Totò e... Silvana Pampanini
Era un signore
Silvana Pampanini ricorda Totò
Totò dedicò questi versi a Silvana Pampanini
Gli occhi tuoi
Gli occhi tuoi verdi smeraldo
belli sono come il mare
come l’aria che respiro
ho bisogno di guardare.
Le tue mani delicate
che baciare è una delizia
son di rose vellutate
son profumo e son letizia.
Profumata è la fua bocca,
fresca come le viole,
primavera di sorriso
luminoso più del sole.
Bella superba
Bella superba come un'orchidea
creatura concepita in una serra
nata dal folle amore d’una dea
con tutti i più bei fiori della terra.
Dal fascino del mare misterioso
che hai negli occhi come una calamita,
vorrei fuggir lontano, ma non oso,
signora ormai sei tu della mia vita.
Come sono schiavo incatenato
alle catene della tua malia...
e mai vorrei che fosse, ahimè, spezzato
il dolce incanto della mia follia.
Galleria fotografica e stampa dell'epoca
SIlvana Pampanini, raccolta di articoli di stampa
Silvana Pampanini: «Totò, il mio mancato marito»
Silvana Pampanini: «Totò? È stato mio fidanzato»
Silvana Pampanini: «si, Totò era proprio innamorato di me»
Tra le compagne di lavoro un discorso a parte merita Silvana Pampanini per la quale Totò prese una cotta in piena regola. E non c’è da stupirsene perché all’inizio della carriera, giovanissima e provocante, l’attrice era una vera meraviglia. Per di più agli occhi di Totò aveva il fascino di un perbenismo insolito per l’ambiente cinematografico, che la rendeva diversa da tante altre starlet alla ricerca del fatidico posto al sole. Silvana, che non a caso ha intitolato la sua autobiografia Scandalosamente perbene, era sempre accompagnata dal padre e aveva la fama di essere irraggiungibile. Totò incominciò a corteggiarla con fiori, poesie e regali preziosi e certamente riuscì a colpirla col suo stile, tanto è vero che ancora oggi, tra i tanti ammiratori del passato, Silvana sembra ricordare soltanto lui. Al punto da descrivere con una punta di nostalgia i suoi omaggi floreali personalizzati, in quanto i bouquet che le inviava, sempre accompagnati da un romantico biglietto, spesso erano avvolti in un fazzoletto di tela finissima bordato di pizzo.
Silvana assicura anche che il loro rapporto fu platonico e che a una richiesta di matrimonio lei rispose con un diniego, spiegandogli impietosamente: “Totò, sei un uomo straordinario, ma per età potresti essere mio padre”. Non c’è motivo di dubitare della sua verità, ma certo alcuni atteggiamenti di Totò nei suoi riguardi alimentavano i pettegolezzi. Per esempio, sapendo che Silvana era impegnata nella lavorazione del film Io sono il Capataz con Renato Rascel, si recava sul set per sorvegliare che il collega non fosse troppo intraprendente. Se una donna lo interessava la sentiva subito “sua” pur senza averne alcun diritto. Vedere la Pampanini tra le braccia di Rascel, sia pure per esigenze di copione, quindi, lo rendeva nervoso. Al punto che “il piccoletto” si sentì in dovere di rassicuralo, giurandogli che i suoi erano solo baci finti. “Lo so, Renato, lo so” replicò lui. “Ma tu, intanto, fammi il piacere, quando baci Silvana tieni la lingua a posto suo.” Naturalmente certi aneddoti erano di dominio pubblico e davano adito a molte malignità in quanto Totò non era certo il tipo da accontentarsi di un ruolo, diciamo così, contemplativo. La verità è che l’incontro con Silvana coincise col momento in cui la sua crisi con Diana era al culmine e fu da lui usato, magari a livello inconscio, per dare il colpo di grazia a un legame ormai insostenibile. Totò ostentò la sua ammirazione per la Pampanini per ferire Diana che già riceveva le attenzioni dell’avvocato Tufaroli, considerando una rivalsa farsi vedere in giro con una donna affascinante e desiderata.
Certo se Silvana avesse accettato le sue proposte sarebbe stato felice di presentarla a tutti come la sua fidanzata, ma poiché lei lo respinse, il suo orgoglio maschile gli impose di tirarsi indietro. A prendere questa decisione, inoltre, contribuì uno scontro col padre di Silvana. Quest’ultimo, come racconta Carlo Croccolo, un giorno arrivò sul set di 47 morto che parla ed ebbe un burrascoso colloquio con Totò, pregandolo di non compromettere ulteriormente la figlia sulla quale sentiva di dovere ancora esercitare la patria potestà tutelandone il buon nome. Totò non restò insensibile a questo invito e si mise definitivamente fuori gioco, anche perché Silvana da quel giorno diventò molto più riservata nei suoi confronti. Pur amareggiato per il distacco, Totò non le dedicò Malafemmena per il semplice motivo che la Pampanini non se la meritava.
Ad ispirargliela poteva essere solo Diana, la donna con la quale ebbe un rapporto completo e passionale al punto da lasciarlo sconvolto al momento della rottura. Non una ragazza appena conosciuta, colpevole soltanto di averlo lusingato un po’ troppo, con l’attenuante, però, della sua giovane età. Che senso avrebbe avuto chiamarla malafemmena e dirle: Si avisse fatto ’a nato chillo c’hai fatto a me st’ommo t’avesse acciso? Totò infatti conservò un buon ricordo di Silvana e non tralasciava occasione per dire che fisicamente era proprio il suo tipo. E infatti delle attrici straniere amò particolarmente Ava Gardner perché era bruna con gli occhi chiari. Non era uno di quegli uomini che preferiscono le bionde, ma fece eccezione per Kim Novak della quale, parafrasando il titolo del suo film L’uomo dal braccio d’oro, diceva: “Kim dal braccio d’oro... per non parlare del resto”.
Liliana de Curtis
Silvana Pampanini: Totò? E' stato il mio fidanzato
La bellissima attrice, che l'attore napoletano volle disperatamente sposare, ha scritto per i lettori dell'«Informazione» i ricordi che la legano ancora al principe Antonio de Curtis. E' lei, dice la tradizione, la «malafemmena», la donna dal cuore duro per cui il comico scrisse una disperatissima poesia d'amore.
Potevo essere la moglie di Totò. Era innamoratissimo e mi ha fatto una corte serratissima. Ogni giorno trovavo in camerino scatole di cioccolatini, profumi (mi ricordo ancora: era «Fleur de Rocallle») e fiori, molti fiori. Era andato anche a parlare con papà, come si usa tra gentiluomini, perché Totò era, per prima cosa, un vero gentleman, un uomo meraviglioso.
Ci eravamo conosciuti negli studi della Tltanus, quando giravamo «47 morto che parla». Totò aveva superato io cinquantanni. Aveva un matrimonio fallito alle spalle. Io Invece ero la tipica signorina ventenne. Ci siamo voluti subito bene, ma per me Totò era una specie di secondo padre che mi guidava e mi consigliava sul lavoro. Al matrimonio non ci pensavo proprio. E anche mio padre gli ripeteva che Silvanella (mi chiamava cosi) era solo una ragazzina.
Lui Invece continuava a riempirmi di premure, di attenzioni. Quasi ogni giorno mi regalava un mazzettino di roselline, con il pizzetto nero sui, gambi, come si usava nell'Ottoccento. E per me, che uscivo fresca fresca dalla lettura di Delly, era come vivere sempre in un’eterna, bellissima, favola.
Non potrò mai dimenticare quando uscivamo la sera a cena, io, lui, mamma e papà. Galante, cortese, un vero signore, come solo riescono ad esserlo i grandi napoletani. Era di una gentilezza estrema e soprattutto sapeva farti sentire donna. Oggi non sono molti gli uomini capaci di riempirti di attenzioni che sappiano lusingare, senza offendere, la tua femminilità. Fa sempre piacere quando un uomo ti accende una sigaretta o ti chiude la portiera della macchina. Sono piccole galanterie, sciocchezze, ma perché dimenticarle? E Totò era un maestro nell’arte della cortesia.
Forse, se non ci fosse stata la differenza di età, avrei accettato le sue offerte di matrimonio, ma ci dividevano più di trent’anni: era come se avessi sposato mio papà. E l’unica cosa che non mi perdonerò mai è proprio di averglielo detto. Un giorno, dopo essersi fatto precedere da un enorme mazzo di rose, Totò mi chiese esplicitamente di sposarlo, perché mi voleva moltissimo bene. Anch’io ti voglio bene. Totò, gli risposi, ma ti voglio bene come a un padre. Non avevo ancora chiuso le labbra che già mi pentivo di quel che avevo detto, mi sarei sprofondata sotto terra per la vergogna. Ma Totò dimostrò ancora una volta di essere un vero signore. Non disse niente, e si congedò con molta grazia. Poi ha continuato a volermi un grandissimo bene, ma non ha più toccato quel tasto.
Lui comunque non mi dimenticò mai. Una volta ci siamo incontrati sulla Costa Azzurra: eravamo su due barche diverse e Totò era già quasi cieco. Ma ad un certo punto riconobbe la mia voce. Volle a tutti i costi salutarmi. Mi fece un sacco di feste, baci, abbracci e volle scrivere una cartolina ai miei. E quando mi disse «Silvana, dimmi dov'è la parte bianca della cartolina su cui posso scrivere, mi sono sentita una stretta al cuore.»
E anch’io non l’ho mai dimenticato. Né potrò mai farlo, perché mi ha riempito il cuore di cose delicate. Come le poesie che mi scriveva. MI ricordo la prima. Diceva cosi: «Il tuo fascino incatena - creatura sovrumana... - più che donna sei sirena - o magnifica Silvana». Le scriveva dove capitava, nel momenti di pausa, al lavoro, a casa sua. E poi me le mandava, accompagnate sempre da una mazzo di fiori, oggi rose, domani orchidee. Ne ricordo anche un'altra: «Voglio cantare a chi non lo sapesse - che sono innamorato d una donna voglio cantare a chi non lo credesse - che è bella come è bella una madonna - tanto ti voglio bene e tu lo sai - amo te solamente e tu lo sai - che questo amore non finisca mai.»
Silvana Pampanini, «Corriere dell'Informazione», 13 ottobre 1979
Totò e... Silvana Pampanini - Le opere
I pompieri di Viggiù (1949)
47 morto che parla (1950)
Racconti romani (1955)
Riferimenti e bibliografie:
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- Silvana Pampanini: Totò? E' stato il mio fidanzato - «Corriere dell'Informazione», 13 ottobre 1979
- "Totò, femmene e malafemmene", Liliana de Curtis e Matilde Amorosi, RCS Libri, Milano, 2003