Totò e... Carlo Croccolo

Carlo_Croccolo

La voce di Totò


L’ho doppiato naturalmente non in tutti i film ma solamente nelle scene esterne, per via dei rumori che richiedevano la doppiatura e, siccome Totò non riusciva a vedersi e allora lo facevo io. (Dal 1957 in poi). Avevamo la stessa pasta di voce . Sono stato scelto perchè lui si è ricordato di quando l’ho doppiato in francese ne “La legge è legge” (La loi c’est la loi), perchè avevo la stessa voce.
Totò era un comico modernissimo infatti aveva una comicità surreale purtroppo è sta apprezzata dopo, tant’è vero che era surreale che oggi i film di Totò sono ancora di moda anzi sono più che mai di moda sono sempre attuali, e la gente ride e si diverte ancora oggi. Totò sceicco fu il mio debutto al cinema ed era una specie di provino che Totò m’aveva fatto, cioè per vedere se sapevo recitare allora m’ha infilato in questo film di forza, “con birra e salciccie” facevo il genovese.

La stampa dell'epoca


Io e il principe

Carlo Croccolo ha dato la sua voce agli ultimi film del grande Totò

A trent'anni Carlo Croccolo voleva scrivere la sua autobiografia e intitolarla Vita e morte di un cretino. Oggi, a sessantatré, la sua vita va alla grande, con Aggiungi un posto a tavola al Teatro Sistina di Roma, l'Avaro in cinema con Alberto Sordi e molti progetti per il futuro. Intanto martedì 5 giugno, su Raiuno alle 21,40, va in onda Miseria e nobiltà, uno dei tanti film che Carlo Croccolo ha girato insieme a Totò.

Allora, cos’era il titolo di quel suo libro: un eccesso di modestia, un momento di depressione, una gigioneria?

«Il titolo va bene, ma di autobiografie dovrei scriverne tante di più. Almeno quante sono state le mie vite...».

In effetti lei è stato a un passo dal fare il medico, è attore, scultore; è stato antiquario, pubblicitario, gestore di teatro, documentarista, regista di spaghetti western, produttore... Studia da gatto?

«Ma la vita è lunga, sa? E ogni volta che “muore un cretino” nasce un altro Croccolo. Se poi consideriamo le compagne che ho avuto le vite diventano ancora di più».

Cinque matrimoni...

«Circa. Chissà perché, ma ho un grande fascino sulle ragazze giovani. Poi crescono e mi abbandonano».

Ma cos’è l’amore, per lei?

«Speranza. Solo, soprattutto, nient'altro che disperata speranza».

lnsomma, lei vive sperando.

«E odiando: odio la realtà».

È cosi brutta?

«Non mi ci adatto. È una lotta tra fratelli. Mi spaventa il potere e chi cerca di ottenerlo con ogni mezzo. Sono sempre stato un ribelle. Pensi che io ho detto basta al cinema a metà degli anni ’50 proprio nel momento in cui c’era la “croccolite” e mi contendevano a colpi di milioni».

Perché lo disse?

«Non capivo la pace. Io sono ebreo: paradossalmente m’ero fatta una ragione della follia nazista, della morte assurda della mia gente, dei campi di sterminio... Sapevo vivere nella sofferenza, ma non riuscivo e non volevo entrare in quella pazza corsa al denaro che si era scatenata nel primo dopoguerra. Nonostante tutto e a costo di tutto. Ho fatto più di cento film, venti-sei solo tra il 1951 e il 1953. È allora che ho cominciato a dire no. “No” anche a occasioni d’oro come lo Sceicco bianco di Fellini, dove avrei avuto la parte di Leopoldo Trieste accanto a Sordi. O a Giorni d'amore, di De Santis, ruolo che toccò poi a Marcello Mastroianni».

Però lei di denaro ne ha avuto molto.

«Questa è una cosa che mi dicono tutti. E a tutti rispondo che io non l’ho visto. L’ho speso prima di guadagnarlo. Di solito avere soldi dà sicurezza e potere e forse proprio per ciò di cui paravamo prima, ho preferito non averli. Vede, malgrado il titolo di quell’autobiografia io non mi sento affatto un fallito. Infatti non c'è stata cosa al mondo che, volendo, io non abbia ottenuto... Magari non sono riuscito a trattenerla, ma questo è un altro discorso».

Secondo lei molti pezzi di vite diverse ne fanno una intera?

«E chi lo sa. Io le mie vite le ho avute a “leasing”: le ho noleggiate... Sono state bellissime, emozionanti, drammatiche... Ma non mie. Forse è l’unico modo divertente per stare al mondo». Ha rimpianti?

«Qualcuno. Ma se guardo gli altri sono felicissimo dei miei “leasing”... Gli altri con il loro concetto preciso di Bene e Male, di Positivo e Negativo... Gli altri che non capiscono che una strada vista da sotto è una salita e da sopra una discesa... E tutto relativo, anche la vita: chi non accetta questo è molto peggio di un illuso».

Torniamo al lavoro, si è saputo solo da poco tempo che lei è stato la «voce segreta» di Totò in almeno venticinque film, da quando «il principe», quasi cieco, non potendo vedere la sua bocca per sincronizzarla con la voce, non riusciva più a doppiarsi.

«Non farlo sapere, era una preghiera di Totò e anche il mio disinteresse a pubblicizzare questa cosa. Era un lavoro di artigianato. Ero solo fiero che lui, il Grande, avesse scelto me, e proprio me. Totò sapeva che io non ero un imitatore, ma voleva qualcuno che sapesse “interpretare” la sua recitazione... È stato come un riconoscimento. Come se mi avesse detto che le nostre qualità comiche si somigliavano».

Serena Iannicelli, «Radiocorriere TV», anno LXVII, n.22, 3/9 giugno 1990


Croccolo la voce di Totò

ROMA

Carlo Croccolo sta facendo parlare di sé. In un teatro romano, con la sua comicità casareccia e rumorosa, ma con radici ben piantate nella commedia dell’arte, sta richiamando grande pubblico, magari quello di bocca buona. La critica, anche se con riserva, gli è stata favorevole. Croccolo ha portalo sul palcoscenico Charle's Aunt (la zia di Carlo), commedia che l'inglese Brandon Thomas ha scritto cento anni fa in piena epoca vittoriana Ma l'attore-regista-impresario l'ha quasi completamente riadattata, in pratica lasciandole soltanto l'ossatura e il tema di partenza tant'è vero che un po' scherzando e un po’ sul serio dice: «più che la zia di Carlo è la zia di Carlo Croccolo. L’ho rielaborata in un mese insieme con Marcella Pagliero».

La messa in scena non é apparsa tuttavia priva di difficoltà. C‘è stato addirittura il ritardo del debutto, che ha subito ben tre rinvii. Spiega: «La verità è che dovevamo andare in scena con uno commedia scritta da me, dal titolo Il terrazzino del papa, ma durante le prove ci siamo accorti che si presentava più difficile del previsto, ed abbiamo capito che non avremmo fatto in tempo».

Carlo Croccolo è senza dubbio un personaggio a sé stante nello zoo teatral-cinematografico. Ha cominciato recitando alta radio e doppiando Oliver Hardy, quindi creò la fortunata macchietta del marmittone, soldato dappoco che pensa solo alla marmitta del rancio. E' poi passato al cinema interpretando ruoli di comicità vagamente surreale, per qualche anno è stato chiamato a sostituire Totò nel doppiaggio della sua voce. Racconta: «Ero molto amico di Totò e lui mi stimava, mi spinse avanti, mi aiutò molto. Poi si accorse che avevamo lo stesso timbro di voce».

C’e stato chi lo ha accusato di aspirare a sostituirsi al grande comico napoletano. Lui naturalmente nega e spiega: «Tutti sanno che Totó era stato colpito da una grave affezione agli occhi e, negli ultimi dieci anni della sua vita anche se cercava di nasconderlo e se non tutti lo sapevano, praticamente non ci vedeva più. Poteva benissimo continuare a recitare, ma quando si trattava di doppiare se stesso, cioè mettersi davanti allo schermo e, in base alle espressioni e ai movimenti delle labbra del filmato, dire le sue battute, non riusciva ad ottenere la sincronia. Occorreva dunque qualcuno che si sostituisse a lui. Ma non doveva essere un imitatore, altrimenti sarebbe bastato chiamare Noschese. Si voleva un attore che parlasse con la sfessa voce. E così fui chiamato io che modificando leggermente il mio naturale timbro potevo benissimo passare per Totò. Cosicché in tutti i film interpretati negli ultimi dieci anni di vita, per metà era lui stesso a parlare e per l’altra metà ero io. Naturalmente nessuno se ne accorse, di questa operazione erano a conoscenza pochissime persone».

Ma a Croccolo una volta e anche capitato di doppiare Vittorio De Sica. Lo conferma: «Mi mandò a chiamare la produzione di un film diretto da Corbucci. Il produttore mi disse tu sai fare benissimo la voce di De Sica, lui è impegnato altrove e non può venire. Ti diamo 600 mila lire per sei giorni di lavoro (e allora erano molte!). Non trovai nulla da obiettare, feci la voce di De Sica e nessuno notò la differenza. Tranne naturalmente De Sica stesso. Vado a Napoli per girare Ieri oggi e domani ed appena entro in teatro sento una voce che grida: Disgraziato! Era De Sica)... Disgraziato, mi hai fregato otto milion... lo, commendatò?.. Si, tu, quel doppiaggio avrei dovuto farlo io stesso, per otto milioni...»

La zia di Carlo è giocato su alcuni studenti di una scuola di navigazione che per poter introdurre le rispettive amiche, ricorrono ad un compiacente amico che finge di essere una ricca zia.

Alcuni critici pur trattando il suo lavoro in modo non negativo hanno, però, sottolineato il fatto che egli ha apportato delle modifiche ad un classico inglese. E lui spiega: «Nel dialogo da me scritto ho voluto inquadrare, anche intellettualmente, la commedia all'epoca di Fogazzaro. D’Annunzio. Marinetti per dargli il sapore di quel tempo. A me piace andare sempre controcorrente».

E a lui infatti non piace l’umorismo, a lui piace il grottesco, il paradossale. Non è entusiasta di Woody Allen. «E' troppo intellettuale, ma mi piace quando suona il clarinetto, è molto bravo. A lui preferisco Mei Brooks».

Fra gli italiani ovviamente predilige Totò: «Dopo Petrolini — dice — Totò resterà il più grande comico italiano».

L’altro suo lavoro, Il terrazzino del papa, lo metterà In scena quando il pubblico si sarà stancato di questa Zia di Carlo. Di che tratta? «Analizza in chiave paradossale i guasti che può provocare il potere. Anche quando in superficie può apparire positivo. Come per esempio potrebbe sembrare quello dell'attuale pontefice, con la sua grande forza carismatica, col suo innegabile richiamo sulle folle».

Pare, fra l’altro, che egli sappia imitare perfettamente la voce del Papa, anche con l’accento straniero, anche coi piccoli errori di pronuncia.

Lamberto Antonelli


Croccolo, l'altra faccia di Totò

L'attore e i segreti di un grande sodalizio: «Malafemmena era la Pampanini. Era un uomo solo e triste»

1992 08 17 La Stampa Toto Croccolo f1Carlo Croccolo, quarant'anni di onorata carriera nello spettacolo, è un attore involontario, non animato né da vocazione personale né da ansia da successo. «Mi sono rassegnato a seguire la mia faccia», ammette sorridendo. La sua faccia, la celebre faccia da fesso con l'occhio da pesce e la bocca inerte, gli ha permesso di interpretare centodieci film. Da «I cadetti di Guascogna», quello del «Costa lòn ca costa soma dia Val d'Aosta», a «O' Re» di Magni sulle disavventure bellico-erotiche di Fraceschiello.

E soprattutto lo ha fatto entrare nella storia del cinema per il suo sodalizio con Totò con il quale ha girato il meglio che c'è, da «47 morto che parla» a «Totò Sceicco», da «Miseria e nobiltà» a «Totò lascia o raddoppia?», in una sequenza infinita di scene dove lui, Totò, porgeva la battuta, e l'altro, Croccolo, gli rispondeva al suo modo stralunato. «Era un uomo solo e triste, Totò, molto più grande dei suoi film. Nient'affatto guitto, disprezzava con aristocratico cipiglio le mezze calze. Girava un film dietro l'altro, film a basso costo e senza trama, perché aveva bisogno di guadagnare, ma gli piaceva esser circondato da persone di talento. Più erano bravi quelli che gli stavano intorno più si esaltava lui. "Le cose belle è bello vederle col sole", diceva. Io l'avevo capito e lui mi ricambiava volendomi al suo fianco». Un gran divertimento? «Bugie. Una gran fatica. Non si rideva mai. Totò era serissimo. Anche quando s'innamorava. Io lo vidi perdere la testa per la Pampanini,la donna per cui scrisse "Malafemmina". Ma era un amore infelice. Non scherzava, Totò. "Un film è buono se fa ridere quando si vede non quando si fa", era il suo convincimento. Negli ultimi anni, quand'era ormai diventato cieco, ho doppiato la sua voce perché fosse in sincrono con le immagini, ma l'ho fatto in segreto, evitando che si sapesse, perché Totò temeva che il pubblico l'avrebbe abbandonato se avesse scoperto la sua malattia».

Fu in quegli anni, i primi Anni Cinquanta, che Croccolo esplose imponendosi come il più strepitoso attor giovane del nostro spettacolo: faceva cabaret alla maniera di Grillo riuscendo per fino a dialogare con le proprie scarpe, accompagnava Claudio Villa in quelle serate popolari metà canzoni e metà risate che tanto piacevano, intratteneva il pubblico della tv che proprio allora cominciava a trasmettere: la prima notte di Capodanno dell'era televisiva la fece lui, in compagnia di Teddy Reno, Julia De Palina, Sandra Mondami. Il denaro correva. Tra il '53 e il '54 fece 26 film, un record oggi inarrivabile. E lui spendeva. Al suo tavolo di ristorante poteva sedere chiunque passasse. La sua auto americana era la più lunga che si fosse mai vista a Cinecittà. Il suo cane aveva una giardinetta personale con un autista per le passeggiate. Le mance elargite ai ragazzini dell'ascensore erano più alte dello stipendio che percepiva sua madre insegnante di filosofia. Se gli saltava in testa portava a cena il cavallo con cui stava facendo il film perché anche lui era un attore. Se lo divertiva inviava champagne e rose alla costumista della compagnia perché anche lei avesse un'emozione. Guidava la barca; si buttava col paracadute, si comprò perfino un aereo, che però non riuscì a pagare e gli fu sequestrato, solo per il gusto di fare quello che gli andava. Le sue stravaganze finivano sui giornali. Il divismo all'americana era approdato a Roma. Perfino la Camera si dovette interrogare su di lui e sulla «croccolite» che aveva colpito la gente e sarebbe sfociata, un po' più tardi, nel mito di «La dolce vita».

Troppo sperpero, troppe follie, troppo esibizionismo per un'Italia ancora dominata dai Peppone che sognavano Baffone e dai Don Camillo che minacciavano le fiamme dell'Inferno. Megalomania? Croccolo nega. «Non ero snob. Ero fuori dal giro degli intellettuali. Di fare il cinema non me ne fregava niente. Ero arrivato a essere un divo senza fare nessuna fatica. M'ero lasciato andare alle cose e le cose giravano per il verso giusto. A Roma ero piombato seguendo un'inglese bellissima per far dispetto alla mia fidanzata napoletana che m'aveva piantato. E a Roma m'aveva scoperto la radio. Sembravo un esibizionista. Ero solo un ragazzo che si divertiva a provocare». All'apice del successo, tirato da una parte da Eduardo che aveva rotto con Peppino e voleva lui in compagnia per sostituirlo, e dall'altra da Totò che non se la sentiva più di far cinema senza averlo vicino, Croccolo fu travolto dallo scandalo: lo accusarono di trafficare cocaina, lo sbatterono in prigione per cinque mesi, poi l'assolsero con tante scuse per non aver commesso il fatto. Ma la sua carriera era finita. Si rifugiò in Canada, senza una lira, a presentare spettacoli per emigranti, approfittando del fatto che conosceva le lingue e sapeva far ridere.

Da quel momento Croccolo ha vissuto cinque diverse esistenze, ogni volta tentando di far soldi con un mestiere che niente avesse che fare con quello dell'attore e ogni volta essendo costretto a ricominciare a recitare per i fallimenti registrati. E' stato barman, venditore di pubblicità, regista di spot televisivi, antiquario, produttore in proprio e per conto terzi di filmetti commerciali, padrone per tre anni di un teatro a Roma, «Il Colosseo» dal cui disastro economico è uscito distrutto. Ha avuto una casa quasi fissa in Canada, Stato di cui ha ottenuto perfino la cittadinanza; un pied-aterre a Roma dove finiva per tornare sempre; molti soggiorni ad Hollywood per far visita agli amici Sammy Davis jr e May Britt, Burt Bacharac e Angie Dickinson e poi il giro dei Kennedy, Marilyn Monroe, Peter Lawford, Sinatra. E cinque tra mogli e compagne, più un non quantificabile numero di avventure erotiche che gli fecero avere il soprannome di «Irish express» per via dei suoi capelli rossi. Ma anche sulla fama di seduttore Croccolo nutre perplessità. «Le donne mi piacciono ma sono sempre stato il sedotto, mai il seduttore». E racconta della prima fidanzatina, una ragazza che volle far l'amore con lui perché era il solo maschio di cui i suoi fratelli gelosissimi non potevano sospettare. A questa che è la sua ultima puntata da protagonista dello spettacolo l'ha ricondotto Strehler con una telefonata: «Ma non eri morto? - gli chiese )/ì Palava vieni a fare con me "La grande magia". E sbrigati». Da allora ha recitato in «Rinaldo in campo» con Massimo Ranieri nel ruolo che Garinei e Giovannini scrissero per lui nell'edizione con Modugno e che lui non fece per scapparsene negli Stati Uniti. Ha vinto un Donatello per «O' Re», l'unico riconoscimento della critica in tanti anni di lavoro.

E' stato Crispino al Sistina in «Aggiungi un posto a tavola» insieme con Johnny Dorelli. A sessant'anni e passa ha una nuova compagna giovanissima e bella che per lui ha lasciato il teatro, e se ne va in giro per l'Italia con un «Pluto», classica commedia di Aristofane riproposta da Shahroo Kheradnaud. Con Carlo Croccolo non c'è più Pinotto, il soldatino inventato copiando un dialogo surreale con un autentico nordico pre-leghista, che gli regalò, a lui napoletano autentico con villa a Pineta, mare e barca a Mergellina, popolarità e ricchezza. Ma lui non si lamenta. «Sono stato fortunato. Donne e spettacolo mi sono sempre corsi dietro».

Simonetta Roblony, «La Stampa», 17 agosto 1992


Carlo Croccolo svela un segreto sul grande comico

«Per anni Totò ha parlato con la mia voce»

L'attore napoletano, che è stato uno dei pochissimi amici intimi del "principe della risata”, racconta come negli ultimi anni di lavoro Totò, ormai diventato quasi completamente cieco, lo avesse scelto come doppiatore dei suoi film - «Mi aveva chiesto di mantenere questo segreto», dice Carlo Croccolo «perché nessuno nel mondo dello spettacolo sapesse quanto grave fosse la sua menomazione» - «E’ stato un grandissimo maestro nella professione ma anche nella vita»

Pierangelo Rossi, «Gente», anno XXXVI, n.48, 23 novembre 1992


«Si, dovevo ridoppiare Totò»

Sorprendente rivelazione sul grande comico napoletano nel venticinquennale della scomparsa. Carlo Croccolo: era malato, dopo il '58 gli ho prestato la voce in trenta film.

ROMA

Totò, il grande comico napoletano del quale ricorre il venticinquennale della scomparsa, fu costretto negli ultimi anni della carriera a farsi doppiare in molte scene cinematografiche da Carlo Croccolo a causa di gravi problemi agli occhi. La notizia, contenuta nel libro di Giancarlo Governi «Io sono Totò», è stata confermata da Croccolo durante la presentazione dell'iniziativa editoriale multimediale «Lei non sa chi sono io», realizzata dalle consociate Rai Fonit Cetra, Nuova Eri e Videorai, che ripercorre la carriera artistica del principe de Curtis in due videocassette corredate dal saggio biografico di Governi.

«Totò aveva le retine malate — ha detto Croccolo — e col passare degli anni divenne quasi cieco. Le scene girate in esterni, che richiedevano una nuova incisione audio, non potevano essere ridoppiate da lui, perché Totò non riusciva a seguire sullo schermo i movimenti delle proprie labbra. Le scene girate in interni, invece, sono tutte autentiche, in presa diretta. L'ho aiutato in una trentina di film dopo il 1958. Mi fece giurare che non avrei parlato con nessuno dei miei interventi. La stampa non lo amava e lui non voleva che si sapesse della sua malattia».

L'ostracismo della cultura italiana dell'epoca verso il genio artistico di Totò, che fu anche autore di poesie e canzoni divenute celebri, è stato ricordato da Lello Bersani, autore nel ’65 di una celebre intervista tv al principe de Curtis, riproposta in «Lei non sa chi sono io»: «I critici — ha detto — si divertivano con i suoi film ma poi li condannavano». In quell'eccezionale documento Totò si rivelò con lucidità, ironia e senza segreti, recitando con straordinaria commozione la sua poesia più celebre «A livella». Si scopre cosi la difficile convivenza fra il principe e il comico, il «servitore» Totò che vive in cucina, la gioventù in via Santa Maria Antesaecula. in «Rione», gli inizi con la Commedia dell'Arte che gli insegnò l'improvvisazione, vera perla di ogni suo film, poi il varietà, la rivista, la commedia musicale, il cinema. «Lui è un pagliaccio, un attore: io una persona per bene», afferma il principe, legato al titolo e al blasone, che solo agli amici più cari permetteva di chiamarlo affettuosamente Totò.

«Totò — ha aggiunto Carlo Sartori, direttore editoriale della Nuova Eri — fu vittima della cultura cattolico-comunista prevalente a quei tempi, che anteponeva la tragedia alla commedia. In quest’ultimo genere d’arte si intravedeva una forma di disimpegno, non produttiva da un punto di vista politico».

Un atteggiamento destinato a mutare con il passare degli anni e che «Lei non sa chi sono io» documenta attraverso scritti di Federico Fellini, Umberto Eco, Cesare Zavattini, Eduardo De Filippo, esempi del ripensamento dei massimi esponenti della cultura nazionale nei confronti dell’opera cinematografica dell’attore napoletano: «Ricordate Totò? — si domandava Fellini nel 1980 — Che stupefacente, misteriosa apparizione!».

«Corriere della Sera», 15 ottobre 1992


«Io, la sua voce segreta»

Molti lo ricorderanno come il maggiordomo di Totò in «Signori si nasce», eppure lui, con il Principe de Curtis ha un rapporto più intimo. Carlo Croccolo è stato, infatti, la «sua» voce in decine di film, come doppiatore per gli esterni. Una voce ora stanca e provata dalla malattia, che mette i brividi tanto assomiglia a quella a noi nota di Totò, in una stanza stanza del II Policlinico, a Napoli, dove l'attore è ricoverato da una settimana, in attesa di subire un intervento per applicargli quattro by-pass dopo essere stato colto da malore a Palermo, poco dopo la fine di una delle repliche di «Una bomba in ambasciata», di Woody Alien, con Gleijeses.

Croccolo, come sta?

«Sono un po' preoccupato, devo subire una operazione abbastanza seria, non sono mica pinzellcicchere, avrebbe detto Totò».

Che cosa più la lega al principe della risata?

«Beh, sono stato la sua voce per tanto tempo... era un segreto tra me e lui, ma poi qualcuno lo ha scoperto e il segreto è stato svelato».

Cento anni fa nasceva Totò, cosa ricorda in particolare di lui?

«Proprio in questi giorni difficili per me ho pensato a una frase che lui diceva spesso durante gli ultimi mesi della sua vita. Ormai cieco, mi ripeteva: "Carlo, ricordati che quando sei al buio devi aver pazienza, e se sai aspettare un poco, anche al buio viene la luce.,.". Ecco... in questi giorni, forse perché anche io da un occhio non ci vedo quasi più, sto pensando spesso a quella frase e quasi mi pare di sentirmi come Totò; del resto ho quasi avuto i suoi stessi guai, ma non la sua grandezza infinita».

Ha ottenuto riconoscimenti tardivi...

«Stanno facendo scempio della sua immagine, ormai è inflazionata e ci sono tantissimi suoi pallidi epigoni che tentano di imitarlo, non hanno inventato nulla e hanno preso tutto da lui. Era un grandissimo attore e mi ha insegnato tantissimo, non solo sul palcoscenico».

E del centenario, che cosa pensa?

«Vorrei esser presente nel giorno del centenario, non vorrei fare la fine di Totò ed essere ricordato solo dopo. Ma prima vorrei darvi una notizia...».

Dica...

«Ho deciso, prima dell'intervento chirurgico sposerò Daniela, Daniela Cenciotti, la mia compagna, che non mi lascia un attimo».

r.s., «Il Mattino», 8 febbraio 1998


Via i tagli della censura, rivive «Totò e Carolina»

La prima mutilazione per la «prostituta» Anna Maria Ferrero offerta ad un cliente. Tatti Sanguineti: «Dobbiamo ancora recuperare 15 minuti di immagini originali»

VENEZIA

Nella Sala Volpi del Palazzo del Cinema ieri è stato presentato il film di Mario Monicelli, «Totò e Carolina», reintegrato di un quarto d'ora di immagini che 45 anni fa erano state tagliate dalla censura del governo Scelba. E' il primo lavoro organico, ma non ancora ultimato, su un film, nell'ambito del progetto triennale «Italia Taglia», promosso dalla Cineteca di Bologna e dall'Anica, con l'appoggio del Dipartimento dello Spettacolo che ha messo a disposizione i verbali e i tagli della censura del dopoguerra. Il film è stato uno dei più bersagliati dalla censura che l'aveva «sequestrato» per 15 mesi e poi mutilato con 38 tagli, 83 battute modificate e gli aveva vietato qualsiasi proiezione all'estero. «La copia di "Totò e Carolina" proposta a Venezia - precisa Tatti Sanguineti, uno dei curatori dell'operazione non si può considerare reintegrata del tutto perché dobbiamo recuperare un altro quarto d'ora di tagli e modificare una settantina di battuta. In alcuni casi si tratta di modifiche ridicole: la parola "prostituzione" era stata sostituita con "sregolatezza", "peripatetica" con "svitata", "donnaccia" con "disgraziata", "vigliacca" con incosciente". Nella nostra ricerca abbiamo scoperto che per Totò il film di Monicelli è stato l'ultimo capitolo di una sua "fase" cronachistica, sociale, neorealistica, impegnata e di denuncia. E in questa fase (che comprendeva "Totò cerca casa", "Totò e le donne" e "Guardie e ladri" che ha avuto 40 tagli) è sempre stato censurato».

«In quegli anni - sottolinea Giuseppe Bertolucci, presidente della Cineteca di Bologna - la censura si imponeva di tutelare la religione, il prestigio della polizia e una certa ideologia politica. Il primo taglio di "Totò e Carolina" riguarda una scena in cui l'agente Caccavallo (Totò) e un prete cercano di affibbiare una giovane prostituta, Carolina (Anna Maria Ferrerò non ancora ventenne), ad un produttore di vini, non confessandogli che è incinta. Il secondo intervento era concentrato sulla tutela dei "celerini", in quegli anni attivi; il terzo è politico. Nella prima versione Monicelli aveva previsto un camion con operai comunisti che cantavano "Bandiera rossa", nell'edizione del '55 cantavano la canzone del Piave».

Ieri i tagli ripristinati sono stati doppiati (dal vivo) nella sala Volpi, da Carlo Croccolo, dal 1957 voce cinematografica di Totò. Oggi Carlo Lizzani presenta un «evento speciale» realizzato per la televisione. Si tratta di un omaggio a Luchino Visconti che domani sera verrà trasmesso da Rai Uno in seconda serata. «Questo programma di un'ora spiega Carlo Lizzani - nasce dall'idea di fare un grande omaggio a Luchino Visconti attraverso una ricostruzione fiction della sua vita, ma purtroppo fatti i preventivi l'opera sarebbe comunque risultata troppo costosa. Ed allora ho ripiegato su un ritratto di Visconti raccontato attraverso le dimore e i luoghi della sua infanzia, adolescenza e giovinezza».

Dopo la ressa di pubblico di giovedì scorso per assistere alla proiezione de «I vitelloni», restaurato da Mediaset, il film di Federico Fellini ieri è stato riproposto al Lido. Un'opera del '53 che fa parte del programma «Cinema forever» di Mediaset che ha già riportato alla perfezione originale 16 capolavori italiani.

Retequattro a fine settimana trasmetterà le copie restaurate di «Francesco giullare di Dio» di Roberto Rossellini, «Deserto rosso» di Michelangelo Antonioni, «La comare secca» di Bernardo Bertolucci e «Umberto D.» di Vittorio De Sica.

Ernesto Baldo, «La Stampa», 6 settembre 1999


«Totò e Carolina» ritorna senza tagli

Un poliziotto senza autorità, una ragazza sedotta e abbandonata, un parroco menefreghista, un manipolo di comunisti con tanto di bandiere rosse e pugni chiusi. Troppo per l'Italia democristiana dei primi Anni '50, epoca governo Sceiba. E così «Totò e Carolina», diretto nel '53 da Mario Monicelli, divenne uno dei bersagli preferiti della censura. Bocciato a ripetizione dalle varie Commissioni di revisione cinematografica, unanimi nel ritenerlo «offensivo del decoro e del prestigio dei funzionari e degli agenti di forza pubblica». Agenti che, per tener alto l’orgoglio nazionale, mai avrebbero potuto indossare la faccia impunita di Totò, per di più ribattezzato nel film Antonio Caccavallo.

Alla fine, per farla uscire nelle sale, la pellicola fu mutilata con 38 tagli e 23 battute furono modificate. E così i comunisti divennero socialisti, «Bandiera rossa» fu sostituita da un coro di montagna («Di qua, di là del Piave»), il grido «abbasso i padroni» con «viva l’amore». Cancellata pure la frase di Totò: «Il suicidio è un lusso, i poveri non hanno neanche la libertà di uccidersi». Insomma, dell’originale restò ben poco. «E’ stato il mio film più massacrato», ricorda Monicelli subito conquistato da quel soggetto di Flaiano.

Adesso però, 46 anni dopo, una versione inedita di «Totò e Carolina» sarà presentata il 5 settembre alla Mostra del Cinema di Venezia, presenti il regista, gli sceneggiatori Age, Scarpelli, Sonego, Anna Maria Ferrero (la Carolina del film). Merito di «Italia taglia», il progetto curato dall’Anica, dal Dipartimento dello Spettacolo, dalla Cineteca di Bologna e dal critico Tatti Sanguineti, che ha trovato in Svizzera una versione quasi integrale. Che riporterà al suo posto i militanti comunisti, «Bandiera rossa», e tutto il resto.

«Nessuno di noi che realizzò "Totò e Carolina” era comunista — rivela lo sceneggiatore Furio Scarpelli —. Se fossimo stati comunisti non avremmo rappresentato i compagni che, su un camion, la domenica vanno a farsi un’allegra scampagnata, bensì le lotte nelle officine e nei campi. Il fatto che la scena sia stata tagliata mi fa pensare che fosse ritenuta un’insidia mostrare i comunisti come della gente quasi normale, che se ne va in giro a mangiare il cocomero anziché i bambini».

Giuseppina Manin, «Corriere dell'Informazione», 6 settembre 1999


Il Totò censurato torna con la voce di Croccolo: mi chiese aiuto anche quando perse la vista

L'attore recita dal vivo le battute tagliate Assente la Ferrero: offesa dal festival

VENEZIA

Il film è appena cominciato, la retata delle passeggiatrici di Villa Borghese è in pieno svolgimento, quando appare Totò che trascina Anna Maria Ferrero: è l’agente Cacca-vallo che ha scoperto la timida Carolina.

A lei è rivolta la prima battuta:

«Su, delinquente, su su, avanti!». La voce, con il timbro inconfondibile del principe de Curtis, proviene dalla platea, dove l’attore Carlo Croccolo legge le frasi di Totò, che i censori soppressero dal film «Totò e Carolina». «Sono emozionatissimo — confessa Croccolo che recitò con Totò in "Miseria e nobiltà"—. Anche perché torno a dare la voce al mio
grande maestro: fu lui a chiedermi di doppiarlo dopo che aveva perso la vista. Nei "Due marescialli" doppiai anche De Sica».

Ieri, nell’angusta Sala Volpi, si presentava la copia «integrata» di «Totò e Carolina», il film di Mario Monicelli che, pronto nel 1953, uscì solo nel marzo 1955, massacrato da crudelissimi interventi. Copia lavoro, spiegava Giuseppe Bertolucci direttore della Cineteca di Bologna, perché la ricerca dei materiali espunti dai censori non è ancora terminata: la pellicola subì tagli per ventitré minuti e in molti altri punti il sonoro venne alterato. Tra i casi clamorosi, uno oltrepassa le soglie del ridicolo: sul camion con le bandiere rosse i comunisti cantavano «Bandiera rossa», nella copia che uscì in sala si ascoltava «Di qua, di là dal Piave».

Tatti Sanguineti, curatore del volume «Totò e Carolina», appena pubblicato da Transeuropa, e animatore del progetto «Italia taglia», racconta le peripezie di questa riscoperta: «Dalla Cinématheque di Losanna avevamo recuperato una copia sonora con meno tagli di quella abitualmente vista, poi, pochi giorni fa, alla Cineteca di Roma, è saltato fuori il negativo di un’altra copia, ancora più vicina a quella originale, però muta. Quella proiettata a Venezia nasce dall’assemblaggio fra le due, e Croccolo ha integrato con la sua voce il Totò perduto».

Lo sceneggiatore Rodolfo Sonego ricorda: «Con Monicelli eravamo giovani, forse incoscienti, credevamo di poter parlare liberamente di polizia, istituzioni, religione. Preoccupato, il produttore Carlo Ponti fece un’anteprima per soli preti: che risero tanto, ma questo non bastò ai censori democristiani del governo Sceiba». Ma quello non fu il solo film di Totò a essere scempiato: tutte le commedie di cronaca (da «l sette re di Roma» ad «Arrangiatevi!» fino al «TuttoTotò» Rai, rimasto incompiuto per la morte del comico) furono duramente ritoccate. Per il timore dei politici di essere sbeffeggiati. Del resto, come ricorda la vedova Franca Faldini nel libro curato da Sanguineti, Totò in casa se la rideva di presidenti ministri e capi-partito. da Gronchi ribattezzato «Piede 'e papera», ad Andreotti «l’Aspirante sagrestano» fino a Berlinguer, «Stanlio».

Protagonista femminile, Anna Maria Ferrero. Non invitata, è rimasta a Parigi dove vive da anni. «Andrò a Roma, alla proiezione con Monicelli. A Venezia si sono comportati da maleducati con me».

Ranieri Polese, «Corriere della Sera», 6 settembre 1999


1992 10 15 La Stampa Toto Croccolo.intro

Totò, il grande comico napoletano, fu costretto negli ultimi anni della carriera a farsi doppiare molte scene da Cario Croccolo, per gravi problemi agli occhi. Lo racconta Giancarlo Governi nel libro «Io sono Totò» e lo ha confermato ieri Croccolo, presentando «Lei non sa chi sono io», due videocassette che ripercorrono la carriera artistica del principe de Curtis. «Totò aveva le retine malate - dice Croccolo - e col passare degli anni divenne quasi cieco. Le scena in esterni, che richiedevano una nuova incisione audio, non potevano essere ridoppiate da lui, perché non riusciva a seguire sullo schermo i movimenti delle sue labbra. L'ho aiutato in una trentina di film. Mi fece giurare che non ne avrei parlato con nessuno. La stampa non lo amava e lui non voleva che si sapesse della sua malattia». E' noto infatti l'ostracismo della cultura italiana dell'epoca verso il genio di Totò.

Simonetta Roblony


Intervista a Croccolo: «Io e Totò così diventai la voce del principe»

Lecce - Ora che il tempo è passato, sugli anni trascorsi accanto al principe della risata vorrebbe scrivere un libro. Ha già pronto il titolo: «Totò ed io». Per i contenuti basta attingere alla sua memoria formidabile, precisa come il database di un computer, attrezzo che peraltro usa benissimo, mettendo in riga tecnici e consulenti. Carlo Croccolo domenica compie novant’anni, e il comune di Castel Volturno, dove vive con la moglie Daniela Cenciotti in una bella casa con il giardino e l’orto, gli consegnerà per festeggiarlo le chiavi della città. A Lecce ha appena inaugurato il Festival del cinema europeo con una serata Totò fatta di ricordi, omaggi e proiezione della copia restaurata del film «Chi si ferma è perduto», a cura della Cineteca di Bologna. Pienone e risate come a una prima assoluta. La forza dei classici è questa.

Al grande Totò Carlo Croccolo ha prestato la voce in una decina di film. Con discrezione e affetto gli è stato vicino quando il mattatore perse quasi del tutto la vista. Ora racconta: «Ha ispirato la mia vita, è stato un maestro». Niente sentimentalismi, però: ai toni sdolcinati Croccolo preferisce il graffio beffardo, la zampata ironica e impietosa. Primattore e medico mancato, può resistere a tutto, ma non alla tentazione di una buona battuta. Di sé dice: «Sono stato terribile, mia madre cercava di tenermi a freno a suon di mazzate, non auguro a nessuno un figlio come me».

E con Totò, invece, come si comportava?

«Sul lavoro lui era rigoroso e severo, io giovanissimo e un po’ cretino a volte ne approfittavo. Quando girammo “Totò Lascia o raddoppia” m’incapricciai di un paio di pattini con le ruote di legno che facevano un rumore terribile, drrr, drrr, e scorrazzavo per i corridoi dello studio incurante del fastidio che procuravo agli altri. Totò, esasperato, mi fece chiamare, disse che avremmo provato la scena dell’armadio, mi fece entare nel suddetto e chiuse a chiave. Restai lì dentro per un’ora e mezza senza fiatare, povero me, ma imparai la lezione».

Dispetti a parte, com’erano i suoi rapporti con il principe de Curtis?

«Credo mi considerasse un po’ suo figlio, il figlio maschio che non aveva avuto. Mi trattava con severità e con affetto, e di questo lo ringrazio ancora. Lo rispettavo molto e non mi sono mai permesso di contrastarlo in modo evidente. Con altri, con Aldo Fabrizi, per esempio, ho avuto un rapporto spaventoso, ma nemmeno Totò andava d’accordo con lui».

Com’era Totò sul set, improvvisava come si racconta?

«Riscriveva tutto, altro che improvvisare. Ci chiudevamo nella sua roulotte, lui dettava le battute, Mario Castellani scriveva e poi prove su prove, come a teatro. Quando andavamo davanti alla macchina da presa eravamo padroni del testo e dei tempi. Totò non permetteva a nessuno di cambiare una virgola. L’unico sono stato io, nella scena della mortadella in “Signori si nasce”, e gli scappò da ridere».

Negli anni Sessanta cominciò a doppiarlo.

«Fu lui a chiedermelo, quando perse la vista. Avevamo lo stesso timbro, Totò se ne accorse sentendomi doppiare in francese “La legge è legge” con Fernandel e mi mandò a chiamare. Io mi ero trasferito in Canada, rientrai e cominciai il lavoro dietro le quinte. Non se ne accorse nessuno, nessuno doveva sapere. Doppiavo le scene in esterni, solo per “Uccellacci e uccellini” Totò volle fare tutto da solo, Pasolini gli dava una pacca sulla spalla e lui attaccava la battuta. Sempre perfetto, bravissimo».

Fu cosi che diventò la voce del principe.

«La voce del principe, sì. Magari avessi avuto qualcosa in più della sua arte, non solo la voce.... Però non sono mai stato un semplice imitatore, ho dato personalità ai personaggi. E oltre a Totò ho doppiato anche Nino Taranto, e nel film di Corbucci “I due marescialli” perfino Vittorio De Sica. Ha presente la battuta “domenicano... domenicano... Capurro!”? beh, quello ero io».

Ha attraversato gli anni d’oro del cinema italiano, com’era quel mondo?

«Non è mai tutto oro quel che luccica, l’ambiente dello spettacolo non fa eccezione. I fetenti sono dappertutto, e mi ci metto anch’io. Io sono uno zozzone, mi piacciono le donne. Dicevano: da vecchio cambierai... evidentemente non sono ancora vecchio».

Totò aveva un gran successo con le donne.

«Era un vincente anche in questo».

Però lei ebbe un incontro fatale con Marilyn Monroe...

«La conobbi a un ballo della Paramount, ci ero andato con May Britt e suo marito Sammy Davis jr, poi ero rimasto in un angolo, con un bicchiere in mano e l’aria da scemo. Marilyn passò, mi vide e mi scambiò per un irlandese, per via dei capelli rossi: “Che fai tutto solo?”. Le dissi che ero napoletano, lei scoppiò a ridere e facemmo amicizia. Un’affettuosa amicizia, fu bello, ma anche triste. Marilyn era cristallo puro, una donna meravigliosa, insicura del suo fascino e sola, spaventosamente sola».

A Castel Volturno le preparano grandi festeggiamenti. E a Napoli, la sua città?

«Non ho un buon rapporto con Napoli, è troppo ancorata al passato, come se non volesse migliorare. Ci vorrebbe uno scatto d’orgoglio, un grido di ribellione per far venire fuori dalle cose vecchie la città nuova, la Neapolis».

Titta Fiore, «Il Mattino», 1998


2000 02 08 La Guida Miseria e Nobilta Carlo Croccolo intro

Cuneo - Sabato 12 e domenica 13 febbraio va in scena al Toselli "Miseria e nobiltà" con Carlo Croccolo, per la regia di Daniela Condotti. Il testo è di uno dei grandi della letteratura italiana dialettale, Eduardo Scarpetta, un autore che ha una ricca e copiosa produzione letteraria, ed è stato certamente uno dei più grandi commediografi a cavallo tra di due secoli. Molte delle sue opere sono state riprese dal cinema italiano e atte conoscere al grande pubblico, proprio come è avvenuto per "Miseria e nobiltà’’ un autentico capolavoro interpretato al cinema da Totò, Sofia Loren, Valeria Moriconi e lo stesso Carlo Croccolo che oggi torna sul palco del teatro cuneese.

Scarpetta sposa Rosa De Filippo il 16 marzo del 1876; debutta a quindici anni nel 1868, si ritira dalle scene nel 1909; muore nel 1925, il 29 novembre. Da Rosa De Filippo ha tre figli: Eduardo, Peppino e Titina, che però non riconosce. I tre figli continueranno la grande tradizione teatrale del padre raggiungendo successi a livelli internazionali, in particolar modo quel grande del teatro napoletano che è Eduardo De Filippo. La sua vita è segnata tutta da una serie incredibile di successi teatrali, tra cui proprio il capolavoro “Miseria e nobiltà” andato in scena per la prima volta il 7 gennaio del 1888 al Teatro del Fondo di Napoli.

La sua fama cresce con un ritmo senza sosta, passando da un teatro all'altro: dal “Partenope” al “San Carlino", dove debutta nel 1871 e che ristruttura nel 1880. Nel “San Carlino", messo a nuovo, debutta il primo settembre con la 'Presentazione di una compagnia di comici”, cui segue “Tetillo”, ridotto dall’originale francese di Najac e Hennequin, spettacolo che inaugura la lunga serie delle '‘riduzioni’ scarpettiane. La commedia è il racconto della vita della famiglia di Felice Sciosciamocca, al cinema il grande Totò, scrivano squattrinato. La famiglia abita con un altra povera famigliola, quella ael fotografo Pasquale. Tutti patiscono la fame e sono continuamente minacciati dallo sfratto. Il miraggio del cibo si traduce in realtà quando sono tutti assoldati come falsi parenti aristocratici per un combino matrimoniale tra il marchese Eugenio e la figlia di don Gaetano ricco borghese napoletano. Scambi di persone, sotterfugi, colpi di scena incredibili per una commedia che combina il gioco degli equivoci con il tema della fame secolare che fu di Pulcinella.

Insomma il travestimento, tradito dal linguaggio sempre in bilico tra il dialetto e un ibrido italiano, a cui sono costretti a volta i popolani per riempire la pancia. “Miseria e nobiltà” è una commedia indiscutibilmente comica, dove i giochi linguistici sono a getto continuo, un linguaggio che oscilla fra il dialetto e un italiano ibrido, convenzionale e di maniera, e dove ogni personaggio, anche il più piccolo è guardato con grande ironia, in un gioco che alla fine la miseria e la nobiltà sono inglobati all’interno dell'area borghese. Sarà difficile anche a teatro non ricordarsi di quell’immortale inno alla pasta che è la scena cinematografica in cui Totò e compagnia ballano sulla tavola divorando spaghetti e ficcandoseli in tasca per paura che qualcuno se li porti via.

La prevendita dei biglietti, che vanno dalle 40 alle 15 mila lire, fino a giovedì 10 febbraio si effettua con orario continuato dalle 9 alle 16, venerdì 11 febbraio dalle 9 alle 12 presso la Sala delle Colonne nel Palazzo Civico in via Santa Maria, oppure la sera dello spettacolo, direttamente alla cassa del Teatro Toselli a partire dalle ore 20.

Massimiliano Cavallo, «La Guida», 8 febbraio 2000


Tra le «Voci nell'ombra» c'era anche quella di Totò

Festival del doppiaggio a Finale Ligure, primi Maglietta e Pannofino

Totò «doppiato»? Un fatto forse noto agli addetti ai lavori, addirittura uno choc per i tantissimi fan del principe de Curtis. Eppure è cosi: Totò, dal 1961 in poi, fu doppiato in una grande quantità di scene, in particolare girate all'aperto, quando i rumori esterni impedivano la presa diretta del sonoro. Problemi alla vista impedivano all'attore di sincronizzare il movimento delle labbra con le immagini e si rese così necessario affidarsi a un doppiatore.

La «rivelazione» è del famigerato trio della First National Longobardi-Quagliotti-Bassi, forse i maggiori esperti di storia del doppiaggio in Italia. Al «Festival nazionale del doppiaggio cinematografico e televisivo» di Finale Ligure hanno presentato un omaggio alle voci che dall'ombra hanno fatto parlare il grande comico napoletano. Nell'edizione scorsa della manifestazione era toccato a Stanlio e Ollio, venti minuti di gag comiche attraverso tutti gli attori italiani che a Crick e Crock hanno prestato la voce, a cominciare da Alberto Sordi nei panni di Ollio e Mauro Zambuto in quelli di Stanlio. Quest'anno è toccato al principe Antonio de Curtis, in arte Totò.

«Con il lavoro fatto per Stanlio e Ollio abbiamo capito che eravamo sulla strada giusta - spiega Franco Longobardi -. Non un collage di spezzoni, ma un vero e proprio film breve che potesse divertire il pubblico, non un discorso per soli cinefili. Fra le oltre cento pellicole girate in trent'anni da Totò abbiamo selezionato le 18 in cui era stato doppiato e ne abbiamo fatto una serie di sketch compiuti di dodici minuti con, in ordine cronologico, tutte le voci che gh erano state "imprestate". Il miglior doppiatore rimane comunque Carlo Croccolo, grandissimo attore tuttora in attività, che con Totò ha lavorato moltissime volte come spalla o comprimario».

A scegliere Croccolo - che già aveva interpretato Oliver Hardy Ollio come proprio doppiatore fu lo stesso de Curtis, talmente ben «imitato» da non riuscire egli stesso a capire, in fase di proiezione, quando fosse la propria voce a parlare e quando quella del doppiatore. Alla fantasia e alla tecnica di Croccolo è attribuita una geniale intuizione in «Totò Diabolik». Travestito da donna, Totò rivelò un'inaspettata somiglianza con Tina Pica. Croccolo, allora, inventò una voce che era esattamente una via di mezzo fra quella del principe de Curtis e quella della grande attrice napoletana.

Ma non fu solo Carlo Croccolo a prestare la voce a Totò. In «Totò a Parigi», il comico interpretava due parti, la propria e quella di un gangster francese. Per questo secondo ruolo fu scelta la voce di Emilio Cigoli, doppiatore di Jean Gabin in «Grìsbi».

Il lavoro di ricerca di Longobardi-Quaghotti-Bassi ha però rivelato episodi ancora più inattesi. Come l'unico caso in cui Totò fu a sua volta doppiatore, e non un oscuro episodio di inizi carriera, ma un lavoro degli anni di maggior fulgore del grande comico napoletano. Il titolo era, in Italia, «La vergine di Tripoli», film americano d'avventura mal nato e mal riuscito. Visto il poco glorioso risultato, gli stessi produttori decisero di accentuarne l'aspetto comico e a tale scopo introdussero la figura di un cammello parlante. Ebbene, la voce del cammello in Italia fu nientemeno che quella del principe Antonio de Curtis, universalmente noto come Totò.

Giorgio Destefanis, «La Stampa», 30 settembre 2002


2017 04 15 Repubblica Carlo Croccolo intro

L’attore in scena stasera al Sancarluccio con uno spettacolo dedicato al Principe

Stasera alle 21 Carlo Croccolo, novant'anni appena compiuti , sarà in scena al teatro Sancarluccio, protagonista di "Nel nome di Totò", a raccontare dei tanti incontri che, in anni ormai lontani, ha avuto con il principe Antonio de Curtis.

SUL SET
Non improvvisava mai ma se un copione non gli piaceva, lo riscriveva poi tutti insieme provavamo la scena e si girava. Era esigente e voleva che tutto sul set fosse perfetto

Croccolo, ha davvero tanti ricordi da mettere in ordine?

«Tanti, e tra un paio di mesi pubblicherò un libro di memorie, "Totò ed io", in cui racconterò la mia vita tutta dedicata al teatro e al cinema».

Racconterà degli incontri con questo grande artista?

«A cominciare da quando l'ho conosciuto, in un modo stranissimo. Ero nella Compagnia Comica di Radio Roma, avevamo in scena una commediola, "L'arca di Noè", lavoravo con Zoe Incrocci. Mi stimava e parlò di bene di me al fratello Agenore Incrocci, Age, che con Furio Scarpelli firmava le sceneggiature dei film di Totò. Così un giorno mi presentò al fratello che a sua volta mi presentò a Mario Mattoli che stava facendo un film con Walter Chiari, ed ebbi una piccola parte. A Mattoli piacque moltissimo e così lui mi presentò a T otò. »

Dove lo incontrò?

«Andammo a casa sua, in viale Bruno Buozzi, una casa di buon gusto, vecchio stile. Mi fece qualche domanda. Evidentemente gli andai bene perché mi fece fare una piccola parte, niente di importante, era come un provino. Il film era "Totò Tarzan", io ero uno sposino in viaggio di nozze, niente di speciale, ma anche questa volta dovetti piacergli perché subito dopo mi affidò un personaggio bellissimo in "Totò sceicco", dove facevo un cameriere e potei inventare un sacco di cose.»

Un film mitico.

«E un grande successo, il pubblico usciva dal cinema entusiasta del nostro gioco. Totò ne fu felice e mi chiamò come collaboratore a fare la "spalla" in "47 morto che parla". Mi sentivo sicuro, inventai un personaggio nuovo e una gag che durava ben sette minuti. »

Totò inventava al momento le sue famose battute?

«Non andava mai a braccio, innanzitutto perché al cinema non puoi improvvisare se ci sono altri attori a recitare. Si rischia la paralisi. Ma spesso i copioni che gli davano non gli piacevano, lui allora chiamava tutti quelli che dovevano partecipare a una scena, ci dava carta e penna e ci dettava la scena ripensata da lui. Cambiava il copione, lo riscriveva con noi, poi lo provavamo e così andavamo al ciak preparatissimi. Mario Castellani era il suo principale collaboratore: lo accompagnava anche nella scrittura, era bravissimo, lo aiutava a rivedere i copioni. Totò cambiava ma non improvvisava. Grande professionista, era meticoloso, odiava il dilettantismo di tanti attori».

Riuscivate a divertirvi durante il lavoro?

«Lo si doveva chiamare "principe" e i rapporti erano cordiali, corretti, ma mai confidenziali. Non faceva divertire quelli che lavoravano con lui, era esigentissimo, ci voleva perfetti sul set e se uno non era preparatissimo con lui non poteva lavorare».

Vi aiutava?

«Non dava consigli, non aiutava, voleva che gli altri facessero quello che lui pensava fosse necessario».

Aveva amici tra quelli con cui lavorava?

«Pochi. Con De Sica c'era un grande affiatamento ma con Fabrizi non si trovava bene, inventava troppo. E durante la lavorazione di "Guardie e ladri" era un disastro. C'era grande amicizia invece con Peppino De Filippo e con Nino Taranto: battute fulminanti, feroci, tra loro c'era dimestichezza e affiatamento. Anche con me però. Mi considerava come un figlio, anche se era molto severo».

Lei gli ha prestato la voce

«Nel 1955 doppiai "La legge è legge". Lo doppiai in francese con la voce di Totò, e quando nel '57 lui perse la vista e non poteva doppiarsi negli esterni, mi chiamò. Negli interni c'era la presa diretta e lui era perfetto, poi però dovevo intervenire io. "Hai il mio stesso timbro di voce e conosci i miei tempi ", mi diceva».

Insomma com'era questo mitico Totò?

«Intelligentissimo. Non era molto colto ma affrontava i copioni con una sapienza interiore enorme. Veniva dalla strada ma era veramente un principe. Non era nato nobile ma lo era diventato davvero.»

Una sua definizione di Totò

«Incommensurabile, non si può né misurare e nemmeno definire».

Qualche rammarico?

«Scrivemmo insieme la sceneggiatura di "Fidanzamento all'italiana" nel 1965. Era divertentissima, lui doveva essere un vecchio inventore napoletano. Il film non si fece e quella sceneggiatura che nessuno ha mai letto non la trovo più»

Giulio Baffi, «Repubblica», 15 aprile 2017


Totò e... Carlo Croccolo - Le opere

47 morto che parla (1950)

47 morto che parla Buongiorno cavaliere, lei campa ancora? Quanti anni ha? Novantasette? Mi pare che lei stia esagerando. Si decida, si decida.Barone Antonio Peletti Inizio riprese: novembre 1950, Studi Titanus RomaAutorizzazione censura e…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
11724

Totò sceicco (1950)

Totò sceicco Hai perso un occhio per la causa? Mi dispiace, ma chi te lo fa fare a perdere tempo con le cause? Vanno sempre per le lunghe e poi gli avvocati costano cari. Non fare il causillo!Antonio Sapone Inizio riprese: settembre 1950,…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
13744

Totò Tarzan (1950)

Totò Tarzan La mia età? Quattro eclissi, due alluvioni e un pediluvio. Lo so, non dimostro i miei anni, nella foresta mi danno tutti un pediluvio in meno.Antonio Della Buffas Inizio riprese: settembre 1950, Stabilimenti Titanus, RomaAutorizzazione…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
11361

Il più comico spettacolo del mondo (1953)

Il più comico spettacolo del mondo Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C'è tanta gente che si diverte a far piangere l'umanità, noi…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
6174

Miseria e nobiltà (1954)

Miseria e nobiltà Lei è ignorante? Bravo, bravo. Viva l'ignoranza! Tutti così dovrebbero essere. E se ha dei figliuoli, non li mandi a scuola, per carità! Li faccia sguazzare nell'ignoranza.Felice Sciosciammocca Inizio riprese: gennaio 1954, Studi…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
10130

Totò lascia o raddoppia? (1956)

Totò lascia o raddoppia? Io ho un domestico cretino: quando sbaglia gli metto la multa. Mi deve già quattrocentomila lire.Duca Gagliardo della Forcoletta Inizio riprese: marzo 1956, Studi Cinecittà RomaAutorizzazione censura e distribuzione: 24…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
8898

Signori si nasce (1960)

Signori si nasce Cave canem, cave canem, in hoc signo vinces, est est est. Mah...Barone Ottone Degli Ulivi Inizio riprese: gennaio 1960, Stabilimenti INCIR - De Paolis, RomaAutorizzazione censura e distribuzione: 5 aprile 1960 - Incasso lire…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
11218


Riferimenti e bibliografie:
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • Serena Iannicelli, «Radiocorriere TV», anno LXVII, n.22, 3/9 giugno 1990
  • Simonetta Roblony, «La Stampa», 17 agosto 1992
  • Pierangelo Rossi, «Gente», anno XXXVI, n.48, 23 novembre 1992
  • «Corriere della Sera», 15 ottobre 1992
  • Simonetta Roblony, «La Stampa», 15 ottobre 1992
  • Ranieri Polese, «Corriere della Sera», 6 settembre 1999
  • Titta Fiore, «Il Mattino», 1998
  • Massimiliano Cavallo, «La Guida», 8 febbraio 2000
  • Giorgio Destefanis, «La Stampa», 30 settembre 2002