Eduardo, Totò e Napoli milionaria: una verità complicata
Il 1949 per Eduardo De Filippo è un anno intenso di lavoro di sceneggiatura. Il 26 marzo Antonio de Curtis gli invia una lettera:
Caro Eduardo,
mi ha scritto Carlo Ludovico Bragaglia che hai accettato di scrivere il soggetto del mio prossimo film.
Credimi, caro Eduardo, che questo mi ha riempito il cuore di gioia per due motivi. Primo, perché sono sicuro che con la tua eccezionale arte ne farai un vero capolavoro di umorismo; secondo, perché mi è tanto caro che sia tu a scriverlo.
Nella lettera non è indicato il titolo, tanto che si resta in dubbio: l’attore sta parlando di Napoli milionaria! che girerà di lì a poco, oppure di una delle tante storie divertenti e strampalate firmate da Bragaglia, a un ritmo infernale? Quei film che si intitolano Totò le Mokò, che è appunto del ’49; Figaro qua Figaro là, 47 morto che parla, Le sei mogli di Barbablù, Totò cerca moglie, che sono tutti del 1950. Nasce da quella lettera l’ipotesi di una collaborazione tenuta “segreta”, magari perché Eduardo non vuole apparire nei titoli di testa dei “film spazzatura” del suo vecchio amico napoletano; un’ipotesi plausibile anche alla luce di una lettera di Guido Argeri a Paolo Grassi. Scrive l’amministratore: «Durante tutta l’estate non si è mosso dal suo tavolino (all’hotel Ambasciatori) producendo soggetti per Totò e altri interpreti, preparando un volume di poesie che dovrebbe venir fuori da Einaudi. Inoltre ha riveduto La magia che andrà in prova alla prima riunione di compagnia».
Quel che è certo è che dirige poi Totò in Napoli milionaria!, che esce nel 1950. L’attore accetta con entusiasmo, contento di lavorare accanto a Eduardo e Titina, e forse anche di togliersi di dosso per un po’ i panni fin troppo usati della macchietta in frac e bombetta, che gli frutta soldi a palate e stroncature dalla critica.
Per il film, racconta la figlia Liliana De Curtis, addirittura non chiese compenso. Eduardo si sdebitò amichevolmente, mandando alla moglie Diana una preziosa collana di Bulgari, accompagnata da questa lettera:
Caro Antonio,
la sincerità dell’impulso, che ti ha spinto ad accettare di essermi vicino nel mio film Napoli milionaria, ha reso spontaneo e significativo il gesto stesso.
A parte qualunque interesse, questa collaborazione che io ti ho chiesto, ci riporterà, seppure per pochi giorni, ai tempi felici e squallidi della nostra giovinezza.
Ogni qual volta penso a te, Amico, te l’ho detto a voce e voglio ripetertelo per iscritto, ho l’impressione di non essere più solo nella vita. Questa benefica certezza mi viene senza dubbio dalle infinite dimostrazioni pratiche di affetto che tu, in qualsiasi occasione mi dai...
La verità, tuttavia, doveva essere un poco diversa, o almeno più complicata. Aldo Tonti, che curò la fotografìa del film, racconta che ci fu una lotta tra il produttore e Eduardo per fare interpretare la parte del finto morto a Totò. «Eduardo non lo voleva. Non so per quale motivo, ma so che ci fu una lotta a coltello, finché Eduardo dovette arrendersi e affidargli il ruolo». Il contrasto è confermato dall’attore Dante Maggio: «Aveva affidato il ruolo a me, magari perché mi riteneva un compagno di scena meno pericoloso. Le prime scene le girai io. Fu De Laurentiis a imporgli Totò, vuoi per il noleggio, vuoi perché era molto più in parte di me».
E difatti fece un capolavoro di questa “partecipazione straordinaria” dedicata al personaggio (sdoppiato rispetto all’originale teatrale) del finto morto, che inganna il poliziotto venuto a perquisire la casa. Di questo Eduardo dovette convincersene subito, fin dalle prime riprese. A Mario Tonti, infatti, sembrava «contento di averlo e lavoravano in armonia. Totò era remissivissimo, accettava di farsi dirigere, era ligio. Fece un personaggio meraviglioso. Vero, umano, non aveva nulla del pagliaccio, era davvero un italiano della vita». Eduardo, del resto, lo ripagava con un grande rispetto. Mentre con gli altri, attori e tecnici, appariva piuttosto duro, con lui era cortese e perfino tollerante sui suoi orari, che erano diversi da quelli degli altri. Questa almeno era l’impressione di Claudio Mancini, un operaio che lavorerà poi anche alle due edizioni cinematografiche di Filumena Marturano. I due vecchi amici dovettero trovarsi bene sul set, se l’anno successivo Eduardo voleva affidare a Totò la parte del protagonista nella Paura numero uno, film che poi non si fece.
Eduardo: «Totò l'ho frenato, Welles è il mio maestro»
Così ha confidato il grande attore-autore alla cerimonia dei «Globi d'Oro» a Roma
[...] Come si svolse il suo rapporto con Totò attore?
Eduardo, intorno al quale si era nuovamente formato un capannello di studenti, ha imitato i versi e la mimica di Totò e ha detto: «Cercai di frenare i vezzi espressivi del comico e girai sempre due scene: una come la voleva Totò e una come la volevo io In fase di montaggio eliminai le sue sequenze e scelsi quelle che io gli avevo ordinato. Dopo la proiezione, Totò se ne andò senza salutarmi e me ne volle a lungo, ma in seguito al grande successo della nostra pellicola il suo atteggiamento mutò e forse anche la sua recitazione divenne più controllata. Insieme abbiamo portato Napoli prima a Roma e poi nel mondo. Ricordo i ’si gira’ e i teatri della Farnesina dove avevamo ricostruito i bassi partenopei cosi bene che i 100 napoletani scritturati, vedendoli, decisero che avrebbero voluto abitare tra i fondali e non nelle camere d'affitto». [...]
Giovanna Grassi, «Corriere della Sera», 18 febbraio 1983
Riferimenti e bibliografie:
- "Vita di Eduardo" - (Maurizio Giammusso) - Ed. Elleu, 2004
- Giovanna Grassi, Corriere della Sera, 18 febbraio 1983