Non è lì che nacque Totò
La casa dove nacque Antonio Vincenzo Stefano Clemente, divenuto successivamente Antonio de Curtis, non è situata al civico 109, ma al 107. Vediamo perchè.
Estratto dell'atto di nascita di Antonio de Curtis
L'anno milleottocentonovantotto addì diciannove febbraio a ore meridiane una e minuti dieci nella Casa Comunale avanti di me, Raffaele Simoni, Segretario Delegato 3112 nell'Ufficio Civile del Comune di Napoli Stella, è comparsa Anna Clemente di anni diciotto, casalinga, domiciliata a Napoli, la quale mi ha dichiarato che alle ore antimeridiane sette e minuti zero al dì quindici del corrente mese nella casa posta in via Santa Maria Antesaecula numero 107 dalla sua unione naturale con un uomo celibe non parente né affine nei gradi che ostacolano il riconoscimento è nato un bambino di sesso maschile che ella mi presenta e a cui dà i nomi di Antonio Vincenzo Stefano. A quanto sopra e a questo Atto sono stati presenti come testimoni Vincenzo Clemente di anni ventotto, meccanico e Antonia Marino di anni cinquanta, levatrice, entrambi residenti in questo Comune. Letto e firmato al posto della dichiarazione della dichiarante analfabeta firmano Vincenzo Clemente, Marino Antonia e Raffaele Simoni.
Casa Totò, fuori i vecchietti
Armati dei loro due secoli in tandem e della loro terribile fragilità, due vecchietti si buttano nella mischia dell’ennesima lite sulla salma di Antonio De Curtis, Totò, principe della risata la cui generosità da vivo è proporzionale solo al numero delle liti che lo inseguono da morto. La signora Maria ha indossato, come guantoni da boxe, un paio di guantini di velluto cremisi a manopola che paiono usciti da un ritrattino da tasca del secolo scorso e s’è infilata in un lettuccio da malata, preparato in cucina, da dove ripete al giornalista: «Chi vuole prendere la mia casa? Chi?». Lo sa benissimo, Maria. Ed è una storia lunga. Giulio e Maria Barbella, novantenni, fino all’estate scorsa erano gli autoeletti guardiani del presepe del bambinello Totò, a via Santa Maria Antesaecula 109, primo piano, interno uno. A chi bussava per una visita ai luoghi natali dell’attore veniva aperto, in cambio di una piccola mancia. E perfino le visite guidate approdavano alla piccola grotta della Natività di un uomo adorato da morto ma che alla Sanità non ebbe una facile gioventù. Poi, in due settimane, venne giù il mondo di foto, reliquie e ragù sul fuoco dei Barbella.
La casa natale fu venduta all’incanto, 18.000 euro appena: la comperò una signora della Sanità, Amalia Canoro, che ha un figlio attore e che, fondata l’associazione «Il principe dei sogni», nella cucina dei Barbella vuol fare un teatro. Non bastasse venne fuori (ripescato dal Mattino l’atto integrale di nascita di Totò) che il nostro era nato non al 109, ma al 107. Addio casa, addio presepe. Ed il 18 febbraio scorso arriva l’ingiunzione del giudice Sensale: la casa occupata dai Barbella è venduta alla signora Canoro, quindi va rilasciata in giorni dieci. Giulio Barbella, una povera vestaglia addosso, riceve in cucina vicino alla moglie vigile fra scialli e cuscini. Mostra l’atto che, giura, ha intenzione di ignorare: «tengo quarant’anni di Tribunale, io, e qua dentro vivo da più di trentacinque anni». Non ve ne andrete il 28, allora? «Dove ce ne andiamo? Dite voi, dove?». Dalla loro i due vecchietti hanno l’età che li rende difficilmente sfrattabili e Liliana, la figlia di Totò che ha garantito loro assistenza legale ed ogni forma d’aiuto possibile. Contro, i Barbella, hanno tutto il resto. E se Maria si difende con la sua fragilità armata di guantini di velluto, Giuseppe De Chiara, figlio di Amalia, al quale di fatto la casa è destinata, mette avanti le sue, di fragilità. «Ho 35 anni, una laurea, sono disoccupato, vivo con mia madre e, a differenza dei Barbella, non ho neppure la pensione. Parteciperò ad un concorso alla Regione per 538 posti da funzionario e sa cosa mi hanno detto? Che le domande sono già a duecentomila. Quella casa ci costa i risparmi di mia madre e non dovremmo richiederla?».
Ma i Barbella sono lì da trent’anni, dici. «Questo non è vero. Abbiamo un certificato di residenza storica. Barbella in quella casa è arrivato il 23 dicembre ’92, da Giugliano». Ed il progetto teatrale? «Va avanti - dice De Chiara - e se verrà imposto il vincolo come bene culturale mi aspetto, anzi, un contributo». Già, era stato annunciato il vincolo. Al signor De Chiara non risulta sia stato imposto su una casa dove Totò non nacque ma comunque visse un periodo con la madre Anna: la Regione che, il 29 luglio 2002, si offrì anche di riacquistare la casa, l’aveva preannunciato. Poi più nulla. Fino all’ultima puntata della lite su un brandello della memoria di Totò.
Chiara Graziani, «Il Mattino», 24 febbraio 2003
Nel corso dell'inchiesta giornalistica fu fatta una ricerca presso l'ufficio anagrafe del Comune di Napoli e una verifica nei piani catastali dall'800 ad oggi, dalla quale si evince che il numero civico 107 e 109 non hanno subito integrazioni o cambiamenti da allora, che sono sempre state due unità abitative ben distinte.
La puntata del 6 marzo 1999 del programma "Made in Italy" trasmesso dalla RAI, va in onda da Napoli. Federico Fazzuoli - accompagnato dalla figlia di Totò, Liliana de Curtis, dall'Architetto Gaetano Mollura del Servizio Interventi nel Centro Storico, dall'Assessore alla Dignità del Comune Dott.ssa Maria Fortuna Incostante - conduce i telespettatori nel cuore nel quartiere Sanità, per parlare del progetto Urban di riqualificazione ambientale e di sostegno alle attività artigianali, finanziato con i fondi della CEE. La presenza della figlia di Totò sarà poi l'occasione per visitare la casa natale del grande comico napoletano. La visita ha luogo però al numero civico 109 di Via Santa Maria Antesaecula, non alla casa natale situata al 107...
1963. Totò e Franca Faldini a Napoli in occasione dei festeggiamenti in suo onore.
Così la stampa dell'epoca
NAPOLI PIANGE IL SUO ATTORE
Totò è nato qui, al rione Sanità
Tra la gente che lo vide giovane e applaudì al «Partenope» i primi successi artistici • Una voce corre tra i vicoli: «Si informano per l'eredità» • In casa dei cugini del principe Antonio De Curtis
NAPOLI, 16.
Via Santa Maria Antesaecula alla Sanità. Una strada popolare, botteghe dall’uno e dall'altro lato, di artigiani e di alimentari, e «bassi», tanti «bassi» con tanta gente. E in alto, da una finestra all'altra, distesi come tanti festoni, i panni allo sciorino; e carrette a carrettini con frutta e verdura e cesti di pesce. La Napoli popolare, insomma. E’ come quando Totò vi nacque, in quel quartierino del primo piano al numero 106, composto di tre stanze disadorne e scarso mobilio. Via Santa Maria Antesaecula è rimasta la stessa di settanta anni fa, forse la stessa di prima di settanta anni fa, o anche di cento. Non è cambiato nulla, se non forse, qualche tubo di neon al posto della lampadina elettrica.
L’ultimo ricordo di Totò in questa strada risale alla fine del 1965, quando l'indimenticabile attore vi giunse per una ripresa di "Tivusette" a bordo della sua macchina, lamentandosi, tra una folla di popolani festosi, che non riusciva mai a consumare un paio di scarpe, pur avendone tante, giacché era costretto ad andare sempre in macchina. Una battuta di spirito cui, per altro, seguì la tanto desiderata passeggiata, cominciando proprio dall'antico palazzo in cui abitava, vecchio e diruto, che egli, fattosi improvvisamente serio, si era soffermato a guardare a lungo, certamente sopraffatto da tanti pensieri e tanti ricordi.
Vincenza Rippa, coetanea di Totò, proprietaria della panetteria accanto al palazzo, lo ricorda cominciando dall'ultima volta che lo ha visto: «Mi avvicinai a lui e gli dissi: Ti ricordi, Totò, quando eravamo ragazzi? Io sono Vicenza, 'a figlia d' 'o farenaro... ».
«Si che mi ricordo, Vicenzina bella.. E tu si Maria 'a guantaia, tu si Nanninella 'a figlia 'e gentiello. Site belle come 'na vota... ».
Era considerato perfino bello
«Vicenza» è un diluvio: «Io gli portavo, tanti anni fa, i fiori quando recitava al "Partenope" a via Foria, io ero sempre in prima fila al teatro e ricordo la cantava con successo: «"Si bella Fofò... cantava con successo: "Si bella Fofò... grazie, lo so'" ». Perché Totò, pur magrissimo e con quel mento sporgente da un lato che, qualche volta — ci dicono — copriva col fazzoletto, era considerato bello dalle ragazze del quartiere di cui egli era il beniamino.
«Andava in giro in paglietta e bastoncino e recitava — dice donna Vicenza — recitava sempre in casa, per la strada, al caffè. La sua giovinezza è stata tutta una recita».
Si è fatto intanto un capannello attorno a noi e ognuno vuol raccontare qualcosa. Giuseppe Riccioli, panettiere, ha fatto le elementari con Totò. Si ricorda benissimo colui che, tra il 1912 e il 1914, fu il maestro di Totò: il comico Gustavo De Marco. Era questi che usava coprirsi il capo con una paglietta e tenere in mano un bastoncino di bambù. E Totò, tanto fanatico di lui, lo imitava, finché De Marco non lo volle con sé, a fare delle imitazioni al «Trianon» e all'«Orfeo», vecchi teatri di avanspettacolo della Napoli primo-anteguerra, quando ancora il gusto per questo tipo di spettacolo non aveva subito un fiero colpo.
Non ci ha mai dimenticato
Don Peppino Riccioli gli era amico e, come tale, non gli invidiava nulla, se non la fortuna che Totò aveva con le donne. «Piaceva a tutte ed ognuna faceva a gara per conquistarlo. Ma lui scherzava e non saprei dire se si sia veramente innamorato di qualcuna. Forse, dì Menechella, tuttora vivente (una Venere, afferma), forse Vincenza Santoro, ora defunta, di cui amava parlare spesso e con enfasi. Totò — conclude don Peppino — era fin da allora una macchietta ».
Anna Emilio, quasi coetanea di Totò, si fa avanti: è una pizzaiola. «Totò non era ricco, allora, ma era egualmente generoso. A me che gli auguravo sempre tanta fortuna offriva il gelato. Ed anche io andavo con donna Vicenza Rippa e tutte le altre ragazze al "Partenope" a spellarmi le mani per lui. Noi della Sanità gli abbiamo tributato i primi successi, noi gli abbiamo sempre voluto bene, Io abbiamo messo sulla strada della gloria artistica...».
E’ un coro di elogi, di rimpianti, di affetti non tutti esplosi come avrebbero dovuto, giacché quei popolani l’hanno conservato in cuore e quasi vorrebbero farlo esplodere ora che Totò non c’è più. Altre voci si levano: «Non si è dimenticato mai di noi»; «Era un benefattore e lasciava sempre a noi, povera gente, un po’ di denaro»; «Abbiamo tanto bisogno», La folla si ingrossa e oramai non riusciamo più ad ascoltare interamente le espressioni, perché tutti vogliono dire qualcosa di Totò. D’un tratto si crede di capire che è arrivato lì qualcuno (cioè noi) che si sta informando per l'eredità di Totò. E non abbiamo potuto fare a meno di lasciarci accompagnare dai «parenti» del compianto Antonio De Curtis, ci dicono dei cugini, i quali, appunto, si chiamano De Curtis. Lasciamo fare e andiamo.
Vico Tronari, ai Cristallini, qualche centinaio di metri più avanti. Al confronto, la descritta via Santa Maria Antesaecula sembra un boulevard parigino. Al numero 9, un palazzetto che sembra venir fuori dalle macerie contorte di un terremoto. c'è mezzo (sgangheratissimo) portoncino chiuso in segno di lutto e su un pezzetto di carta incollata, con la scritta: «Chiuso per la morte del principe Antonio De Curtis».
E’ rimasto nel cuore di tutti
Ci spingono a salire sopra, tra scale e scalette prive di soglie che si intrecciano, tra improvvisi varchi da cui si ode il pianto di bimbi, ed accediamo per un antro buio che dovrebbe essere una casa. Lì, appunto, abitano Gennaro De Curtis — il quale è assente — con i figli Giovanni, Rosaria, Concetta, Antonio, Ciro. La madre non c’è; è morta sette anni fa. E' assente pure un'altra figlia che è sposata. Parlano i figli di Gennaro De Curtis e ci assicurano che Totò era loro zio. E ci mostrano delle foto di Totò, con affettuose dediche e ci dicono che lui li aveva sempre aiutati, che li voleva bene. Ora sperano.
E sperano anche Mario ed Elmerinda De Curtis, fratelli di Gennaro De Curtis; dicono anche loro di essere cugini dello scomparso, Anch’essi sono povera gente, come del resto quasi tutti quelli del vasto e popoloso quartiere della Sanità. A fatica riusciamo ad andarcene.
Totò, lì, è rimasto nel cuore di tutti, cosi come Totò stesso disse una volta, che il suo cuore era rimasto lì, alla Sanità, in via Santa Maria Antesaecula, dove quando egli usciva, paglietta in testa e bastoncino in mano, magrissimo, raccoglieva i sorrisi delle belle ragazze alle finestre o davanti ai «bassi», rispondendo loro con un inchino e con una levata di paglietta, senza riuscire a non essere buffo, amorevolmente buffo, nonostante i suoi sforzi.
Luigi Ricci, «Paese Sera», 16 aprile 1967
L'appartamento alla Sanità
La sfida del Comune: riacquisteremo l'abitazione di Totò
La casa di Totò passa ai privati. Giuseppe De Chiara ha comprato il piccolo appartamento alla Sanità e da ieri è entrato in possesso delle chiavi e l’amministrazione comunale tenta di correre affannosamente ai ripari, dopo aver perso un’occasione per pochi soldi. Mentre da Roma Liliana de Curtis avverte che non si tratta della vera casa del “principe della risata”, sita in realtà cinquanta metri più in là. Il Comune potrebbe presentare ora una proposta d’acquisto per la casa di Totò, in via Santa Maria Antesaecula. A ipotizzare l’offerta è la Iervolino per acquisire al patrimonio pubblico l’immobile del quale da ieri è diventato proprietario un privato dopo che per oltre 35 anni vi aveva vissuto una coppia di anziani coniugi.
Il sindaco ha confessato che l’amministrazione fosse all’oscuro della vendita, anche se in verità la storia era uscita più volte in pubblico negli anni scorsi. «Siamo un Comune povero - spiega la Iervolino - ma certamente avremmo trovato i soldi per comprare la casa anche perchè è stata venduta a pochi milioni di vecchie lire. Non abbiamo perso nulla perchè nessuno ci ha detto che si vendeva la casa di Totò e l’avremmo acquistata senza nemmeno pensarci un momento». “La casa è ora in mano ai privati. Il diritto di proprietà è costituzionalmente garantito. Speriamo che questi proprietari si rendano conto che hanno in mano un patrimonio morale e immobiliare particolarmente importante. Ma di certo non possiamo espropriare nessuno”.
La casa si trova al primo piano, sulla bottega di un fruttivendolo. All’ingresso del portone una targa con la scritta che ricorda «il comico impareggiabile per la sua mimica, uomo di nobili sentimenti, poeta insigne, fra quelli che l’Italia può contrapporre al resto del mondo». Totò vi nacque il 15 febbraio del 1898: quella casa è rimasta la stessa, così come la stanza da letto dove nacque il principe della risata. Giulio Barbella, 89 anni, e la moglie Maria Viscio, 87 anni, in tutti questi anni hanno ricevuto - in cambio di piccole mance destinate, dicevano, a comprare i fiori per la tomba di Totò e qualche messa in suffragio - le visite di chi voleva visitare la casa, mostrando foto e vecchi cimeli. La casa fu messa all’asta e aggiudicata a giugno del 2002, dopo ben 11 tentativi andati a vuoto, ad una casalinga, Amelia Canoro, di 57 anni, attrice amatoriale, e il figlio, Giuseppe De Chiara, 36 anni, per la miseria di 18 mila euro.
La volontà di De Chiara è quella comunque di allestire un sito storico in omaggio al principe della risata. “Ne faremo un centro di cultura teatrale per i giovani e se il sindaco è veramente interessato al rilancio della casa, investa sul restauro di cui l'immobile ha bisogno. Per ben dodici volte hanno perduto l’occasione di acquistare la casa, adesso se ne ricordano ma noi non la vendiamo”.
«Il Mattino», 23 gennaio 2004
conte Marco Rocco di Torrepadula, un amico del principe de Curtis.
Riferimenti e bibliografie:
- "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- Luigi Ricci, «Paese Sera», 16 aprile 1967
- Chiara Graziani, «Il Mattino», 24 febbraio 2003
- «Il Mattino», 23 gennaio 2004
- Foto © Daniele Palmesi - Napoli, aprile 2017