stagione 1947-’48, poi filmato in «Totò a colori» del 1952), insieme a Totò e a Mario Castellani, per assicurare un posto nella storia dello spettacolo alla Barzizza, anche più che per la sua partecipazione alla «Dodicesima notte» di Shakespeare messa in scena nel 1954 da Renato Castellani.

Ora Isa Barzizza è tornata sulle scene ma, ahimè, accanto a lei non c’è più non dico Totò ma neppure Mario Castellani. Il suo partner adesso è soltanto Enzo Garinei (insieme a Anna Teresa Eugeni, Sofia Amendola, Antonella Rendina, Marcella Candeloro, Massimo Pizzirani) e non deve recitare le sublimi scioccherie che scrivevano Galdieri o Metz e Marchesi ma una vecchia e stolta commedia boulevardier di tale Peter Coke, attore e autore inglese, intitolata «Visone di primavera», messa in scena da Massimo Milazzo al Teatro Manzoni, dove si racconta di un gruppo di signore bene, guidate da un generale a riposo, che si dedicano al furto di pellicce pregiate, ma solo per beneficienza.

Alla prima la regia era sgangherata, la recitazione esagitata, le papere e gli incidenti tecnici abbondavano, in compenso non si rideva. L’autore, presente in sala, ha preferito ignorare l’invito di una delle attrici a presentarsi alla ribalta per i ringraziamenti. Ce ne dispiace sinceramente per la signora Barzizza, davvero meritava (e anche noi) una migliore rentrée.

Pietro Favari, «Corriere della Sera», 15 maggio 1987


Totò non si dimentica: la sua morte, avvenuta vent'anni fa, ne aveva accresciuto e consolidato la fama, favorendone come spesso accade un recupero intellettuale irrefrenabile. Anche riparatorio. Fino a quando il principe De Curtis fu in vita, i critici lo snobbarono, considerando i suoi film-parodia sempre e soltanto di serie B.

Ora, in questi disincantati Anni 80, ormai passato il tempo del recupero, si può forse cominciare a capire davvero che cosa fu Totò, senza prevenzioni nell'uno e nell'altro senso e senza retorica. Anche se, almeno un poco, perchè fa moda. In quest'epoca di «totoismo», il Charlie Chaplin di via Garibaldi propone tre week-end dedicati al grande comico napoletano.

Si comincia stasera, il 5, con Totò le Mokò (proiezioni alle 18,30 e alle 24); domani Uccellacci e uccellini; venerdì 12 Totò truffa; sabato 13 Miseria e nobiltà; venerdì 19 Signori si nasce. Il 20 giugno, infine, sarà proposta una maratona notturna cinematografica: dalle 24 si potranno vedere Totò al Giro d'Italia, Totò, Peppino e la malafemmina, Totò Diabolicus. La rassegna è organizzata per festeggiare la fine della scuola (lo slogan è «Con Totò anche i bocciati ridono e i promossi piangono... dal ridere») dal Centro di solidarietà Totò in collaborazione con la Lega studenti medi di Torino e l'associazione Amici del Charlie Chaplin. Patrocinio dell'assessorato per la gioventù del Comune.

«La Stampa», 5 giugno 1987


Dal 20 giugno al 5 agosto spettacoli, musica, tornei sportivi e mostre di pittura

NOVI LIGURE

Il ricordo della figura e dell'arte di Totò sarà il filo conduttore dell'estate novese: all'indimenticabile attore napoletano è infatti dedicata la seconda edizione di «1, 2, 3... chi non scappa c'è». La rassegna di spettacolo, divertimento e sport è organizzata dall'amministrazione comunale con la collaborazione di alcuni sponsor privati. La scelta è dettata dalla ricorrenza del ventesimo anniversario della morte del principe Antonio De Curtis, ma soprattutto dal ricordo del personaggio Totò, vivo, frizzante, fantasioso, proprio come l'aspetto che si vuole dare la citta nel periodo estivo (tra l'altro anche questa seconda edizione avrà, come simbolo il «pazzariello napoletano»).

Lo hanno detto gli assessori Cuccimi e Vernetti durante la cerimonia di presentazione della rassegna estiva. Ha spiegato Cuccuma: 'Dopo l'edizione sperimentale dell'86, abbiamo deciso di sviluppare la rassegna in senso qualitativo e quantitativo; per oltre quaranta giorni (la rassegna parte il 20 giugno e si chiude il 5 agosto). Novi proporrà ai novesi e ai turisti tutte le sere un'occasione di divertimento».

In omaggio a Totò e alla cultura napoletana, è previsto un concerto degli «Avion travel», un gruppo napoletano che suona il rock Ispirandosi alle musiche della tradizione napoletana. Alla chiusura della manifestazione estiva è in programma uno spettacolo di folclore dell' Associazione balletto Italia, del Teatro San Carlo di Napoli con musiche campane dal 1600 al 1930. [...]

Luca Ubaldeschi, «La Stampa», 7 giugno 1987


Negli ambienti del cinema le chiamavano le «totoate». Occorre spiegare il termine? Erano i film che Totò, incapace di rifiutare un invito, interpretava senza sosta teso soltanto a dare un poco (o tanto) di lievito agli smilzi copioni che doveva animare. l soliti ignoti, diretto da Monicelli nel 1958, non è una «totoata» per quanto il grande comico appaia solo per pochi minuti racchiude una gemma. Il principe Antonio de Curtis (era il suo vero nome) figura come Dante, un sorvegliato speciale, che su un terrazzo romano tiene una lezione di effrazione di casseforti; ammette all'audizione un gruppetto di ladruncoli, molto male in arnese quali puntano sul forziere di un monte di pietà.

Gli allievi - ripetiamo i nomi anche se il film è conosciutissimo - sono Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Renato Salvatori, Carlo Pisacane indimenticabile «Capannelle» e Tiberio Murgia («Ferribotte»). Della gang fa parte anche Memmo Carotenuto ma esce presto di scena. Il colpo non riesce; i «soliti ignoti» hanno sfondato la parete sbagliata. E si consolano con pasta e ceci, trovata nell'appartamento adiacente al montino di pegni. Tra le interpreti, Claudia Cardinale e la Gravina. Il soggetto del film, noto negli Stati Uniti come «Big Deal in Madonna Street», ha poi suggerito a Louis Malle la pellicola «Crackers» (scassinatori) con Sutherland e - cosi annotano i «botanici» dello spettacolo - un musical a Bob Fosse.

«Corriere della Sera», 14 agosto 1987


Il titolo del film, diretto da Mastrocinque nel 1955, è derivato da una frase che il grande Totò amava spesso ripetere, al punto di usarla anche come etichetta di un libro di memorie. I caporali, per lui, erano «coloro che muniti di una autorità immeritata e forti di una disciplina che impone ai sottoposti l'obbedienza senza discussione, esercitano tali loro meschini poteri con un atteggiamento da piccoli Ezzelino da Romano», contrapposti agli «uomini» che sanno agire senza abusare dei poteri loro connessi. Il film è un campionario di angherie che Totò deve subire e che descrive a uno psichiatra del manicomio in cui è stato ricoverato per aver reagito verso un capocomparse di Cinecittà, un vero mascalzone. Nel film recitano pure Paolo Stoppa, Fiorella Mari, Franca Faldini e Loris Gizzi.

«Corriere della Sera», 3 settembre 1987


Affidato nel 1953 al regista di fiducia Mario Mattoli, ecco Totò in una serie di sketch nel ruolo del clown Tottons, in un circo il cui padrone (Marc Lawrence) è un autentico tiranno. Tottons non si libera mai del trucco pesante; e questo è un segreto che verrà tosto svelato, una faccenda di tipo poliziesco. Intanto il protagonista conduce una vita grama, sfruttato al massimo. Il culmine della storia coincide con l'ingresso del clown nella gabbia dei leoni, quando deve improvvisarsi domatore. Franca Faldini e Mario Castellani fanno parte dell'équipe degli interpreti.

«Corriere della Sera», 12 settembre 1987


Il 15 aprile 1967 moriva a Roma il principe Antonio De Curtis, in arte Totò. «Domenica... In» in onda dalle 14 su Rai Uno, vuole dedicargli un ampio spazio, ospitando anche la figlia Liliana venuta dal Sudafrica. [...]

Ospiti di Costanzo anche Pani e Ottavia Piccolo

«Una moneta d’oro incastonata in un bracciale era il generoso regalo che preferiva fare Totò ed io, vedendolo al polso di qualche altra donna, scoprivo i suoi tradimenti». Queste le parole di Franca Faldini, compagna di Totò, nella seconda parte dello special di Maurizio Costanzo: «Totò 20 anni dopo», che apre la puntata di «Buona domenica», in onda alle 14 su Canale 5. Ospiti, accanto alla Faldini, Elena Giusti, Silvana Pampanini, Dante Maggio, Ninetto Davoli e Vittorio Caprioli.

«Corriere della Sera», 19 settembre 1987


«L'Unità», 31 ottobre 1987 Approfondimenti nell'articolo «Uso dell'immagine di Totò nella pubblicità»


1988

Antonio De Curtis, il principe del palcoscenico, è tornato a far sorridere gli italiani con una lunga serie televisiva di 30 puntate. Si tratta di una riedizione, riveduta e corretta, da «Il pianeta Totò» che nel 1981 fece registrare un grande successo di ascolto con punte di undici milioni di telespettatori. Oggi il programma si intitola ancora «Il pianeta Totò», ed è ideato e curato sempre dallo stesso autore, Giancarlo Governi, che sulla vita dell’attore napoletano ha anche scritto un libro. E a Totò il palinsesto di Rai Due ha riservato la cosiddetta «fascia Arbore» alle 22.30, dal lunedi al venerdì.

«'Indietro tutta’ — ha spiegato Giancarlo Governi alla presentazione del programma, la cui prima puntata è andata in onda ieri — ci ha aperto una strada, ha portato alla rete molti ascoltatori e cosi per il periodo maggio-giugno abbiamo pensato di rielaborare la vecchia trasmissione, perché siamo sicuri che il pubblico sia affezionato a Totò e lo 'riscoprirà' volentieri». Dunque, dopo la decisione di risuscitare il famoso quiz «Lascia o raddoppia» (che la prima rete trasmetterà a partire dal gennaio 1989) la Rai ha voluto rispolverare le vecchie bobine di Totò (96 film per 145 mila metri di pellicola) per realizzare 21 ore di trasmissione che indagheranno sulla vita privata e sulla carriera artistica dell’attore napoletano.

Oltre agli spezzoni dei film, «Il pianeta Totò» proporrà una lunga serie di testimonianze di registi (Bragaglia, Corbucci, Loy, Monicelli, Pasolini, Steno), di scrittori (Incrocci, Campanile, Zavattini) e di attori (Barzizza, Croccolo, Davoli, Eduardo De Filippo, Fabrizi, Franchi, Sordi, Taranto) che hanno lavorato con il principe Antonio De Curtis durante i suoi 50 anni di carriera. A commentare la vita privata di Totò ci sarà invece la figlia dell’attore, Liliana De Curtis.

Ma per quanto riguarda il reperimento delle vecchie pellicole, la Rai si è dovuta affidare nientemeno che a Berlusconi. «Questo perché — ha spiegato Governi — quattro o cinque anni fa ci siamo lasciati scappare l’acquisto di 50 film di Totò che in seguito sono stati comprati dalla Fininvest. Ora — ha aggiunto Governi — dobbiamo ringraziare Berlusconi per averci consentito di utilizzare quelle pellicole».

«Il pianeta Totò», comunque, non si limita a tracciare un itinerario unicamente cinematografico, ma si addentra nella carriera teatrale (dal varietà all’avanspettacolo alle grandi riviste) dell’attore napoletano. La prima puntata racconta le avventure di Antonio Clemente (cosi si chiamava Totò prima di essere riconosciuto dal marchese Giuseppe De Curtis) che nel vicoli del rione Sanità era soprannominato «o spione», perché era solito pedinare certi tipi strani che attiravano la sua attenzione. E da questi pedinamenti sembra che siano nate le Imitazioni di movimenti, tic e modi di dire tutti particolari. 

Purtroppo, dell’attività teatrale di Totò non esiste documentazione filmata: così Giancarlo Governi si è dovuto accontentare del repertorio teatrale riproposto nel film e nelle serie televisive. Il «programma-miscellanea» dedicato a un grande attore italiano ha un precedente: alla fine degli anni Settanta. Giancarlo Governi realizzò «Storia di un Italiano», utilizzando i film e i personaggi interpretati da Alberto Sordi. E con lo stesso sistema, l’anno scorso è stato realizzato «C’era una volta io», dedicato a Renato Rascel: «Ma questo programma — ha detto polemicamente Governi — non è stato ancora mandato in onda da Rai Uno». 

Dino Martirano, «Corriere della Sera», 3 maggio 1988


Tira aria di Gesù Bambino, e la strenna discografica più curiosa, inaspettata, chic, sarà in distribuzione dal 10 dicembre. Totò, il grande Totò misconosciuto in vita e troppo visto da morto nei film ripetuti fino all'ossessione in ogni più sgangherata tv privata, arriva in una veste marginale e quasi sconosciuta nella sua vita d'artista, quella di cantante e autore di canzoni. «Le canzoni di Totò» è un cofanetto che costa 40 mila lire; contiene: due 33 giri con alcune delle canzoni che egli compose e cantò; un «picture disc» con la poesia «'A Livella» recitata su un lato dalla sua voce (1967) e sull'altro da Nino Taranto (1961) con la musica di Raffaele Viviani: le caricature di Totò e l'illustrazione della morte con la falce sul vinile bianco sono, destino tragico, di Andrea Pazienza, che ci lavorò poco prima di morire; infine, un libro illustrato con la copertina disegnata appositamente da Federico Fellini, con fumetti di Crepax, Pratt, Staino, Manara e altri, locandine, fotografie, testi delle canzoni e interventi scritti di Fellini, Franca Faldini, Togliani, Murolo, Pasolini; c'è, infine, un articolo scritto per un giornale da Totò stesso, a testimoniare la sua passione per la canzone: l'artista racconta le sue peripezie come presidente di una commissione che selezionava per Radaelli le canzoni di Sanremo, e spiega perché alla fine ha deciso di abbandonare i lavori d'inquietante titolo, buono ancora oggi: «Non faccio l'uomo di paglia per Sanremo».

Ideatore e curatore di questa eccezionale operazione è Vincenzo Mollica, giornalista del Tg1, serio e soave, appassionato di musica e da sempre malato di Totò, che da otto anni cerca per l'Italia questo materiale prezioso, per lo più in mano ai collezionisti di 78 giri, difficilissimo da trovare. A questo primo cofanetto ne seguiranno altri: fra un portalettere di Salerno e una signora siciliana, la catena finalmente si è messa in moto e il materiale sta affiorando. Qui ci sono 19 canzoni, ma alla fine Mollica spera di mettere le mani su buona parte degli almeno 50 brani di cui Totò è stato autore e qualche volta interprete. Mollica nella sua introduzione riporta una frase significativa dell'artista: «Non c'è nessuna discrepanza tra la mia professione che adoro e il fatto che io componga canzoni e butti giù qualche verso pieno di malinconia. Sono napoletano e i napoletani sono bravissimi a passare dal riso al pianto». Universalmente conosciuto come padre della bellissima «Malafemmena» (che era dedicata alla prima moglie Diana Rogliani e non, come si è creduto a lungo, alla Pampanini), Totò è un autore e interprete eclettico, che mescola sentimento e parodia, lingua italiana e napoletana, gag e malinconie.

E' ancora il cinema ad aiutarci nella scoperta di Totò interprete: romantico nell'intensa «Core Analfabeta» (da «Siamo uomini o caporali»), la più bella dopo «Malafemmena», con una musica appena accennata dalla chitarra: scanzonato e yé yé in «Veleno» con i Rokes (da «Rita la figlia americana»), irresistibile in «Miss» (da «Totò a Parigi»), in «Geppina Geppì» interpretata con Anna Magnani nel film «Risate di gioia», in «La Cammesella» con Fiorella Mari, da «Siamo uomini o caporali».

Purtroppo "Malafemmena" nella versione di Totò non si è trovata, c'è qui l'interpretazione magistrale di Murolo e un'altra a gola spiegata di Giacomo Rondinella, che è anche la prima incisa, nel 1951. Spiega Mollica di aver saputo da Ben Gazzara che Anna Magnani la cantava benissimo, ma probabilmente si trattava di momenti privati, e l'attrice non incise mai il brano. Un fruscio romantico e discreto del 78 giri accompagna molte incisioni. Achille Togliani, Nino Taranto, Claudio Villa, Tullio Pane, N. Maldacea ci fanno scoprire con le loro voci un Totò autore sempre molto romantico e classico, attento a seguire gli stilemi della canzone napoletana. Molte le curiosità: «Con te», che è cantata da Togliani, fu in gara al festival di Sanremo, nel '54, e fu incisa anche da Gianni Ravera non ancora patron della trasmissione tv «Studio Uno», è stata poi ricavata la registrazione di "Baciami", cantata da una grande Mina mentre Totò vicino a lei commenta comicamente le parole.

Autore di canzoni bellissime, Totò non conosceva la musica. Ricorda Achille Togliani: «Andavo in casa De Curtis insieme con i maestri Falconiate e Trovaioli, i quali avevano il compito di trascrivere i motivi che Totò fischiettava o cantava». Aggiunge Murolo: «Qualche voce cattivella sostiene che il Principe venisse aiutato nella composizione della musica, io lo escludo completamente, perché la struttura delle sue canzoni era molto personale». 

Marinella Venegoni, «La Stampa», 4 dicembre 1988


1988 12 05 L Unita Canzoni intro

«L'Unità», 4 dicembre 1988


Il popolare giornalista musicale del Tg 1 ha dato vita, dopo anni di studi e di ricerche, a una operazione discografica di straordinario interesse tesa a mettere in luce l’attività di Totò autore di canzoni. «Totò — racconta Mollica — scriveva soprattutto di notte, dopo i suoi impegni di scena, e spesso, componendo, tirava l'alba. Nella sua vita ha scritto 36 canzoni che aveva affidato soprattutto a due cantanti: Giacomo Rondinella e Sergio Bruni. Ma in realtà le troviamo eseguite da molti altri interpreti come Achille Togliani, Nino Taranto, Roberto Murolo, Claudio Villa, Nilla Pizzi. Meno facile, invece, reperire le versioni cantate da Totò stesso. I suoi spettacoli in teatro raramente sono stati registrati, le case discografiche hanno distrutto quasi tutti gli originali. Ci sono venuti in soccorso i collezionisti. Ma anche lì c’era un problema. Per estrarre un buon suono da un 78 giri si può usare uno speciale acido che aiuta a tirar fuori un magnifico segnale. Poi però il disco diventa inservibile dopo una sorta di canto del cigno. Così ci siamo limitati a dei normali riversamenti».

Nell’album troviamo «Con te» (cantata da Achille Togliani), «L’ammore avesse a essere» (Tullio Pane), «Baciami». Quest'ultimo è uno straordinario duetto fra Mina e Totò. Il principe Antonio De Curtis adorava Mina e per lei scrisse questa canzone nella quale riservava a sé il ruolo di «spalla» con pochi contrappunti verbali, nei quali recitava la parte dell’uomo timido e innamorato, mentre la cantante sosteneva il ruolo principale. La registrazione proviene da una celebre puntata di «Studio uno».

C’è quindi «Malafemmina» cantata da Murolo. Come ispiratrice di questo classico di Totò venne per anni indicata Silvana Pampanini che avrebbe suscitato le ire del comico rintuzzando i suoi approcci sentimentali con la frase «anch’io ti voglio bene: come se fossi un padre». In realtà si è scoperto — grazie a una testimonianza di Franca Faldini, compagna di Totò per 15 anni — che «Malafemmina», era stata dedicata alla moglie di Totò, la bella Diana Rogliani, che visse con lui dal ’31 al ’51. Dopo una rottura con la stessa (e in lite pure con la figlia Liliana), Totò compose, oltre a «Malafemmina» altre canzoni di ispirazione sostanzialmente «misogina» come «Nun si na femmena», «Nemica», «Casa mia» e «Sulo»

Troviamo poi Totò cantante in «Core analfabeta» (dal film «Siamo uomini o caporali»), «Miss, mia cara miss» (dal film «Totò a Parigi»), «Geppina Gepi» (in un incredibile duetto con Anna Magnani dal film «Risate di gioia»). Poi c’è un Totò assolutamente imprevedibile, versione «ye ye», impegnato a cantare col complesso dei Rokes «Veleno» (dal film «Rita la figlia americana»). Nei due dischi ci sono, fra le altre, «Mariarosa» cantata da Claudio Villa, «Le lavandu» (Togliani), «Filome'» (Nino Taranto).

Il cofanetto contiene inoltre un «picture disc» con un disegno di Andrea Pazienza che presenta da un lato la versione classica della celebre poesia A livella recitata dallo stesso Totò e nell’altro la poesia incisa nel 1961 da Nino Taranto con l’accompagnamento musicale di Raffaele Viviani. Fondamentale coronamento dell’operazione è comunque il fascicolo a colori allegato che raccoglie testimonianze, disegni, documenti, reperti rari, fotografie e i testi delle canzoni.

C’è uno scritto di Federico Fellini e una serie di disegni realizzati dal regista stesso apposta per l’opera. Poi un’intervista con Totò dal titolo «Non faccio l’uomo di paglia per Sanremo» quando, presidente della commissione selezionatrice del Festival (1960), abbandonò sdegnosamente i lavori dopo gravi dissensi con altri membri dell’assise. Quindi altri disegni di Staino, Paziena, Guido Crepax, Milo Manara, Garretto, Hugo Pratt, Aurelio Galleppini, testimonianze di Togliani, Murolo e Vittorio Paliotti, Franca Faldini e uno scritto di Pier Paolo Pasolini su Totò comico.

E ancora locandine, etichette discografiche fra cui una, della «Voce del padrone», è particolarmente curiosa: Con te! slow (A. De Curtis), canzone presentata al IV festival di Sanremo 1954. Canta Gianni Ravera col complesso Armonia. 

Mario Luzzato Fegis, «Corriere della Sera», 11 dicembre 1988


1989

GENOVA

Una nipote di Totò, Diana Buffardi de Curtis, 34 anni, é stata condannata ieri dai tribunale di Genova a due anni di reclusione per calunnia nei confronti della nonna in seguito ad una vicenda legala alla girata di un assegno di 50 milioni di lire risultato scoperto. In concorso con la de Curtis è stato condannato Giorgio Santineri, 37 anni, di Genova. Ad entrambi, che non erano presenti in aula, i giudici hanno concesso i benefici di legge. Santineri nell'agosto del 1984 aveva consegnato l'assegno a Diana de Curtis che, dopo averlo avallato con la sua firma, lo aveva consegnato alla nonna Diana Rogliani che si era presentata in banca per l'incasso. La coppia aveva poi querelato l'anziana donna incolpandola, «sapendola innocente» dice l'accusa, di aver falsificato la flrmia per la relativa girata di Diana de Curtis.

«La Stampa», 26 gennaio 1989


Una fondazione per il «principe attore». Liliana De Curtis, figlia del grande comico, vorrebbe istituire anche un premio e borse di studio. E’ delusa dell’incontro con Lezzi.

«A una Fondazione intitolata a mio padre, Totò, ci pensavo da tanto tempo. Si potrebbero raccogliere i documenti più significativi della sua carriera e organizzare premi e borse di studio riservate a studenti universitari. So che le difficoltà da superare sono moltissime, ma resto ottimista. Se i napoletani fossero davvero interessati a quest’idea, la Fondazione potrebbe nascere entro un anno». Liliana De Curtis, figlia del grande Totò e della moglie Diana, è venuta a Napoli giovedì scorso per lanciare la sua idea. E per sondare il terreno: voleva capire fino a che punto gli amministratori comunali erano disposti ad appoggiarla.

Liliana se n’è tornata a Roma, ieri mattina, abbastanza perplessa. Il sindaco Lezzi (che da ieri è a Parigi, per cui non è stato possibile rintracciarlo) ha definito valida e interessante la proposta della De Curtis, ma ha lasciato capire che non c'è da fare molto affidamento sul sostegno del Comune. Motivo: in cassa non ci sono abbastanza soldi, quindi sarebbe meglio trovare uno o più sponsor.

1989 02 18 Ultimissime Liliana Fondazione Toto f1Federico Clemente

Non sarebbe difficile trovarne, ma in questo modo l’iniziativa perderebbe molto del suo significato.

Allo statuto della Fondazione - museo Liliana De Curtis ha appena cominciato a lavorare. È certo comunque che sarà bandito ogni anno un premio articolato in quattro sezioni: letteraria, musicale, cinematografica e teatrale.

Poi c’è l’idea delle borse di studio per gli studenti che vogliono preparare tesi di laurea su Antonio De Curtis. Infine la Fondazione potrebbe raccogliere e mettere a disposizione degli studiosi materiale inedito di Totò. Prosegue Liliana De Curtis: «Posseggo per esempio numerose poesie inedite scritte e corrette da mio padre. Molti collezionisti sono disponibili a fornire dischi d’epoca e altri documenti. Insomma, il materiale interessante non mancherebbe».

Il primo problema da risolvere è quello della sede. Nell’incontro di giovedì, Lezzi ha commentato: «Non abbiamo dato vita a una Fondazione neppure per Benedetto Croce e per Eduardo; non è facile quindi trovare una sede per la Fondazione in onore di Totò». Un’affermazione che ha sconcertato i presenti.

Qualche idea (o meglio, qualche desiderio) per la sede, Liliana ce l’avrebbe: Villa Patrizi, sede della associazione «Proscenio» di cui è presidente Maria Pia Incutti, o una delle Ville Vesuviane (presidente dell’ente che le gestisce è proprio il sindaco Lezzi). Quanto a Villa Patrizi, spiegano al

«Proscenio» che lo spazio di cui dispongono non è sufficiente per ospitare la Fondazione Totò (si tratta di 270 metri quadrati). Tuttavia possono contattare i proprietari della Villa e a verificare se sono disponibili ad avviare rapporti con Liliana De Curtis.

Non è neppure escluso che il Comune trovi una sede per la Fondazione. Spiega Rosario Rusciano, assessore ai lavori pubblici: «Il Comune non conosce neppure con precisione il proprio patrimonio, quindi per il momento non sappiamo quali edifici potremmo destinare a sede della Fondazione. Sto preparando però un ordine del giorno per dare la precedenza, nel redigere l’inventario degli immobili comunali, alle possibili sedi di Fondazioni e associazioni culturali. Ma escludo fin da ora che il museo di Totò possa essere ospitato in Palazzo Roccella. L’edificio deve accogliere, in base a un vincolo dell’esproprio, manifestazioni di arte contemporanea».

Il ministro dello spettacolo Franco Carrara vede di buon occhio l’iniziativa di Liliana De Curtis. Nei giorni scorsi ha telefonato a Lezzi, socialista come lui, per comunicargli la sua disponibilità a contribuire alle spese. Perché nasca la Fondazione, dunque, manca solo la buona volontà dell’amministrazione comunale.

Conclude Liliana De Curtis: «Sarebbe giusto che il museo e la Fondazione sorgessero a Napoli. Mio padre amava moltissimo la sua città, e la città continua ad amarlo». Ma nonostante questo grande amore che Napoli dice di provare per Totò, la statua di bronzo realizzata anni fa grazie a una sottoscrizione popolare non è stata ancora sistemata in Villa Comunale, e resta chiusa a chiavejn un deposito del Maschio Angioino.

Titti Beneduce, «Il Mattino», 18 febbraio 1989


NAPOLI

Il progetto di una Fondazione culturale intitolata a Totò lanciato nei giorni scorsi da Liliana de Curtis, figlia dell'attore napoletano, non è attuabile, almeno in tempi brevi. E' quanto è emerso, in sostanza, dall'incontro che Liliana de Curtis ha avuto con il sindaco di Napoli, Pietro Lezzi. All'idea di raccogliere in un apposito centro i documenti della lunga carriera di Totò e istituire borse di studio universitarie sull'opera del grande comico, Lezzi ha replicato che il Comune non dispone dei fondi sufficienti e neanche di una possibile sede per la Fondazione.

Lezzi — secondo quanto si è appreso — ha fatto presente a Liliana de Curtis (che risiede a Roma) che neanche per Eduardo De Filippo è stato possibile dar vita ad Istituzioni che ne ricordino l'opera. La figlia di Totò, comunque, non rinuncia al progetto e sta già lavorando all'elaborazione dello statuto della Fondazione e ad un premio articolato in quattro sezioni (letteraria, musicale, cinematografica e teatrale).

Un aiuto alla realizzazione del progetto che, per intuibili motivi, dovrebbe realizzarsi necessariamente a Napoli, potrebbe venire dal ministro dello Spettacolo Franco Carraro, che avrebbe espresso alla figlia di Totò l'intenzione di sostenere l'iniziativa.

Tra gli amministratori di Napoli si dice decisamente a favore l’assessore al Lavori Pubblici, il liberale Rosario Rusciano. «Nonostante le ristrettezze di bilancio — ha detto Rusciano — mi pare che per Totò uno sforzo il Comune debba farlo».

«Alla Fondazione, se otterrà il riconoscimento previsto come ente morale — ha aggiunto l'assessore — si può trovare una sede provvisoria in uno dei tanti locali del patrimonio comunale, che un consorzio privato sta provvedendo a censire. Personalmente mi piacerebbe che forse ubicata netta Galleria Principe di Napoli, un angolo storico (è vicino all'appena restaurato Teatro Bellini) che abbiamo in progettoo di recuperare».

«L'Unità», 20 febbraio 1989


1989 03 11 Il Messaggero Otello sono io intro

«Il Messaggero», 11 marzo 1989


ROMA

Tra i quasi duemila candidali alle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Roma c'è anche Liliana De Curtis, figlia del principe Antonio De Curtis Gagliardi Focas Comneno di Bisanzio in arte il notissimo Totò. Liliana Da Curtis è in lista per il psi. E' convinta che il padre avrebbe approvato la sua scelta politica; «Mio padre — dice — è stato uno che ha lavorato tutta la vita e ha sempre diviso con tutti quello che aveva. Era una persona onesta, perbene, che soffriva dalle sofferenze degli altri e ha sempre fatto il possibile per alleviarle lavorando senza approfittare della sua posizione».

La figlia di Totò è appena tornata dal Sud Africa dove ho vissuto per ventanni. Confessa di aver avuto delle perplessità quando le hanno chiesto di gattarsi nella mischia; «Mancavo dal mio Paese e dalla mia città da mollo tempo e in tutti questi anni non ho potutto seguire la vita italiana come se fossi stata qui. Mi è sembrato peró giusto accettare la fiducia di chi pensa che io possa essere utile».

1989 10 14 L Unita Candidatura politica Liliana intro2

Il suo nome passa un po’ inosservato nello stuolo del candidali (quasi duemila) alla prossime elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Roma. Eppure il nome De Curtis è di famiglia nelle case di tutti gli italiani. Lei è figlia di un «principe», il principe Antonio De Curtis Gagliardi Focas Comneno di Bisanzio, in arte Totò.

Liliana De Curtis è appena tornata in Italia, dopo più di vent'anni vissuti in Sud Africa, e subito le hanno chiesto di «gettarsi nella mischia» candidandosi nlle elezioni amministrative: «Quando mi è stata fatta la proposta afferma Liliana De Curtis ero un po’ perplessa. Mancavo dal mio Paese e dalla mia città da due decenni e in tutto questo tempo, certo, non ho potuto seguire la vita italiana come se fossi stata
qui. Mi è sembrato, però, giusto accettare la fiducia di chi pensa che io possa essere utile».

Quando ha deciso di ritornare in Italia?

«Quando la nostalgia rischiava di travolgermi. L'Italia è sempre stata nel mio cuore, anche se sono stata occupatissima a lavorare, ma, ad un certo punto, ho deciso che non potevo più stare lontano. Troppe cose, troppi ricordi mi legano a Roma».

Come le è sembrata Roma a vent’anni di distanza?

«Onestamente devo dire che rispetto o quello che ho sempre sentito raccontare, Roma mi è sembrata migliore. Certo, abituata a vivere in una città moderna, con strade a sei corsie, dove non c'è un ingorgo, inizialmente, per me, è stato un piccolo trauma. Mi sono subito chiesta quanta gente abitasse a Roma, mi sembrava una folla enorme; lo, sa, sono andata via dall'Italia nel '68 e Roma allora era molto diversa...»

Se lei fosse amministratore di questa città, quali sarebbero i primi provvedimenti che adotterebbe?

«Non ho nessun dubbio. Farei di tutto per tenerla più pulita, e questa è una cosa che sicuramente desiderano tutti i romani ma credo che, da questo punto di vista, non sia stato fatto molto, finora. Il secondo problema che affronterei è il traffico. Non capisco come mai Roma è sempre un ingorgo continuo e perché la stessa cosa non accada, invece, in altri capitali. Mi chiedo sempre come facciano a sopravvivere i poveri autisti dei mezzi pubblici ogni giorno nel traffico romano: fanno veri e propri miracoli. Poi prenderò provvedimenti por difendere maggiormente i nostri beni culturali. Ogni muro a Roma è un “monumento", eppure è difficile trovarne uno pulito, senza manifesti o imbrattature. A volte mi sembra che i romani amino poco la loro città. Infine vorrei che l’amministrazione operasse in concreto per ovviare al disperato bisogno di case che c’è a Roma. Possibile non si possa fare proprio nulla?».

Come mai ha scelto il partito socialista?

«Devo dire onestamente che il psi ò molto vicino alle mie idee. Mio padre è stato uno che ha lavorato tutta la vita e ha sempre diviso con tutti quello che aveva».

Totò avrebbe approvato la sua scelta?

«lo penso di si. Era una persona onesta, per bene, che soffriva delle sofferenze degli altri e ha sempre cercato di fare il possibile per alleviarle lavorando senza approfittare della sua posizione».

Cosa dicono i suoi familiari di questa scelta?

«Mi sono molto vicini, poverini, soprattutto quando sono attaccata dall'ansia, io cosi poco abituata ad essere in primo piano».

Secondo lei gli elettori la porteranno in Campidoglio?

«Qualche voto me lo daranno, anche se molti non sanno nemmeno che mi presento: per qualcuno, addirittura, il mio nome è sconosciuto. Il mio scopo, comunque, non è questo, e ovviamente non credo di poterlo pretendere».

Dario Celli, «L'Unità», 14 ottobre 1989


La figlia di Totò si è inserita nelle liste elettorali del partito socialista italiano spiegando di aver seguito le scelte del padre suo e dichiarando testualmente: “Totò ha sempre vissuto da vero socialista!” Il che non è affatto vero e ne possono essere testimoni tutti gli amici e conoscenti del grande comico napoletano.

Io, intanto, voglio precisare che Totò teneva assai, anzi fin troppo, ai titoli di principe e di patrizio, comportandosi sempre e ovunque da genuino nobiluomo, nei modi e nel dire, fatta eccezione ovviamente per il palcoscenico e il set cinematografico, dove si faceva in quattro per far ridere il prossimo... magari sgangheratamente. Ultima nota. Totò, un giorno, mi confidò di aver inoltrata in adolescenza, domanda d’ammissione alla Regia Accademia navale di Livorno ma, con immenso suo dolore, di essere stato scartato.

Quello era il mio ambiente!

«Il Popolo», 3 dicembre 1989


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1985

«L'Unità», 24 gennaio 1985

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Giuseppe Grieco, «Gente», anno XXXII, n.42, 20 ottobre 1988


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