Sua Altezza Imperiale Antonio de Curtis
Maestro Venerabile 30° nella Fulgor Artis di Roma all’Obbedienza della Federazione Massonica Universale del Rito Scozzese Antico ed Accettato
Il "Fratello"
Il 21 aprile 1967 la Loggia Fulgor Artis annunciava dalle pagine del "Tempo" di Roma la scomparsa di Sua Altezza Imperiale Antonio Porfirogenito della stirpe dei Focas Angelo Flavio Ducas Comneno Bisanzio, principe di Cilicia, di Macedonia, di Dardania, di Tessaglia, del Ponto, di Moldava, di Illiria, del Peloponneso, duca di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo, in arte Totò. Difficile riuscire a ripercorrere le tappe dell’iniziazione di Totò alla Massoneria, certo è che i documenti attestano la presenza di Antonio de Curtis a metà del 1945 come Fratello di 18° in una Loggia napoletana detta Fulgor e, qualche mese dopo, in ottobre, compare come Maestro Venerabile 30° nella Fulgor Artis di Roma, all’Obbedienza della Federazione Massonica Universale del Rito Scozzese Antico ed Accettato…
In taluni casi (come per esempio ricorda Giordano Gamberini) si parla di un’Officina promossa e fondata dal principe come Ars et Labor, ma non è possibile stabilire se essa fosse altra Loggia o se si fuse o confuse con la Fulgor Artis. La sua affiliazione viene fatta risalire al 1944, nella Loggia Palingenesi.
Ma quelli, dopo le furie fasciste e la clandestinità, erano anni di grande confusione, e le Officine avevano ripreso i lavori in modo libero e spontaneo, prima dei riconoscimenti formali.
Comunque, in breve tempo egli fondò a Roma una Loggia dal significativo nome Fulgor Artis, di cui probabilmente ricoprì sempre la carica di Maestro Venerabile e che riuniva vari attori di cinema e teatro… Il principe Antonio de Curtis, un Fratello che avrebbe potuto senza difficoltà acquisire il 33° del Rito Scozzese, che avrebbe potuto arrivare cioè a far parte delle alte sfere della gerarchia massonica, nel Supremo Consiglio per la gestione del Rito, si fermò al 30° grado…
Nel 1998, anniversario dei cento anni della nascita di Totò (15 Febbraio 1898) l’invito dell’allora Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Virgilio Gaito al Sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, perché nell’occasione si ricordasse non solo l’attore ma anche il Fratello, suscitò sconcerto e scatenato repliche indignate: come immaginarsi Totò con indosso il grembiulino, a compiere rituali sotto l’egida di squadra e compasso!
Luciano De Crescenzo gridò allo scandalo. Renzo Arbore, invece, giustamente replicò: "Credo che Totò avesse molto forte il sentimento della solidarietà ed era in questo senso massone. [ ... ] Totò aveva queste due anime. Una voleva elevarsi, affrancarsi dal personaggio. Potrebbe aver visto questa strada, entrare a far parte di un club di persone rette e giuste, un modo, appunto, di esprimere la sua voglia di andare incontro al prossimo"
[…] Sulla carriera di Totò, sappiamo tutto, tutte le curiosità e tutti gli aneddoti, ma la presenza di Totò in Massoneria è stato un "segreto", nessuno fino ad ora ne aveva mai parlato pubblicamente [...] Evidentemente il principe de Curtis aveva pienamente aderito ai giuramenti degli antichi rituali, per i quali la Massoneria è essa stessa il "segreto":
"V’è qualche cosa di comune fra voi e me?"
"Sì, Venerabile Maestro",
"E che cosa è, fratello mio?",
"Un segreto",
"E quale è?",
"La Massoneria".
Tutto gira, dunque, attorno a quella poesia, origine e fulcro della sua iniziazione, i cui primi versi sono apparsi nel 1953, in appendice al libro Siamo uomini o caporali? Un inno alla livella (dal lat. libella, bilancia), all’orizzontalità perfetta, alla Grande Eguagliatrice.
Il poeta ci racconta in versi di essere stato testimone, il giorno dei morti, al cimitero, di un fatto curioso; il fantasma di un marchese e quello di un netturbino si incontrano dove sono sepolte le loro salme, l’una accanto all’altra. Il marchese, irritato dalla vicinanza della spoglia e sporca tomba dell’altro, lo aggredisce:
"come avete osato di farvi seppellir, per mia vergogna, accanto a me che sono blasonato?!
Ancor oltre sopportar non posso la vostra vicinanza puzzolente".
Il netturbino, dopo averlo ascoltato, si spazientisce:
"Ma chi te cride d’essere... nu ddio?
Ccà dinto, ‘o vvuò capì, ca simmo eguale?
Muorto si’ tu e muorto so’ pur’io; ognuno comme a ‘n’ato è tale e qquale".
I due protagonisti si presentano con caratteristiche umane e terrene: il nobile è vestito col cilindro e un gran pastrano, è marchese, signore di Rovigo e di Belluno, porta solo appellativi ma non possiede un nome e parla correttamente; lo "scupatore" è tutto sporco e misero, si chiama Gennaro Esposito e parla in dialetto napoletano. Immancabilmente presenti le due anime di Antonio de Curtis, il principe e il povero, il blasonato e il figlio di N.N. La morte che qui viene celebrata, non è la nemica, non rappresenta la fine, non è drammatica. Per i Fratelli la morte si lega alla simbologia della terra. È un rito di passaggio: rivelazione e introduzione.
Putrescat ut resurgat: tutte le iniziazioni attraversano una fase di morte prima di spalancare le porte ad una vita nuova. La morte libera le forze ascensionali dello spirito, è la condizione per accedere ad una vita superiore. Il messaggio è affidato a Gennaro, lo scopatore: "nuje simmo serie... appartenimmo â morte!". La Morte è, del resto, il campo neutro, dove non esistono distinzioni né per bontà o cattiveria, né per nobiltà o povertà, né di gerarchia e potere: «’A morte ‘o ssaje ched’è? ... è una livella»[…]
La livella e il filo a piombo sono gli attributi dei due Sorveglianti e la loro dualità corrisponde a quella delle due colonne del Tempio. La livella è costituita da una squadra al vertice della quale è sospeso un filo a piombo: quindi non solo determina l’orizzontale, ma anche la verticale, l’espansione cosmica. Il passaggio dalla perpendicolare alla livella esprime una crescita, quella dal grado di Apprendista a quello di Compagno.
La sintesi della perpendicolare con la livella non è realizzata se non per mezzo della squadra, attributo del Venerabile. La livella si lega all’iniziazione, all’inizio del percorso muratorio, esprime la crescita del massone, e come tale possiamo pensare che fu scritta da Totò [...]
Rita Polverini
Così la stampa dell'epoca
"Totò fu un maestro anche come massone"
Il Grande Oriente: "fondò una loggia"
Napoli, lettera-appello al sindaco per il centenario. De Crescenzo: “Non ci credo. Lui avrebbe detto: ma mi faccia il piacere”
NAPOLI
Totò è stato massone, fu anche fondatore, diventandone Maestro venerabile, della Loggia «Ars et Labor». Lo afferma, in una lettera aperta al sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, il Gran maestro del Grande oriente d’Italia, Virgilio Gaito. In occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita dell’attore napoletano, in programma per oggi, da palazzo Giustiniani arriva l'appello: «Eviti, signor sindaco, che anche la memoria di Totò sia colpita dall' opera di rimozione della sua appartenenza alla Massoneria, che troppe volte fa cadere nell' oblio l’esperienza massonica di tanti illustri italiani». Gaito dice di scrivere anche a nome «del Fratello Totò, passato all’Oriente Eterno. Questo le chiedo di ricordare, domenica quando si troverà sulla tomba del grande Artista, principe Antonio De Curtis, al Cimitero del Pianto».
Sembra difficile immaginare, almeno fuori dalla scena dei suoi film, Totò «muratore» nel Tempio, con indosso il grembiulino, a compiere rituali sotto l’egida di squadra e compasso e dell'occhio «che tutto vede». Incredula, innanzitutto, la figlia Liliana che replica: «In famiglia non ne ha mai parlato». Eppure il Gran maestro della Loggia, nata in Italia dal 1805, sembra saperne moltissimo sul «principe della risata».
«Totò - scrive ancora nella lettera al sindaco Bassolino - fu iniziato alla Massoneria nel 1944 dalla Loggia Palingenesi, dunque all'età di 46 anni, nel pieno della sua maturità di uomo e di artista: una scelta che ha segnato profondamente tutto il resto della sua vita». E precisa anche: «Totò fu anche fondatore - diventandone poi Maestro venerabile - della Loggia “Ars et Labor’’».
L’avvocato Virgilio Gaito si dice convinto di reclamare il riconoscimento di una «verità storica su un grande napoletano, un grande italiano e - ma questo pochi lo sanno e molti se ne meravi-glieranno - un grande Massone». E chiama in causa una delle più celebri poesie dell’attore: «Ha espresso i sentimenti propri della sua appartenenza attraverso la poesia A livella, nella quale sono mirabilmente descritti i valori della vera Massoneria, che si batte da sempre contro l’ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini».
Totò massone? Luciano De Crescenzo non ci crede. «Non può essere vero - sbotta lo scrittore - io che l’ho conosciuto, lo posso dire: tutto poteva essere tranne che un massone». De Crescenzo aggiunge: «Io parlerei di un'incompatibilità di tipo caratteriale. Perché ci si iscrive ad un’associazione più o meno segreta? Per ricavarne dei vantaggi, per contare di più. Ma a che tipo di vantaggi poteva aspirare uno come Totò, che nel suo campo era il massimo, e che ovunque andava era conosciuto ed amato da tutti?».
«La verità è un'altra - prosegue lo scrittore - è destino comune a molti personaggi famosi finire senza saperlo inliste massoniche o, peggio, in elenchi di affiliati ad associazioni di criminalità organizzata. Ricordate Franco Franchi, sospettato di essere mafioso? E Claudio Villa, anche lui accusato di essere massone? In entrambi i casi, non era vero niente. Anche a me una volta, a Napoli, è capitato di essere trascinato ad una festa che - per fortuna me ne accorsi in tempo - era una specie di riunione della camorra. Ma da qui a dire che ero un camorrista ce ne corre».
Domani, nel rione Sanità di Napoli, dove Totò nacque, inizieranno i lavori di ristrutturazione e di sistemazione dei locali di Palazzo dello Spagnuolo, in via Vergini, destinati ad ospitare il museo a lui dedicato. Il restauro, per cui è stato stanziato oltre un miliardo, durerà un anno. Il museo sarà gestito dall'associazione presieduta da Liliana De Curtis. L'iniziativa rientra nel progetto di riqualificazione dei Quartieri Spagnoli finanziato dall’Unione europea. E Rifondazione comunista pensa di intitolare una piazza o un largo del centro storico di Napoli all’illustre concittadino.
Franco Di Mauro, capogruppo consiliare di Rifondazione proporrà alle forze politiche del Consiglio comunale di sottoscrivere l’ordine del giorno per «Antonio De Curtis, in arte Totò. Principe della risata».
Il sindaco Bassolino, almeno ieri, non ha commentato ìa lettera arrivata da Palazzo Giustiniani. Era a Firenze, molto più interessato alle conclusioni ai D’Alema sulla Cosa 2. Ci pensa De Crescenzo a tagliare corto: «Totò massone, fondatore di una loggia? Lui avrebbe risposto: “Ma mi faccia il piacere...”».
Patrizia Capua, «La Repubblica», 15 febbraio 1998
"Ma non pensate subito alla P2"
L'intervista. Renzo Arbore: “Non sempre si tratta di clan di mutuo interesse” “Ai suoi tempi era un’ altra cosa. Lui aveva forte il sentimento della solidarietà”
NAPOLI
Risponde al telefono cellulare alquanto trafelato, Renzo Arbore. L artista si trova a Napoli, in uno studio di registrazione «sotto il Vesuvio» dice con tono un po' misterioso, e sta lavorando a un nuovo disco con «Orchestra Italiana». Ha appreso della lettera del Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia a Bassolino da un’agenzia di stampa. E confessa di non aver saputo che rispondere «così su due piedi».
Arbore, le sembra verosimile una storia del genere su Totò?
«Beh, prima di tutto la parola massoneria nel ricordo italiano evoca la P2. Una massoneria negativa come clan di mutui interessi...».
Ma non è solo quello
«Sì, la massoneria ai tempi di Totò mi pare fosse tutt’altra cosa, ma non sono un grande esperto».
Sta dicendo che potrebbe non essere una boutade quella di Virgilio Gaito, Gran Maestro di Palazzo Giustiniani?
«Probabilmente è vero che ha fatto parte di questa loggia. Credo che Totò avesse molto forte il sentimento della solidarietà ed era in questo senso massone. Perché del resto non sono disposto a condannarla tutta quanta in blocco. So che la massoneria per il nostro paese durante la lotta partigiana e poi nel dopoguerra svolse un ruolo positivo».
E ce lo vede, il principe della risata, mettersi il grembiulino, nei panni del Muratore, farsi chiamare Fratello, parlare di dogmi, di squadra e compasso?
«No, non ce lo vedo affatto, però potrebbe averlo fatto con la sua proverbiale ironia... Per quanto è una cosa delicata, non sta a me giudicare».
La figlia dell’attore, Liliana, dice che se fosse vero, potrebbe aver fatto questa scelta in nome della sua indole altruista, della generosità verso gli altri.
«In fin dei conti non ci trovo molto di strano. Totò aveva queste due anime. Una voleva elevarsi, affrancarsi dal personaggio. Potrebbe aver visto questa strada, entrare a far parte di un club di persone rette e giuste, un modo, appunto, di esprimere la sua voglia di andare incontro al prossimo».
Esclude un obiettivo diverso, meno nobile, ossia utilizzare l’adesione alla massoneria come una scorciatoia per ottenere più presto e meglio la fama e la celerità attraverso il suo lavoro di artista?
«Non credo ad una motivazione speculativa. Non sarebbe in sintonia con la grande umanità di Totò. E poi non ne aveva alcun bisogno. Però, ripeto, non sono molto preparato sull’argomento e su questa materia mi sembra utile e opportuno fare dei distinguo... Sbagliare può essere molto facile».
Patrizia Capua, «La Repubblica», 15 febbraio 1998
La figlia: "quel segreto avrebbe avuto vita breve"
NAPOLI
«È una cosa vecchia come il cucco. Molto tempo fa, papà era già morto, qualcuno mi na scritto ma non vi ho dato alcun peso. Ho vissuto con mio padre fino a quando avevo 18 anni e di questa cosa con noi non ha mai parlato». Liliana De Curtis, figlia di Totò, non conferma ma neanche smentisce. «Forse la teneva nascosta come la trombetta, nella scena dell’onorevole nel vagone letto... E un mondo che non conosco, rispetto qualsiasi cosa, per abitudine non giudico mai, non saprei dire».
La signora De Curtis ieri sera è arrivata a Napoli per partecipare alla commemorazione per il centenario della nascita di suo padre. «Se loro hanno le prove... Che dobbiamo fare, metterci il grembiule anche noi? Non ho cultura sulla massoneria e questo può darsi sia un mio difetto e non conoscendo la vera attività di questo gruppo... Se era una cosa per aiutare le persone, allora mi sembra possibile.
Mio padre era onesto, perbene, altruista, può darsi che lui abbia trovato in queste persone qualcosa che l’accomunava, per poter esprimere i suoi sentimenti».
Liliana De Curtis sembra riflettere ad alta voce, quasi parlasse con se stessa. «Non è che sia scettica. Ammesso pure che fosse una cosa che lui ha fatto io non ne so niente, la teneva per sé, ma prima o poi si sarebbe saputo. Un personaggio tanto celebre come lo era mio padre non avrebbe potuto tenere segreta più di tanto una cosa del genere. Come la storia delle tre canzoni inedite. Io non ne ho memoria, non me ne sono accorta per tanti anni, può essere stata una mia distrazione, ma lui non ne parlava». Liliana De Curtis non a mai conosciuto il Gran Maestro Virgilio Gaito. «Probabilmente questo signore sarà una persona come si deve. Ma io dico questo: ti pare che Bassolino si mette a parlare di massoneria? Ma come si fa a pensare una cosa così?».
Vantaggi? «Non credo proprio, papà si è avvantaggiato da solo. Forse è una cosa durata un periodo molto breve. Altrimenti prima o poi se ne sarebbe fatto un vanto».
Patrizia Capua, «La Repubblica», 15 febbraio 1998
Fratello pinzellacchera. Totò iscritto alla massoneria?
NAPOLI
Il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, Virgilio Gaito, ha reso noto di aver inviato una lettera aperta al sindaco di Napoli Antonio Bassolino per invitarlo a ricordare, in occasione delle commemorazione del centenario della nascita in programma oggi, che il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, oltre che «grande napoletano» e «grande italiano», è stato «anche un grande massone». «Totò - sostiene Gaito nella lettera a Bassolino, di cui ha diffuso il testo - fu iniziato alla massoneria nel 1944 dalla Loggia Palingenesi, dunque all'età di 46 anni, nel pieno della sua maturità di uomo e di artista». «Totò - aggiunge il Gran
Maestro del Grande Oriente d'Italia - fu anche fondatore, diventandone poi Maestro Venerabile, della Loggia Ars et Labor ed ha espresso i sentimenti della sua appartenenza alla Massoneria attraverso la poesia "a livella", nella quale sono mirabilmente descritti i valori della vera Massoneria, che si batte contro l'ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini».
Scettico su un Totò incappucciato è lo scrittore Luciano De Crescenzo. «Io che l'ho conosciuto, posso dire: Totò tutto poteva essere tranne che un massone», dichiara. E liquida come «inverosimile» la notizia.
Resta perplesso un napoletano «d'adozione», ma ugualmente «doc», come Renzo Arbore. «A me personalmente - dice - non risulta... ma se anche fosse non ci troverei niente di male. La massoneria non è una sola, ce n'è una cattiva, ma anche una buona».
«Non ricordo, non lo nego perché non mi risulta». Così Liliana de Curtis, figlia del grande attore napoletano, commenta a caldo la notizia che il padre possa essere stato massone, dicendosi anche divertita perché «come sempre nelle grandi occasioni, come i centenari, c'è qualcuno che sa sempre tutto di tutti». «Ho vissuto con papà fino a quando avevo 18 anni - aggiunge - e di questa cosa con noi non ne ha mai parlato. Non so se lo faceva con gli amici. Io non so nemmeno esattamente cosa sia la massoneria» e «non capisco cosa centri la livella con questa associazione. E tra le sue carte non ho trovato altro che un codice penale, molti documenti araldici, santini e cose varie, ma niente di questo».
«L'Unità», 15 febbraio 1998
Il Gran Maestro rivela: «era massone dal '44»
Il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Virgilio Gaito sostiene in una lettera al sindaco di Napoli Antonio Bassolino che Totò era massone. «Fu iniziato alla massonerìa nel '44. Fu inoltre fondatore della loggia Ars et Labon una testimonianza del suo essere massone si trova nella poesia "’A livella"». La figlia di Totò, Liliana, commenta: «Non lo ricordo, non lo nego però non mi risulta».
Gaetano Alefra, «Corriere della Sera», 15 febbraio 1998
«Vi ricordo che fu massone» dice il gran maestro Gaito
NAPOLI
II gran maestro del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani, Virgilio Gaito, ha reso noto di aver inviato una lettera aperta al sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, per invitarlo a ricordare che il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, è stato «anche un grande massone».
«Totò - sostiene Gaito nella lettera a Bassolino, di cui ha diffuso il testo - fu iniziato alla massoneria nel 1944 dalla loggia Palingenesi, dunque all’età di 46 anni, nel pieno della sua maturità di uomo e di artista. Fu anche fondatore, diventandone poi maestro venerabile, della loggia Ars et Labor ed ha espresso i sentimenti della sua appartenenza alla massoneria attraverso la poesia ”A livella”, nella quale sono mirabilmente descritti i valori della vera massoneria, che si batte sempre contro l’ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini».
Gaito esorta il sindaco a evitare che «anche la memoria di Totò sia colpita da quell’opera di rimozione della sua appartenenza alla massoneria».
«Il Piccolo», 15 febbraio 1998
Ma Totò era massone o cattolico?
Il genio immenso e multiforme di Totò siglò così il suo lungo poema dedicato alla Morte, la Grande Eguagliatrice: “Nuje simmo serie, appartenimmo a morte”. Dal napoletano: “Noi siamo seri, apparteniamo alla morte”. La composizione s'intitola 'A livella e i suoi versi, declamati dall'attore Patrizio Rispo, volto di Un posto al sole, sono risuonati l'altro giorno, di venerdì, al palacongressi di Rimini in apertura del raduno annuale del Grande Oriente d'Italia, la maggiore obbedienza del Paese con 22.703 fratelli, guidata da Stefano Bisi, giornalista senese. La Gran Loggia 2016, questo il titolo, è stata inaugurata infatti con La perfetta uguaglianza, omaggio a Totò libero muratore.
La Livella, testamento di Totò massone
Il suo poema ’A livella riporta al simbolismo lato mistico tipico dei massoni, in cui il filo a piombo e la livella costituiscono gli attributi dei due Sorveglianti, dignitari di loggia, in corrispondenza di un’altra dualità, quella delle due colonne del tempio massonico. In pratica, l’opera di Totò ridimensiona la morte a rito di passaggio all’Oriente Eterno, in cui si esprime un’orizzontalità perfetta (la livella, appunto). Simboli a parte, il mistero di Totò massone è antico. Sin da quando, sul Tempo di Roma, uscì il necrologio della massoneria dell’Alam di Piazza del Gesù, la Gran Loggia degli Antichi Liberi Accettati Massoni, nata nel 1908 da una scissione del Goi di Palazzo Giustiniani: “All’alba del 15 aprile 1967 è passato all’Oriente Eterno l’Illustre Fr. Antonio de Curtis 30°. Venerabile della R. L. Fulgor Artis dell’Oriente di Roma. Il titolo distintivo che Egli scelse per la Sua bella Officina significò per Lui incitamento e passione per quell’arte incomparabile di cui attinse con indeclinabile fede le più incantevoli cime. La Massoneria abbruna i suoi Labari con infinita tristezza.
IL PRINCIPE Antonio Gagliardi de Curtis - figlio naturale del marchese Giuseppe de Curtis, poi adottato da un altro marchese, Francesco Maria Gagliardi Focas - venne iniziato, secondo gli archivi della massoneria del Goi, il 9 aprile 1945 nella loggia Fulgor di Napoli, affiliata ai fratelli di Piazza del Gesù di Roma. Nello stesso anno, Totò diventa Venerabile della loggia Fulgor Artis nella Capitale. Raggiunse il 30° grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, sui 33 previsti per lina piena conoscenza dei segreti massonici. In uno dei suoi film più belli, ovviamente con Peppino De Filippo, e intitolato Letto a tre piazze, il principe della comicità fece capire, sempre secondo gli orgogliosi fratelli, la sua appartenenza massonica. Nella scena in cui i due scalano una parete montagnosa, Totò dice: “Professò la lego a un masso, ne ho trovato uno magnifico, questo resiste è un bel massone, un massone”. Poi l'attore lega una corda attorno al grande masso, che è uno dei riti dell’iniziazione massonica, quando la fune viene passata al collo dell’aspirante fratello.
A RIMINI, il Goi ha mostrato anche il testamento massonico di Totò, intestato al marchese, non ancora principe, “De Curtis Gagliardi Antonio”, in cui risponde a tre domande: “Che cosa dovete all’umanità? Amare il prossimo come se stessi: aiutarlo, fare del bene, senza limiti di sorta. Che cosa dovete alla Patria? Tutto, anche il sacrifìcio supremo. Che cosa dovete a voi stesso? Niente all’infuori del miglioramento spirituale”, il primo interrogativo rimanda, per la risposta, al comandamento di Gesù nell’Ultima Cena e riportato dal Vangelo di Giovanni, considerato di alto valore esoterico dai massoni.
In ogni caso, i funerali di Totò, nella chiesa del Carmine a Napoli, laddove fu decapitato Masaniello capopopolo, furono all’insegna della liturgia cattolica. Non solo. Un altro mistero sono le ultime parole pronunciate dall’attore prima di morire, il 15 aprile 1967. Per alcuni disse alla sua ultima compagna Franca Faldini: “l’aggio voluto bene Franca, proprio assai”. Ma la figlia Liiana de Curtis smentì. Secondo lei, il padre disse: “Ricordatevi che sono cattolico, apostolico, romano”. Non proprio una frase da massone.
Fabrizio D'Esposito, «Il Fatto Quotidiano», 3 aprile 2016
Segnali massonici di riconoscimento - Il Principe Antonio de Curtis appartenne alla Famiglia Massonica. La sua affiliazione viene fatta risalire al 1944, nella Loggia "Palingenesi" di Napoli. Successivamente fu fondatore e Maestro venerabile della Loggia "Ars et Labor" Due dita rivolte verso l’alto. Stanno ad indicare la legge degli opposti presente nella Massoneria e tra gli Illuminati, che è la legge del portare ordine fuori dal caos, del riconciliare gli opposti, ossia il bene e il male, la luce e le tenebre; ma esse indicano anche le due colonne del tempio massonico.
Si dice che...
Dopo un articolo di Repubblica (15 febbraio 1998) sull'appartenenza di Totò alla Massoneria Luciano De Crescenzo gridò allo scandalo. Renzo Arbore, invece, giustamente replicò: "Credo che Totò avesse molto forte il sentimento della solidarietà ed era in questo senso massone."
Chi lo ha conosciuto (Franca Faldini, n.d.r.) ricorda che: "Non era stato un uomo particolarmente religioso, ma a modo suo credente lo era. Credeva senza mezze misure nell'Artefice di questo Creato che non si stancava di ammirare e su di Lui non ammetteva lazzi o linguaggi irriguardosi. Non credeva in quell'Aldilà prospettato già dalla prima preghiera che ti infilano in bocca e anzi, a questo proposito affermava che l'inferno e il paradiso sono entrambi qua, in questo mondo, da quell'altro nessuno era mai tornato a descriverglieli".
A cui aggiungiamo un piccolo fatto: nel 1951 in una biografia di Totò scritta dal giornalista Alessandro Ferraù che fu sicuramente letta e apprezzata da Totò stesso che infatti gli regalò, in segno di stima, una sua foto con dedica; dedica che sarà ripetuta in occasione di un regalo successivo (1967) con il libro "A livella" ma con una piccola ma significativa variazione: nella seconda dedica "aveva inserito al posto di 'carissimo Direttore', la frase 'al mio carissimo e fraterno amico'"
Serie di piccoli episodi di vita quotidiana a cui aggiungiamo che comunque è nota la presenza di famosi artisti in Massoneria infatti fra i suoi associati, limitandoci all'Italia, abbiamo personaggi celebri quali il fumettista Hugo Pratt, il musicista Gorni Kramer , gli attori Gino Cervi, Carlo Dapporto, Paolo Stoppa, Aldo Fabrizi e tra i poeti e scrittori Gabriele D’Annunzio, Salvatore Quasimodo e numerosi altri. Il 18 aprile 1967 la Loggia Fulgor Artis annunciava dalle pagine del "Tempo" di Roma la scomparsa di Sua Altezza Imperiale Antonio Porfirogenito della stirpe dei Focas Angelo Flavio Ducas Comneno Bisanzio, principe di Cilicia, di Macedonia, di Dardania, di Tessaglia, del Ponto, di Moldava, di Illiria, del Peloponneso, duca di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo, in arte Totò."Il necrologio apparso sui giornali del 18 aprile 1967 col quale la massoneria italiana partecipava la scomparsa di "Fr. Antonio de Curtis 30" non mi colse di sorpresa. Sapevo che Antonio era massone. Lo avevo appreso per caso verso la fine degli anni Cinquanta. Fu a Napoli, al bar dell'Hotel Excelsior, dove lo vidi scambiare strani segni con un tale seduto al bancone e gliene chiesi il motivo. Mi disse che quella era la gestualità convenuta, appunto, fra i massoni per riconoscersi ovunque. [...]" Tratto da "Roma Hollywood Roma- Totò ma non solo" di Franca Faldini edito da Baldini e Castoldi nel 1997.Quindi oltre a quanto già citato in merito all'appartenenza di Totò alla Massoneria lasciamo la parola a un interessante articolo riguardante la questione.
Totò fu un maestro anche come massone.
(Archivio de La Repubblica dal 1984 15 febbraio 1998 - pagina 23 - cronaca)
Livelle e massoni
Livella: [livella - dal lat. libella, bilancia]. Strumento passivo, munito di capacità di impiego orizzontale e verticale, più completo quindi della perpendicolare. simboleggia l'uguaglianza sociale, base del diritto naturale, l'equità nella valutazione de- gli uomini, delle cose e degli eventi, che debbono essere considerati e meditati nella loro sostanza e mai secondo le loro forme ed apparenze. la livella insegna che la conoscenza deve essere rapportata al piano terrestre, il cui livello è unico, che interessa direttamente l'uomo, e rappresenta il corretto impiego delle conoscenze acquisite. quando l'Apprendista viene elevato a Compagno d'arte si dice che passa dalla perpendicolare alla livella il che significa che egli, dopo aver approfondito gli elementi della conoscenza, diventa capace di considerarli nelle loro molteplici relazioni con l'universo.
La poesia più nota di Totò è senza dubbio « ’A livella», dove l’Autore prende ispirazione da uno strumento edile, conosciuto fin dai tempi dell’antico Egitto, per sottolineare uno dei più importanti valori della libera muratoria. La livella si presenta, in genere, con la forma di una A maiuscola, al vertice della quale è sospeso un filo a piombo, parte integrante dell’attrezzo. Quando quest’ultimo coincide con precisione alla tacca posta al centro della sbarra trasversale, è segno che la superficie del piano è in perfetta posizione orizzontale.
Nel linguaggio iniziatico, il simbolo assiale della livella esprime la «manifestazione della Volontà celeste al centro del cosmo», la realizzazione di un compiuto congiungimento fra il verticale e l’orizzontale, tra il Cielo e la Terra, tra l’Essere Supremo e l’Uomo. La parola deriva dal lat. libella, diminutivo di libra, ‘bilancia’, il cui etimo risale alla radice indoeuropea LIBH/LUBH, ‘amore’, ‘desiderio’. Nel mondo ellenico, la bilancia (con la sua costellazione) è considerata un simbolo dell’equilibrio, dell’armonia e dell’uguaglianza.
Totò affronta dunque il tema della morte, associandola alla libratio, al ‘livellamento’ di tutti gli uomini davanti ad essa:
«...morto si’tu e morto so’pur ’io; ognuno comme a ’na ’ato è tale e quale.
’A morte ’o ssaje che d’è? ...è una livella»
A chi è diretto il messaggio di Totò?
I versi della « ’A livella» furono pubblicati, per la prima volta, in appendice ad un suo libro «Siamo uomini o caporali?», dove vengono offerti ed illustrati ad un vasto pubblico alcuni episodi della propria vita.
Era il 1952: l’entusiasmo che aleggiava nell’animo puro e generoso del Maestro Venerabile Antonio De Curtis iniziava poco alla volta a vacillare sotto i colpi di anomali comportamenti di «fratelli» senza scrupoli, di lotte intestine per appropriarsi di prebende e di gradi, di umane e grette gelosie. Vito Signorelli affermava in una sua balaustra che il degrado del costume nazionale aveva contagiato anche la libera muratoria, «che avrebbe dovuto essere e conservarsi sotto ogni aspetto eletta, hanno potuto largamente fiorire la vanità e la menzogna, l ’intolleranza e la corruzione». [...] Tenendo presente l’anno in cui fu concepita « ’A livella», si può affermare con certezza che la data della sua messa in «sonno» risale alla prima metà degli anni ’50, dopo sette/otto anni di entusiasta militanza.
II suo distacco fu certamente dettato da una delle tante scissioni di cui fu vittima la Serenissima Gran Loggia di Piazza del Gesù', in particolare vanno, per gli anni di cui sopra, segnalate quella dell’ottobre 1952 che coinvolse il prof. Salvatore Altomare, e quella del dicembre 1953, detta «secessione Moroli». Non v’è dubbio che, al suo allontanamento, contribuì anche il fallimento dei numerosi tentativi di fusione tra i vari gruppi massonici, una unità che il marchese aveva sempre vagheggiato e sostenuto.
Il messaggio era innanzitutto diretto a coloro che, attraverso appellativi altisonanti, sciarpe e decorazioni varie, volevano imporre la propria personalità, spesso gretta ed insulsa, su quella degli altri «fratelli», calpestando uno dei valori portanti della massoneria. Desta, al riguardo, meraviglia ed ammirazione che tale raro ed onesto atteggiamento - che definirei improntato al-l’autoironia - sia stato assunto da un uomo alla perenne ricerca di una radice nobiliare delle proprie origini.
« ’A livella» rappresenta, dunque, il suo «addio» in versi all’attiva partecipazione ai «travagli» massonici. Il ritiro coinciderà, in tutti i casi, con l’aggravarsi della malattia agli occhi. Aveva, infatti, difficoltà a reggere il «maglietto» di Maestro Venerabile, che comportava anche lunghe letture rituali al lume di candele.
Totò massone, la Gran Loggia d'Italia lo commemora
Filo a piombo e livella: il filo a piombo è l'elemento dell'equilibrio interiore e suggerisce l'idea dell'ascesa stabile, lineare, disegnando una linea verticale idealmente infinita - in quanto conduce alla perfezione. Allude alla ricerca del trascendente ma anche all'elevazione indispensabili per una costruzione che si innalzi per quanto possibile verso la dimensione superiore.
La livella, strumento destinato alla designazione della perpendicolarità, dell'orizzontale rispetto al verticale, significa la capacità di costruirsi un sistema di riferimento, e perciò l'arricchimento spirituale, mentre per altri versi simboleggia il comune destino della Morte, ed ammonisce gli uomini a prepararsi alla Grande Livellatrice
La Gran Loggia d'Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori, Obbedienza di Piazza del Gesu' Palazzo Vitelleschi, ha ricordato, con una solenne Tornata Funebre officiata dal Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro, Franco Franchi, la figura di Antonio De Curtis, in arte Toto'. La cerimonia, svoltasi mercoledì scorso presso il Tempio Nazionale, a Roma, ha visto la partecipazione dei parenti più stretti di Toto', tra cui la figlia Liliana, ammessi eccezionalmente ad assistere ad una Tornata Massonica la cui orazione funebre e' stata pronunciata dall'avvocato Paolo Ciannella, Delegato Magistrale della Regione Campania.
Toto', iniziato alla Massoneria nel 1944 dalla Loggia Palingenesi dell'Obbedienza di Piazza del Gesu', fu egli stesso Fondatore e Maestro Venerabile della Loggia 'Ars et labor', arrivando a conseguire nel Rito Scozzese il 30esimo grado (il massimo e' il 33esimo). La Gran Loggia d'Italia ha inoltre deciso di donare al museo che Napoli ha intitolato a Toto' una targa in ottone che ricordi la sua appartenenza alla Massoneria. Come altri attori, riuniti nella Loggia Gustavo Modena (dl nome di un attore dell'800), Toto' aveva aderito alla Massoneria e partecipava attivamente alle riunioni impegnandosi soprattutto in attivita' di beneficenza e di aiuto a persone dello spettacolo cadute in disgrazia. Tra gli altri iscritti alla Massoneria, Gino Cervi, Paolo Stoppa, Checco Durante, Carlo Dapporto, Tito Schipa e Ettore Petrolini.
ADN Kronos
Totò, Principe e “Scupatore”
Molti non colgono l’importanza dell’appartenenza di Totò alla Massoneria dove fu iniziato nel lontano 1941 non riuscendo ad immaginare che facesse parte di una loggia segreta perché, a loro dire, non aveva bisogno di ricavare vantaggi, riconducendo la Massoneria come una confraternita utile elusivamente per ricavare vantaggi sociali. Come ad esempio Luciano De Crescenzo che diceva: “Io lo ho conosciuto e poteva essere tutto ma non Massone e questo per incompatibilità di tipo caratteriale. Totò era conosciuto ed amato da tutti”. Ma a Luciano De Crescenzo sfugge che la Massoneria si può scindere in due livelli, l’uno di facciata fatta per coloro che intravedono in una loggia segreta un mero scopo per intavolare relazioni proficue e l’altra, più nascosta, che è la Massoneria Scozzese, dedita a ritualità sicuramente diverse che abitano regimi di “Tempio” con finalità evolutive ed ascensionali. Una Massoneria dedita allo sviluppo dell’individuo, o meglio allo sviluppo dell’essenza dell’individuo. Ascensione in verticale e non in orizzontale, che potrebbero anche incontrarsi in “croce”, come ad esempio i “pagliacci” della Rosa+ Croce, ben descritti da Gabriele La Porta in “Grandi roghi, grandi Castelli e grandi magie” che trasferivano giocando elettivi principi. Non voglio fuorviare, anche per non disorientare chi mi legge, ma amabilmente mi viene da pensare contemporaneamente al Totò pagliaccio che era contemporaneamente l’aristocratico principe De Curtis che fissa nell’immaginario il disincantato scopatore che in posa gigantesca fronteggia la morte. E mi spiego meglio: Totò ha espresso i sentimenti propri della sua appartenenza Massone anche attraverso la poesia “‘A livella”, nella quale sono mirabilmente descritti i valori della vera Massoneria, che si batte da sempre contro l’ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini. Antonio De Curtis come Fratello di 18° in una Loggia napoletana detta Fulgor e, qualche mese dopo, compare in veste di Maestro Venerabile 30° nella Fulgor Artis di Roma, all’Obbedienza della Federazione Massonica Uni-versale del Rito Scozzese Antico ed Accettato. Il principe Antonio de Curtis, un Fratello che avrebbe potuto senza difficoltà acquisire il 33° del Rito Scozzese, ovvero che avrebbe potuto far parte delle alte sfere della gerarchia massonica, nel Supremo Consiglio per la gestione del Rito.
Il regolo: emblema della perfezione e dell'ordine che risultano dall'azione giusta ed equilibrata, dai tempi remoti è lo strumento della comparazione tra grandezze e della armonia della proporzione. Citato nella Bibbia, era anche lo strumento con cui l'egizio dio Ptah misurava il crescere della acque del Nilo e significava la legge. Qualunque sia la scala utilizzata, allude alla necessità di impostare confronti costruttivi sulla base di parametri stabili e regole stipulate e condivise. E' anche simbolo delle 24 ore del giorno, una parte delle quali deve essere dedicata al pensiero, mentre un'altra parte deve essere impiegata lavorando, riposando, ed anche aiutando fraternamente chi ne ha bisogno.
La livella e il filo a piombo sono gli attributi e la loro dualità corrisponde a quella delle due colonne del Tempio. La livella è costituita da una squadra al vertice della quale è sospeso un filo a piombo: quindi non solo determina l’orizzontale, ma anche la verticale come espansione cosmica. Il passaggio dalla perpendicolare alla livella esprime una crescita e la sintesi della perpendicolare con la livella non è realizzata se non per mezzo della squadra, attributo esclusivo del Venerabile. La livella si lega all’iniziazione, all’inizio del percorso muratorio ed esprime la crescita del massone. Possiamo credere che sulla base di questi presupposti la poesia fosse stata pensata e scritta da Totò…
Filo a piombo e livella: il filo a piombo è l'elemento dell'equilibrio interiore e suggerisce l'idea dell'ascesa stabile, lineare, disegnando una linea verticale idealmente infinita - in quanto conduce alla perfezione. Allude alla ricerca del trascendente ma anche all'elevazione indispensabili per una costruzione che si innalzi per quanto possibile verso la dimensione superiore. La livella, strumento destinato alla designazione della perpendicolarità, dell'orizzontale rispetto al verticale, significa la capacità di costruirsi un sistema di riferimento, e perciò l'arricchimento spirituale, mentre per altri versi simboleggia il comune destino della Morte, ed ammonisce gli uomini a prepararsi alla Grande Livellatrice
'A Livella del Fr. Antonio de Curtis in arte Totò
Il fratello massone Totò, al secolo Antonio De Curtis, è stato iniziato nel 1944, all’età di 46 anni, nella Loggia Palingenesi di Napoli. In seguito è stato anche fondatore della Loggia “Ars et Labor”, divenendone Maestro Venerabile. Aderì anche al Rito Scozzese Antico ed Accettato raggiungendo il 30simo grado. Solo gli impegni di lavoro, e soprattutto i problemi di salute nell’ultima parte della sua vita, gli impedirono di raggiungere il 33simo e massimo grado del rito scozzese. L’ex Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia-Palazzo Giustiniani, Fr. Virgilio Gaito, ritiene che Totò abbia espresso, proprio nella poesia “ ‘A Livella”, “i reali sentimenti della sua appartenenza massonica”. In questa poesia infatti, sempre a detta del Fr. Virgilio Gaito, “sono mirabilmente descritti i valori della vera Massoneria, che si batte da sempre contro l’ingiustizia e la disuguaglianza tra gli uomini”.
Riferimenti e bibliografie:
- Antonio de Curtis - Il Fratello - http://www.montesion.it - © Rita Polverini
- http://www.trionfoligure.com/
- www.giacintobutindaro.org
- http://www.goilombardia.it/
- ADN Kronos Roma, 22 ott. 1999
- www.progettoitalianews.net
- www.heredom1224.it
- Patrizia Capua in "La Repubblica", 15 febbraio 1998
- Livelle e massoni da "Totò Massone" (Ruggiero Di Castiglione), Poligrafica Laziale srl, 2017
- La Livella - Totò in chiave esoterica - del F.llo Virgilio Gaito - loggia1051.it