Silvana la malafemmina

Approf Silvana

Silvana Pampanini ancora oggi viene considerata la musa ispiratrice della famosissima canzone di Totò, Malafemmena. La storia non andò così: Totò usava dare dolci e bizzarri soprannomi alle donne che amò. Così come Franca Faldini fu soprannominata "Ravachol" (pseudonimo di un famoso terrorista omicida francese di fine '800), a Diana Bandini Rogliani, la donna che sposò, fu dato il nomignolo di "Mizzuzina". Sul retro della bozza del testo della canzone "Malafemmena", fu trovato lo scritto "dedicata alla mia Mizzuzina". Ciò porta alla conclusione che la famosa canzone fu dedicata a Diana Rogliani. Tale circostanza fu confermata dalla stessa Diana in un'intervista alla RAI negli anni '90.


Rifiutai la sua proposta di matrimonio e lui, deluso e amareggiato, compose per me "Malafemmena”, la sua canzone più bella e più famosa. Quando mi incontrò la prima volta, disse: "Ecco una donna vera, di dentro e di fuori”. Era un vero gentiluomo: se chiudo gli occhi, lo rivedo mentre mi offre un fascio di fiori.


Tra le compagne di lavoro un discorso a parte merita Silvana Pampanini per la quale Totò prese una cotta in piena regola. E non c’è da stupirsene perché all’inizio della carriera, giovanissima e provocante, l’attrice era una vera meraviglia. Per di più agli occhi di Totò aveva il fascino di un perbenismo insolito per l’ambiente cinematografico, che la rendeva diversa da tante altre starlet alla ricerca del fatidico posto al sole. Silvana, che non a caso ha intitolato la sua autobiografia Scandalosamente perbene, era sempre accompagnata dal padre e aveva la fama di essere irraggiungibile. Totò incominciò a corteggiarla con fiori, poesie e regali preziosi e certamente riuscì a colpirla col suo stile, tanto è vero che ancora oggi, tra i tanti ammiratori del passato, Silvana sembra ricordare soltanto lui. Al punto da descrivere con una punta di nostalgia i suoi omaggi floreali personalizzati, in quanto i bouquet che le inviava, sempre accompagnati da un romantico biglietto, spesso erano avvolti in un fazzoletto di tela finissima bordato di pizzo.

Silvana assicura anche che il loro rapporto fu platonico e che a una richiesta di matrimonio lei rispose con un diniego, spiegandogli impietosamente: “Totò, sei un uomo straordinario, ma per età potresti essere mio padre”. Non c’è motivo di dubitare della sua verità, ma certo alcuni atteggiamenti di Totò nei suoi riguardi alimentavano i pettegolezzi. Per esempio, sapendo che Silvana era impegnata nella lavorazione del film Io sono il Capataz con Renato Rascel, si recava sul set per sorvegliare che il collega non fosse troppo intraprendente. Se una donna lo interessava la sentiva subito “sua” pur senza averne alcun diritto. Vedere la Pampanini tra le braccia di Rascel, sia pure per esigenze di copione, quindi, lo rendeva nervoso. Al punto che “il piccoletto” si sentì in dovere di rassicuralo, giurandogli che i suoi erano solo baci finti. “Lo so, Renato, lo so” replicò lui. “Ma tu, intanto, fammi il piacere, quando baci Silvana tieni la lingua a posto suo.” Naturalmente certi aneddoti erano di dominio pubblico e davano adito a molte malignità in quanto Totò non era certo il tipo da accontentarsi di un ruolo, diciamo così, contemplativo. La verità è che l’incontro con Silvana coincise col momento in cui la sua crisi con Diana era al culmine e fu da lui usato, magari a livello inconscio, per dare il colpo di grazia a un legame ormai insostenibile. Totò ostentò la sua ammirazione per la Pampanini per ferire Diana che già riceveva le attenzioni dell’avvocato Tufaroli, considerando una rivalsa farsi vedere in giro con una donna affascinante e desiderata.

Certo se Silvana avesse accettato le sue proposte sarebbe stato felice di presentarla a tutti come la sua fidanzata, ma poiché lei lo respinse, il suo orgoglio maschile gli impose di tirarsi indietro. A prendere questa decisione, inoltre, contribuì uno scontro col padre di Silvana. Quest’ultimo, come racconta Carlo Croccolo, un giorno arrivò sul set di 47 morto che parla ed ebbe un burrascoso colloquio con Totò, pregandolo di non compromettere ulteriormente la figlia sulla quale sentiva di dovere ancora esercitare la patria potestà tutelandone il buon nome. Totò non restò insensibile a questo invito e si mise definitivamente fuori gioco, anche perché Silvana da quel giorno diventò molto più riservata nei suoi confronti. Pur amareggiato per il distacco, Totò non le dedicò Malafemmena per il semplice motivo che la Pampanini non se la meritava.

Ad ispirargliela poteva essere solo Diana, la donna con la quale ebbe un rapporto completo e passionale al punto da lasciarlo sconvolto al momento della rottura. Non una ragazza appena conosciuta, colpevole soltanto di averlo lusingato un po’ troppo, con l’attenuante, però, della sua giovane età. Che senso avrebbe avuto chiamarla malafemmena e dirle: Si avisse fatto ’a nato chillo c’hai fatto a me st’ommo t’avesse acciso? Totò infatti conservò un buon ricordo di Silvana e non tralasciava occasione per dire che fisicamente era proprio il suo tipo. E infatti delle attrici straniere amò particolarmente Ava Gardner perché era bruna con gli occhi chiari. Non era uno di quegli uomini che preferiscono le bionde, ma fece eccezione per Kim Novak della quale, parafrasando il titolo del suo film L’uomo dal braccio d’oro, diceva: “Kim dal braccio d’oro... per non parlare del resto”.

Liliana de Curtis


Totò dedicò questi versi a Silvana Pampanini


Gli occhi tuoi

Gli occhi tuoi verdi smeraldo
belli sono come il mare
come l’aria che respiro
ho bisogno di guardare.

Le tue mani delicate
che baciare è una delizia
son di rose vellutate
son profumo e son letizia.

Profumata è la fua bocca,
fresca come le viole,
primavera di sorriso
luminoso più del sole.

Bella superba

Bella superba come un'orchidea
creatura concepita in una serra
nata dal folle amore d’una dea
con tutti i più bei fiori della terra.

Dal fascino del mare misterioso
che hai negli occhi come una calamita,
vorrei fuggir lontano, ma non oso,
signora ormai sei tu della mia vita.

Come sono schiavo incatenato
alle catene della tua malia...
e mai vorrei che fosse, ahimè, spezzato
il dolce incanto della mia follia.



Silvana Pampanini ricorda Totò

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«Peggio 'e ’na vipera» ma «ddoce comme ’o zucchero»: la vulgata ci ha abituato a immaginare la Malafemmena di Totò con gli occhi verdi e le gambe lunghe di Silvana Pampanini. «Invece era mia madre» afferma Liliana de Curtis, unica figlia dell’attor-principe e della moglie Diana Rogliani, tenendo in mano lo spartito originale della canzone con la dedica «A Diana, la mia Mizzuzzina». «Con i diritti d’autore di quel brano, quando da anni già vivevano separati, mio padre comprò a mia madre un appartamento ai Par ioli dicendole: sono soldi tuoi, la canzone me l’hai ispirata tu».

Ora «Malafemmena» è diventato un libro (edito da Mondadori) che trasforma la storia di un matrimonio (e di un divorzio bulgaro) in un feuilleton in piena regola, con tanto di scene erotiche, ripicche, tradimenti e dialoghi da romanzo rosa che uno difficilmente assocerebbe al re della risata. «Ho voluto rendere giustizia a una donna discreta — mai avrei potuto scrivere questo libro se mia madre fosse stata viva ! — e celebrare una grande passione, a metà strada tra un film di Truffaut e una sceneggiata napoletana».

1935 Antonio de Curtis Diana Rogliani 000 L 2

Totò conobbe Diana durante una recita di «Follie d’estate» a Firenze. Lui aveva 33 anni, lei 15. «Fu amore a prima vista: lui, colpito dal sorriso bellissimo di questa ragazza seduta tra il pubblico, la chie-
se in moglie la sera stessa» rievoca la nipote Diana, che porta lo stesso nome della nonna. In realtà il matrimonio si celebrò un paio d’anni dopo, una cerimonia sotto tono, presenti solo i testimoni e la piccola Liliana, che allora aveva due anni «La mamma non è mai stata la "principessa de Curtis" — nota Liliana — per tutti era semplicemente "la signora Totò" e lei era contenta così».

L’unione ufficiale coincise con le prime crisi del rapporto. «Nell’intimità i nonni erano molto teneri» prosegue la nipote Diana. «La mattina si svegliavano sfiorandosi le gambe e si salutavano con un "buongiorno piedi". Però poi avevano entrambi un temperamento sanguigno. Totò era un gran donnaiolo, ma anche un uomo divorato dalle ossessioni e dalla gelosia. Mia nonna a un certo punto si stufò e se ne andò di casa. Lui chiese il divorzio (che ottenne in Bulgaria (1)) ma non smise mai di pensare a lei come alla sua legittima moglie e lei, che pure a un certo punto si risposò (con l’avvocato Michele Tufaroli, ndr), morì bisbigliando il suo nome».

Carlotta Niccolini, «Corriere della Sera», 12 marzo 2009


Note

(1) Il divorzio fra Totò e Diana fu sentenziato in Ungheria e ratificato in Italia

Riferimenti e bibliografie:

  • Matilde Amorosi in «Gente», 24 giugno 1978
  • Carlotta Niccolini, «Corriere della Sera», 12 marzo 2009
  • "Totò, femmene e malafemmene", Liliana de Curtis e Matilde Amorosi, RCS Libri, Milano, 2003