A Somma Vesuviana il castello di Totò

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Il castello è di origine Aragonese fu voluto da Lucrezia d’Alagno amante del Re Alfonso d’Aragona, nel 1458 quando alla morte del re, si stabilì a Somma per viverci. La sua posizione, costruito a ridosso del centro storico vicino ad una delle porte di accesso al borgo, domina tutta la zona sottostante. Il castello ha la struttura architettonica costituita da quattro torri cilindriche ai lati, due delle quali, nella parte dell’ingresso, oggi si trovano ad un piano più basso delle altre. Durante i secoli è stato ceduto a vari proprietari che hanno effettuata alcune modifiche e ristrutturazioni, ma non ne hanno mai modificato l’originaria natura. Attualmente è quasi del tutto in rovina. Dopo varie vicissitudini, quando Lucrezia andò via da Somma, il castello passò nelle mani di altri nobili dell’epoca che già allora eseguirono lavori di restauro e fortificazione segno questo della loro presenza assidua e dell’importanza che gli veniva attribuita.

Per qualche tempo è appartenuto a Giovanna III d’Aragona e a sua figlia Giovanna IV. Nel 1691 fu dato in affitto a Luca Antonio, Barone de Curtis di Napoli. Varie esponenti di questa famiglia si sono succeduti nella proprietà del castello che a loro volta, negli anni, hanno ceduto piccole parti della proprietà ad altri, effettuando altre ristrutturazioni. In una di queste, ad esempio, furono installate le capriate in legno per sostenere il tetto in coppi. Anche il nome di Antonio De Curtis, in arte Totò, ha dato lustro all’antica residenza: fu infatti in questo castello che egli trovò le prove documentate della sua nobile origine. Dal 1946 è diventato di proprietà del Dott. Vernicchi di Montella e dei suoi eredi. Oggi è di proprietà del Comune che intende restaurano per utilizzano probabilmente come centro museale e come biblioteca.

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Al Comune il castello di Totò

Somma Vesuviana acquista il maniero per un miliardo - La storia: Nella fortezza dell’antenato Antonio, il comico trovò i documenti che lo fecero nobile. Liliana: «Mio padre amava quel luogo. Vorrei la stanza dove dormii con mamma e papà», Il sindaco: anche due.

Correva l’anno 1691 ed il barone Antonio Luca De Curtis rilevava «in affitto perpetuo» il castello di Felice Fernandez de Cordoba Folchi Cardonay Aragona, duca di Sessa e di Somma. In principio, dunque, fu un Antonio De Curtis. Due secoli e mezzo dopo ancora Antonio De Curtis, l’ex ragazzino della Sanità, ormai il grande Totò, in quel castello trovava le tracce del suo passato e della sua famiglia. Vecchie carte, documenti che, con il cugino Gaspare, Totò andava trovando ovunque in quel labirinto di nicchie, stanze segrete, sale affrescate, segrete, cantine. Fra le mille leggende di una rocca nata con i Normanni, saltavano fuori frammenti di storia di famiglia. Le carte del castello di Somma fecero nobile Totò al termine di una causa per il riconoscimento del titolo. Soprattutto, ai suoi occhi, quelle carte gli restituirono le radici che gli furono negate per anni.

Il castello oggi torna a Totò. Non ai suoi eredi diretti, alla figlia Liliana. Ma il comune di Somma che lo ha rilevato, firmando venerdì un preliminare d’acquisto dai fratelli Virnicchi, ne farà un 'attrazione culturale nel nome della più grande maschera del cinema italiano.


Totò soggiornó in questa roccaforte per una settimana con la moglie e la figlia Liliana. Un suo grande sogno era diventarne proprietario


Dopo vent'anni di trattative estenuanti gli eredi Virnicchi hanno ceduto sulla cifra di un miliardo e quaranta milioni. Le quattro torri merlate, «rotonde, bellissime» che Liliana ricorda e che risaltano sulle vecchie foto, le ha abbattute il terremoto nel 1980. Ristrutturare il vecchio maniero sarà roba di miliardi ed il sindaco Carmine Mocerino già pensa a coinvolgere la Sovrintendenza e l’Ente Parco Vesuvio. Liliana, nel frattempo, ha una preghiera da fare. «Una stanza. Qualunque cosa facciano di quel castello, vorrei chiedere al Comune una stanza per me. Penso a quella grandissima, affrescata con animali, dove dormii per due mesi con mio padre e mia madre. Mio padre quel castello non lo potè avere mai e lo amò tantissimo. So che sarebbe felice per quella stanza».

Il sindaco Mocerino risponde a stretto giro: «È prematuro far progetti. Ma alla signora dico: una stanza ed anche più di una. Ci contatti. Non speriamo in nulla di meglio che la sua collaborazione. I tempi non saranno cortissimi, però. Un mutuo l’abbiamo già acceso, ma non è sufficiente a restaurare tutto il castello. Per farlo rinascere, perchè diventi un centro di attrazione, occorre che la Sovrintendenza e l’Ente Parco facciano la loro parte».

Dopo vent’anni di trattativa, dunque, l’opera è a metà. Liliana dovrà ancora attendere per tornare a sedersi in quelle stanze «a sentire», come dice lei, i De Curtis che hanno abitato il castello e che, voce di popolo, ancora lo abitano assieme a schiere di povere anime assassinate nei secoli. «Quando ero piccola, cinque-sei anni, vissi là per due mesi. Era un posto pieno di luoghi sconosciuti e io li volevo girare tutti. Qualche adulto mi disse che c ’erano i fantasmi. Ma io non ho mai avuto paura di loro». Come il suo grandissimo padre Liliana si strugge per tutto quello che le Rievoca la famiglia. «Se tornassi là - dice - so che li sentirei ancora».

Il castello di Totò, battezzato ormai così ancora dalla voce del popolo, di questi echi sembra pieno. Regine assassine, cunicoli che lo collegherebbero diretta-mente a Palazzo Reale a Napoli, cadaveri mummificati con le armi al fianco che nei secoli sono stati restituiti da segrete e pozzi. E la carrozza d’oro della Regina Giovanna, sottoterra, in quel cunicolo che c’è davvero, ma solo Dio sa dove porta sbarrato com’è dai detriti, pericolante, infestato da topi. I ragazzini di Somma ci si spingono con le torce, ma nessuno va oltre, e a ragione. Totò, durante una breve vacanza, coltivò il sogno di tornare da proprietario, come il primo Antonio De Curtis, nel 1691. E forse sta per riuscirci oggi.

Chiara Graziani, «Il Mattino», 16 marzo 1998


«Diventi un museo e casa della musica»

Per ora è un'idea, ma al Comune di Somma Vesuviana comincia a farsi strada la convinzione che quel magnifico castello, una volta recuperato, possa essere destinato a centro di cultura. Un museo, ad esempio, che preveda una sezione dedicata al principe della risata. Già la precedente amministrazione avera contattato Liliana De Curtis per chiederle la disponibilità alla realizzazione di questo progetto. «Penso che si potrebbe allestire anche una sezione per la musica napoletana, propone Liliana. Intanto è necessario l'intervento di recupero dell'edificio, che pure in condizioni degradate, non perde completamente il suo splendore.

Daniele Iorio, «Il Mattino», 16 marzo 1998


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«Il Mattino», 16 marzo 1998

Riferimenti e bibliografie:

  • http://www.borgocasamale.it