Totò e... Peppino De Filippo

Peppino_De_Filipp


Era accaduto che da qualche anno, in coppia con Totò, avevo ottenuto un notevole successo cinematografico guadagnandomi, così, la fiducia del «noleggio», la sicurezza, cioè, di aver provocato l’interesse diretto dei distributori di films. Tra costoro vi figurava il più importante: Angelo Rizzoli. [...] Infatti, si creda o non si creda ma le statistiche parlano chiare, furono i films che io girai in coppia con Totò a salvare il nostro cinema di allora che subiva la barriera delle produzioni americane, fino a raggiungere la vetta di oltre un miliardo e mezzo di incassi. Si parla di una cifra di tredici anni fa!

Peppino De Filippo («Strette di mano», Peppino De Filippo, Alberto Marotta Editore, Napoli 1974)


Non c'era il copione


Ho fatto film con Totò fin dal '56. Venne nel mio camerino al Teatro delle Arti, mi pregò di fare un film con lui, c'era solo una traccia, non c'era neppure il titolo, bisognava inventare tutto. Il titolo lo trovai poi io e il film si chiamò "Totò, Peppino e ... la malafemmina", andavamo avanti a braccio, ero soprattutto io che trovavo degli spunti, tiravo fuori delle cose. Certo, Totò era un ottimo attore di rivista, aveva una bella faccia espressiva, lo rispettavo nel suo genere e sentivo che mi rispettava come attore di prosa.

Il guaio era che non c'era un vero e proprio copione, e dovevamo per forza andare a braccio, una cosa del genere la potevamo fare solo noi, io e lui. Il film incassò un miliardo e mezzo. Ne abbiamo fatti poi molti altri, io lavoravo molto per pagare il fisco, una vecchia storia di tasse arretrate: Totò, Peppino e questo, Totò, Peppino e quello, hanno reso tutti molto bene. Stavo sempre attento che non ci facessero fare le stesse cose, dovevamo differenziarci, contrapporci.

Quando mi hanno fatto leggere il soggetto di Totò, Peppino e la dolce vita, in cui eravamo due fratelli che andavano assieme a Roma, non ne volevo sapere; lo modificammo radicalmente proprio per differenziare i nostri personaggi. Lui non amava la gag pura, metteva in tutto quello che faceva un fondo di umanità, un fondo di bontà. Totò era un uomo molto simpatico, molto alla mano, ci divertivamo a lavorare assieme, anche la troupe si faceva un sacco di risate.

Galleria fotografica e stampa dell'epoca

Strette di mano - Il principe de Curtis

Alludo al caro Totò. Al grande comico napoletano Totò che si arrabbiava tanto e seriamente quando non lo si appellava con titolo di «Principe» per il quale ha dato, con attaccamento e tenacia, una vita intera di lavoro. Si può dire che lo scopo vero della sua vita sia stato solamente la preoccupazione di mettere in giusta luce le sue origini nobiliari, e penso — naturalmente è una mia riflessione — che la sua positiva vita teatrale di fronte a questo suo più forte desiderio sia stata, a paragone, quasi nulla. E non sapeva, o non voleva sapere, che la nobiltà originaria della sua grande arte di «comico di teatro» — a mio sincero avviso — era molto, ma molto più importante di un qualsiasi titolo nobiliare. Ma voglio rispettare il suo desiderio. Ognuno ha i suoi «capricci», ognuno è padrone, se lo può, di far rispettare i propri diritti. [...]

1938 Peppino De Filippo 02 L


Questa è una delle tante "strette di mano" che Peppino De Filippo pubblicò sul «Messaggero» di Roma dal 1969 al 1971. La maggior parte di esse, tra cui questa, furono pubblicate nel 1974 sull'omonimo libro «Strette di mano», Alberto Marotta Editore, Napoli, 1974 - Leggi l'articolo completo


La grammatica di Totò (e Peppino)

Chi l'avrebbe detto, quel 7 settembre 1956, quando il film fu stroncato con summo gaudio da tutti i «vice», che "Totò, Peppino e la... malafemmina" sarebbe diventato cult? Regista fedelissimo al principe de Curtis, Camillo Mastrocinque, ex architetto con la passione per la lirica, diresse per sua maestà Totò cinque film no stop; questo, ispirato alla nota canzone scritta da Totò per rimuovere l’amore infelice per la bellezza in bicicletta Silvana Pampanini, incassò 682 milioni e fu tra i quattro del '56, primo in cui sul titolo sedevano insieme Totò e Peppino, strana coppia garanzia di risate.

Storia quasi da sceneggiata: due zii, i fratelli Capone, con la mamma del giovane, affrontano un viaggio a Milano per convincere una ragazza del varietà a lasciar perdere il «disonorato», ma innamorato, nipotino. Da qui equivoci a raffica, ma finale col cuore in mano: amor omnia vincit, tutti al paesello.

Nel corso del tempo il film è diventato amatissimo e citatissimo per la scena proverbiale della dettatura della lettera: punto due punti, abbondiamo. È l’Italia anni '50, dove Nord e Sud sono separati in casa, e Totò e Peppino arrivano coi colbacchi temendo la nebbia del Nord e incontrano un vigile in Piazza del Duomo. È la sintonia tra i comici che è eccezionale anche se Peppino, nella Avventurosa storia del cinema italiano di Fofi e della Faldini che la Cineteca di Bologna sta ristampando, racconta quanto fosse divertente e faticoso lavorare con Totò che arrivava sul set dopo le 14 perché aveva orari notturni, da teatrante, e fa presente che lui invece era in prosa, n film prova quanto le fondamenta del cinema comico siano nella rivista: lo prova la presenza di Dorian Gray ex soubrette di Tognazzi, da anni misteriosamente scomparsa ma ricercata da Gianni Amelio e altri fans d.o.c.: è lei che, truccata fellinianamente, rnba il cuore al triestino Teddy Reno che la sera nel musical L'adorabile Giulio cantava «Simpatica» a Delia Scala, ma pensando a m.me Vania Traxler.

«Corriere della Sera», 18 agosto 2009



Era monarchico, eh sì, eccessivamente. Infatti una volta, durante un'elezione, cercò di convincermi a votare per Stella e Corona. La monarchia andò piuttosto male e, a elezioni compiute, mi chiese a chi avessi dato il voto. «Ho votato comunista» gli dissi. Stavamo mangiando sul set, lo ricordo bene. Buttò via tutto, cartocci e bicchieri, gridandomi addosso: «Questo proprio non me lo dovevi fare». Un giorno mi disse: «Ma tu lo sai che se la Regina d'Inghilterra m'invita a pranzo a me m’ha da mettere vicino ad essa?». Gli piaceva nominare cavalieri e commendatori, ma a me mi disse: «A te non ti faccio, pecché mi sfotti».


Il povero Totò quasi non vedeva più e io ero costretto (Dio sa con quanta tenerezza e amicizia) a girare le nostre scene portandomelo sottobraccio, accompagnandolo così... naturalmente, senza dare a capire, e lui recitando, mi seguiva fiducioso, tranquillamente nello spazio stabilito nel quale si svolgeva la vicenda.


Ho fatto da spalla a Totò e con piacere. Solo una cosa mi dispiace: i film sono stati realizzati sempre male. Per i produttori italiani il film comico è una cosa poco seria. [...] Io sto facendo il comico da 50 anni e non ho mai detto nessuna volgarità, e modestamente ho una posizione artistica in Italia quasi invidiabile. Ho partecipato ai film a cui lei allude, ma non mi sono spogliato io! Non ho detto io la parolaccia! Ho sempre tagliato le battute che prevedevano una cosa del genere... [...] Per fare un film comico non è necessaria la battuta facile. Basta un poco di serietà.


Caro mio amico Totò. Mi diceva sempre di voler recitare in prosa con me. Con me solo, diceva, avrebbe voluto tentarlo. Ma come era possibile? Che avrebbe guadagnato economicamente, lui che soprattutto tartassato dal fisco, più di ogni altra cosa, in fatto di lavoro, doveva mirare solo al guadagno del momento? Infatti, ogni volta che cominciavamo un film, se ne usciva con questa frase: Basta... sono stufo, Peppì, di questa fatica... altri quindici film e poi... basta: mi ritiro e faccio teatro!


Non è che con Totò mi trovassi proprio a mio agio però lui aveva una grande stima, un grande rispetto per me. Totò poteva permettersi di fare tutto, cinema e teatro e sempre con una maschera, io mi preoccupavo tantissimo di non cadere in questo errore... Ci ho lavorato sempre bene e ci siamo trovati d’accordo in tante cose. Cominciavamo ad andare sul set alle due, perché prima di allora non ce la facevamo in quanto che Totò era abituato ad andare a letto alle tre-quattro di notte e faceva l’alba, lo finivo il mio lavoro alle otto-nove e andavo dritto a letto perché ero stanco. Ci si trovava alle due sul set con Totò a ricombinare la sceneggiatura; il soggetto era quello, la base era quella, ma era tutto campato in aria. E ricominciavamo il soggetto, il soggetto vero e proprio. Il primo esperimento fu Totò, Peppino e la malafemmina. Questo tipo di film andò avanti sempre su questo binario: ci incontravamo a casa di un produttore e si combinava tutto ma non il copione che, benché io lo chiedessi, non esisteva mai! Ogni film con Totò era per me una lotta, una lotta disperata. A lui per portarlo su un piano di umanità, a me per stare un po’ tranquillo e salvarmi il più possibile da quelle cose che facevano fare a Totò.


Curiosità


I rapporti tra Totò e Peppino furono quasi sempre abbastanza freddi. Peppino, che amava il teatro e si era dedicato al cinema con l'intenzione di fare prodotti "nobili", tendeva a minimizzare il lavoro fatto con Totò, esaltando a dismisura il suo ruolo: «Ho fatto tanti film con Totò fin dal 1956» racconta Peppino De Filippo a Orio Carldiron (nel libro "Totò") «venne nel mio camerino al Teatro delle Arti, mi pregò di fare un film con lui, c'era solo una traccia, non c'era neppure il titolo, bisognava inventare tutto. Il titolo lo trovai poi io e il film si chiamò "Totò, Peppino e la malafemmina", andavamo a braccio, ero soprattutto io che trovavo degli spunti, tiravo fuori delle cose. Certo, Totò era un ottimo attore di rivista [...] e sentivo che mi rispettava come attore di prosa [...]» Ritroviamo tante "cattiverie" postume nella testimonianza di Peppino, quasi una "vendetta" per le angherie subìte e per aver dovuto lavorare in subordine: «trovai poi io il titolo...», «ero soprattutto io che trovavo gli spunti», «Totò era un ottimo attore di rivista...» (mentre lui esercitava il genere più "nobile della prosa"), «ne abbiamo fatti tanti di questi film. Io lavoravo per pagare il fisco...», ecc, ecc. Piccole cattiverie di antichi compagni di lavoro che hanno giocato sempre a prevaricarsi, a disputarsi il favore del pubblico. Ruggiti di "vecchi leoni" che non accettano mai di essere sconfitti.

Giancarlo Governi


Alla battuta della medium: «Le cose vere le mettiamo da parte, ma le supposte, le supposte dove le mettiamo?» Totò e Peppino rispondevano così: «Totò: Peppino, le supposte dove...?» Peppino: «Ehm, non so... io...» Castellani: «Silenzio!» Totò: «Oddio, se servono...» Peppino: «E va bene, si comprano.» Lo scambio di battute viene eliminato; sul taglio Totò ha aggiunto in doppiaggio una nuova battuta fuori campo per chiudere la situazione: «Direi che per il momento accantoniamo le supposte».

Le forbici della censura sul film "Totò, Peppino e la dolce vita" - 1961

Peppino De Filippo: "Tutti i films che abbiamo girato assieme, spesso li abbiamo recitati 'a soggetto'. Creati lì per lì, scena per scena, al momento di 'girare'". In "Letto a tre piazze", per esempio, Peppino cerca di prender sonno accanto a Totò che, secondo il copione, dovrebbe guardarlo per qualche istante. Poi, ricorda Steno, si dovrebbe dare lo stop. Ma Totò lo guarda con insistenza e con un sorriso strano, sempre più "interessato". Alla fine, non sentendo lo stop Peppino apre gli occhi. Allora Totò crea: "Ma sa che io più la guardo e più mi convinco che non è affatto brutto?"


Dialogo a distanza tra Peppino e Franca Faldini

Nel dopoguerra la gente aveva fame d’evasione, eh sì! C’era bisogno di svago, e la gente correva al cinema, a teatro. [...] Ma poi, col passar degli anni, passò l’entusiasmo, i film di Totò non avevano più quel richiamo. Insomma, una sera, nel ’54 o ’55, me lo trovai in camerino, al Teatro delle Arti di Roma. Era piuttosto abbacchiato. A tu per tu, in un momento di confidenza, mi disse che le cose non gli andavano più bene. Volevo fare un film con lui?

Ettore Mo, "In tandem con Peppino", «Corriere della Sera», 15 aprile 1977


Lo escludo assolutamente. Negli spostamenti di Totò c’ero sempre anch’io ‘per lo mezzo’. Io credo che sia stato fatto il nome di Peppino da qualche regista, da qualche produzione, non so chi e come ma escludo che Totò sia andato a cercarlo. In fin dei conti diceva sempre che i De Filippo bisognava prenderli un pochino con le molle, perché erano dei caratteri non proprio straordinari. Quella dei tre che apprezzava di più era Titina, proprio come pasta di creatura umana; poi era stato molto amico, ed era rimasto tale anche se si vedevano poco, con Eduardo. Peppino è comparso un po’ così, out of the blue.

Franca Faldini


Rastrellamenti fascisti

Eravamo nel 1944 quando i tedeschi si preparavano a lasciare Roma per l’avanzare delle truppe alleate dal Sud. Io mi trovavo al Teatro Eliseo a svolgere una stagione teatrale con la mia compagnia. Improvvisamente non si sa come, perché e da chi Totò, avendo saputo che tanto io quanto mio fratello Eduardo dovevamo essere “prelevati” dai tedeschi e condotti al Nord, si preoccupò di inviarci, in segreto, un amico ad avvertirci. Io e mio fratello interrompemmo le recite e trovammo sicuro rifugio presso la casa di una nostra cara amica nel rione Parioli. Totò ne venne a conoscenza. In quella bella accogliente dimora vi rimasi ben trattato e foraggiato con tutti i riguardi una quindicina di giorni ma sempre cercando nel mio cervello la ragione vera per cui ero stato costretto a tenermi nascosto. “Forse”, pensavo “mi sarò lasciato sfuggire qualche frase pericolosa... ma Totò come ha fatto a sapere? Che gli avranno riferito? Che sia stato uno scherzo...?” Il tempo passava in questa atmosfera di dubbio e sempre impaurito e preoccupatissimo. L’eventualità che qualcuno potesse scoprire il mio nascondiglio non mi faceva dormire sonni tranquilli.

Un giorno la cameriera di casa venne a dirmi che fuori, in sala, c'era una ragazza che chiedeva un mio autografo e che per ottenerlo poteva mostrarmi un biglietto di “raccomandazione”. Impensierito accettai di ricevere la ragazza e questa mi diede a leggere il suo bigliettino. Su questo era scritto: “Caro Peppino, questa bella ragazza desidera un tuo autografo, il mio l’ho già dato, le ho detto il tuo indirizzo, accontentala, Antonio”. Antonio era semplicemente Totò. Si può immaginare il mio disappunto. Andavo gridando per tutta la casa: “Ma Totò è scemo? Mi vuole fare fucilare? Ma come? Mi fa nascondere e poi va dicendo in giro dove sono nascosto? Ma è pazzo?” Nondimeno accontentai la ragazza che, ridendo ironicamente... se ne andò. In casa si dettero tutti da fare per calmarmi. Avessi avuto Totò nelle mani, in quel momento, lo avrei maltrattato seriamente. Fu tanto il mio “nervoso” che decisi di non partecipare alla cena. Avevo i nervi fino alla cima dei capelli. Ma poi... i pensieri, le preoccupazioni... mi fecero cambiare idea e... “poscia più che il dolor potè il digiuno”. Mi presentai in camera da pranzo e... dovetti subire lo sfottò di tutti i presenti.

A guerra finita, tornata la calma e la serenità negli animi di tutti, quando ebbi l’occasione di rivedermi con Totò gli domandai: “Ma Anto’? Chi venne a dirti che i tedeschi ci volevano portare al Nord? Fu uno scherzo? Dimmi la verità!” Rispose: “Uno scherzo? Fossi matto. Tutti gli artisti dovevano essere portati in alta Italia. Io pure. Ringrazia Dio che venni a saperlo da persona sicura”. “E la ragazza”, soggiunsi io, “quella dell’autografo?” “Quello si,” rispose lui, “quello fu uno scherzo!” Uno scherzo! Cosa da pazzi. In quell’epoca! Roba da infarto. Finalmente, come Dio volle, Roma vide le truppe alleate per le sue antiche vie fino allora tenute sotto il pesante tallone tedesco.

Peppino De Filippo


Il ricordo più divertente è un ricordo tragicomico... Era proprio il periodo della guerra. Io lavoravo al Valle e i De Filippo stavano all'Eliseo. Un amico mi chiamò dalla questura dicendomi che i tedeschi volevano arrestare me e i De Filippo. Allora telefonai a un amico per andarmi a nascondere. Prima di recarmi da lui, passai all'Eliseo per avvisare i De Filippo. Eduardo non c'era, c'era Peppino. Gli dico: «Peppì, qui succede così e così, bisogna scappare». «Ah sì, scappiamo, dove scappiamo? Dove scappiamo?» «Tu la prendi alla leggera, scherzi?» gli faccio. «Vengono i tedeschi, chi sa cosa ci vogliono fare...» «Ah, vengono qua? E dove ci portano? In albergo?» «No» gli dico, «ci fucilano!». E me ne andai, cioè corro a nascondermi da quest'amico che mi avrebbe ospitato gentilmente. Naturalmente nessuno doveva sapere che ero lì. Dopo mezz'ora che sto là, quest'amico mio viene e mi dice: «Senti, c'è una cugina mia che ti vuol conoscere, che ti ha visto a teatro, è una tua ammiratrice...». Dico: «Don Lui'», si chiamava Luigi, «Don Lui', nessuno deve sapere che sto qua...». «Sì, ma è una parente...». «Vabbe', Don Lui'...» Questa viene, piacere... piacere... e compagnia bella. Dopo un'oretta torna lui e dice: «C'è un mio compare...». Questo per due giorni di seguito. Alla fine dico: «Don Lui', qui dove sto io lo sa tutta Roma. Se i tedeschi chiedono dove sta Totò... tutti gli dicono che sta qua...».

Antonio de Curtis


Durante l’occupazione tedesca, misi in scena Quando meno te l’aspetti, una rivista scritta in collaborazione con Galdieri. Con Galdieri ho sempre avuto una splendida collaborazione, io mi occupavo degli sketch comici, lui del resto. Quando meno te l'aspetti aveva tutto un significato politico, era cioè “quando meno te l’aspetti la sorte muta”, e poi c’erano tante battute che si riferivano al regime di allora e che la gente captava immediatamente. Insomma, in quegli anni, quando c’era un regime che imponeva di non aprire bocca, la aprivamo magari con la paura, come nel caso mio...

Abbiamo avuto noie terribili e una bomba sul teatro, il Valle, e poi tutti i giorni richiami dal Ministero della Cultura Popolare. Pochi giorni prima della liberazione di Roma ebbi una telefonata dalla questura e una voce anonima mi disse: “Si nasconda perché verranno a prenderla”. Allora io tagliai la corda e mi rifugiai nella casetta di alcuni amici vicino Colleferro. Ma ci durai poco perché, di tutti i posti al mondo, ero andato a imboscarmi proprio vicino a una polveriera, con gli aerei americani che tutti i giorni venivano per bombardarla. Cosi tornai a Roma e mi eclissai in periferia. Si, i fascisti e i tedeschi volevano proprio portarmi al nord perché io con le battute della rivista in cui mettevo della malignità me la prendevo con loro. Ma del resto, vedevo i rastrellamenti, le fucilazioni, mica potevo restarmene a fare lo gnorri, e che caspita! Certo, ne abbiamo passate... Al nord volevano portarci anche Eduardo De Filippo, fui io ad avvertirlo.

Antonio de Curtis


Totò e... Peppino De Filippo - Le opere

Totò e le donne (1952)

Totò e le donne È incredibile come un bipede di genere femminile possa ridurre un uomo.Cav. Filippo Scaparro Inizio riprese: settembre 1952, Studi Ponti - De LaurentiisAutorizzazione censura e distribuzione: 15 dicembre 1952 - Incasso lire…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
9759

Il più comico spettacolo del mondo (1953)

Il più comico spettacolo del mondo Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C'è tanta gente che si diverte a far piangere l'umanità, noi…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
6062

Una di quelle (1953)

Una di quelle Parlo solo la lingua madre perché mio padre morì quando ero bambino.Rocco Bardelli Inizio riprese: novembre 1952 , Stabilimenti Ponti - De LaurentiisAutorizzazione censura e distribuzione: 1 agosto 1953 - Incasso lire 247.200.000 -…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
4946

La banda degli onesti (1956)

La banda degli onesti Il pavimento è una schifezza, lo so, e mi scuso a nome suo. La prossima volta glielo faccio trovare incartato.Antonio Bonocore Inizio riprese: gennaio 1956, Studi INCIR - De Paolis, RomaAutorizzazione censura e distribuzione:…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
10747

Totò, Peppino e i fuorilegge (1956)

Totò, Peppino e i fuorilegge Eh, ricchi sfondati siamo! Beh, veramente il ricco sono io: lui è solamente sfondato.Antonio Inizio riprese: ottobre 1956, Stabilimenti INCIR - De Paolis, RomaAutorizzazione censura e distribuzione: 18 dicembre 1956 -…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
10908

Totò, Peppino e... la malafemmina (1956)

Totò, Peppino e... la malafemmina Se a Milano, quando c'è la nebbia, non si vede, come fanno i milanesi a vedere se c'è la nebbia? Lei deve essere obbiettivo, a noi queste frasi sotto semaforo non ci convincono!I fratelli Caponi Inizio riprese:…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
16020

Totò, Peppino e le fanatiche (1958)

Totò, Peppino e le fanatiche Voi siete scapole, noi siamo scapoli... Ci facciamo una bella scapolata!Antonio Vignanelli Inizio riprese: aprile 1958, Teatri di posa INCIR - De PaolisAutorizzazione censura e distribuzione: 13 giugno 1958 - Incasso…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
9328

Arrangiatevi! (1959)

Arrangiatevi! E lo volete un consiglio, militari e civili, piantatela con questa nostalgia! Oltre che incivili, è inutile! Ormai li hanno chiusi! A voi italiani è rimasto questo chiodo, fisso qui. Toglietevelo! Ormai li hanno chiusi!…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
10292

La cambiale (1959)

La cambiale Democrazia significa che ognuno può dire tutte le fesserie che vuole.Antonio Posalaquaglia Inizio riprese: giugno 1959, Stabilimenti Titanus, RomaAutorizzazione censura e distribuzione: 17 novembre 1959 - Incasso lire 708.209.000 -…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
8363

Chi si ferma è perduto (1960)

Chi si ferma è perduto Il pericolo ci sovrasta, in questo ufficio c'è uno jettatore: non uno iettatore da poco, ma uno iettatore ereditario. Il nonno era imbarcato sul Titanic e fu l'unico superstite del naufragio. Lo sbarcarono a Messina e la notte…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
8411

Letto a tre piazze (1960)

Letto a tre piazze È stata una guerra terribile: granate che scoppiavano a destra, granatine che scoppiavano a sinistra; nella confusione ci uscì pure una mezza gazzosa.Antonio Di Cosimo Inizio riprese: aprile 1960, Studi Cinecittà,…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
11006

Signori si nasce (1960)

Signori si nasce Cave canem, cave canem, in hoc signo vinces, est est est. Mah...Barone Ottone Degli Ulivi Inizio riprese: gennaio 1960, Stabilimenti INCIR - De Paolis, RomaAutorizzazione censura e distribuzione: 5 aprile 1960 - Incasso lire…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
11045

Totò, Peppino e... la dolce vita (1961)

Totò, Peppino e... la dolce vita Il cappotto che porti addosso è del nonno? Allora fagli un telegramma: 'Caro nonno, fate schifo tu e il cappotto. Firmato. Stop'.Antonio Barbacane Inizio riprese: novembre 1960, Stabilimenti Titanus Farnesina,…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
9555

Il giorno più corto (1963)

Il giorno più corto Abbiamo conquistato Fiume e conquisteremo gli affluenti, abbiamo conquistato Pola e conquisteremo anche Amapola, Trento l'abbiamo fatta nostra e dopo Trento faremo anche trentuno! Pace e bene fratelli, pace e bene...Il frate…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
6782

Totò e Peppino divisi a Berlino (1962)

Totò e Peppino divisi a Berlino Io sono Antonio La Puzza, vedovo Nardecchia, classe 1910 e rotti, classe di ferro... Io ho attraversato l'Alto Adige!Antonio La Puzza Inizio riprese: aprile 1962, Studi Cinecittà, RomaAutorizzazione censura e…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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Gli onorevoli (1963)

Gli onorevoli Italiani! Elettori! Inquilini! Coinquilini! Casiliani! Quando sarete chiamati alle urne, per compiere il vostro dovere, ricordatevi un nome solo: Antonio La Trippa. Italiano! Vota Antonio La Trippa! Italiano! Vota La Trippa! Quando…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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Totò contro i quattro (1963)

Totò contro i quattro Di Sabato, con un piccione abbiamo preso due fave.Commissario Antonio Saracino Inizio riprese: novembre 1963, Stabilimenti Titanus Farnesina, RomaAutorizzazione censura e distribuzione: 5 marzo 1963 - Incasso lire 319.020.000 -…
Daniele Palmesi, quotidianodellumbria.it, Archivio Storico La Stampa
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Riferimenti e bibliografie:

  • "Totò", Orio Caldiron, Gremese, 1983
  • "Totò, l'uomo e la maschera", Franca Faldini - Goffredo Fofi, Feltrinelli, 1977
  • "L'avventurosa storia del cinema italiano", Franca Faldini e Goffredo Fofi, Cineteca di Bologna, 2011
  • Strette di mano - Il principe De Curtis, “Il Messaggero”, 13 aprile 1969 - Questa è una delle tante "strette di mano" che Peppino De Filippo pubblicò sul «Messaggero» di Roma dal 1969 al 1971. La maggior parte di esse, tra cui questa, furono pubblicate nel 1974 sull'omonimo libro «Strette di mano», Alberto Marotta Editore, Napoli, 1974

  • Peppino De Filippo ne "La Voce di Napoli", 22 aprile 1967
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Il pianeta Totò", Giancarlo Governi, Gremese , 1992
  • La grammatica di Totò (e Peppino) - «Corriere della Sera», 18 agosto 2009
  • Ettore Mo, "In tandem con Peppino", «Corriere della Sera», 15 aprile 1977
  • Franca Faldini, intervista di Alberto Anile, "Totò e Peppino, fratelli d'Italia", Einaudi Stile Libero, Torino 2001, p. 67.