Totò e... Age

Age

La parodia era la sua forza


Breve biografia

Nome d'arte di Agenore Incrocci, sceneggiatore, nato a Brescia il 4 luglio 1919. Insieme a Furio Scarpelli, con il quale ha costituito uno dei più importanti sodalizi artistici, durato circa quarant'anni (1949-1985), è stato un protagonista della storia del cinema italiano scrivendo un centinaio di sceneggiature per registi quali Carlo Ludovico Bragaglia, Mario Mattoli, Mario Monicelli, Luigi Comencini, Dino Risi, Antonio Pietrangeli, Alberto Lattuada, Elio Petri, Pietro Germi, Sergio Leone ed Ettore Scola. Formatisi nel periodo in cui la scrittura di una sceneggiatura veniva fatta 'a blocchi' (ovvero per singole parti o porzioni di sceneggiatura assegnate), A. e Scarpelli durante la loro carriera continuarono ad adottare questa consuetudine suddividendosi i brani dei singoli film per poi confrontarli e giungere a una scrittura lineare e omogenea, linguisticamente ricca di sfumature e contrasti, per sceneggiature via via più mature e complesse. Con il loro lavoro hanno contribuito all'evoluzione e all'affermazione della commedia all'italiana, che ha raggiunto il massimo fulgore negli anni Sessanta.

Age Scarpelli

Agenore Incrocci e Furio Scarpelli

Oltre alle due nominations all'Oscar nel 1965 per I compagni (1963) e nel 1966 per Casanova '70 (1965), entrambi di Monicelli, e a molti Nastri d'argento, i due sceneggiatori nel 1980 hanno vinto con La terrazza di Ettore Scola il premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Cannes. Figlio di attori teatrali, A. trascorse l'infanzia al seguito delle compagnie itineranti. Iscrittosi alla facoltà di Giurisprudenza, abbandonò gli studi per collaborare a trasmissioni radiofoniche e nelle redazioni di giornali umoristici e satirici come "Marc'Aurelio", "L'Orlando" e "Don Basilio". La sua prima sceneggiatura la scrisse insieme a Steno, per un film di Mattoli, I due orfanelli (1947), interpretato da Totò e da Carlo Campanini, mentre la collaborazione con Scarpelli, già suo collega al "Marc'Aurelio", iniziò due anni dopo con il film Totò cerca casa (1949) diretto da Steno e Monicelli. Abituati a raccontare e a disegnare vignette satiriche, A. e Scarpelli inizialmente trasferirono nella scrittura per il cinema una narrazione comica e frammentaria, un modo di raccontare vivace e spezzettato in sketch e gag, che si rivelò poi affine alla recitazione di Totò, proveniente a sua volta dal varietà e dall'avanspettacolo e interprete di molti dei film da loro scritti: a partire dal 1950, Totò sceicco di Mattoli, Totò cerca moglie, Le sei mogli di Barbablù, 47 morto che parla di C.L. Bragaglia e Tototarzan di Mattoli; nel 1951 Totò terzo uomo di Mattoli; nel 1952 Totò a colori di Steno e Totò e le donne di Steno e Monicelli; nel 1955 Totò e Carolina di Monicelli; nel 1956 La banda degli onesti di Camillo Mastrocinque; sino al 1962, con l'ultimo soggetto scritto per l'attore, Totò e Peppino divisi a Berlino di Giorgio Bianchi. Pur non di-sdegnando rapidi e fugaci passaggi in altri generi cinematografici ‒ i film di cappa e spada (A fil di spada ‒ Don Ruy e Il segreto delle tre punte ‒ I cospiratori della Conca d'oro, del 1952, di Bragaglia), il film musicale (Casa Ricordi e Casta diva, entrambi del 1954, per la regia di Carmine Gallone) o persino il western all'italiana Il buono, il brutto, il cattivo (1966) di Leone ‒, i due sceneggiatori erano andati elaborando una scrittura sempre più composita e articolata che avrebbe sostanziato la serie di commedie in cui si specializzarono e nella quale offrirono i loro risultati migliori, primo fra tutti I soliti ignoti diretto nel 1958 da Monicelli.


Così la stampa dell'epoca

1977 07 16 L Unita Age Scarpelli intro

Ammettiamo che con l film, gìra e rigira, ci si muove sempre nel gran campo del già veduto: ma forse per la prima volta in questo ciclo è il punto di vista che tenta d'essere diverso, richiamando l’attenzione non sul regista o sul protagonista. ma su uno o più collaboratori senza volto, che molto spesso sono quelli che in fase preparatoria danno voce, fisionomia, umore e sfondi all’azione. fino al punto di diventare direttamente corresponsabili e. pertanto, co autori. Sono i soggettisti e gli sceneggiatori del cinema. Vanno dalla semplice manovalanza al talento inimitabile (Zavattini per tutti). Dall’esperienza, traggono uno stile che a lungo andare l'appassionato di cinema comincia a distinguere, affiancato o incorporato in quello del regista. Per non dire dei molti casi in cui lo sceneggiatore fa tesoro della sua pratica, diventando regista a sua volta.

La Rete 1 della nostra TV sta compiendo alcuni esercizi pratici su quanto andiamo dicendo, in un ciclo di otto film appena iniziato, lunedi scorso, a cura di Claudio Giorgio Fava e di Paolo Valmarana. Ha scelto per la sua trattazione una coppia prolifica e fortunata, Age e Scarpelli, sulla breccia dell'immedlato dopoguerra e creatrice di alcune sceneggiature che toccano primati d’incasso. Age si chiama, in realtà, Agenore Incrocci, ed è nato a Brescia; Scarpelli si chiama Furio ed ha conservato il vero nome. E' nato a Roma. Il fatto d’essere coetanei, tutti e due del ’19. comincia subito a rendere le loro vite parallele: la guerra, la prigionia. il tirocinio alla radio, nelle riviste umoristiche e nel giornalismo. In questa veste iniziano a lavorare per il cinema, e il numero del copioni da loro firmati (o nemmeno firmati) è oggi pressoché Incalcolabile. Sulla loro attività, comunque, Age e Scarpelli raccontano qualcosa in due interviste già registrate che figurano nel ciclo stesso.

Dapprima, i due vennero messi al servizio degli attori più popolari del momento, per fornire presto e bene i testi necessari. Eravamo nel 1947, e il cinema stava lanciando su larga scala Totò, che girava un film dopo l’altro. Non gli serviva neppure un soggetto vero e proprio, e quasi non gli serviva un regista. Aveva bisogno di una valanga di battute, trovate. scenette, giochi di parole che lui poi s’incaricava di concatenare In un unico ameno spettacolo. L’incarico era congeniale ai due giovani sceneggiatori, grazie ai loro trascorsi nei settimanali umoristici e tra le quinte del varietà. Abbiamo avuto un saggio di tale collaborazione in Totò e le donne (1952) di Steno e Monicelli. Allegria sbrigativa, naturalmente, ma quando il loro prestigio fu consolidato sullo schermo. Age e Scarpelli scrissero per Totò almeno una sceneggiatura ben diversa, cosi spregiudicata da passare i suoi guai con la censura e da essere falla sparire dalla circolazione a tult’oggi in pieno clima di revival e di recuperi più o meno fanatici. Era Totò e Carolina (1955) di Monicelli. sull’eccessiva indulgenza di un agente della celere per una ragazza di vita. E’ chiaro che questo film non si vedrà nemmeno in occasione del presente ciclo.

Il programma, del resto, non è garantito in ogni sua parte. Diamo qui. di seguito. I titoli che i curatori ci dicono quasi sicuri. Vi è un piacevole Cinema d'altri tempi (1953) di Steno, con Lea Padovani che fa il verso a Francesca Bertini e Lyda Borelli insieme, ma la corda della parodia non è forse quella che Age e Scarpelli sentono di più. Il terzo lunedi prevede Nata di marzo (1958) di Antonio Pietrangeli. una schermaglia di amori giovani che ebbe il suo quarto dora di fortuna. Ma nello stesso anno giunge per la coppia il successo incontrastalo: siamo ai Soliti ignoti di Mario Monicelli, questa grande ballata di poveri ladri, di vernacoli a contrasto, di gerghi carcerari e di scassi che si concludono in pasta asciutta. Nasce qui la cosiddetta commedia all'italiana: prima c'era solo la commedia alla romana. La commedia all'italiana, invece, si dilata in un lavoro di autentica ricerca linguistica, e diviene sulla pagina qualche cosa di attentamente elaborato e concertato, prima di farsi una forma espressiva sulle labbra degli attori. Si comincia a notarlo in un film che non rientra In questo ciclo ma già ripetutamente sfruttato sul video. La Grande Guerra (1959) di Monicelli. in cui protagonista è in primo luogo quel gruppo di dialetti e sottodialetti che forma l'Italia.

Intanto, ha avuto termine il periodo di stretta collaborazione con Totò, e si è aperto quello non meno fruttuoso con Vittorio Gassman. Tutta la seconda parte del ciclo si sofferma sul nome dell’irrequieto mattatore, proponendogli occasioni di diverso livello e qualità. Appuntiamo comunque i titoli dati «quasi» per sicuri: Il mattatore (1960) di Dino Risi. I mostri (1963, Age e Scarpelli hanno scritto solo il soggetto) e Il tigre (1967) sempre di Risi, Brancaleone alle crociate (1970) di Monicelli.

Con i suoi vivaci Interessi di cultura e di rinnovamento e con la sua raffinata attenzione per una nuova via critica e mistilingue da sperimentare nel teatro e nel cinema. Gassman ha inteso il valore dell’opera che Age e Scarpelli faticosamante portavano avanti, e più volte la ha sviluppata anche sulla scena. La complessa galleria di personaggi che vediamo nel Mattatore, portato appunto dal teatro allo schermo, ne reca qualche segno. E cosi, pure frammentato e spezzettato in cento capitoletti tragicomici. In una gara davvero mostruosa di trasformismo dove Tognazzi dà la mano a Gassman con pari bravura e disinvoltura, abbiamo I mostri, nel quale un'Italia becera o salottiera si esprime tutta con la terminologia dei fumetti o dei teleromanzi. Infine, la serie televisiva annovera Tra le maggiori fatiche di Age e Scarpelli quel Brancaleone alle crociate, fratello minore del celebre l'armata Brancaleone, nel quale le gesta pseudo storiche di un gruppo di cavalieri scalcinati si snoda nella parlata «volgare» (in tutti i sensi volgare) del primo millennio, con un maccheronico goliardismo e possanza gassmanaiana. Degli otto film In programma, almeno in questo risalta chiarissimo anche allo spettatore meno attento che la sceneggiatura prevale su ogni altro elemento di realizzazione.

Dal che una possibilità: organizzare di tanto in tanto altri cicli di film italiani, ristudiandoli attraverso i loro sceneggiatori. I nomi non mancano. e non mancherebbero nemmeno le sorprese. Ci piacerebbe che la iniziativa, nata forse per l naufraghi del luglio e l'agosto, si rinnovasse opportunamente anche nella stagione televisiva più piena.

Tino Ranieri, «L'Unità», 16 luglio 1977



Negli anni Cinquanta e Sessanta, seppero infatti ritrarre gli usi e i costumi dell'italiano medio, egoista, votato al trasformismo e all'opportunismo, creando una serie di personaggi interpretati da Alberto Sordi in Tutti a casa (1960) di Comencini e in Mafioso (1962) di Lattuada, da Vittorio Gassman in Il mattatore (1960) e Il tigre (1967) di Dino Risi, da Marcello Mastroianni in Il bigamo (1955) di Luciano Emmer e in Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca), diretto da Scola nel 1970, da Ugo Tognazzi in La marcia su Roma (1962) e In nome del popolo italiano (1971), entrambi di Risi, e da Nino Manfredi in A cavallo della tigre (1961) di Comencini e in Straziami, ma di baci saziami (1968) di Risi. Una classificazione delle numerose opere di A. e Scarpelli è stata tentata dal critico Maurizio Grande (1990) che, in base al prevalere di determinate strutture narrative, le ha suddivise in due macrocategorie, ovvero le commedie epiche e tragicomiche ‒ cui apparterrebbero I soliti ignoti, La grande guerra (1959), I compagni, tutti diretti da Monicelli, e Tutti a casa (1960) di Comencini ‒ dove si narra di personaggi le cui pulsioni individuali vengono messe in scacco da eventi storici catastrofici o da congiunture sociali castranti, e le commedie grottesche ‒ come I mostri (1963) di Risi, Signore & signori (1966) di Germi, L'armata Brancaleone (1966) di Monicelli e C'eravamo tanto amati (1974) di Scola ‒ all'interno delle quali i singoli personaggi assumono ruoli sociali e indossano maschere, per un processo coattivo di condizionamenti storico-politici e sociologici del contesto in cui vivono. I toni della loro scrittura sono stati però a volte stemperati in una dimensione più sentimentale come in Nata di marzo (1958) di Antonio Pietrangeli, o patetica come in Romanzo popolare (1974) di Monicelli; mentre talvolta è risultato accentuato il lato sarcastico come in Sedotta e abbandonata (1964) di Germi. A. e Scarpelli risultano accreditati ancora insieme, un'ultima volta, nel 1985, per il film di Risi Scemo di guerra, tratto da un romanzo di M. Tobino. Se in precedenza A. senza Scarpelli aveva partecipato, tra le altre, alle sceneggiature di Souvenir d'Italie (1957) di Pietrangeli e di Divorzio all'italiana (1961) di Germi, negli ultimi anni da solo ha invece firmato le sceneggiature di I soliti ignoti… vent'anni dopo (1985) di Amanzio Todini, Una botta di vita (1988) di Enrico Oldoini, Luisa, Carla, Lorenza e... le affettuose lontananze (1989) di Sergio Rossi. Oltre all'attività di insegnamento e alcune collaborazioni televisive, nel 2000 A. ha pubblicato Scriviamo un film. La stesura di un copione cinematografico.


Confesso con piacere che Totò e Carolina, rivisto oggi e tanto più in questa copia con molti passaggi non ancora censurati, mi fa una certa impressione. Lo spunto di base è rimasto il racconto di Flaiano, con Totò che fonde in un unico personaggio Caccavallo e lo scultore. Non avendo mai lavorato prima con Sonego, è molto probabile che non si sia proceduto per questo film con la nostra consueta tecnica di ripartizione del copione in “blocchi”.

Totò lo si vedeva poco. Si faceva mediamente una riunione a film, dopo che lui aveva letto il nostro copione. Una lunga chiacchierata tranquilla, dove lui faceva osservazioni molto misurate e sensate. Mi pare di ricordare che quando Monicelli ci telefonò per avvisarci dei guai del film in censura, Scarpelli ed io fossimo a Milano a lavorare su una rivista con Wanda Osiris e Billi e Riva. La moviola non poteva essere che la Fono Roma: a risentire il film così, diresti che c’è rimasto qualcosa della presa diretta, che ne so...Tina Pica? Di come invece Bandiera rossa, certamente per uno scherzo ed una ripicca nostra, fosse arrivato a diventare Di qua e di là dal Piave, non lo ricordo.

Trovo che il cast sia molto azzeccato: Monicelli è un vero maestro in questo. La Ferrerò, brava e carina, nella parte non di un puttanone ma d'una ragazza delicata, guardinga e fragile, con dei sani impulsi di rivolta. Era la prima volta che Totò aveva a che fare con una donna che non fosse né una bonona né una ballerina. Foà credibile, serio, drammatico. E Gianni Cavalieri che, sì, era un omosessuale. Suo fratello Gino mi aveva fatto da padrino alla cresima: i Cavalieri erano una importante famiglia del teatro dialettale veneto. E funziona persino Maurizio Arena (con cui non avevamo mai lavorato) e a cui tocca un personaggio che non è esattamente il suo.

A proposito dei rifacimenti e della jeep sul trasparente, va detto che Totò non avrebbe potuto comunque fare a meno della controfigura e del trasparente o della jeep tutta imbragata. Antonio De Curtis non guidava: non ricordo di averlo mai visto guidare, nè tampoco di averlo mai sentito parlare di automobili. Totò era un principe ed aveva un autista. Guardate bene come Caccavallo tocca il volante: un colpetto a destra, un colpetto a sinistra, poi di nuovo un colpetto a destra...

Una scena disarcionata e sbranata dai tagli è quella della confessione. Un’altra scena che, vista così, con quello che c'è rimasto, non funziona bene è quella di casa Caccavallo: l’azione è troppo affollata e veloce, i toni troppo alti. Di scene con i comunisti, invece, sono sicuro che non ce n'erano altre.

Che sia stato Scelba ad intervenire sul film in primissima persona, non vi è alcun dubbio. Noi lo sapevamo benissimo. La cosa che più mi sbalordisce oggi, più ancora dei tagli, è la mancata concessione del nullaosta per l’esportazione. Di Ponti, ricordo che cercava sempre di esibire un contegno di “riflessione”: voleva assolutamente evitare di essere etichettato come uomo “pericoloso” agli occhi del governo.

Intervista di Tatti Sanguinetti, agosto 1999 tratta da "Totò e Carolina" (Tatti Sanguinetti), Progetto "Italia taglia", Cineteca Bologna/Transeuropa Film, 1999


Vedendo Le sei mogli di Barbablù ricordo di aver avuto dei brividi, anche se pensavo di essere rotto a tutto, andava veramente un po’ al di là. Era un film nato male, su una di quelle idee balorde che non quadrano mai per quanti sforzi si facciano e per quante nuove teste si chiamino a consulto.


Quella che Age e Scarpelli consegnarono al regista per La banda degli onesti era già in partenza una signora sceneggiatura. L’ossatura del film è tutta loro. Totò e Peppino l’hanno infarcita ulteriormente durante la lavorazione. Succedeva che prima di una scena Totò convocasse Peppino e me in un angolo del set, e lì, come costumava ai tempi della commedia dell’arte, uno diceva una cosa, uno un’altra e si inventavano delle gag fuori dal copione. Quindi al ciak ognuno dava un ulteriore contributo personale così come gli veniva in mente. L’idea, per esempio, di velocizzare la sequenza dei soldi la ebbe Totò lì per lì. Sbaglia, però, chi definisce Peppino la spalla di Totò, perché Totò era un grande comico e Peppino era un grande attore comico. E tra una dote e l’altra corre una bella differenza. Sul piano umano Totò era una persona davvero eccezionale, ha fatto del bene a piene mani a tutti. Lavorarci era inoltre un andare a divertirsi. Comunque, era tanto spassoso sul set quanto pacato appena smetteva i panni della scena. La prima volta che mi invitò a casa sua mi trovai d fronte un gran signore che, sebbene affabile, incuteva soggezione.

Giacomo Furia


Il primo incontro con Totò risale a quando da ragazzo lo seguivo nel teatro di rivista e soprattutto nell'avanspettacolo. Me lo ricordo al Brancaccio o nei cinema-teatri di via Cola di Rienzo dove faceva le sue riviste dopo il film. Mi è rimasta impressa "I tre moschettieri", in cui Totò faceva D'Artagnan e usava come spada la stampella per i panni. Nel dopoguerra scrivevo per la radio e per i giornali umoristici, lavoravo in coppia con Steno.


Un giorno viene Mattoli, che stava facendo Il fiacre numero 13, e ci dice che vorrebbe utilizzare le stesse scenografie per fare un film con Totò, al cinema inattivo fin dalla fine della guerra. Bisognava farsi venire un'idea, trovare qualcosa che potesse svolgersi negli stessi ambienti e con gli stessi costumi: pensammo di fare la parodia de Le due orfanelle e abbiamo fatto I due orfanelli, con Totò e Campanini. Si lavorava nei momenti in cui Mattoli non girava, faceva l'orario francese e cominciava alle dieci della mattina, e noi alle sette eravamo già a casa sua. Abbiamo fatto delle riunioni, e poi siamo passati rapidamente alla stesura, riportando già le scene, alla buona.


Andammo poi a vedere Totò durante le riprese molto timidamente. Fu la mia prima esperienza cinematografica. Probabilmente non ci eravamo neppure accorti di aver centrato con l'idea della parodia un aspetto tipico della comicità di Totò,' che con Scarpelli ripresi qualche anno dopo in Totò sceicco, che rifaceva il verso a tutta la grande epopea della legione straniera, strizzando l'occhio a L'Atlantide e alla tradizione della letteratura romantica già saccheggiata dal cinema francese e americano. Totò parodiava sempre qualche cosa, muoveva sempre da uno spunto e si divertiva a deformarlo, a distorcerlo, ad aggredirlo, a insultarlo. Si è sempre divertito a rifare qualcosa di già esistente, che liberamente reinterpretava, facendo diventare di una l'occasione di una esibizione personalissima. Era la sua grande forza.


Spesso si dimentica che la parodia può essere una grande forma d'arte, che rifare il verso a qualcuno non è una cosa da poco. È con la parodia che Totò riusciva ad aggredire un modo di pensare o un comportamento, una formula di moda, spesso colpendola in maniera molto acuta, altre volte in maniera superficiale, la parodia può diventare sarcasmo, diventa anche satira, non solo satira sociale ma anche satira politica e nelle forme più aguzze.


Scarpelli: I primi film di Totò ai quali collaborammo hanno una componente — che veniva da Totò — favolosa, surreale, ma l’ambiente in cui erano collocati era perfettamente neorea-lisla. Naturalmente i padri del neorealismo non eravamo noi, ma i nomi che tutti conoscono: Rossellini, De Sica, Zavattini, Amidei, che appartengono a una generazione precedente la nostra. Gli sceneggiatori amavano talmente Totò che se ne ispiravano e tagliavano i testi su misura sua, nel modo più perfetto.

C’è stato un lungo periodo di oscurità critica su Totò; i suoi film erano considerati come le cose più insignificanti prodotte dal cinema. Basta leggere le critiche che vennero scritte allora su di lui! Poi c’è stata questa specie di “riscoperta” degli anni recenti in cui non solo Totò è stato rivalutato, ma anche i suoi film, il loro ambiente. Si sono letti anche elogi dei registi dei suoi film, e si che quando questi film erano usciti erano stati lapidati, erano stati fatti a pezzi!

Age: L’apporto di Totò era di natura artistica totale, ma tutto ciò che concerneva la struttura del racconto e la polemica che poteva esserci in queste farse, veniva però dagli autori. Totò aveva il grande istinto dell’uomo di spettacolo, del clown. Se al momento di girare una scena gli si fosse chiesto che scena veniva dopo, avrebbe probabilmente ammesso di non saperlo, come d’altronde la scena stessa che stava girando. Eppure 99 volte su 100 Totò indovinava il tono giusto, la posizione del personaggio, il suo rapporto con gli altri.

Scarpelli: Aveva la sensibilità di certi solisti che hanno la ispirazione, e vanno avanti secondo la loro straordinaria immagine interiore.

Age: prima di Totò cerca casa assieme a Scarpelli, scrissi I due orfanelli. C'era una produzione italofrancese che girava in due episodi il celebre feuilleton Il fiacre n. 13 con la regia di Mattoli. E Mattoli, che era un grande inventore di combinazioni di spettacolo, ebbe l'idea di fare un film comico nelle scenografie costruite per quel film. Così, in maniera assolutamente garibaldina, costruimmo per Totò una parodia dei romanzi francesi dell'Ottocento. Scarpelli: Era l'epoca in cui nel cinema si mescolavano artigianato e penuria di mezzi, arte di arrangiarsi, gente che faceva due o tre lavori alla volta. Nei film di Totò c'era una componente di ribellione, di satira contro il potere. Questo il pubblico lo coglieva benissimo, vi partecipava totalmente... In quell'epoca abbiamo fatto anche film con altri comici. Tutti avevano un'origine, una matrice, molto popolare. Alcuni venivano dall'avanspettacolo, dal teatro di varietà, che con gli anni si è trasformato in rivista, che c'interessava un po' meno. E nel teatro popolare ci sono sempre stati elementi di satira che al fondo si collegano tutti alla commedia dell'arte, con le sue radici morfologicamente legate alla vita. Uno dei più grandi "maestri" di questo cinema legato al varietà fu per l'appunto Mattoli: ha utilizzato questi attori (Dapporto, Rascel, i De Filippo, Chiari, Tognazzi) e molti altri meno importanti, pescando spesso direttamente dai palcoscenici di provincia. Li ha portati sullo schermo, e a molti di loro ha dato il successo.

Scarpelli: Era l'epoca in cui nel cinema si mescolavano artigianato e penuria di mezzi, arte di arrangiarsi, gente che faceva due o tre lavori alla volta. Nei film di Totò c’era una componente di ribellione, di satira contro il potere. Questo il pubblico lo coglieva benissimo, vi partecipava totalmente... In quell’epoca abbiamo fatto anche film con altri comici. Tutti avevano un’origine, una matrice, molto popolare. Alcuni venivano dall’avanspettacolo, dal teatro di varietà, che con gli anni si è trasformato in rivista, che c’interessava un po' meno. E nel teatro popolare ci sono sempre stati elementi di satira che al fondo si collegano tutti alla commedia dell’arte, con le sue radici morfologicamente legate alla vita. Uno dei più grandi "maestri" di questo cinema legato al varietà fu per l’appunto Mattoli: ha utilizzato questi attori (Dapporto, Rascel, i De Filippo, Chiari, Tognazzi) e molti altri meno importanti, pescando spesso direttamente dai palcoscenici di provincia. Li ha portati sullo schermo, e a molti di loro ha dato il successo.


Toto e Age video


Videoclip estratti dalle serie televisive prodotte dalla RAI e curate da Giancarlo Governi; "Il Pianeta Totò", ideata e condotta da Giancarlo Governi, trasmessa in tre edizioni diverse - riviste e corrette - a partire dal 1988 e "Totò un altro pianeta" speciale in 15 puntate trasmesso nel 1993 su Rai Uno.

Totò e... Age (Agenore Incrocci) - Le opere

Cinema 1937-1949 11396 Daniele Palmesi, Federico Clemente

I due orfanelli (1947)

I due orfanelli Il denaro fa la guerra, la guerra fa il dopoguerra, il dopoguerra fa la borsanera, la borsanera rifà il denaro e il denaro rifà la guerra.Gasparre Inizio riprese: estate 1947, Stabilimenti Titanus, RomaAutorizzazione censura e…
Cinema 1937-1949 10734 Daniele Palmesi, Federico Clemente

Totò cerca casa (1949)

Totò cerca casa Un posto da guardiano del cimitero non si rifiuta: a cimitero donato non si guarda in bocca. E poi in casa c'è un silenzio di tomba.Beniamino Lomacchio Inizio riprese: settembre 1949, Stabilimenti Titanus, RomaAutorizzazione censura…

47 morto che parla (1950)

Cinema 1950-1959 10352 Daniele Palmesi, Federico Clemente
47 morto che parla Buongiorno cavaliere, lei campa ancora? Quanti anni ha? Novantasette? Mi pare che lei stia esagerando. Si decida, si decida.Barone Antonio Peletti Inizio riprese:…

Figaro qua, figaro là (1950)

Cinema 1950-1959 7867 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Figaro qua, figaro là Se dovete fucilarmi... fucilatemi pure, ma almeno salvatemi la vita!Figaro Inizio riprese: giugno 1950 - Stabilimenti Scalera Film, RomaAutorizzazione censura e…

Totò cerca moglie (1950)

Cinema 1950-1959 8291 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Totò cerca moglie Vorrei una moglie, possibilmente di prima mano.Totò Inizio riprese: gennaio 1950, Stabilimenti Titanus, RomaAutorizzazione censura e distribuzione: 13 marzo 1950 - Incasso…

Totò sceicco (1950)

Cinema 1950-1959 12738 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Totò sceicco Hai perso un occhio per la causa? Mi dispiace, ma chi te lo fa fare a perdere tempo con le cause? Vanno sempre per le lunghe e poi gli avvocati costano cari. Non fare il…

Totò Tarzan (1950)

Cinema 1950-1959 10742 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Totò Tarzan La mia età? Quattro eclissi, due alluvioni e un pediluvio. Lo so, non dimostro i miei anni, nella foresta mi danno tutti un pediluvio in meno.Antonio Della Buffas Inizio…

Sette ore di guai (1951)

Cinema 1950-1959 5440 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Sette ore di guai Eh? Avvocato? Lei? Uh uh uh uh, mattacchione. Ma mi faccia il piacere, ma mi faccia il piacere... non si deve approfittare della bontà altrui, ogni limite ha una…

Totò terzo uomo (1951)

Cinema 1950-1959 6476 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Totò terzo uomo Quattro anni fa ho pescato tre chili di pesce, uno dei quali raggiungeva addirittura i due etti.Pietro Inizio riprese: aprile 1951, Stabilimenti Ponti - De…

Totò a colori (1952)

Cinema 1950-1959 9872 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Totò a colori La serva serve, soprattutto se è bona, serve, eccome!Antonio Scannagatti Inizio riprese: gennaio 1952, Stabilimenti Ponti-De Laurentiis RomaAutorizzazione censura e…

Totò e Carolina (1955)

Cinema 1950-1959 7826 Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
Totò e Carolina Il suicidio è un lusso, i poveri non hanno neanche la libertà di uccidersi.Agente di PS Antonio Caccavallo Inizio riprese: settembre 1953, Studi di Cinecittà,…

Tempi nostri - La macchina fotografica (1954)

Cinema 1950-1959 4288 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Tempi nostri - La macchina fotografica (Zibaldone n.2) Ma mi dica un pò, mi sta sorgendo un dubbio, lei non penserà mica che io, con la scusa della fotografia... Modestamente io sono un…

Racconti romani (1955)

Cinema 1950-1959 9286 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Racconti romani Vede, il babbo... il babbo. Perchè, non si dice così?Professor Semprini Inizio riprese: settembre 1955, Stabilimenti Titanus, RomaAutorizzazione censura e distribuzione: 14…

La banda degli onesti (1956)

Cinema 1950-1959 9564 Daniele Palmesi, Federico Clemente
La banda degli onesti Il pavimento è una schifezza, lo so, e mi scuso a nome suo. La prossima volta glielo faccio trovare incartato.Antonio Bonocore Inizio riprese: gennaio 1956, Studi…

I soliti ignoti (1958)

Cinema 1950-1959 9326 Daniele Palmesi, Federico Clemente
I soliti ignoti Dunque un modo per aprirla è quello della dinamite. Sistema che usava il famoso Fu Cimin, che non era cinese, era veneziano. “Fu” sarebbe che morì, "Cimin" è il cognome,…

La legge è legge (1958)

Cinema 1950-1959 6701 Daniele Palmesi, Federico Clemente
La legge è legge Tutti i giorni lavoro, onestamente, per frodare la legge.Giuseppe La Paglia Inizio riprese: novembre 1957Autorizzazione censura e distribuzione: 30 agosto 1958 - Incasso…

Totò, Peppino e le fanatiche (1958)

Cinema 1950-1959 8783 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Totò, Peppino e le fanatiche Voi siete scapole, noi siamo scapoli... Ci facciamo una bella scapolata!Antonio Vignanelli Inizio riprese: aprile 1958, Teatri di posa INCIR - De…

Totò e le donne (1952)

Cinema 1950-1959 8945 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Totò e le donne È incredibile come un bipede di genere femminile possa ridurre un uomo.Cav. Filippo Scaparro Inizio riprese: settembre 1952, Studi Ponti - De LaurentiisAutorizzazione…

Risate di gioia (1960)

Cinema 1960-1967 7961 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Risate di gioia Ti offro una bella pizza... i soldi ce li hai?Umberto Pennazzuto Inizio riprese: giugno 1960, Stabilimenti Titanus Farnesina, RomaAutorizzazione censura e distribuzione: 11…

Totò e Peppino divisi a Berlino (1962)

Cinema 1960-1967 8715 Daniele Palmesi, Federico Clemente
Totò e Peppino divisi a Berlino Io sono Antonio La Puzza, vedovo Nardecchia, classe 1910 e rotti, classe di ferro... Io ho attraversato l'Alto Adige!Antonio La Puzza Inizio riprese: aprile…


Riferimenti e bibliografie:

  • Enciclopedia del Cinema (2003) - di Stefania Carpiceci
  • "Totò, l'uomo e la maschera" (Franca Faldini - Goffredo Fori) - Feltrinelli, 1977
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • "Totò e Carolina" (Tatti Sanguinetti), Progetto "Italia taglia", Cineteca Bologna/Transeuropa Film, 1999