L'uso dell'immagine di Totó nella pubblicitá




SERIE DI FOTO, CAROLINE E LOCANDINE PUBBLICITARIE

Gli Anni 30

Gli Anni 40

Gli Anni 50

Gli Anni 60

Gli Anni 80

Gli Anni 90

Gli Anni 2000


CAMPAGNA PUBBLICITARIA CISA-LAMBRETTA - 1957

Tournée della rivista "A prescindere" - Bologna

Il pomeriggio di venerdì 22 marzo 1957, Antonio de Curtis e Franca Faldini accettarono esser “testimonial” per un vermouth pubblicitario a favore della Cisa-Lambretta, come documentato da una illustrazione nel quotidiano “Il Resto del Carlino” dell’epoca e poi confermato dagli Archivi Lambretta. Una pubblicità come tante altre per recuperare un po’ di spese.


DIFFIDA ALLA RAI - 1963

Totò diffida la Televisione

Per uno "short" pubblicitario in cui si imita la sua voce

ROMA, 15 novembre.

Il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, ha ribadito la sua ferma intenzione di non figurare sui teleschermi con una diffida, notificata oggi alla R.A.I., per suo conto, da un ufficiale giudiziario. Nell'atto si precisa che da tempo, settimanalmente, viene messo in onda dalla televisione uno «short» televisivo fatto di cartoni animati; nella scenetta uno dei personaggi, in un lungo recitativo, parla con ia voce di Totò e usa alcune espressioni inconfondibili che l'attore ha coniato per caratterizzare il suo famosissimo personaggio.

Poiché, è detto ancora nella diffida, nè la R.A.I. nè la ditta che ha fatto inserire lo «short» nei programmi di «Carosello» si sono preoccupati di chiedere l'autorizzazione al comico, nè appare mai nella scenetta un'avvertenza in cui si specifichi che si tratta di una imitazione, Totò diffida la R.A.I. a togliere quello «short» dai suoi programmi, riservandosi una azione giudiziaria.

«Corriere d'Informazione», 15 novembre 1963


Totò diffida la televisione per uno "short" pubblicitario

Roma, 15 novembre.

Il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, ha notificato una diffida alla Rai per uno «short» pubblicitario che viene messo in onda ogni martedì sera alla tv: un cartone animato con un lungo recitativo che, secondo il legale dell'attore, imita chiaramente la voce di Totò e le sue tipiche ed inconfondìbili espressioni.

Né la Radio-televisione, né la ditta che fa pubblicità ai propri prodotti con il programma — rileva il testo della diffida — si sono preoccupate di informare i telespettatori che la voce non è quella del popolare comico. In tal modo chi segue lo «short» crede che sia Totò a commentare di persona il cartone animato. Dopo aver fatto rilevare che l'attore si è sempre rifiutato di partecipare a spettacoli pubblicitari di qualsiasi genere, il legale conclude la diffida affermando che Totò si riserva di promuovere un'azione giudiziaria per il risarcimento dei danni morali e materiali.

«La Stampa», 16 novembre 1963


Totò diffida la TV per un'imitazione

Roma, 15 novembre.

Il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, ha fatto notificare da un ufficiale giudiziario un atto di diffida alla Radiotelevisione italiana, lamentando che ogni settimana, precisamente il martedì sera, appare sugli schermi im cartone animato pubblicitario le cui sequenze sono accompagnate da un commento fatto da una voce che imita quella del popolare attore. Nella diffida si fa rilevare che nè la Televisione nè la ditta che ha varato quella forma dì pubblicità si sono date cura di informare i tele-spettatori che si tratta di una voce Imitata e non di quella autentica di Totò.

«Nella mia lunga carriera — si legge nella diffida — mi sono sempre rifiutato per ragioni di dignità di partecipare a cortometraggi di carattere pubblicitario, quantunque mi siano state offerte per essi somme talvolta ragguardevoli. Con l'imitazione che ogni martedì richiama l’attenzione dei tele-spettatori, ritengo che mi si arrechi un danno morale e materiale».

In forza di questo ragionamento Totò chiede che l’imitazione della sua voce scompaia da martedì prossimo dalla sequenza pubblicitaria, riservandosi di reclamare, ove occorra, a mezzo del proprio legale avvocato Eugenio De Si-mone, il risarcimento dei danni patiti.

«Corriere della Sera», 16 novembre 1963


Una diffida di Totò

Ieri mattina, l‘avv. Eugenio De Simone, nell'interesse del principe Antonio De Curtis, in arte Totò, ha notificato a mezzo ufficiale giudiziario una diffida stragiudiziale alla RAI-TV e ad una nota ditta di prodotti industriali reclamizzata attraverso la rubrica televisiva «Carosello».

Il popolare attore lamenta che da alcune settimane, il martedì la TV trasmette una serie di sketch pubblicitari lesivi dei suol interessi. Nel reclamizzare il prodotto, la TV trasmette un cartone animato con un lungo recitativo nel quale si imita la voce di Totò e si intercalano frasi tipiche ed inconfondibili del suo repertorio. L'attore non ha mai dato il suo consenso, e né la RAI-TV né la ditta si sono mai preoccupate di precisare al pubblico che si tratta solo di imitazioni. Totò si riserva di intraprendere azione giudiziaria contro la RAI-TV e contro la ditta.

«Tempo», 16 novembre 1963


CAMPAGNA PUBBLICITARIA SPAGHETTI TARANTELLA - 1966

Totò visita una industria alimentare

1966 09 18 Il Messaggero Toto Pubblicita L 2

Il principe Antonio De Curtis in occasione del suo breve soggiorno a Napoli ha voluto dimostrare il suo attaccamento alla più tradizionale cucina italiana recandosi a visitare la «The St. Erasmo export preserving Co. Ltd.» di Pagani. La Società produttrice dei già noti prodotti conservati «Tarantella» ha infatti lanciato sul mercato l'omonima pasta, prodotta secondo i canoni della più antica tradizione napoletana, con esclusivo impiego del miglior tipo di grano duro. Totò ha avuto particolari espressioni di apprezzamento per l'eccezionale qualità della pasta «Tarantella».

«Il Messaggero», 18 settembre 1966


CAMPAGNA PUBBLICITARIA STAR - I CAROSELLI - 1966

Tra la fine del 1966 e il 1967 Totò gira alcuni Caroselli pubblicitari scritti da Francesco Milizia e diretti da Luciano Emmer. Gli spot andranno in onda all'inizio del 1967 e avrà molto successo lo slogan che chiude gli spot "Io me lo faccio doppio, il brodo Star!". Le copie degli spot andranno perse ma ne sopravvive una con Totò cassiere di banca, conservato come campione della serie, e una con Totò calzolaio, recuperata da Marco Giusti. Antonio de Curtis è soddisfatto nel tornare a girare brevi sketch che lo riportano al suo varietà dopo la parentesi "impegnata" dei lavori pasoliniani: “Per la mia interpretazione ho ottenuto a Cannes la menzione d’onore al Festival, dovrei essere ampiamente soddisfatto; invece non lo sono. L’impegno guasta la comicità”.


Erano gli anni di Carosello

Trent'anni. Fra le persone e le figure che, televisivamente e pubblicitariamente parlando, «non dimenticheremo mai», restano quei modesti mostri sacri, artigianali, in bianco e nero, ma proprio per questo affascinanti, che ebbero in Carosello il loro contenitore di più domestica risonanza. La Rai li ha quasi furtivamente, ma affettuosamente commemorati. Termine, ahimè, persino acconcio, in quanto per molti di loro (gli interpreti, non le maschere, come l'immortale Totò e Gino Cervi) sono morti. Invece mostri sacri come Ernesto Calindri e Ave Ninchi sono tuttora vivi e attivi.

Il confronto porterebbe al «come eravamo», e non sarebbe giusto, perché i «vecchi» vincerebbero, a mio parere, sul «nuovi mostri» della stessa pubblicità, sui medesimi teleschermi, al servizio della medesima onnicomprensiva mamma Rai, circondata o aggredita da figlie più o meno «illegittime», capaci di tutto pur di sorpassarla nella persuasione palese al servizio del profitto, del commercio, dell'industria.

E' un'epoca, quella di Carosello, che anticipa, con pochi mezzi e ottime idee, figure, macchiette e slogans proprio con una perfezione qualche volta superiore a ogni risultato del moderni robots e computers.

Basta pensare a quegli anni in cui Carosello, più di tanti sondaggi, ci rappresentava nelle piccole speranze, nelle piccole ambizioni, nei piccoli sogni di risparmio e di sconto, di consumo e di benessere. Il distintissimo Calindri delle bottiglie piene di carciofo; il Totò; il tenente Sheridan; il Cesare Polacco dalla pelata «che non ha mai usato la brillantina», e soprattutto, per i più piccoli, il delizioso Calimero ingenuo e fortunato che approdava sempre dal nero al bianco che più bianco non si poteva già allora, tutti avevano un pregio che non è più possibile che abbiano le nuove maschere degli spot a go go.

Tutto cambia, perché tutto continua perché tutto si perfeziona e si sviluppa. Il colore stesso ha ridotto lo spazio della fantasia negli spot super raffinati della pubblicità televisiva. Il commercio ha le sue ragioni che le più volte il compratore non conosce. Ma la presunzione dei nuovi persuasori è evidentemente senza limiti, proprio come le vie della provvidenza utilitaria, in quanto finisce per considerarci oggi più immaturi ed obbedienti dei clienti di quegli anni in bianco e nero.

Il bianco e nero lasciava alla fantasia più stimoli di quanto non he lasci la rarefazione attuale che ha dietro tecnici «freddi» sino al gelo, computer inflessibili sino, per fortuna, all'errore sociologico, senza umanità. Tanto che spesso si potrebbe parafrasare: «E sotto lo spot — quattrini a parte — niente». L'arcipelago di Carosello resta, a suo modo, un fatto di cultura povera, ma vera espressione di un'Italia in crescita e sempre deliziosamente datata; un modesto arcipelago di sogni immediati di consumo, ma con meno malizia informatica e tecnologica Oggi quasi dietro a ogni spot c'è il Grande Sociologo o addirittura il Sublime Semiologo, o il Boss Grafico dalla matita indiscutibile e onnipotente; per non parlare di coraggiosi e un po' sfiatati attori buoni, in maschera o per voce, per tutte le stagioni.

Due mondi due culture, anche se resta unico lo scopo: raccontare, come d'altronde avviene da che mondo è mondo, al cliente, ormai teledipendente, forse più ancora di ieri le bugie più commercialmente redditizie. Un istmo solo, secondo me, come figura ed espressione augurale di quegli anni lega il Sud di quegli anni al Nord del nuovo continente pubblicitario, sia in scatola che- in pizzeria, in boutique come al mercato ortofrutticolo, fra i polli o fra le arance: Ave Ninchi, salda boa simpatica e accattivante, che, senza mal malizie, ci sa prendere ancora per mano e per la gola

Nazareno Fabbretti, «La Stampa», 16 febbraio 1987


Ritrovati gli spot del comico creduti persi

«Carosello» scopre Totò ciabattino

Una battuta: «vuole che faccia l'anestesia alla sua scarpa? Così non soffre...»

Era da poco cominciato il 1967 e il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, si presentava, giusto a ora di cena, nelle case degli italiani: «Mi faccio un brodo? Ma me lo faccio doppio». Era stato il regista Luciano Emmer a convincerlo a girare quei nove caroselli per una famosa marca di dadi da cucina, grazie ai buoni uffici del direttore della fotografia, Giuseppe Caracciolo, lontano parente di Totò, che sarebbe morto il 15 aprile di quell'anno.

Di quei caroselli, il telearcheologo Marco Giusti — un signore che ha fatto coi filmati di Carosello più o meno quello che Schlicmann fece con i tesori di Troia — in 10 anni di ricerche negli archivi della Sacis ne trovò solo uno. Ieri sera per il debutto di «Carosello», nuovo varietà di Raidue, il Totò testimonial è tornato. Ciabattino irriverente («Mi dia la zampa») e surreale («Vuole che faccia l'anestesia, così la scarpa non soffre?») dopo avere incollato il calzino del cliente al pavimento chiude bottega e se ne va («Scusi, sono un settentrionale e io all'una mangio»).

Ma per il debutto di uno dei programmi più laboriosi degli ultimi tempi (tre anni di tentativi, un pool di autori tra cui gente come Giusti, Sanguincti, Cottafavi, Piccinini più usa alla teoria che al varietà, una ricchezza di materiale a disposizione utile per un'intera stagione. 450 milioni di budget a puntata) oltre al principe De Curtis sono stati chiamati in causa altri padrini eccellenti. Un Calimero virtuale, con la voce di Ignazio Colnaghi, Elio, le Storie Tese e le loro contaminazioni, l'estro di Lele Luzzati per i fondali del teatrino, Ernesto Caindri, Ornella Vanoni. E soprattutto Mike Bongiorno. E chi, se non il primo testimonial di Carosello (la sera dell’esordio, il 3 febbraio 1957, c'era anche lui: pubblicizzava l’Oreal) poteva tenere a battesimo l'esordio di Ambra alla guida di due ore di prima serata? Chi se non il «martire di Carosello» (come lo chiama Giusti) che prese alla lettera lo slogan «Sempre più in alto!» e si fece trasportare in cima al Cervino incurante della tempesta che lo avrebbe isolato sul cucuzzolo?

Come omaggio a Mike, un Cervino in compensato troneggiava nello studio Tv3 di Milano. Studio zeppo di icone del ventennio (di Carosello) e dove alla vigilia del debutto l'agitazione era a mille. «Ritmata confusione calcolata» l'aveva definita, in occasione della presentazione, il regista Fosco Gasperi e la definizione calzava a pennello con l'atmosfera che ha animato le prove di sabato. Sanguincti nel doppio ruolo di autore e attore, Gasperi che invoca tagli. Giusti che si avvicina ad Ambra per spiegarle la linea. Ma, come già accaduto, è la linea d'Ambra ad avere la meglio e la giovane Angiolini, primo esempio di cittadina del Belpaese cresciuta davanti a una telecamera, si conquista sul campo i complimenti del capostruttura Frassa («Ti nomino vicecapostruttura»).

E ieri sera, di quella confusione qualche cosa è trapelato. E forse non proprio tutto era stato calcolato. Ma, come direbbe Ambra, «Caroselliamoci».

Stefania Ulivi, «Corriere della Sera», 12 maggio 1997


Quelle bestie della Star - si lamenta Luciano Emmer in un’intervista del 2007 riportata da Gulia Croce - hanno distrutto i nove caroselli, ne sono rimasti due. [...] Ce n’era uno che era straordinario, girato in un albergo di Roma, vicino a piazza della Repubblica. Lui faceva il cameriere, c’erano ottanta persone, e arrivava con un pesce grande così al tavolo e una signora isterica diceva: «Nooo! Io voglio la sogliola, non voglio un pesce cosi, lo porti via! » Allora lui se ne andava, tornava in cucina, pigliava una pressa da lettere, metteva sotto il pesce e lo schiacciava, e riportava il vassoio!

Totò cassiere

Gino Ravazzini, "spalla" di Tiotò per l'intero ciclo pubblicitario, impersona qui un rapinatore che affronta il cassiere Totò. «Fuori il grano», grida il rapinatore; «Ah, ho capito. Ma, vede, lei ha sbagliato. Deve andare al deposito appresso dove c’è il deposito del grano», e così via. Nel finale, tra fuochi d'artificio e scoppi, Totò lancia la frase-tormentone della campagna Star «Mi faccio un brodo? Ma me lo faccio doppio!».


Totò calzolaio

Totò esercita la professione del calzolaio in una cantina dove appunto si svolge la scena. Il cliente (Gino Ravazzini) vuole una riparazione alle sue scarpe ma il maldestro ciabattino sembra proprio non combinarne una giusta.


I Titoli dei caroselli realizzati e non realizzati

* Totò cassiere
* Totò calzolaio
* Totò spazzino
* Totò petroliere
* Totò proprietario di ristoranti
* Totò farmacista
* Totò barista
* Totò giocatore
* Totò elettricista


* Totò ingegnere
* Totò pittore
* Totò meteoronauta
* Totò iettatore
* Totò ferroviere
* Totò operaio
* Totò giardiniere



CAMPAGNA PUBBLICITARIA SUPERMERCATI CONAD - 1987-1988

(POSTUMO)


BOLOGNA

Diciamo la verità. Quella sera in cui abbiamo visto abbinati per la prima volta il marchio Conad con la faccia del Totò nazionale, siamo rimasti tutti sorpresi. Se non altro per la singolarità dell'accostamento che era davvero imprevedibile e perché ci ha dato un certo piacere rivedere la vecchia e intramontabile faccia del grande comico nazional-napoletano in alcune delle sue migliori interpretazioni.

Ma di chi è li merito di idea, di questa congiunzione Conad-Totò?

Dico Mario Fiorenza dell'agenzia Asmarco di Firenze «È nostro. Un'idea che ci è venuta dalla ricerca di un posizionamento d'immagine del consorzio diversa rispetto al solito»

Bella idea, ma com’è nata? E come vengono le idee?

«Semplicemente nascono. Noi si voleva dare connotati italiani e di fantasia a questa campagna pubblicitaria che verteva su negozi, mercati e via dicendo. E Totò è un artista che per la sua storia della cultura italiana e nel cinema italiano, rappresenta tutto questo. È italiano, è creativo, è popolare è... Totò appunto»

La differenza rispetto alla vecchia pubblicità?

«Direi sostanziale. Prima la Conad si rifaceva a immagini legate ai marchi che rivendeva; e quindi Barilla, Star e cosi dicendo. Con la nostra proposta ha trovato un'autonomia comunicativa molto diversa che ha fatto notevole presa sul pubblico Un segnale aggiungerei, che è arrivato in un momento particolare della comunicazione Conad».

Ma perché proprio Totò e non che so altri attori comici che avrebbero comunque successo?

«Ma perché non Totò. E poi nell'87 si prevedeva il ventennale della sua morte e quindi la possibilità che i giornali ne parlassero autonomamente. Insomma rappresentava un segnale molto forte, una boa
facilmente memorizzabile»

Dal punto di vista produttivo la ricerca e la scelta di questi spezzoni di films è stata difficile?

«Non particolarmente impegnativa, quello si ma anche divertente. Come lavoro è durato circa tre mesi. Abbiamo visionato films che garantissero l'agibilità pubblicitaria dato che ne esistono alcuni i cui diritti sono totalmente degli eredi. Dopo questo distinguo abbiamo operato con una certa attenzione ripeto, divertendoci»

E nell'88 cioè la campagna di questo inverno sarà esattamente quella dell'anno scorso?

«No. Nell'87 abbiamo costruito spots dove il tema della comunicazione commerciale era più promozionale. Nell'88 sarà diversa, più istituzionale.

E i films?

«Si, ci saranno altri films, altri spezzoni che crediamo piaceranno molto al pubblico. Stiamo lavorando su quattro soggetti. Ma forse riusciremo a produrne sei»

E l'iniziativa ha avuto successo? Voglio dire vi ha dato soddisfazione?

«Tantissima. Come clamore e come obiettivi di marketing sicuramente. Certo che come tutte le cose che colpiscono l'opinione pubblica, si è tirata dietro qualche critica»

Critiche?

«Sì, alcuni settimanali, qualche articolo di giornale ha avuto da ridire perché si andava a toccare un mito. Ma, ripeto, in sostanza sono rimasti tutti molto soddisfatti»

Quindi il successo Conad rete di vendita è riuscito a girare l'Italia intera grazie alla faccia di Totò. È un segno dei tempi, una volta per vendere di più occorrevano facce americane, volti duri, messaggi decisi, quasi imperativi Oggi ci vuole Totò che è soprattutto ironia, gentilezza, classe e sorriso. E forse Conad vuole soprattutto lanciare questo messaggio «Nessuno ti obbliga a comperare da lei. Ma Conad è meglio»!

«L'Unità», 31 ottobre 1987


Franca Faldini: «Non si sfrutti Totò per uno spot pubblicitario»

ROMA — (Adnkronos) La compagna del principe Antonio De Curtis, in arte Totò, ha duramente stigmatizzato l'utilizzazione commerciale di un brano di un film del noto attore comico napoletano inserito in uno spot pubblicitario. In una lettera inviata a un quotidiano Franca Faldini sostiene tra l’altro di essere stata la compagna di Antonio De Curtis per 15 anni e di sapere «quanto l'uomo Antonio soffrisse per il fatto che il comico Totò veniva sfruttato come un sottoprodotto commerciale di largo consumo. Totò, dopo la sua morte, è stato finalmente riconosciuto grandissimo artista. Dispiace e immalinconisce, quindi, vederlo ridotto a protagonista di un filmino pubblicitario. Diverso sarebbe se egli fosse stato ancora in questo mondo e avesse potuto operare una sua precisa scelta in proposito».

Corriere della Sera, 20 marzo 1987



CAMPAGNA PUBBLICITARIA CARAMELLE SPERLARI - 1988


(POSTUMO)

Cassazione: «Sperlari non usi Totò»

Il «mento storto» e gli occhi a mandorla di Totò, se affiancati al suo nome, rievocano indiscutibilmente l'attore scomparso, e non possono essere utilizzati, senza il consenso dei familiari, per la pubblicità di un prodotto. Lo sostiene la Cassazione, che ha dato così ragione a Liliana De Curtis e annullato una sentenza della Corte d'Appello di Roma, che aveva ritenuto legittimo l'utilizzo da parte della Sperlari del nome Totò, affiancato da un volto stilizzato con, appunto, mento storto e occhi a mandorla.

«L'Unità», 13 marzo 1997


La Cassazione: Totò non riproducibile per qialsiasi spot

La figlia del grande attore vince una battaglia legale sul diritto d'immagine contro la «Sperlari»

ROMA

Totò è unico, per questo identificabile e non si può riprodurre per un qualunque spot. Senza il consenso dei famigliari. Il suo mento e più caratterizzante, come il suo collo, i suoi occhi. I giudici di Cassazione hanno ribadito questo diritto all'immagine e hanno cosi dato ragione alla figlia del mito. Liliana De Curtis. che ha vinto la sua «battaglia» dopo aver fatto ricorso contro la Sperlari. La prima sezione civile ha accolto.

La De Curtis aveva contestato alla Sperlari l'uso di un marchio per vendere cioccolatini, composto «da un disegno e da una particolare grafia, in guisa — a suo giudizio — da formare la parola Totò e da richiamarne l'immagine». Adesso sulla vicenda dovrà nuovamente pronunciarsi la Corte d'appello di Roma.

Per la Suprema Corte, non si fa la caricatura di chi non esiste e non si «stilizza» senza motivo un elemento che non è reale. Una caricatura, infatti è tale, scrivono i giudici, se presuppone «un’identità precisa e riconoscibile di riferimento». Una «stilizzazione» è poi una tecnica che «interpreta, evidenziandoli, elementi specifici per giungere a un risultato evocativo, a un messaggio, quale che ne sia il contenuto e il valore. Insomma mento storto, occhi a mandorla e il diminutivo Totò, anche se solo disegnato, potrebbero richiamare, nell'immaginario collettivo, il grande principe de Curtis, attore e autore arcinoto. E deve essere preso in considerazione il fatto che si possa cercare un’immagine che colpisca, un nome che attiri per vendere sul mercato. Anche se la «piazza non è solo quella cinematografica, ma quella di dolciumi e delicatessen per golosi».

Il tribunale e la Corte d’appello di Roma, chiamati a decidere dallo stesso fabbricante di dolciumi. la Sperlari, se avesse usato per i propri prodotti un marchio che richiamava l’immagine dell’attore, non «davano ragione» alla De Curtis.

Per i giudici, infatti, il nome Totò non poteva «riferirsi esclusivamente all’attore scomparso, indipendentemente dalla pacifica, perdurante, grande notorietà del medesimo, in quanto altri soggetti dello spettacolo e dello sport lo adoperano, e perchè inoltre esso è fortemente diffuso nel meridione ed evoca una simpatia che ben si presta a reclamizzare un prodotto commerciale». In altre parole la «stilizzazione» con mento storto e occhi a mandorla non ha elementi che siano esclusivi dell’attore.

«Corriere della Sera», 13 marzo 1997


Cassazione: figlia di Totò vince ricorso contro "Sperlari"

Liliana De Curtis, la figlia di "Toto'" ha vinto la sua ''battaglia'': la prima sezione civile della Cassazione ha accolto il suo ricorso contro la "Sperlari". La sentenza (n.2223/97) è stata depositata oggi. Liliana De Curtis aveva contestato alla "Sperlari" l'uso di un marchio per vendere cioccolatini, composto "da un disegno e da una particolare grafia, in guisa - a suo giudizio - da formare la parola Totò e da richiamarne l'immagine". Sulla vicenda dovrà di nuovo pronunciarsi la Corte d'appello di Roma. Per la Suprema Corte, non si fa la caricatura di chi non esiste e non si 'stilizza' senza motivo un elemento che non è reale. Una caricatura, infatti è tale, se presuppone "un'identità precisa e riconoscibile di riferimento". Una "stilizzazione" è poi una tecnica che "interpreta, evidenziandoli, "elementi specifici' per raggiungere ad un risultato evocativo, ad un messaggio, quale che ne sia il contenuto ed il valore. Insomma 'mento storto', 'occhi a mandorla' ed il diminutivo Totò, anche se solo disegnato, potrebbero richiamare, nell'immaginario collettivo, il grande principe de Curtis, attore ed autore arcinoto. E deve essere preso in considerazione il fatto che si possa cercare un'immagine che colpisca, un nome che attiri per vendere sul mercato. Anche se la 'piazza' non è solo quella cinematografica, ma quella di dolciumi e delicatessen per golosi.

aggiornamento delle 17:30 Il tribunale e la Corte d'appello di Roma, chiamati a decidere dallo stesso fabbricante di dolciumi, la Sperlari, se avesse usato per i propri prodotti un marchio che richiamava l'immagine dell'attore, non 'davano ragione' alla De Curtis. Per i giudici, infatti, il nome Totò non poteva "riferirsi esclusivamente all'attore scomparso, indipendentemente dalla pacifica, perdurante, grande notorietà del medesimo, in quanto altri soggetti dello spettacolo e dello sport lo adoperano, e perché inoltre esso è fortemente diffuso nel meridione ed evoca una simpatia che ben si presta a reclamizzare un prodotto commerciale". In altre parole la stilizzazione con mento 'storto' ed occhi a mandorla non ha elementi che siano esclusivi dell'attore. Per i magistrati, inoltre, la richiesta di una perizia tecnica avanzata da Liliana De Curtis indica un'ammissione della non percepibilità, per il consumatore medio, del "dato conclusivo del richiamo al volto di Totò". La Cassazione invece sostiene: "non si effettua la caricatura di chi non esiste" e non "si stilizza senza motivo un elemento che non sia reale". La Suprema Corte ritiene, infatti, che i giudici avrebbero dovuto chiedersi "le ragioni e la funzione della scelta pratica dell'oggetto della rielaborazione grafica. Quindi, avrebbe dovuto esaminare la combinazione fra l'effetto visivo complessivo di questi tratti, caratterizzanti, sia pure in forma stilizzata, un volto come connotato da un mento storto, e così via, ed il nome Totò'".

aggiornamento delle 17:31 La sentenza di secondo grado "trascurando questo essenziale percorso e questo esame complessivo e ragionato nel segno - scrive la Cassazione - ha parcellizzato il suo esame ai singoli componenti grafici e fonetici ed ha tratto dal dato della diffusione del nome in questione, e dal fatto che un mento storto ed occhi a mandorla possono averli anche persone diverse dall'attore in questione, la conseguenza della non univocita'", ma non si è chiesta , "del pari", se un "imprenditore che per commercializzare il suo prodotto sceglie un nome di persona, non lo faccia appunto perché questo è certamente noto, come la sentenza riconosce, per essere quello di un attore tutt'ora vivente nella realtà dello spettacolo cinematografico e televisivo. E senza chiedersi del pari perché mai questo nome, e non altro diverso, benché analogamente breve, simpatico e meridionale, sia stato connesso proprio a quei tratti che costituiscono l'immagine dell'attore stesso, se con ciò non si è inteso far riverberare la simpatia verso quell'attore, e non la simpatia generica di un diminutivo meridionale, sul prodotto reclamizzato" . La Corte d'appello avrebbe dovuto esaminare "congiuntamente" tutto il segno commerciale e l'effetto "precipuo prodotto da tale combinazione di elementi, ponendosi anzitutto il problema di capire se di elementi caricaturali si trattasse. Quindi - si legge ancora - nel caso di una conclusione positiva avrebbe dovuto chiedersi perché mai si era ritenuto di effettuare una caricatura di quei tali elementi somatici, giacché una caricatura è tale se presuppone una identità precisa e riconoscibile di riferimento".

«AGI.it», 12 marzo 1997


'LA FACCIA DELLO SPOT ASSOMIGLIA A TOTO'

ROMA

Il 'mento storto' e gli occhi a mandorla di Totò, se affiancati al suo nome, rievocano indiscutibilmente l' attore scomparso, e non possono essere utilizzati, senza il consenso dei familiari, per la pubblicità di un prodotto. Lo sostiene la Cassazione che ha annullato una sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva ritenuto legittimo l' utilizzo da parte della Sperlari del nome Totò, affiancato da un volto stilizzato con, appunto, mento storto e occhi a mandorla. Secondo la Corte di Appello il nome infatti "non può riferirsi esclusivamente all' attore scomparso, in quanto altri soggetti di sport e spettacolo lo utilizzano, è diffuso nel meridione ed evoca una simpatia che ben si presta a reclamizzare un prodotto" e gli elementi grafici del marchio "riproducono tratti somatici che non sono esclusivi dell' attore". La Cassazione ha dato ragione a Liliana De Curtis spiegando che la Corte di Appello erroneamente aveva esaminato nome e disegno separatamente, "senza chiedersi se un imprenditore che per commercializzare il suo prodotto sceglie un nome di persona, non lo faccia appunto perché questo è noto per essere quello di un attore tutt' ora vivente nella realtà dello spettacolo cinematografico e televisivo e senza chiedersi perché mai questo nome sia stato connesso proprio a quei tratti, che costituiscono l' immagine dell' attore".

«La Repubblica», 13 marzo 1997

Il tribunale e la Corte d'appello di Roma, chiamati a decidere dallo stesso fabbricante di dolciumi, la Sperlari, se avesse usato per i propri prodotti un marchio che richiamava l'immagine dell'attore, non "davano ragione" alla De Curtis. Per i giudici, infatti, il nome Totò non poteva "riferirsi esclusivamente all'attore scomparso, indipendentemente dalla pacifica, perdurante, grande notorietà del medesimo, in quanto altri soggetti dello spettacolo e dello sport lo adoperano, e perchè inoltre esso è fortemente diffuso nel meridione ed evoca una simpatia che ben si presta a reclamizzare un prodotto commerciale". In altre parole la "stilizzazione" con mento storto e occhi a mandorla non ha elementi che siano esclusivi dell'attore.




Realizzazione della presentazione: MOVIDA per Sport & Management


La sentenza della Cassazione n. 2223 del 12 marzo 1997 aveva disatteso la decisione del giudice di merito e di appello che aveva negato la violazione dei diritti della personalità di Totò da parte di Sperlari, per avere la stessa utilizzato un marchio costituito dalla parola «Totò» e dalla riproduzione stilizzata di alcuni elementi fisionomici (naso storto e occhi a mandorla) tipici del noto attore napoletano, per contraddistinguere una linea di cioccolatini. La Cassazione ha affermato che in tale caso fosse necessario valutare se l’immagine, ancorché stilizzata e non figurativa dell’attore, risultasse evocatrice della identità personale dello stesso, ancora vivente nella realtà dello spettacolo cinematografico e televisivo, con l’intento di far riverberare la simpatia dei consumatori verso quell’attore sul prodotto reclamizzato, sfruttandone così la notorietà.


CAMPAGNA PUBBLICITARIA RAS ASSICURAZIONI - 1990

 

(POSTUMO)

 


CAMPAGNA PUBBLICTARIA CONI - TOTOSEI - 1998

(POSTUMO)

Il Totocalcio riparte da Totò e dal gioco all'ultimo minuto

ROMA

Il Totocalcio ricomincia da Totò. Quello che per anni è stato il gioco preferito degli italiani, si affida al comico napoletano per rilanciare un'immagine offuscata dal Superenalotto. Dalla prossima settimana Totò sarà il testimonial di una serie di spot televisivi che punteranno a frenare l'emorragia di giocate avvertita nei primi undici concorsi della stagione: un 30 per cento in meno rispetto a dodici mesi fa che allarma non poco i vertici del Coni.

Dal vicepresidente reggente Bruno Grandi al segretario generale Raffaele Pagnozzi sono tutti preoccupati per il forte calo registrato nelle giocate a Totocalcio, Totogol e Totosei: dalle entrate di quel tris di giochi dipende il finanziamento di tutta l'attività sportiva nazionale. Di qui il tentativo di correre ai ripari, promuovendo con una massiccia campagna pubblicitaria i tre concorsi. Ma non solo. Per risorgere, il Totocalcio e i suoi cugini - Totosei e Totogol - cambi eranno anche: nuove formule e nuovi orari, per recuperare «appeal» tra gli scommettitori. Massimo Fabbricini, capo ufficio stampa del Coni, anticipa alcune novità. La prima riguarderà il Totosei. Che cosa cambierà? [...]

«La Stampa», 1 novembre 1998


Totò per salvare il CONI

ROMA

La cassa piange e il Coni chiede aiuto a Totò, investendo sei miliardi nella campagna pubblicitaria puntata sulla grandezza del principe Antonio De Curtis (nella foto). «Le ultime lotterie - ammette il reggente Grandi - ci hanno creato problemi: riteniamo che la combinazione tra i nostri tre "toto" e il grande "Totò" sia indovinata. Speriamo che il principe ci porti fortuna. Totò rimanda immediatamente ai nostri giochi per via del nome e di una filosofia napoletana strettamente connessa al gioco e alla fortuna. Ma ad una fortuna guidata». Lo spot è costituito da spezzoni dei migliori film, con la voce del doppiatore ufficiale (il nome è segreto), concessi dall'associazione Antonio De Curtis che ieri era rappresentata al Coni dalla figlia di Totò, Liliana. «Vincere è bello, in tanti è meglio» è lo slogan che il Coni spera, grazie anche alla voce di Totò, diventi vincente.

«La Stampa», 7 novembre 1998


Totò testimonial per il CONI

Il Coni ha lanciato una campagna promozionale affidandosi a Totò che diventa testimonial in una serie di spot (costo totale circa 6 miliardi) sui giochi legati al calcio, a partire dall’ultimo nato, il Totosei. In onda andranno una serie di spezzoni tratti dai suoi film e opportunamente doppiati. [...]

«Corriere della Sera», 7 novembre 1998


Roma, 6 nov. - (Adnkronos) - L'indimenticabile' Totò è il protagonista dello spot pubblicitario del Totosei che da questa settimana si potrà giocare su tutto il territorio nazionale. In programma anche una campagna pubblicitaria sui giornali. Il Coni corre così ai ripari per il calo delle entrate dei suoi concorsi. ''Speriamo di recuperare molti spazi -si augura il reggente del Coni Bruno Grandi- affidandoci alla pubblicita' e alla fortuna del nostro Toto'''. ''La pubblicita' e' diventata una necessita che nasce da uno stato di fatto anche per i concorsi a pronostici del Coni'', conclude.

Alla presentazione dello spot anche la figlia dell'attore, Liliana De Curtis. ''Lo spot è molto bello e mi auguro che questo gioco abbia lo stesso successo di Totò. «Cosa avrebbe detto mio padre? Però pure nel calcio mi avete messo, ma sarebbe stato contento». Nel passato del testimonial dei concorsi a pronostici del Coni una ''grave macchia''. Totò in un film del '58 dove interpreta l'avarissimo presidente di una società di calcio, il Cerignola, recita una frase che suona più o meno così: «basta con i quiz, con i concorsi, con i toto-toto, la fortuna bisogna cercarla»'.

Nello spot, ovviamente i bianco e nero, confezionato con un montaggio rapido delle immagine tratte da vecchi, le battute pronunciate dai personaggi interpretati da Toto, invitano a giocare al Totosei definito il ''fratello di Totocalcio e Totogol''. Lo spot e' condito con due delle parole più caratteristiche della comicità del principe De Curtis ''pinzillacchera'' e ''quisquilia''. Battuta finale dello spot la frase ''Vincere è bello, essere in tanti è meglio''.

«Adnkronos», novembre 1998


Siamo uomini o testimonial? Totò porta il CONI in Tribunale

Un produttore, uno sceneggiatore e un giornalista chiamano in giudizio anche la Lega Calcio: «Hanno rubato il nostro spot». La pubblicità del Totosei col principe De Curtis sarebbe stata proposta dai tre professionisti ma fatta realizzare ad altri.

Torna Totò, al secolo Antonio De Curtis, in un’aula di tribunale. Anzi no, è uno che gli somiglia. Usa l’imbuto come fosse un megafono, grida «Votantonio, Votantonio» e strizza l’occhio come il magico principe napoletano. In realtà, nella versione anni Novanta. Totò fa anche la pubblicità. E’ questa la ragione che lo ha portato in tribunale. Cosi, due mattine fa, davanti al giudice Antonella Rizzo della prima sezione civile, sono stati citati i vertici dei Coni e della Lega Calcio: avrebbero rubato l’idea di utilizzare Totò come testimonial del Totosei a tre signori di mezza età, che di trovate del genere in passato nc avevano avute tante. Ecco i falli, così come li raccontano Lucio De Caro, giornalista e sceneggiatore, Edmondo Ricci, produttore cinematografico e Alberto Corbi, giornalista. Dicono i tre signori, che furono loro, più di un anno fa, a capire che quella di Totò poteva essere la figura migliore per pubblicizzare il Totosei e il Totocalcio in generale; bastava giocare sull’accento, inventare un dialogo strapparisata e imitare alla perfezione le espressioni e la parlata del comico napoletano.

Cosi, hanno spiegato al giudice, a marzo del ’96 si presentarono al presidente del Coni, Mario Pescante, con il progetto in tasca. Progetto chiavi in mano, s’intende: avevano inventato i dialoghi, avevano persino scovato due ragazzi che imitavano a perfezione Totò: Francesco e Gaetano Paolocci di Viterbo. Pescante, riferiscono loro, fu entusiasta: «Andate a parlarne con il capo divisione competente, dite che vi mando io» avrebbe detto in sostanza il numero uno del Coni. E li spedì dal dirigente Nicola Bozzi. Anche lui sentì l’idea, manifestò il suo apprezzamento e si fece lasciare tutto il materiale, compresa la videocassetta con il provino già fatto. Seguirono altri contatti, incontri appuntamenti.

Alla fine Bozzi disse che la campagna sarebbe stata realizzata, ma mancavano i soldi: «Tornate tra qualche mese, cosi possiamo utilizzare i fondi del 1998» disse il dirigente. Poi, fine dei contatti.

Silenzio assoluto fino a ottobre del ’98, due mesi fa. Quando sui giornali e sulle televisioni cominciò una campagna pubblicitaria in grande stile con Totò e megafono, per promuovere Totosei e Totocalcio. De Caro e i suoi amici saltarono sulla sedia, anche perché la pubblicità era stata realizzata utilizzando persino gli stessi imitatori che avevano scovato loro. Pochi giorni dopo, scoprirono il resto: cioè che Mario Pescante, poche settimane prima di esaurire il suo mandato al vertice del Coni, aveva firmato una delibera che assegnava più di sette miliardi per la pubblicità del Totosei e del Totoscommesse. E senza indire neanche una gara d’appalto pubblica. Subito dopo è partita la citazione, preparata dall’avvocato Nicola Rocchetti.

Due giorni fa, l’udienza. Il giudice ha ascoltato le ragioni del Coni e della Lega Calcio, visto che anche quest'ultima avrebbe partecipato alla realizzazione degli spot. Poi si è presa qualche giorno per pensare. E il 15 dicembre, deciderà se è il caso di sequestrare tutta la campagna pubblicitaria.

«Il Messaggero», 9 dicembre 1998


AGENDA/CALENDARIO ANTONIO DE CURTIS - 2004

(POSTUMO)




Archivio Famiglia Clemente

Quando Totò faceva il nonno: un'agenda sul principe della risata

Presentata ieri dalla famiglia de Curtis con Renzo Arbore, contiene immagini di vacanza e di vita domestica

Totò con la paglietta in testa, che strizza l’occhio all’obiettivo; Totò a torso nudo e in pantaloni bianchi, sotto il pergolato della villa di famiglia a Somma Vesuviana; Totò che rema sul canotto nel mare di Capri; Totò in costume sulla spiaggia di Viareggio, che tiene per mano una bambinetta, la figlia Liliana. Scene di vita vissuta, di vita privata. Scene inedite non del celebre attore, ma dell’uomo, del marito, del padre. Immagini domestiche fermate nel tempo e ora pubblicate su una nuova agenda, edita dalle Edizioni Interculturali, presentata ieri dalla famiglia De Curtis, con Renzo Arbore, Gisella Sofio e Achille Bonito Oliva. Un’agenda che, come un libro, ha un titolo: «Un anno con Totò», coniugandosi con la recente uscita in libreria del volume, edito da Rizzoli, «Sostiene Totò», ovvero «Le migliori battute del principe della risata sull’Italia di oggi».

Spiega Diana de Curtis, nipote del grande artista, che ha curato l’agenda insieme alla madre Liliana e a Matilde Amorosi: «Abbiamo voluto pubblicare quelle particolari foto, dove sono fissati i momenti più intimi della vita di mio nonno: i rari momenti in cui era rilassato, sorridente. Sì, perché Totò, che pure ha fatto ridere intere generazioni, tra le pareti di casa non era un gran ridanciano».

Non era ridanciano, ma sapeva essere un nonno premuroso. Racconta Diana: «Vicino a lui, mi sentivo sicura e poi, come tutti i nonni, mi viziava: non facevo in tempo a desiderare un giocattolo, che lui correva a comprarmelo. Avevo solo 12 anni quando è morto: mi manca la sua umanità, la sua saggezza, la sua capacità di comprendere gli errori degli altri, senza giudicare».

Un nonno premuroso, un padre apprensivo e severo. Rivela Liliana, che tuttavia è legatissima al ricordo del padre: «Avrei voluto fare l’attrice, ma me lo impedì. Mi consentì solo, quand’ero bambina, una breve apparizione nel suo film “San Giovanni decollato”. Per ricompensa, mi regalò una bambola».

Emilia Costantini, «Corriere della Sera», 7 dicembre 2004


PUBBLICITÁ PROFUMO E LINEA DI PRODOTTI ANTONIO DE CURTIS - 2009 / 2024

(POSTUMO)

Antonio de Curtis è un brand d’eccellenza per la cura della persona, ispirato al leggendario Totò e nato in collaborazione con gli eredi del famosissimo “principe della risata”. Le fragranze di nicchia e i prodotti per il corpo del marchio sono realizzati con cura e passione, le stesse qualità che Totò ha saputo esprimere in veste di attore, comico e sceneggiatore durante tutta la sua lunga ed entusiasmante carriera.

Presentazione dal sito "Ottaviano Parfums e Beautè" che commercia una linea di profumi e cosmetici dedicati a Totò.


Va precisato che il profumo usato da Totò solitamente era il "Tabac blond" della Caron e la bottiglietta era quella cerchiata nella foto;
molto raramente il "Mustache". (Federico Clemente)


USO DELL'IMMAGINE DI TOTÓ PER FINI ELETTORALI, SOCIALI E COMMERICALI

(POSTUMO)


1997

Totò vietato ai sindaci

I de Curtis: no alle battute del comico in campagna elettorale - La figlia ora ha vietato a Pierluigi Borghini di usare le immagini di Totò in campagna elettorale

«Ma mi faccia il piacere...». No. Non si potrà usare la tipica espressione di Totò nella campagna elettorale a sindaco di Roma. Ogni utilizzazione «dell'immagine di Totò e delle sue battute è illegittima» perché non autorizzata né dalla figlia del principe, né dall'associazione Antonio De Curtis e dal suo legale. Così l'avvocato Paola Agostini, «in nome e per conto della signora Liliana De Curtis». Il malcapitato incorso nelle ire degli eredi De Curtis è il candidato sindaco Pierluigi Borghini, che nei giorni scorsi aveva annunciato: «Stiamo preparando un "Blob" con Totò. Così gli appelli virtuali di Rutelli riceveranno la risposta dell'inconfondibile "Ma mi faccia il piacere"». Niente da fare: da parte della famiglia di Totò c'è «assoluto dissenso sull'iniziativa. Deploriamo che si faccia ricorso all'immagine e alla voce altrui per piegare una figura di indubbio prestigio artistico e morale a fini dichiaratamente partigiani».

Anche se Cristiano Carocci, responsabile della comunicazione del comitato per Borghini sindaco, precisa: «Mai pensato di utilizzare la voce e l'immagine di Totò senza autorizzazioni. Era soltanto un'ipotesi che Borghini, da sempre un grande estimatore di Totò, aveva pensato di prendere in esame per chiarire alcuni passaggi del suo pensiero». Totò, in effetti, è personaggio assai amato dalla destra. Qualche anno fa il «Secolo d'Italia» elesse il «principe della risata, il cui riso non scuoce mai» a suo alfiere. «Era di destra - scriveva il quotidiano di An - vale a dire antipartitocratico e antigovernativo. Per questo la sinistra, prima della provvidenziale riabilitazione di un Goffredo Fofi, lo temeva come un appestato. Ma a Totò non gliene fregava un granché: a lui la classe politica stava antipatica». Sia o non sia a causa della «provvidenziale riabilitazione» di cui sopra, Totò sta vivendo un momento di grazia anche sotto le fronde dell'Ulivo: al festival dell'Unità di Reggio Emilia la folla si accalca intorno alle reliquie del principe De Curtis, gettando appena uno sguardo distratto alla mostra su «Gramsci e il Novecento».

Evidentemente il fondatore, per il popolo della festa, appartiene a un passato nobile, ma superato. Totò, invece, per dirla con uno slogan un po' datato, «vive e lotta insieme a noi». Una sezione della mostra, la più divertente, prende in giro i simboli del vecchio pei: le prime pagine dell'Unità degli Anni 50, quella rigidamente filosovietica del partito di allora, sono riprodotte in gigantografia con le immagini dell'attore al posto dei protagonisti del tempo. Gli stessi tormentoni di Totò sono letti come una satira del mondo di oggi. Il «Terra ai contadini, ferrovie ai ferrovieri, cimiteri ai morti» dal Totò-Tarzan del '50, stampato vicino a un Totò con il pugno alzato, è percepito come una vignetta contro Bertinotti. «Ho la faccia bianca, il naso rosso e le labbra verdi. Sono diventato un tricolore», diceva il principe attore nel suo Totò, Peppino e la dolce vita, e tutti ridono citando Bossi. E davanti al Turco napoletano che dice «Io sono nato con il destino di essere forte» c'è persino chi pensa a D'Alema. Chissà che ne direbbe quell'apolitico volpone del principe De Curtis, tirato per la giacchetta da Borghini e dai «rossi» emiliani. Farebbe forse quel suo sorriso storto, ammiccando: «E poi dice che uno si butta a sinistra...»

Raffaella Silipo, «La Stampa», 17 settembre 1997


Borghini pensa a Totò per uno spot. Ma la figlia dell'attore lo blocca: «non usare papà contro Rutelli»

«Ma mi faccia il piacere!» diceva Totò all'onorevole con fare presuntuoso. Chi non ricorda questa popolarissima espressione del comico napoletano? Pierluigi Borghini, candidato sindaco del Polo, ha pensato di utilizzarla in uno spot anti-Rutelli, in replica ad alcuni interventi del sindaco. Ma «mi faccia il piacere» lo ha detto la figlia dell'attore, Liliana De Curtis, a Borghini proibendogli di «piegare una figura di indubbio prestigio artìstico e morale a fini partigiani». La signora, perdipiù, ha voluto esprimere la sua «più ampia solidarietà» al sindaco Rutelli chiudendo ogni prospettiva alla propaganda elettorale in nome di Totò da parte del candidato del centrodestra. [...]

Giuseppe Pullara, «Corriere della Sera», 17 settembre 1997


2004


No allo scippo de «I soliti ignoti»

Eredi indignati per un manifesto di AN

Gli eredi de “I soliti ignoti” reagiscono indignati al cialtronesco scippo della federazione romana di Alleanza nazionale e Azione giovani. Quel manifesto (che riproduciamo a fianco) illustrato con un fotogramma del famoso film di Mario Monicelli con il quale si propaganda una squallida polemica contro l’idea della giunta Veltroni di far pagare 36 euro l’anno ai residenti del centro storico di Roma per i parcheggi, potrebbe anche finire in Tribunale. La figlia di Totò, Liliana De Curtis, non lo esclude: «In questo momento mi trovo a Napoli per presentare il mio libro “Sostiene Totò”, appena avrò preso visione del manifesto deciderò un’eventuale azione legale, ma già adesso mi chiedo con quale diritto si acchiappa la figura di Totò e ci si fa campagna elettorale contro Veltroni. Non è solo per il colore, ma soprattutto perché, così facendo, si tradisce la sua leggerezza, la sua ironia. Totò era un genio comico al di sopra delle parti». Cercare l’ironia a destra è come cercare il classico ago in un pagliaio.

Il manifesto di AN affisso sui muri di Roma

E debolmente prova a difendere l'"iniziativa" Roberta Angelilli, coordinatore di An del Lazio. «Mi dispiace che qualcuno si sia indignato per un manifesto che ha il solo torto di sdrammatizzare e far sorridere rispetto ad una iniziativa assai abborracciata della Giunta comunale». Non ha sorriso la figlia di Totò e non sdrammatizza la vedova di Vittorio Gassman che manifesta così la sua indignazione: «Sono veramente sorpresa - dice Diletta D’Andrea - è una cosa che mi indigna e mi offende. Mi riservo di parlare e di confrontarmi con gli altri eredi di Vittorio Gassman prima di adire ad ogni via legale».

Deciso ad andare fino in fondo anche Tiberio Murgia, il popolare “ferribotte” (Ferry boat) che per primo ieri sulle pagine della nostra cronaca di Roma era insorto contro l’uso della sua (e dei suoi amici) immagine. E “Ferribotte” lo aveva fatto con l’orgoglio delle sue radici popolari. Al cinema ha sempre fatto il “siciliano”, ma lui è sardo dalla lunga memoria. E non dimentica la povertà vista in faccia e il volto lugubre del fascismo che ha oppresso la sua giovinezza sull’isola. È antifascista a pelle Tiberio Murgia che prima del “colpo” cinematografico ha fatto l’apprendista falegname, il bonificatore di paludi, il lavapiatti e il minatore in Belgio. Ai “creativi” del partito di Fini gli è andata a buca. E qui c’è una analogia con il “buco” ideato dalla sgangherata banda del film di Monicelli. Convinti di buttare giù il muro dell’appartamento attiguo, dopo una notte di “duro lavoro” si ritrovano nella cucina dello stesso appartamento dove avevano dato il via al loro esilarante “rififì”. E anziché mettere le mani su ori e gioielli si riducono, stanchi e amareggiati, a spartirsi la pasta e ceci sulla quale aveva messo le mani il mitico “Capannelle”. Con Gassman (er Pantera) che “scientificamente” sentenzia: «È perfetta», per rendere omaggio alla abilità culinaria della servetta (Carla Gravina) con la quale si era “fidanzato” per mettere a segno il furto. Subito rimbeccato da un surreale Mastroianni che lo “smonta” con un: «Se ci avesse messo un altro goccio d’olio... ». Ai destrorsi creativi manca, invece, un po di sale in zucca.

Si potrebbe concludere con una scena del film, quella girata nell’allo-ra borgata romana di Don Bosco nella quale “Cappannelle” va alla ricerca di “Mario” (Renato Salvatori). «Sto cercando Mario», dice “Capannelle” e un ragazzino con la faccia da impunito gli risponde: «Mario? Qui de Mario ce ne stanno cento... ». «Sì, ma questo è uno che ruba», precisa “Capannelle”. E il ragazzino, ancora più beffardo: «E sempre cento so’».

Destra in doppiopetto, Alleanza nazionale con la Fiamma del Msi che resiste, anche se rimpicciolita, nel loro simbolo... «Sempre fascisti sono», sentenzia in “siculo” il sardo “Ferribotte”.

Ronaldo Pergolini, «L'Unità», 9 dicembre 2004


"Soliti ignoti": via manifesto di An

ROMA.

Il tribunale di Roma ha inibito alla Federazione romana di An di usare un'immagine tratta dal film 'I soliti ignoti", che ritrae tra gli altri Totò e Vittorio Gassman, che campeggia su un manifesto del partito affisso a Roma. La decisione è del giudice della prima sezione civile del tribunale, Massimo Corrias, che si è pronunciato sulla base di un ricorso in via d'urgenza presentato da Tiberio Murgia, l'attore che nel celebre film interpreta il ruolo di 'Ferry boat" anche lui ritratto nel manifesto. Murgia lamentava, nel ricorso, «sia la lesione al proprio diritto sui dati personali sia la lesione alla propria identità politica».
Ieri la figlia di Totò, Liliana De Curtis, e la vedova di Vittorio Gassman, Diletta D'Andrea, si erano dichiarate «offese e indignate» per l'uso dell'immagine dei congiunti sui manifesti. Polemica la reazione di Francesco Storace, presidente del Lazio ed esponente di An. Storace ha ricordato «di essere stato trattato malissimo dieci giorni fa da un manifesto che saccheggiava un altro patrimonio di cultura nazionale, Alberto Sordi, con la frase: 'Giù le mani dai vigili urbani"».

«Il Mattino di Padova», 10 dicembre 2004


«I soliti ignoti» sui manifesti, il tribunale ferma AN

Una foto del film in un messaggio contro Veltroni. Proteste dell'attore Murgia e dei parenti di Totò e Gassman

ROMA

Chissà se Totò avrebbe commentato l’iniziativa di Alleanza nazionale con una sua frase celebre e sdegnata: «Ma mi faccia il piacere!» Fatto sta che il manifesto de «I soliti ignoti», affisso per attaccare la giunta di Walter Veltroni, è risultato indigesto sia agli attori ancora in vita, sia agli eredi di quelli che non ci sono più. Un ricorso è finito sulla scrivania del giudice Massimo Corrias della prima sezione civile, che ha vietato ad An, e alla sua federazione romana, di usare il poster del film girato da Mario Monicelli nel ’58.

Il fotogramma incriminato spunta dovunque in città. Diecimila esemplari che criticano la decisione del Comune di far pagare le strisce blu ai residenti. In primo piano c’è Totò che, vestaglia a righe e cappello, spiega ai complici, fra i quali Vittorio Gassman e Tiberio Murgia, come aprire una cassaforte. Lo slogan, in rosso, recita: «Audace colpo della giunta Veltroni. Dopo il furto dell’Irpef arriva la tassa sull’asfalto».

La figlia di Totò, Liliana De Curtis, si è arrabbiata. E la vedova di Gassman, Diletta D’Andrea, si è sentita «indignata e offesa». Murgia è corso dagli avvocati Giorgio Assumma e Andrea Miccichè, che nel ricorso hanno sottolineato «l’uso indebito dell’attore» e «la lesione dei diritti allo sfruttamento dell’immagine e all’identità personale». «Tra l’altro - dice Miccichè - Murgia appartiene storicamente alla sinistra». I legali ora sollecitano «l’eliminazione dei manifesti», mentre del risarcimento danni - la richiesta è di centomila euro - si discuterà nell’udienza del 21 dicembre.

Al Cdl la decisione del tribunale non è piaciuta. «È una polemica sciocca, perchè la sinistra sì e la destra no?», protesta il governatore Francesco Storace (An) ricordando che il Comune, dieci giorni fa, ha usato Alberto Sordi contro la Regione. «Gli attori e i film del passato sono patrimonio di tutti» dichiara Antonio Tajani (FI). I militanti però hanno scelto l’ironia: nel corso di una manifestazione sulla Piazza del Campidoglio, ieri pomeriggio, hanno esibito i poster proibiti con la scritta: «Vietato scherzare».

Lavinia Di Gianvito, «Corriere della Sera», 10 dicembre 2004


2009

RIecheggia "Vota Antonio!"

Le elezioni della Comunità montana nello stile ironico del celebre film di Totò. I carabinieri sequestrano il cartone con le foto del film di Totò e la scrttta «Vota Antonio».

Antonio La Trippa, il popolare protagonista di un celebre film di Totò, è stato personaggio principale anche nel giorno delle elezioni per il presidente ed i componenti dell’organo rappresentativo del nuovo ente nato dall’accorpamento della Comunità montana valli Curone, Grue e Ossona, con la Comunità montana valli Borbera e Spinti. 

Sabato mattina una delegazione partita da Grondona a bordo di un fuoristrada tappezzato di cartelli inneggianti ad Antonio La Trippa e con gli altoparlanti che diffondevano l'audio del celebre film, ha solcato le strade della vai Borbera dando sostanza alla più pacifica delle ironie ed invitando a votare per Antonio La Trippa A dare lo spunto per la pacifica e goliardica iniziativa ha certamente contribuito l'assenza di tensione elettorale dovuta al fatto che il voto era diventato una formale (e qualcuno aggiunge ipocrita) espressione di democrazia per la presenza di un solo candidato a presidente e di una sola lista dei 30 componenti dell'organo rappresentativo il cui presidente era stato individuato ancora prima del voto in Carlo Balduzzi di Borghetto Borbera. Si sapeva che l'esito delle votazioni di sabato non avrebbe inciso nemmeno nella scelta degli assessori della nuova comunità montana perché la vai Borbera aveva indicato Giorgio Storace di Rocchetta Ligure e Roberta Daglio di Gabella Ligure.

Il fuoristrada tappezzato di pannelli innegianti ad Antonio La Trippa

Qualche dubbio in più per gli assessori espressi dalle valli Curone, Grue e Ossona perché i papabili, Natalino Ornielli di Garbagna e di Pierangelo Marini di Monleale devono fare i conti con la Lega Nord che oltre al presidente dell’organo rappresentativo chiede un assessore. Trovatasi senza candidati ad entrare in giunta, la valle Spinti ha puntato su Antonio La Trippa. La trovata ha suscitato simpatia in vai Borbera ma il viaggio dei nostalgici di Totò non è stato compreso da qualcuno che appellandosi al fatto che non può essere fatta propaganda elettorale nel giorno delle votazioni, ha chiesto l’intervento dei carabinieri che sono intervenuti per far interrompere l’invito a “Vota Antonio. vota Antonio, vota Antonio". Fermato il veicolo con a Bordo Antonio Pratolongo ed Umberto Ba-gnasco, i militari hanno sequestrato il “corpo del reato", ovvero il cartone con tre foto dell’attore napoletano e la scritta “Vota Antonio”. 

Il messaggio, però, era ormai recepito e, tra le schede nulle imbucate nelle urne di Cantalupo Ligure parecchi hanno indicato proprio Antonio La Trippa. Si il protagonista del film di Totò. Non entrerà in giunta, ma lo meriterebbe. Lui aveva capito tutto con cinquant'anni d’anni d'anticipo. 

Luciano Asborno, «Il Piccolo», 9 novembre 2009


Ammonterebbe a 175 mila euro il risarcimento danni che ha ottenuto Liliana De Curtis, figlia del notissimo attore Totò, dal Popolo della Libertà. Il tribunale di Bari, ha infatti condannato il Pdl a risarcire la donna per i fatti che risalirebbero al 2009, quando il partito politico decise di affiggere nella città di Bari dei manifesti di protesta contro la sentenza che condannava lo Stato a risarcire con 49 milioni di euro i costruttori di Punta Perotti, utilizzando come slogan la celebre esclamazione usata da Antonio De Curtis, in arte Totò, ”E io pago!”. Secondo la difesa, infatti, “l’iniziativa sarebbe del tutto estranea alla sensibilità culturale e politica di Totò.”. In sostanza dalla famiglia de Curtis veniva contestato:

  • che nei giorni 23 gennaio 2009 e seguenti l’intera città di Bari era stata tappezzata di manifesti politici, su iniziativa del partito “Il popolo della Libertà-Berlusconi Presidente”, il cui simbolo era riportato in tali manifesti nell’angolo destro in basso, e Ache tali manifesti riproducevano l’immagine “addolorata” del grande artista Totò, e la sua famosa esclamazione e io pago i”, sopra la fotografia dei palazzi in Bari di Punta Perotti (meglio conosciuti unanimemente come l’ecomostro di Bari), mentre venivano abbattuti al suolo;
  • che la creazione e l’affissione di tali manifesti avevano avuto vastissima eco nella città di Bari e sul piano nazionale, tanto da trovare riscontro sui giornali (il quotidiano La Repubblica-Bari nell’edizione del 28.1.2009 riportò in prima pagina tale manifesto), e su vari siti internet (cfr. il sito Barilive.it. – il primo giornale telematico della città di Bari” del 28.1.2009, che riprodusse uno di tali manifesti, affisso abusivamente su un cassonetto per la raccolta del vetro, con un articolo di commento, a cura della Redazione di tale giornale, intitolato: “E se si arrabbia Liliana ?”, ed il sito “Aziendabari.it” del 30.1.2009, con la fotografia di Totò “addolorato”, che pronuncia l’espressione “… ed io pago”);
  • che la riproduzione dell’immagine di Totò in tali manifesti era illecita ed abusiva, sotto vari ed autonomi profili, ciascuno da solo idoneo ad integrare una fattispecie produttiva di danni ingiusti;
  • che nel nostro ordinamento giuridico l’art. 10 c.c. prescrive che, “qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni”;
  • che nella giurisprudenza erano pacifici i principi in dettaglio richiamati in citazione e che, alla luce degli stessi, nella fattispecie sussistevano i seguenti e concorrenti profili di illiceità della riproduzione nei manifesti de quibus dell’immagine di Totò, accompagnata dalla sua tipica frase “e io pago”, forieri di gravi danni patrimoniali e non patrimoniali;
  • che, da un lato, i manifesti in questione erano illeciti ed abusivi, in quanto l’attrice, quale erede del Principe De Curtis, non aveva mai prestato il consenso all’utilizzo dell’immagine del de cuius;
  • che, dall’altro, erano contrari alla legge, in quanto distorcono l’effettiva identità personale del Principe De Curtis, alterandone e travisandone il patrimonio intellettuale e politico, mediante un improprio e gratuito accostamento dell’immagine e del repertorio artistico di quest’ultimo, ad un’associazione politica ed al suo Presidente (“Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente”), del tutto estranei (anche sotto il profilo temporale) alla sensibilità culturale e politica di Totò;
  • che, infatti, il Principe De Curtis è una di quelle personalità (raro esempio nella storia d’Italia), nelle quali si riconosce un’intera collettività nazionale, a prescindere dalle differenti opzioni politiche, sicché era gravissimo che la sua figura venisse strumentalizzata nell’agone politico;
  • che, ancora, tali manifesti erano illeciti ed abusivi, perché sfruttavano l’immagine e l’arte di Totò per catturare l’attenzione dei cittadini, per una finalità di mera pubblicità politica.


SENTENZA DEL TRIBUNALE DI BARI N.2029 ANNO 2009

Totò: monnezza è nobiltà: la nuova campagna di comunicazione dell’ASIA

[...] L’Asia, dal 2007 ha sempre puntato sulla comunicazione per diffondere la cultura della raccolta differenziata, in modo pungente, ma divertente. E lo fa anche quest’anno con la campagna dal titolo "Totò: monnezza è nobiltà”, realizzata dall’artista Andrea Petrone. Perchè occuparsi di immondizia e prestare attenzione ad una corretta raccolta differenziata è anche nobiltà d’animo e segno di rispetto per la propria città.

“Riteniamo, supportati dai fatti – ha commentato il presidente Lonardo – che nell’ambito della difficile situazione dei rifiuti in Campania, la nostra città abbia imboccato la strada giusta per affrontare dignitosamente il problema. Su questo percorso si inserisce la nuova campagna di comunicazione che vede Totò come protagonista, in veste di censore rispetto ai comportamenti scorretti nei confronti dell’ambiente. Si tratta di una campagna molto diretta che a tratti non disdegna un linguaggio particolarmente ‘confidenziale’ che speriamo possa produrre risultati concreti”.
La nuova campagna 2011, “Totò: monnezza è nobiltà”, ha come testimonial addirittura il principe De Curtis, protagonista delle 9 tavole dell’artista Andrea Petrone, che attraverso battute divertenti, ironiche e pungenti, lancia messaggi importanti.

La campagna partirà dalla giornata di domani, quando saranno affissi i manifesti di m. 6x3 in numerosi spazi cittadini.

A marzo la raccolta differenziata porta a porta sarà in tutta la città di Benevento. Oltre alla comunicazione di sensibilizzazione sulla corretta raccolta differenziata, l’Asia punta ora sul corretto smaltimento dei rifiuti e sull’inopportunità di lasciare i sacchetti per strada, perchè come recita Totò in un manifesto: "chi abbandona i rifiuti vicino alle campane,….ten ‘e corn!"

Erika Farese dal sito ntr24.tv


CAMPAGNA PUBBLICITARIA CAFFÉ TOTÓ - 2011

(POSTUMO)

Prodotti della linea "Caffè Totò" pubblicizzati, prodotti e distribuiti direttamente dalla De Curtis SRL

Immagini tratte del sito http://caffetoto.com/ - Il sito non è più raggiungibile dal 7 ottobre 2015


USO DELL'IMMAGINE DI TOTÓ SULLE SLOT MACHINES - 2013/2014

(POSTUMO)

Un lettore denuncia: sfregio al Principe della risata.

Niente musei né retrospettive cinematografiche: a Totò dedicano una slot machine, una machinetta mangia soldi che nulla ha a che fare col principe della risata. La denuncia è di Gianni Simioli della "Radiazza" di Radio Marte e Francesco Emilio Borrelli dei Verdi: «Ora - dicono - si sfruttano anche i volti "sacri" del cinema e dell'arte napoletana e italiana per attrarre clienti. Chiediamo venga immediatamente ritirata dal commercio perché offende la storia e la dignità di questo grande artista che faceva ridere e aiutava il popolo. Di certo non faceva piangere o impoveriva i malcapitati giocatori. A Napoli ed in Italia invece di dedicare statue, strade e aprire musei al nostro amato Totò lo utilizzano indegnamente per il business per il gioco d'azzardo».

"Con stupore - scrive a "Repubblica" il lettore Andrea Raguzzino - ho appreso dell'esistenza di slot machines elettroniche (o videopoker, che dir si voglia) chiamate "Il grande Totò" ed incentrate sulla figura di Antonio De Curtis e su fotogrammi dei film che lo videro protagonista". Raguzzino ne segnala due: una a Napoli, in un tabaccaio di via Salvator Rosa, ed una nel Golfo di Policastro, al bar di un centro commerciale tra Villammare e Sapri.

"Trovo sinceramente scandaloso - aggiunge - che il nome e l'immagine di quella gloria napoletana e nazionale che è il Principe della Risata siano associati al gioco d'azzardo (soprattutto nella sua versione più deleteria e pericolosa costituita dalle "macchinette mangiasoldi"), e quindi mi domando come sia possibile che i titolari dei diritti sul nome e sull'immagine di Totò (che presumo siano i suoi eredi e familiari) consentano che il ricordo del loro illustre consanguineo sia sfruttato a tale scopo e, soprattutto, chi ci guadagna (e quanto) da quello che trovo essere uno sfregio della dignità di chi fu un grande artista ed un grande uomo".

«La Repubblica», 21 agosto 2014



La slot machine presente in un bar nel quartiere della Sanità a Napoli, vicino alla via dove è nato Totò (Foto © Daniele Palmesi)


USO DELL'IMMAGINE DI TOTÓ COME INDICAZIONE DEL BAGNO DEGLI UOMINI - 2013

(POSTUMO)

Le foto di Totò e Sofia Loren per indicare i bagni per uomini e donne, è successo in un locale di Napoli

E’successo in un locale napoletano, ma appena saputa la notizia la figlia del principe della risata, Liliana de Curtis, ha espresso forte indignazione. “Una vera mancanza di rispetto per due grandissimi artisti che a Napoli hanno dato tantissimo”, così Liliana ha definito la notizia appresa perchè resa nota dal conduttore radiofonico Gianni Simioli e dal commissario regionale dei Verdi Ecologisti Francesco Emilio Borrelli.
Simioli e Borrelli hano così commentato: “Ai grandi artisti napoletani non vengono intitolate piazze o strade importanti ma in compenso qualcuno comincia ad esporre le loro immagini nei bagni. Chiediamo al locale in questione protagonista di questa grave caduta di stile di levare le immagini di questi due grandi dai wc altrimenti chiederemo assieme ai cittadini che ci stanno contattando indignati di boicottare il locale che manca di rispetto a due grandi napoletani” hanno aggiunto i due conduttori.
Le parole della figlia di Totò, Liliana, non lasciano spazio al gesto di cattivo gusto da parte dei titolari del locale: “Totò è di tutti, ma stavolta mi pare che si sia esagerato, mi ritengo indignata e spero che chi ami Antonio De Curtis faccia altrettanto. Sofia (Loren, ndr) la chiamerò prima possibile. Deve saperlo anche lei che e’stata utilizzata alla stregua di quello yogurt che fa…”.

Vincenzo Iozzino, 30 agosto 2013 - Fonte: http://urbanpost.it/


USO DELL'IMMAGINE DI TOTÓ ALL'INTERNO DI UN BAGNO - 2015



USO DELL'IMMAGINE DI TOTÓ ASSOCIATA A FRASI DI DUBBIO GUSTO - 2016


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Riferimenti e bibliografie:

  • Articolo redatto in collaborazione con Federico Clemente
  • "Napoli: Totò e Sofia Loren utilizzati per indicare i bagni" - Vincenzo Iozzino, 30 agosto 2013 - Fonte: http://urbanpost.it/
  • Quotidiano "Repubblica", 21 agosto 2014
  • http://caffetoto.com/ (non più online)
  • Adnkronos
  • http://www.cattivamaestra.it/
  • https://www.dandi.media/
  • Campagna "Totò: monnezza e nobiltà" dal sito  http://www.ntr24.tv
  • Collezione Vitelli