LILIANA CASTAGNOLA, FU VERO AMORE

È morta, se n'è ghiuta 'n paraviso!
Pecchè nun porto 'o llutto? Nun è cosa
rispongo 'a gente e faccio 'o pizzo a riso
ma dinto 'o core è tutto n'ata cosa!

Liliana Castagnola


Biografia sintetica di Liliana Castagnola

Liliana Castagnola è stata una famosa cantante del Teatro di Varietà italiano del primo dopoguerra. Liliana è nome d’arte, in realtà si chiamava Rosa Natalina detta Eugenia. Nacque a Genova in via Montallegro ad Albaro alle ore 18.00 del 6 settembre 1898, nella Villa della famiglia Cambiaso alla quale apparteneva da parte di madre. Suo padre, Castagnola Daniele, detto Giovanni, era un verniciatore; sua madre, Cambiaso Nicoletta, era una libraia. Fu lei a educare la piccola Eugenia all'amore per i libri, per la cultura e per lo spettacolo. Abitavano nella zona di Sarzano, prima in vico Casareggio, poi in vico Fate, nelle vicinanze del Teatro di Marionette di Campopisano, all'epoca famoso e frequentato.

Eugenia fu la prima figlia di Daniele e di Nicoletta, che si erano sposati nel 1897. Di seguito ebbe tre sorelle: Durdindana, nata nel 1900 e morta a soli due anni; Maria Emilia, nata nel 1903; Luigia, nata nel 1909. Il nome Durlindana (la spada di Orlando) dato da Nicoletta alla sua seconda figlia è da ritenersi significativo della sua personalità.

[...]

Il 1914 fu l’anno del matrimonio. Non aveva ancora compiuto 16 anni che si sposò con Colonello Umberto, detto Dario. Era 1’ 11 maggio. Lui aveva 27 anni e faceva il costruttore di pavimenti. Un anno dopo ebbero un figlio: Giovanni. Ma Eugenia iniziò a sentire sempre più forte il richiamo per il mondo dello spettacolo e il palcoscenico e capì quanto fosse importante per lei seguire la sua passione. Si separò dal marito e iniziò la carriera di cantante ma, dopo ogni tournée in giro per l’Italia, tornava regolarmente a Genova per stare il più possibile con suo figlio.

Portò nei vari Teatri d’Italia un repertorio di qualità: non solo le canzoni più in voga all’epoca (fra queste la famosissima Abat-jour) ma anche brani di opere liriche e di operetta e, per questo, è lecito pensare che, da giovanissima, abbia studiato canto e dizione.

Fra il 1920 e il 1924 fu applauditissima nelle grandi città: a Roma al Teatro Apollo e al Salone Margherita; a Bologna all'Arena del Sole; a Milano al Trianon; a Torino al Chiarella; a Piacenza al Teatro Italia, eccetera. Oltre ad avere una voce sublime, riusciva a estasiare il pubblico con le sue mise en scene particolarmente coreografiche e con abiti sempre molto particolari che lei stessa disegnava. Più volte citato nelle riviste d'epoca, è quello decorato con lampadine che utilizzava per cantare Abat-jour.

Nel 1920 fu vittima di un fatto di cronaca nera che ne segnò l'esistenza futura. Il 14 ottobre di quell'anno, Liliana rischiò la vita all'Albergo Agnello di Milano. Il suo amante Alberto Scala, proprietario di una piccola ditta di lucido da scarpe, le sparò un colpo di rivoltella alla testa prima di uccidersi lui stesso. Il proiettile le penetrò nella scatola cranica ma senza essere letale. Un centimetro più sotto e sarebbe morta. Fu. probabilmente, una questione di gelosia. A ogni anniversario di quella tragedia sfiorata, Liliana era solita fare una donazione agli artisti bisognosi, dimostrando così, oltre alla sua generosità, anche il suo profondo senso di gratitudine alla vita.

Nel 1925 fece una tournée all'estero, in Francia. Al suo ritorno in Italia ebbe un fittissimo calendario di spettacoli ovunque, in particolare a Milano, Roma, Catania, Napoli, con repertori musicali sempre nuovi e raffinati. Fu considerata una stellissima del varietà. A Roma, in quegli anni, ebbe una simpatia per il giovane Roberto Rossellini. All'epoca, 1926/1927, lui era appassionato di corse automobilistiche e correva nei circuiti romani. Lei, dalle tribune, lo salutava a ogni passaggio. Ma fu una storia d’amore appena abbozzata e incompiuta: Rossellini era più giovane di lei di otto anni.

All’apice del successo, Liliana aveva ormai copertine e articoli su tutte le più importanti riviste di spettacolo e società, sempre elogiata per la sua bravura, per i suoi abiti, per la sua generosità. Spesso veniva scritto che nessuna era pari a lei per bellezza, sfarzo, carattere. Purtroppo, a seguito della tragedia di Milano del 1920, Liliana aveva ricorrenti mal di testa ed era costretta a prendere barbiturici forti per lenire il dolore. È plausibile pensare che gli stessi provocassero in lei mutamenti d’umore. Spesso, ai momenti di gioia e di euforia per l’indiscusso successo, si affiancavano momenti di tristezza e di fragilità emotiva.

Fu in uno di questi momenti di fragilità emotiva che Liliana conobbe Totò a Napoli. Lui le fece recapitare in camerino un mazzo di rose rosse, come era solito fare con tutte le cantanti e le ballerine che gli interessavano. Era il dicembre del 1929. Lei era stata scritturata dal Teatro Sannazzaro; lui era ancora un piccolo artista dialettale (1). Iniziò fra di loro una brevissima relazione che da subito sfociò in discussioni e malintesi.

Nonostante tutto, lei si illuse di essere amata da Totò e, soprattutto, si illuse di creare insieme a lui a una nuova Compagnia Teatrale. La notte del 2 marzo 1930, nella pensione di Ida Rosa in via Sedil di Porto a Napoli, Liliana morì per una dose eccessiva di barbiturici. I giornali dell’epoca parlarono di sbaglio e di tragico errore. Già nel ’27 aveva rischiato di morire nello stesso modo e, una seconda volta, nei primi mesi del 1929. Da dichiarazioni da lei stessa rilasciate al dottore che la soccorse, si può desumere che fosse consapevole del rischio in cui incorreva quasi ogni notte pur di riuscire a dormire senza incubi. Sua madre, Nicoletta Cambiaso, morì due anni dopo di lei.

Liliana Castagnola, già inumata nel campo di S.Maria della Purificazione, fu esumata e trasferita circa un anno dopo la morte nella nicchia De Curtis al vecchio Cimitero del Pianto di Napoli e, di seguito, nella nuova Cappella De Curtis, costruita nel ’51, dove attualmente si trova.

Paola Farah Giorgi ("Liliana Castagnola (Un romanzo, tre donne)", Youcanprint, 2019)


NOTE:
(1) Il periodo in cui Liliana incontra Totò, vede l'attore già affermato a livello nazionale. Ha calcato tutti i teatri di varietà più importanti d'Italia, scritturato dalle più importanti compagnie dell'epoca (Maresca, Bluette, ecc.)


La tragedia di Liliana

Alta, bruna, occhi verdi e fianchi sottilissimi, Liliana Castagnola andava già per i trentacinque anni quando, ai primi di dicembre del 1929, arrivò a Napoli scritturata, in qualità di «vedette internazionale» dal «Teatro Santa Lucia». Non vi fu moglie di patrizio o di milionario che non temette, a causa di lei di diventare improvvisamente vedova o, nella migliore delle ipotesi, di vedere frantumato il patrimonio di famiglia. L’attrice era considerata infatti, e giustamente, una insaziabile divoratrice di uomini.

La Castagnola, il cui vero nome era Eugenia, era nata a San Martino, presso Genova, l'11 marzo 1895 e, poco più che adolescente, aveva iniziato una fortunata e turbinosa carriera di chanteuse, girando l’Europa in lungo e in largo e mietendo successi nei più affermati caffè-concerto. Il suo nome veniva abbinato e non senza precisi riferimenti, a quelli di regnanti, di ministri plenipotenziari, di magnati dell’industria e di avventurieri. Non passava giorno, si può dire, senza che la stampa non fosse costretta a interessarsi di lei descrivendo, con minuzia di particolari, le sue nuove regali conquiste, le sue collezioni di gioielli, i suoi imprevedibili capricci.

Qualche anno prima, a Marsiglia, era stata al centro di un terribile fatto di sangue. A due marinai, entrambi invaghitisi di lei, la donna, in un sorriso insieme fatale e ironico aveva detto: «Battetevi al duello. Quello di voi due che vincerà, mi avrà». Lì per lì, si trovavano in una saletta del ristorante «Cannabière», i due uomini, probabilmente già su di giri per il molto alcool ingerito, sfoderarono due pugnali e si impegnarono in un duello rusticano. La polizia arrivò quando già uno dei due giaceva a terra in una pozza di sangue. Immediatamente l’attrice venne espulsa dalla Francia.

Recatasi successivamente a Montecatini, insieme con un costruttore milanese, Liliana col suo comportamento frivolo suscitò la gelosia del nuovo amante. In un momento di esaltazione, l’uomo armato di pistola la raggiunse nella vasca da bagno e le indirizzò due proiettili uno dei quali la colpì di striscio alla fronte mentre l’altro le penetrò in una tempia; mentre l’acqua si tingeva di rosso, il forsennato si puntò la pistola in bocca e si suicidò. Salvata per miracolo dal pronto accorrere dei camerieri dell’albergo e da un immediato intervento chirurgico, l’attrice poi irretì un principe veneto il quale immediatamente le donò una maestosa villa affinché lei potesse tranquillamente ma anche sfarzosamente trascorrervi la convalescenza. Spregiudicata e disinvolta, Liliana organizzando feste sontuose, intraprendendo viaggi favolosi e scegliendo gemme da mille e una notte, indusse il principe a dilapidare il suo patrimonio. La conseguenza fu una richiesta d’interdizione avanzata dai familiari a carico del principe, e sfociata in un clamoroso processo.

La donna che aveva avuto ai suoi piedi industriali e nobili, una volta arrivata a Napoli, anziché abbindolare qualcuno dei milionari di cui pure abbondava la città, si innamorò perdutamente di Totò, un giovane che per quanto ben remunerato dall’impresario del «Teatro Nuovo» non poteva certamente dirsi ricco e che, malgrado si fregiasse dei titoli di marchese e di principe, apparteneva ad una nobiltà ancora controversa. Libera dai suo impegni al «Santa Lucia», Liliana Castagnola, la sera del 12 dicembre 1929, andò ad ascoltare e ad applaudire Totò. Lui quando dall’alto del palcoscenico si accorse che in sala c’era la cantante bellissima la cui immagine compariva ormai anche sulle cartoline postali, recitò meglio del solito, fu più scattante, più esuberante, più frizzante.

«Principe, avete visto? Liliana Castagnola non ha staccato un sol attimo gli occhi da voi», gli disse, al termine dello spettacolo il suo segretario Salvatore Rubino.

L’indomani mattina, di buon’ora, Totò mandò alla Castagnola, che aveva preso alloggio nella «Pensione degli Artisti», in un vicoletto di piazza della Borsa, un fascio di fiori con il seguente biglietto: «È col profumo di queste rose che vi esprimo tutta la mia profonda ammirazione». La risposta di Liliana, maliziosa e accattivante, giunse a volta di corriere: «Vi ringrazio, gentile signore, delle rose che ho gradito con molto piacere. Intanto suppongo non vi dimentichiate che, dopo un certo numero di giorni, queste meravigliose rose appassiranno e che, di conseguenza, occorrerà sostituirle con altri fiori. Che fare per contraccambiarvi? Sabato, al “ Santa Lucia ”, canterò per voi le mie migliori canzoni».

Incurante delle lacrime di quella ballerina della «compagnia Molinari» che già le aveva manifestato il suo amore, Totò si dedicò completamente alla nuova fiamma. Mandò alla Castagnola altri fiori, le scrisse altre lettere, le telefonò, ottenne quindi il primo appuntamento.

Il loro amore fu di quelli che, nel linguaggio dei romanzi rosa, vengono chiamati travolgenti. Trascurando anche i suoi impegni teatrali, la cantante si diede totalmente all’attore napoletano; lei che era abituata a sentirsi sussurrare frasi d’amore, si sorprese a pronunciarne. Fin dall’inizio, comunque, la relazione si annunciò ricca di contrattempi e di avversità. Totò, incominciò a ricevere telefonate e lettere anonime in cui il solito «amico», equivalente di un concorrente respinto, lo metteva sull’avviso circa il carattere strano di Liliana e gli dava notizia di vere o presunte infedeltà; altre telefonate di simile tenore le ricevette Giuseppe De Curtis, padre di Totò. «Principe, fate attenzione. Vostro figlio è un bravo giovane, un ingenuo, un sempliciotto. Si è cacciato in un brutto pasticcio. Molti uomini già si sono suicidati per la Castagnola. Evitate che si suicidi anche Totò», diceva una voce contraffatta. Giuseppe De Curtis, preoccupato, andò ad affrontare la Castagnola parlandole pacatamente ma duramente: lasciasse in pace Totò, andasse a cercare altrove le sensazioni di cui aveva bisogno.

Né le delazioni anonime né l’intervento di Giuseppe De Curtis riuscirono tuttavia ad incrinare l’amore fra Totò e Liliana Castagnola. Lui, adesso, appena finito lo spettacolo al «Teatro Nuovo», montava su un taxi, correva a rilevare Liliana al «Teatro Santa Lucia» e, insieme con lei, andava a cenare in un ristorante di via Santa Brigida, quindi l’accompagnava alla «Pensione degli Artisti» dove si tratteneva fino all’alba. A sgretolare l’amore fu forse, più che altro, la noia. Abituato alla libertà più completa, assuefatto a ricevere ogni giorno i complimenti di questa e di quell’altra corteggiatrice, Totò incominciava ad avvertire il peso della relazione con quella donna possessiva e opprimente.

Fra alterne vicende, punteggiate ora dalla gelosia di lui ed ora da quella di lei, la relazione andò comunque avanti. Liliana Castagnola, anzi, brigò per ottenere una scrittura al «Teatro Nuovo» accanto a Totò. «Io, nella compagnia, eseguirò tutto quello che a te piacerà, e tutto questo con l’entusiasmo non del momento, ma duraturo. So la responsabilità che mi assumo, ne sono del tutto cosciente. A vostra garanzia, mi farete firmare un contratto con penale. Concludi tu per me il tutto col cav. Aulicino. Sono pronta a firmare. A te sono obbligata di dare la noia di essere il mio maestro, il mio direttore: senza indulgenze, come se fra te e me non ci fosse nulla... Concludi tutto tu e non avrai a pentirtene», scrisse in un biglietto. La disperazione di Liliana giunse al colmo quando apprese che Totò. incurante del proposito di lei di passare al «Teatro Nuovo» e quindi rimanere stabilmente a Napoli al suo fianco, aveva sottoscritto un contratto offertogli dalla soubrette Cabiria, titolare di una compagnia di giro.

«Ti prego, Totò, resta con me. Io ti amo. Resta con me», supplicò Liliana.

«Non posso», rispose Totò fermamente.

La sera del 3 marzo 1930 vi fu un’ennesima animata discussione fra i due amanti. A bordo di un taxi che, per oltre quattro ore, percorse uno strano romantico itinerario che comprendeva Posillipo, il Parco delle Rimembranze e Mergellina, Liliana tentò per l’ultima volta di convincere l’attore a non abbandonarla.

«Mi dispiace, ma debbo andare a Padova, nella compagnia di Cabiria», rispondeva lui, invariabilmente.

Alle 21,30 il taxi lasciò Totò davanti all’ingresso del «Teatro Nuovo». Liliana Castagnola, cercando invano di dissimulare il suo stato di agitazione, pregò l’autista di fermare davanti a una farmacia. Voleva acquistare un sonnifero, disse. Poi si fece accompagnare alla «Pensione degli Artisti». Una volta sola nella squallida stanza, la donna dopo aver inutilmente tentato di telefonare al «Teatro Nuovo», prese penna e carta e scrisse: «Antonio, potrai scrivere a mia sorella Gina per tutta la roba che lascio in questa pensione. Meglio che se la goda Gina anziché chi mai mi ha voluto bene. Perché non sei voluto venire a salutarmi per l’ultima volta? Scortese, omaccio! Mi hai fatta infelice o felice? Non so. In questo momento mi trema la mano... Ah, se mi fossi vicino! Mi salveresti, è vero? Antonio, sono calma come non mai. Grazie del sorriso che hai saputo dare alla mia vita grigia e disgraziata. Non guarderò più nessuno... Te lo avevo giurato e mantengo. Stasera, rientrando, un gattaccio nero mi è passato dinnanzi. E ora, mentre scrivo, un altro gatto nero, giù nella strada, miagola in continuazione. Che stupida coincidenza, è vero?... Liliana tua».

Subito dopo, distesasi sul letto, ingerì l’intero contenuto del tubetto del sonnifero. Venne trovata così senza vita ma sorridente, l’indomani mattina, dalla cameriera della pensione. Accorsero i carabinieri, accorse il medico legale Salvatore Loiacono, accorse il pretore Francesco Crescenzi; fu poi la volta dei cronisti dei quotidiani del pomeriggio che, più insistenti dei poliziotti, interrogavano e rovistavano. Infine, nella tarda mattinata, arrivò lui. Era sconvolto, si gettò a baciare il corpo di Liliana: un giornalista riuscì, con parole affettuose ma anche con la forza, a dissuaderlo dal compiere un gesto inconsulto.

Totò volle che Liliana fosse inumata nella tomba dei De Curtis, a Napoli, dove tuttora riposa accanto alle spoglie di lui. E in onore della chanteuse suicida battezzerà Liliana la figlia che, qualche anno dopo, nascerà dal suo primo matrimonio.

Vittorio Paliotti ("Totò, principe del sorriso", Fausto Fiorentino Ed., 1977)


Una sera — chissà perché — ero di cattivo umore e, come dire, non sono stato proprio gentile con lei; ma niente di straordinario, eh? le ho detto solo che mi lasciasse in pace e che non ne avevo voglia. E mi ha lasciato in pace sul serio, anche troppo! Un tubetto di Veronal: morta. E chi l’avrebbe immaginato? Manco p’a capa!

Antonio de Curtis


«Liliana», Regia di Emanuele Pellecchia con Umberto Del Prete, Ambra Hermin, e Gianni Parisi


Corrispondenza epistolare tra Liliana Castagnola e Antonio de Curtis

È con il profumo di queste rose che vi esprimo tutta la mia profonda ammirazione.

Antonio

Signor Antonio De Curtis,

Vi ringrazio, gentile signore, delle belle rose che ho gradito con molto piacere. Intanto, suppongo, non vi dimentichiate che, dopo un certo numero di giorni, queste meravigliose rose appassiranno e che, di conseguenza, occorrerà sostituirle con altri fiori. Che fare per contraccambiarvi? Sabato, al Santa Lucia, canterò per voi le mie migliori canzoni.

Liliana Castagnola, 13 dicembre 1929, Napoli

Caro amico,

perché desidero soltanto che arrivi lunedì? Ho vivissimo desiderio di conoscervi e di parlarvi per potermi convincere di ciò che per telefono mi dite. Siete sincero? Domani, alle 12, vi farò pervenire un altro mio scritto. Attendo una vostra telefonata... e vi penso.

Vostra Lilia, 14 dicembre 1929

Caro Antonio,

Intanto, perché ci si possa salutare, all'ora in cui più vi piace, telefonatemi. Ho piacere di sentirvi. Come potevate farlo ieri sera, dopo la vostra conversazione telefonica, cosi potete venire a conversare con me, ed anche questo quando vi piaccia.
Sappiate che in me, per voi, nulla è cambiato. Lunedì andrò dal fotografo per potervi offrire una mia fotografia. Salutatemi i signori Scala, ricordatemi alla piccola dolce Maria e voi vogliatemi bene: ci tengo. Nell'attesa di voi, d’un vostro scritto o di una telefonata, vi invio il mio più amicale e sincero affetto.

Liliana Castagnola, 21 dicembre 1929, Città

Antonio,

come convenuto, dopo lo spettacolo, vado a casa dove ti attenderò per cenare. Qui, in camerino, c'è già tutto il necessario che Gino ha gentilmente comprato. Vieni presto. Mi faccio accompagnare a casa da Gino. Sono felice di te. Sei il mio amore: ho bisogno di te e la mia anima cerca disperatamente la tua. Guai se mi manchi.

Tua Lilia

Antonio,

Dopo mezz’ora da quando te ne sei andato, mi hanno chiesta al telefono e mi è stato detto così: « Voi credete che Totò si sia recato a casa sua? Vi illudete!». Ed hanno troncato la comunicazione, senza che io abbia avuto il tempo di chiedere altre informazioni. Che debbo fare? Come vivere così? Perché dici che mi ami, quando invece non mi sei che un nemico? lo ti voglio bene, Antonio, e non sai come il cuore e la mia mente soffrano! Debbo credere alla telefonata? Vivo in orgasmo.

Lilia

Antonio,

Ida mi ha detto quanto segue: Vostro padre è venuto oggi a cercarvi perché la signora Z... è a casa vostra e vi reclama. Ha affermato anche che avrebbe voluto venire il fratello della vostra signora mamma. Sembrava impossibile che io potessi essere un po’ felice, è vero? Mandatemi subito una lettera o telefonatemi subitissimo perché possa regolarmi. Spero che si sia trattato di uno sbaglio, ma se, mio malgrado, fosse vero, capirete che io non posso assoggettarmi a questo. Vorrete allora restituirmi tutto quanto mi concerne. In un caso o nell'altro, telefonatemi subito. E vi prego di dirmi la verità. Attendo ansiosa.

Liliana

Mio Antonio,

Ti ringrazio della tua lettera. Però essa non ha fatto altro che rattristarmi di più. Sono stata leggera a non confessarti la verità, ma ti assicuro che l'avrei detta al mio ritorno. Tuttavia ti chiedo ancora scusa. Perché non è vero che io mi sia fermata da D..., né che abbia fatto altro che potesse dispiacerti.
Da quando ho denunziato alla Pubblica Sicurezza, per i fatti a te noti, il signor D..., non ho più avuto con lui alcun rapporto. Questa è l’assoluta verità. Sono stata la vittima di questa gente (N.B. allude allambiente della Pensione presso cui abitava) che vuole sfruttarmi e che si è preoccupata delle cento lire giornaliere che avrebbero perduto se avessi lasciata la Pensione.
Il D... ha sfruttato la gentilezza, che mi aveva chiesta molto tempo fa, di concedergli uno o due spettacoli che avrei dovuto eseguire in un Teatro da lui preso a percentuale. Se non vi fossi andata, aveva giurato (e questo in presenza di Mara) che non mi avrebbe fatta più cantare a Napoli. Di questo avrei potuto infischiarmene, ma la padrona della Pensione mi ha tanto pregato e ha tanto fatto che io stupidamente ho accettato. Mi sono ora resa conto che la padrona, fallito il primo tentativo col dirmi male di te, ha montato su il secondo: quello cioè di farti circondare da persone che ti dicessero quanto ti hanno riferito, diffamandomi.
Ti ho pregato in tutte le maniere, in tutte le forme, e tu non mi hai creduta. La tua mancanza di fiducia ha offeso il mio amor proprio. Io mi sono concessa a te senza nessuno scopo, senza alcun interesse, e per dimostrarti il mio affetto ero pronta a cambiare vita e a vivere con te, come a te avesse fatto più piacere.
Non ho giocato alcuna commedia, perché non ero mossa da alcuno scopo volgare. Mi chiami ipocrita, falsa, ecc. Ancora mi offendi. Mi fai male, tanto male che non lo puoi immaginare. Io e Mara abbiamo pianto, piangiamo ancora sulle cattiverie del mondo che vuol farmi male ad ogni costo.
Mi sento male, ho un gran male di testa e sono desolata. Rimango ancora in questa pensione, ma non sono certa di restarvi fino al rotto gennaio. Vi è molta elettricità in giro! Io e Mara ci siamo barricate in camera mia. Per eliminare incidenti, il nove partirò. Grazie di tutto il bene che mi hai fatto. Ti ricorderò sempre con tanto piacere, perché tu sei un uomo buono e retto.
Le mie lettere, tienile. Tra un po’, rileggi le ultime tre. Con serenità, riuscirai a vedere che da esse scaturisce tutta la mia sincerità. Mara ti manda i suoi saluti e dice che ti vuole bene. Io ti invio tanti auguri di lieto avvenire.
A me non pensare più. Sono talmente addolorata da desiderare, con voluttà, di essere ancora più triste, per potermi guardare allo specchio e farmi un sorriso di compatimento e di scherno. Merito questo.
Addio.

Liliana

Antonio,

questa lettera potrebbe essere oziosa; tuttavia te la scrivo lo stesso. Sono in treno e scrivo appoggiata sulla valigetta. Dopo tutte le preghiere che ti ho fatto telefonicamente e telegraficamente, è inutile e stupido che ti scongiuri ancora di credermi. Tutto tra noi è finito? Come tu vuoi. Sento che il mio orgoglio mi proibisce di pregarti oltre.
Involontariamente, perché non hai voluto ascoltarmi e ragionare, mi hai offesa per telegrafo e per telefono. Sai perché mi hai offesa? Perché hai voluto pensare che tra me e D... potesse esistere qualcosa! Ti ho raccontato minutamente cosa è avvenuto tra me e lui, e dovrei essere una volgare e una sciocca a ricascarci un'altra volta!
Tra te e me tutto è ormai finito. Sono rimasta triste e avvilita, ma è stato necessario che finisse, non ho nulla in contrario. Non mi oppongo, e malgrado soffra non poco, sta bene. Però, anche se non sono necessarie, sento il bisogno di darti alcune spiegazioni.
Prima di ogni cosa, ora che sono a mente calma, ti chiedo scusa per quello che ho fatto; e tu, in omaggio a questo, non essere indulgente, ma giudica serenamente quanto ti dico.
Eccomi, dunque. Prima che ti conoscessi, la padrona della Pensione mi fece promettere a F.D., che desiderava gestire un Teatro a percentuale, di lavorare in detto Teatro. Sulle prime, rifiutai. Poi, davanti alle insistenti preghiere della padrona, promisi.
Poi conobbi te. Oggi comprendo che avrei dovuto dirti la verità, ma non te l'ho detta prima nella speranza di accontentare D..., mantenendo la mia promessa, e con la illusione che tu non saresti venuto a conoscenza di nulla. Invece ho sbagliato.
La padrona della Pensione cominciò col dirmi che non stava bene aver promesso e non mantenere, tanto più che D... si sarebbe vendicato, e a lei serve il D... perché, ad esempio, va nei Teatri ad applaudire le artiste che abitano nella sua Pensione. Come la ragazza più sciocca del mondo, sono partita per Benevento, e ora sconto così la mia gentilezza.
Arrivati, trovammo il Teatro Comunale nel più completo abbandono, un'orchestra infelice, un programma di scarto, i macchinisti ubriachi, gli uomini di sala e di scena con tutte le volontà, fuorché quella di fare il proprio dovere. Un solo scenario per tutti i numeri di varietà.
Alle quattro e mezza finii la prova, feci la facchino montando da me i tiri e lo scenario, stirandomi le toilettes, preparandomi il camerino, ed alle sette e mezzo ero in scena per il primo spettacolo che ho eseguito dinanzi ad una ventina di persone! Dopo il secondo spettacolo, con un pubblico numeroso come sopra, cercai un posto dove mangiare. Come sai, non avevo preso che un caffè e uno zabajone. Tutto chiuso! Neanche un pezzetto di pane in alcun posto.
Pregai il signor Mimi Mancuso di trovare da mangiare per me e per tutti gli altri artisti, ed egli riuscì a fare aprire un'osteria, dove mangiammo alla meglio.
Io mi ritirai al «Grand Hótel» dove sono rimasta fino alla sera alle sette. Il D. dormì in un altro posto, dove hanno alloggiato gli altri artisti de! Comunale e degli altri due Teatri: fra questi, il comico Inglese e Dina Dini.
Oggi, altri due spettacoli identici a quelli di ieri. Un deserto e una grande desolazione! Arrivata alla Stazione, ho saputo che il treno, su cui ora mi trovo, sarebbe arrivato a Napoli solo alle sei e mezzo. A vevo rinunziato a passare cinque ore e mezzo in ferrovia da Benevento a Napoli, ma, quando ho saputo che il D. sarebbe rimasto a Benevento in attesa di un telegramma, mi sono decisa e son salita in treno perché non volevo che tu pensassi che io rimanevo a Bene-vento perché D. non partiva. Tutta Napoli sa che tra me e quell'uomo non esiste nulla di nulla. Da quando sono arrivata a Benevento fino ad ora, non gli ho parlato. Ti voglio giurare la verità: tra me e D., dopo i fatti avvenuti circa un anno fa, fatti che ti ho raccontati, non c'è stato più nulla!
Può darsi che tu non creda al mio giuramento; pensa come vuoi, ma se riesci a trovare un po' di bontà per me, un po' di serenità, sii uomo e credi a una donna: a me che te lo giuro con l'anima sincera sulle labbra.
Se ho avuti altri rapporti con lui, dopo la mia denunzia, che Iddio mi punisca nel modo più atroce: che tu debba trovarmi, tra breve, sui gradini delle Chiese a chiedere, a chiederti l'elemosina.
Questa lettera non è per giustificarmi. Ti ho pregato abbastanza, mi hai umiliata fin troppo, non credendo alla mia lealtà, perché io creda di dover giustificare ciò che tu ritieni vero e non lo è.
Ho voluto scriverti per l'ultima volta perché tu non mi giudichi un'artista di caffè-concerto. E ora basta!
Ieri sera, in teatro, ho sentito nel cuore che tu avevi ragione di disprezzare il Varietà e, seppure avessi perduto già ogni speranza, ti ho ringraziato lo stesso per aver voluto danni l'illusione di una vita quieta e signorile. Forse mi hai sempre parlato preso dal momento, ma ti ringrazio lo stesso di essere stato così buono.
Un'ultima cosa. La padrona della Pensione aveva avuto sentore che io, molto probabilmente, me ne sarei andata prima dell'otto gennaio. Di qui tutto il suo trucco. Scongiurarmi di accettare di lavorare a Benevento, consigliarmi di non farti sapere nulla, per poi, appena messo il piede sul treno, farti sapere tutto per mezzo di uno qualsiasi.
La tua Napoli è bella e meravigliosa quando la si vive, come spesso ho fatto, dall' «Excel-sior» o dal «Grand Hotel», ma è infame quando si è costretti a nuotare nel fango di certe persone, nella miseria di certi animi.
Dunque: il primo sono al Salone Margherita di Napoli, e il nove parto senz'altro. Da Bene-vento ho già scritto in proposito, e Napoli mi vedrà mol(o più in là. Sento il bisogno assoluto di non respirare aria napoletana.
Ti prego di una cortesia. Dall'uomo di scena che, qualche volta, mi hai mandato fammi avere tutte le mie lettere, compresa la presente. Ne farai un pacco, da don Vincenzo ti farai procurare un po ' di spago e della ceralacca per sigillarlo. Sul pacco scriverai il numero delle lettere e darai ordine che mi venga consegnato personalmente.
Antonio! Ti auguro, con tutto il cuore, tanta felicità, tutta quella che non ho, che non avrò io. Sono troppo sentimentale, troppo sciocca, ho il cuore ancora troppo ingenuo e troppo infantile per sperare in un po' di gioia. Occorre che io soffra di più! Tu sei una cara persona, un lavoratore, un uomo onesto, e meriti tante belle cose. Che tu sia pieno di gloria! Da quella viene la felicità e il benessere.
Io? Io sono nulla. Una povera figliola sballottata da un destino non troppo simpatico. Lavorerò ancora, mi aggrapperò ancora alla vita, e mi amareggerò ancora di più l'anima.

Liliana.

Caserta, ore 5 del mattino — 26 dicembre 1929

Fammi telefonare da don Vincenzo come va lo spettacolo. Perché tu abbia un grande successo personale, il mio voto scadrà il 10 di maggio anziché il 10 marzo. Non tenere la presente esposta a tutti quelli che entrano nel tuo camerino, quando sei di scena.

Ti amo.

Lilia tua.

Casoria, ore 6,30

Ore 5 — Ti mando tutti i miei baci.

Ore 6 - Ho dovuto smettere perché il pompiere ha sorpreso me e il parrucchiere con la macchinetta accesa. Ha fatto l'ira di Dio, prendendoci le generalità, per poi finire per chiederci scusa... Pensi seriamente a quello che ti ho detto ieri sera? Ho parlato sul serio, dopo aver ben ponderato. Voglio la nostra felicità e penso che si possa benissimo raggiungerla con quello che ti ho detto, con un impegno formale perché tu possa essere tranquillo.
Io rimetto a te il mio «numero». Tu sarai il mio maestro e direttore del nostro lavoro. A te il «montare» il numero. A te il diritto di vedetta.
Io non ti lascerò mai, perché ti voglio bene, perché tu sei un uomo di ardimento, pieno di entusiasmo per il bello e per il lavoro.
Io mi sento come te. Sarò la tua compagna e la tua artista devota e ti sarò grata del bene che mi farai. Stasera, ti parlerò più a lungo. Ci spiegheremo meglio. Non credere che la presente sia scritta sotto un impulso di espansività. No. Scrivo col cervello a posto, sicura in te e di te.
Non credere neanche che questa lettera non abbia valore perché scritta a matita e di fretta: sono in camerino. Ho premura perché siamo all'ultima parte del film e debbo andare per il secondo spettacolo. Puoi darmi risposta? Puoi darmi qualche speranza? Puoi incominciare a darmi la felicità? Questi due mesi starò vicina a te per studiare, per eseguire i tuoi ordini e per aiutarti a montare il «numero». A poi.

Ti amo.

Lilia


L'epilogo

Capì che le membra si intorpidivano, con un ultimo sforzo, si eresse in tutta l’alta persona, e percorse come un automa i pochi passi che la separavano dal letto. Lo raggiunse, vi si infilò con estrema lentezza, mentre le mani si allungavano quasi carezzando la morbida coperta di lana.

...Antonio...

riuscì a pronunziare in un soffio, compiendo un supremo sforzo mentale, mentre al tempo stesso le pupille si dilatarono smisuratamente. Ma un sonno greve, pesante, inesorabile gliele spense subito dopo, sigillando una sull’altra le sue meravigliose ciglia nere. Il miagolio lamentoso, stridente di un gatto si fece ancora sentire, giù nel vicolo. Ella l’avvertì ed ebbe un moto leggerissimo di fastidio: le sue delicate sopracciglia s’inarcarono impercettibilmente.

Si abbandonò, infine, all’eterno sonno della morte.

Il pensiero del matrimonio o di una convivenza con la Castagnola sono ipotesi per Antonio lontanissime; il sentimento di lei è scomodo ed eccessivo per lui, ma ha paura di perderla e le fa credere che forse un giorno... Dopo quasi un anno di furiosi litigi e successive riappacificazioni accetta, per sfuggirle, un contratto con la Compagnia Cabiria che lo avrebbe portato a lavorare a Padova. Liliana non può sopportare quello che sa essere un addio e, quella notte, sola nella sua camera, si veste con i suoi abiti più eleganti e si trucca diligentemente. Poi scioglie un intero tubetto di sonniferi in un bicchiere d'acqua, beve, riesce ancora a scrivergli un ultimo accorato messaggio e si sdraia sul letto, allestendo la scena in cui il suo amante la troverà. Totò apprende la notizia il mattino successivo: sta partendo per Padova ma si precipita alla Pensione degli Artisti. Sa di averle mentito, di averla illusa. Rimpiangerà di aver trovato comodo pensare «ha avuto molti uomini, posso averla senza assumermi alcuna responsabilità» e di non aver voluto o saputo cogliere la profondità del suo sentimento. 

Il rimorso per la morte di Liliana lo accompagnerà per tutta la vita. Anni dopo non esiterà a contravvenire alle tradizioni, e chiamerà la sua unica figlia (nata dalla moglie Diana Rogliani) Liliana, piuttosto che Anna, come sua madre. E già nei giorni successivi alla tragedia decide che Liliana riposerà nella cappella della famiglia De Curtis, al Cimitero del Pianto di Poggioreale (Napoli): chi va in visita alla tomba di Totò trova così, appena sopra la sua, quella di Eugenia Liliana.


Partitura del brano "Donna che sai mentire", interpretato da Liliana Castagnola (1926)



Liliana Castagnola: la diva nella stampa degli anni '20

Liliana Castagnola: la diva nella stampa, dagli anni '20 ad oggi

Totò piange dettando le sue memorie

Totò piange dettando le sue memorie Amori di donne in una corona di spine - Il suicidio di Liliana Castagnola - La storia della mascella - Tutto dipese da una frase: "Siamo uomini o caporali?" Dal mese di novembre scorso, tutte le domeniche, dalle…
Arturo Musini, «Stampa Sera», 20 marzo 1951
998

Totò cerca maschio

Totò cerca maschio Dolori segreti del popolare comico - «A che mi serve la corona di Bisanzio?» - Il divorzio dell'attore in Ungheria e le sue nuove nozze NAPOLI, giugno. Totò cerca maschio. Con questa frase si è diffusa, causando vivo interesse…
Crescenzo Guarino, «La Stampa», 8 giugno 1951
901

Totò va in treno con la maschera antigas

Totò va in treno con la maschera antigas Gli uomini che il mondo ci invidia Totò, il grande comico solitario, dichiara di sentirsi fuori del nostro tempo e di appartenere addirittura al secolo delle crociate. Chiuso nel suo patetico isolamento, si…
Silvio Bertoldi, «Oggi», anno XXII, n.48, 1 dicembre 1966
2124

I fiaschi dell'uomo di gomma

I fiaschi dell'uomo di gomma Totò nei ricordi di chi gli ha vissuto vicino - La vita del celebre comico scomparso 5 anni fa, dall’infanzia alla morte • Lo chiamavano «l’uomo di gomma», a Napoli, agli inizi della carriera, ma lo fischiavano sempre,…
Vittorio Paliotti, «Oggi», anno XXVIII, n.49, 7 dicembre 1972
1611

La scomparsa di Totò: siamo uomini o caporali?

La scomparsa di Totò: siamo uomini o caporali? Totò se ne è andato improvvisamente, per un infarto, la notte tra il 14 e il 15 aprile, all’età di 69 anni. Il giornale-radio — di solito così fedele e ligio a tutto ciò che è ufficiale e governativo —…
Antonio de Curtis, «Domenica del Corriere», anno LXIX, n.18, 30 aprile 1967
2491

Totò trenta anni dopo: la rassegna stampa

Totò trenta anni dopo: la rassegna stampa Il settimanale specializzato «Film TV» nel numero 17 pubblicato nell'aprile 1997, in occasione del 30° anniversario della morte di Totò ripercorre la vita personale e artistica del grande attore napoletano,…
«Film TV», anno V, n.17, 20-26 aprile 1997-Giuseppina Manin, Pasquale Elia, «Corriere della Sera», aprile 1997-R. Ch., Giancarlo Governi, Gabriella Gallozzi, «L'Unità», aprile 1997
1892

Totò, una donna si uccise per lui

Totò, una donna si uccise per lui Il drammatico retroscena di una tragica passione che per anni tormentò Totò Liliana Castagnola, una bellissima «soubrette», era innamorata del grande comico napoletano. Una sera, in preda alla disperazione, si…
Ada Mariani, «Grand Hotel», anno XXVIII, n.1400, 3 maggio 1973
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Tragedia fra amanti in un albergo

Tragedia fra amanti in un albergo Circa otto mesi sona il ragioniere cav. Alberto Sala, d'anni 37, abitante in via Farini, 26, conobbe a Genova, dove si recava di frequente per ragione del suoi affari, la canzonettista Eugenia Castagnola di…
«Corriere della Sera», 14 ottobre 1920
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Liliana Castagnola: brevi di cronaca


Una tragedia in un albergo a Milano

Una fulminea tragedia si è svolta oggi all'albergo Agnelli ove avevano preso alloggio ieri sera l'attrice di varietà Eugenia Castagnola, di Giovanni, di anni 22, e il suo amante Alberto Scala di anni 37, milanese, ragioniere, presidente di una società per la fabbricazione di lucidi e cere. Verso l'una del pomeriggio si è sentito echeggiare un colpo di rivoltella e, subito dopo, il personale dell'albergo in allarme scorgeva la signora precipitarsi correndo fuori della camera. La Castagnola, coi capelli sciolti, semi vestita, urlava: E’ impazzito! E’ impazzito!

Mentre alla donna si apprestavano i primi soccorsi poiché appariva ferita alla testa, si udiva una seconda revolverata. Lo Scala si era tirato un colpo al capo cadendo esanime in un lago di sangue. Accorsero degli agenti che trasportarono i feriti, prima alla Guardia medica, e poi all’ospedale. Lo Scala aveva conosciuto la Castagnola al teatro di varietà Trianon e ne era gelosissimo. Da informazioni ulteriormente assunte, sembrerebbe che lo Scala già da qualche giorno avesse scritta una lettera al fratello dicendo che voleva uccidere la Castagnola che lo aveva rovinato.

«Il Messaggero», 13 ottobre 1920


La tragedia d'un industriale milanese - Ferisce l'amante e si uccide

MILANO, 13 sera

Da qualche tempo era alloggiato all’«Agnello» un industriale della nostra città, tale Alberto Scala, di 37 anni, proprietario dell’«Aquila Romana», uno stabilimento per la fabbricazione di lucidi e grassi per calzature. Lo Scala aveva moglie e due, figli, ma era separato dalla moglie, essendosi invaghito di una cantante di caffè concerto, tale Liliana, il cui nome è Eugenia Castagnola; ventiduenne, maritata a tale Dario Colonnello, dimorante a. Genova. Lo Scala, a quanto si afferma, aveva sperperato somme considerevoli, tanto che la sua industria èra da tempo dissestata.

La Castagnola, martedì veniva a Milano per chiedere denaro all’amante, denaro che questi non potè darlo. Oggi i due — a quanto affermano alcuni amici dell'industriale — avrebbero avuto un breve alterco, durante il quale la «chanteuse» avrebbe rivolto parole di scherno all'amico. Lo Scala, che forse premeditava la tragedia, colpì alla fronte l'amante e, mentre questa scendeva a precipizio le scale invocando soccorso, l’industriale si puntava l’arma alla tempia, facendo esplodere un colpo, che lo fece cadere al suolo morente. La Castagnola che è ferita lievemente, dopo la medicazione venne interrogata. Lo Scala è morto.

Venne trovata una lettera testamento, che lo Scala aveva diretto al fratello, al quale espone la sua precaria situazione finanziaria e gli raccomanda di tacitare i creditori e di provvedere ai suoi bambini.

«Il Piccolo», 14 ottobre 1920


Tragedia fra amanti in un albergo

Circa otto mesi sono il ragioniere cav. Alberto Sala, d'anni 37, abitante in via Farini, 26, conobbe a Genova, dove si recava di frequente per ragione dei suoi affari, la canzonettista Eugenia Castagnola di Giovanni, d'anni 22. La giovane donna, che si faceva chiamare in arte «Liliana» è divisa dal marito Dario Colonnello che abita appunto a Genova in vico Martini 1. La relazione fra i due, dapprima molto superficiale, si cambiò in passione violenta da parte dello Scala che, per seguire la Castagnola, abbandonò la moglie e due bambini: Silvio d'anni 7 e Bruna di anni 5 e mezzo, i quali andarono ad abitare col fratello di lui, Giacomo, dimorante in via Ausonio 3. [...]

Avuta una scrittura a Bologna, partì nuovamente per Milano per rivedere l'amante e scese ieri l'altro al suo albergo.[...]

Erano circa le 14 e i due stavano appunto per mettersi a tavola essendo loro servita la colazione in camera, quando di nuovo sorse una disputa che ben presto degenerò in escandescenze da parte della donna. Allora lo Scala perdette la calma ed estratta la rivoltella sparò contro l'amante un colpo e la ferì alla fronte. Ella, urlando dallo spavento, si precipitò giù per le scale. Subito fu sollevala da accorsi i quali provvidero a farla salire sopra una vettura che si diresse all'Ospedale Maggiore. I medici giudicarono la ferita molto grave, essendo il proiettile penetrato in cavità.[...]

Frattanto un altro colpo di rivoltella metteva in nuovo allarme l'albergo, e il personale accorso, nell'appartamento di dove era venuta la detonazione, rinvenne a terra, boccheggiante, lo Scala che si era sparato un colpo alla tempia destra. Un medico chiamato d'urgenza giudicò gravissimo lo stato del ferito, e non permise che fosse trasportato all'Ospedale. [...]

Fra le carte dello Scala fu rinvenuta una lettera che egli indirizza al fratello, e ciò dimostra che il poveretto aveva meditato l’atto compiuto. In esso lo Scala raccontando al fratello i due bambini e gli fa un elenco dei debiti a cui egli potrà soddisfare con la liquidazione dello stabilimento.

«Corriere della Sera», 14 ottobre 1920


A Milano all’albergo Agnello, il rag. Alberto Sala, si uccideva, dopo avere ferito gravemente la propria amante la celebre canzonettista Liliana Castagnola.

«Gazzetta di Parma», 15 ottobre 1920


Liliana Castagnola al Teatro LUX

Già da parecchi giorni sono state annunciate delle rappresentazioni straordinarie di questa eminente arista del Varietà e già viva in città è l’attesa per il non comune debutto. E’ risaputo che la Castagnola proviene dalla lirica e che ad una voce finemente educata, ella unisce il fascino di una eleganza squisita, e di una signorilità innata. Le sue toilettes sono qualcosa di magnifico e saranno oggetto di viva ammirazione. Informiamo che la Castagnola è perfettamente guarita dalla ferita riportata nel dramma di Milano e che quindi sono prive di fondamento, le voci di un probabile rinvio del debutto, che avrà luogo immancabilmente lunedì prossimo.

«Gazzetta di Parma», 22 maggio 1921


Liliana Castagnola - «Café-Chantant», giugno 1921

E' un nome d'artista che tutto racchiude e tutto dice: Gioventù e bellezza, eleganza inarrivabile; voce ottima ed arte propria e genuina. Pochi saranno coloro ai quali questa Artista può essere ignota, ma tutti conosceranno questa vera Diva come l'eroina di una tragedia milanese; tragedia originata da tutto quel fascino di femminilità di cui la bella Liliana non studiatamente dispone, ma per il quale ogni essere resta soggiogato. E valga come riporto di cronaca che essendosi effettuato, al teatro Apollo di Roma, nel concorso a premii per referendum al più bello e fine abbigliamento femmineo; il primo premio fu assegnato per unanimità alla nostra Artista in parola.

Ed ora soggiorna in questa Genova non per riposare, mentre un riposo le sarebbe meritato, ma per prepararsi in nuovo assoluto repertorio e rinnovare completamente il suo già meraviglioso guardaroba destinato, mercè i suoi gusti ed i modelli da lei ideati, a far strabiliare imprese e spettatori. Non è possibile immaginare gli effetti di un vestito per l'Abat - jour tutto montato con lampadine; e non è possibile supporre come sia smagliante, di ogni pregio, la Castagnola avviluppata da un costume a frak - très chic per interpretazioni a dizione.

Queste nostre asserzioni, già provate da quasi tutto il pubblico italiano, servano alle Direzioni degli Stabilimenti di Varietà perchè sostino un pò dal contendersi questa affermata stella, che ripiglierà presto il suo giro artistico per riseminare i soliti straordinarii successi come quello ultimo delle Follie estive in Firenze.

Eugenio Granata, «Café-Chantant», anno XXV, n.8, 12-27 giugno 1921


Liliana Castagnola al Teatro Eldorado di Napoli - «Café-Chantant», 15 agosto 1921

1921 08 27 Cafe Chantant Liliana castagnola intro

Quando, durante la guerra, segnalammo il sorgere di un astro luminosissimo, Anna Fougez, uno spirito acuto ci suggerì: — Anna Fougez è l’unica artista che ci ha dato la guerra. Oggi dinanzi alla rivelazione di Liliana Castagnola siam portati ad esclamare: — E’ l'artista del dopo guerra. Ci avevano detto mirabilia di questa artista che, fra le altre sue virtù, aveva il merito di conservare il suo bel nome italiano, ed avevamo pensato ad una stella fra le innumerevoli del firmamento varietistico.

Oggi, che abbiamo assistito alle sue esibizioni al nostro Eldorado, dobbiamo confermare che Liliana Castagnola non è una delle nostre artiste, ma ,è la nostra artista.

Mai rivelazione è stata così repentina e cosi definitiva: mai bellezza di donna, eleganza, preziosa e squisita arte d’artista si sono fuse sino a tale compiuta perfezione ed hanno creato non uno dei soliti numeri di spolvero, ma un’artista che riproduce in una sintesi meravigliosa l’epoca ricorrente così vicina, nelle concezioni estetiche e spirituali, alla magnifica decadenza romana rege Romuleo Augustolo...

1921 08 27 Cafe Chantant Liliana castagnola f2

Nè per aver fatto il nome di Anna Fougez intendiamo che il pubblico faccia di questa deliziosa cantatrice un termine di paragone. La Fougez è l'artista del periodo bellico, la Castagnola é l’artista del periodo postbellico, non altro.

Fare una descrizione del suo numero ci riuscirebbe sommamente difficile. Imaginate qualche cosa che dal punto di vista dell’estetica va oltre le concezioni ultra moderne di Guido da Verona e che dal punto di vista artistico risale alle coupletistcs del Jardin des Anglaìs... L'eccezione nel gusto, nell'eleganza, nella finezza del temperamento, nella bellezza muliebre, nell’arte eterna e sempre nuova di soggiogare con un sorriso, con un’atteggiamento, con una nuance... E poi uno spirito di assimilazione eccezionale, una voce obbediente ad ogni capriccio e l’assenza completa di ogni volgarità anche nelle battute più spregiudicate.

Quello che non vorremmo in Liliana Castagnola è il suo attuale repertorio. Ella non dovrebbe cantare specie le canzoni in voga, ma dovrebbe crearsi un repertorio speciale. Vale la pena che musicisti e poeti si affatichino per lei: ogni fatica sarà un nuovo trionfo: e noi vedremmo quella perfezione artistica a quello stile che nel varietà non abbiamo mai veduto possibile.

E’ vero che i lieders comuni, sulla bocca di questa splendida creatura ci appaiono come novità inattese, ma abbiamo troppo guastato l’orecchio alle sciatte interpretazioni dei primi, secondi e terzi numeri, per goderne tutta la suggestiva bellezza.

1921 08 27 Cafe Chantant Liliana castagnola f1

Liliana Castagnola è l’artista del giorno, il grande astro che offusca tutte le stelle : sia anch'essa la creatrice superba d’una più nobile forma d'arte. Ed il varietà italiano andrà superbo di lei.

«Café-Chantant», anno XXV, n.12, 27 agosto 1921


Come sogno la Castagnola - «Café-Chantant», 12 settembre 1921

1921 09 12 Cafe Chantant Liliana Castagnola intro

La lettrice maliziosa non si aspetti, dopo questo titolo, un articolo di rèveries alla « cocò ». La Castagnola è una bellissima creatura, tale da poter essere al centro luminoso d'un sogno, ma io ho la modesta ed ammirevole abitudine di non sciorinare in piazza le mie aspirazioni afrodisiache.

Ho visto una volta, dopo non so più quanti e quanti anni, una artista comparire sulle piccole scene, ho constatato, prima di lutto, con una gioia insolita che ha conservato il suo bel nome italico: Liliana Castagnola; ho potuto veramente ammirare una eleganza suprema dalla linea di pretto stile nazionale; ho ascoltato una voce d'oro, oro autentico e non doublé, come è quello delle innumerevoli dive delle piccole scene ; ho infine considerato ima dizione perfetta, non meno stylée dalla linea aristocratica delle sue toilettes, e mi son fatto Canore di dirmi: Amico mio, mirifica sed unica, come dice la buon'anima! questa Liliana deliziosa, questa Castagnola affascinante, quest'artista autentica è la grande novità del giorno. E' l'unica cosa che il dopo guerra ci ha dato di buono; è l'artista éxquise del dopo guerra.

E poiché Liliana non è anacronistica per quanto risplendente d' una luce insolita, ecco che tutti i pubblici, quelli sciocchi che applaudono ogni volta che vedono un bel paio di gambe (come se quelle gambe si prodigassero per carità cristiana); quelli non meno sciocchi, ma alquanto raffinati, che esigono la chioma all'hènne ed il panièr ancienne regime, e quelli intelligenti che amano con la donna l'artista dalla sensibilità translucida, tutti i pubblici, insomma, hanno decretato e decretano alta mirifica femme du jour il trionfo di prima classe, il trionfo che non è fatto solamente di applausi, ma è tutto una vibrazione di punti ammirativi.

Ho notizia da Montecatini (mens sana in corpore sano) che la Castagnola ha battuto il record dei suoi succèssi (*). Cito quel pubblico perchè data la sua composizione super-selezionata, non è suscettibile di eccessiva tolleranza, malgrado l'emolliente dell'acqua miracolosa del Tettuccio.

Senonchè quando io sogno la Castagnola amo tanto la sua personalità (artistica, per amore delle divine ginocchia di Venere!) che la sogno sempre più perfetta.

Perchè quel suo repertorio, ormai troppo sudiciamente sfruttato dai levers de rideaux? Pecchi ella, che ha una voce incantevole (ci viene dalla lirica: quella degli artisti e non quella dei cani...)  che è padrona della scena, che può disporre di un meraviglioso, ricchissimo guardaroba, come ha creato il "nuovo genere post-bellico" non crea il nuovissimo repertorio?

Ah no ! per i vostri trentadue dentini degni ai essere tramandati ai posteri, non vi sogno, divina figliuola di Ebe, nei fasti dell’Abatjour... E' troppo il supplizio di quel mite paralume per i miei corni acustici... 

Vi sogno creatrice di un numero che non esorbita dalle linee dell'arte neppure nel repertorio. Ogni canzone un gioiello, ogni couplet una strofa deliziosa, ogni refrain un grido d'amore.

I veri maestri ed i veri poeti tormenteranno le loro anime profonde per in tessere le canzoni più belle, le canzoni più degne di voi. Di voi che siete la nostra più bella canzone...

Snob, «Cafè-Chantant», 12 settembre 1921

(*) A Montecatini la nostra bella amica ha potuto prodursi solo per tre giorni fra il delirio di quel pubblico. Dopo tre giorni ha dovuto mettersi a letto con una lebbre fortissima. Cogliamo l’occasione per farle gli augura di una prontissima e completa guarigione.


Che dice quella firma - «Café-Chantant», 12 ottobre 1921

1921 10 12 Cafe Chantant Liliana Castagnola intro

 

Firma-Liliana-Castagnola

La copertina della nostra rivista si fregia — tout court — di una firma, della firma di Liliana Castagnola. E’ permesso di fare un pò di grafologia ? Noi non crediamo eccessivamente, anzi può dirsi che non crediamo punto a questa scienza astratta che lasciamo alle scorrerie letterario-piccolo borghesi di certi cronicqueurs mondani.

Ma il solo constatare che la Castagnola sa scrivere (quante ve ne sono nel varietà di stelle che sanno scrivere ?) sa scrivere bene, con una calligrafia di puro stile moderno (le calligrafie di puro stile moderno sono state inventate dai cartolai : con quattro righi si riempie una pagina) il solo fatto che a Liliana è venuto in mente non di regalarci una sbiadita fotografia la quale è, di rigore, sempre inferiore all’originale, ma qualche cosa che è un poco sè stessa, la sua firma, ci affermano come qualmente l’artista del dopo guerra è un fenomeno che non si riproduce tutti i giorni, ma più precisamente... ogni dono guerra.

Superata sollecitamente la sua malattia — che cosa non supera sollecitamente e felicemente la nostra deliziosa amica?—la Castagnola si prepara a fare delle rappresentazioni straordinarie al Modernissimo di Bologna. Per tali recite ha firmato — naturalmente con la sua bella firma armoniosa ed elegante — un contratto da Nabab. Il Nabab è il pubblico bolognese che paga, con legittima soddisfazione, It tre/n della diva, E non è da credersi come la ghiotta Bologna sia desiderosa di tributare alla mirabile artista nostra quei trionfi che le tradizioni goliardiche possono meravigliosamente suggerire ai petroniani.

Del resto nei dolci piani di Romagna e fra le rosse torri della città di Re Enzo la pura visione di Liliana apparrà in una cornice ben degna, in una cornice italica, se Dio vuole ! Giacche noi non sappiamo concepire questo superbo fiore dell’eterno femmino italiano ambientato nei soliti clichès montmartrois. Il nostro divismo s’inspira a Parigi e si fa bello in frizzanti nomi francesi. La Castagnola è Punica che sa dimostrare al mondo come la donna italiana sa unire alla più doviziosa bellezza un’eleganza di antica nobiltà incorrotta ed un temperamento artistico che la rende degna delle più gloriose tradizioni.

Nella terra della Duse e della Patti possono trionfare benissimo artiste come la Castagnola...

«Cafè-Chantant», 12 ottobre 1921


L’autore del presente salto voleva questa volta elevare anche lui un cantico alla divina Liliana, un cantico, naturalmente, che non era destinato a morire, ma che, viceversa gli è morto in gola, quando, rapito nella visione paradisiaca se l’è vista sparire — la visione — come un fantasma chiplinghiano nell’ombra dorata e nello scintillìo di una coppa di champagne.

La mirifica Liliana, in fatti, che doveva debuttare al Modernissimo di Bologna, non ha debuttata. Perchè? Lo diremo, come diremo delle sue nuove idee artistiche e delle sue ultime, preziose parole in materia di eleganza. Per cui il canto — immortale, come è logico — lo scioglieremo alla prossima volta e lo libereremo, per la diva superba, all'aere novembrine arrossato dai pampini.....

Non è ella forse la più preziosa baccante ?

«Café-Chantant», 27 ottobre 1921


Liliana Castagnola al Teatro Italia di Piacenza - «Café-Chantant», 30 dicembre 1921

Dal giornale «Libertà » del 17 novembre.

Liliana Castagnola

Il nome di quest’artista ha già da molto tempo oltrepassato la solita fama materiale di una certa « reclame »... troppo commerciale. Avrebbe potuto divenire indubbiamente grande artista lirica. Ma un suo speciale temperamento l’ha tenuta invece nelle cosiddette quinte minori, dove pure da qualche tempo brillano astri di prima grandezza, dei quali si occupa quella critica solenne riservata alle manifestazioni conosciute di pura arte.

Ma parliamo di Liliana Castagnola che domani e per tre sere, nel solo spettacolo serale, calcherà le rinnovate scene del Teatro Italia. Quando si parla o si scrive di una notorietà di questo o quell’ambiente, si suole sempre raffrontarla a qualche altra.

Per Liliana Castagnola non vi sono, non vi possono essere paragoni. E’ una personalità di eccezione. Magnifica voce calda, vibrante, che sa adoperare con un’arte che sa di buona scuola. essa si è scelto un repertorio che più si accosta alle esigenze dello speciale pubblico per il quale vuole recitare, che vuole divertire. Come donna si è detto e si è scritto che è una Circe, e si è ricordato in proposito alcuni squarci di romanzi vissuti dei quali fu effettivamente protagonista la grande artista. Ma se non è certo piccolo il fascino di lei, bionda, elegantissima, grande dama (di nascita del resto) con tutti gli attributi estetici della privilegiata posizione sociale, è forse l’unica artista del suo... rango (mi perdoni il francesismo) che abbia lo spirito di non credersi nietzchanamente una superdonna, e che subisca, più che desiderare, quel naturale omaggio alla sua bellezza ed alla sua notorietà artistica.

Liliana Castagnola - senza nessuna emula - è la più grande artista del suo teatro : per i mezzi vocali, per la scena, per il repertorio, per il modo tutto suo, esclusivamente suo, con cui esplica le mille doti sortite dalla natura, e che ella sa sapientemente integrare, in un’atmosfera di sovrane eleganze di luci, di colori, di decoro scenico , di mezzi che appaiono artificiali, ma che sono invece frutto di un temperamento che sa tutto il valore dell’arte e che all’arte sa dare entusiasmo e fede.

L'Italia non ha sulle scene del varietà molte Liliana Castagnola: è anzi unica nel genere, per rispetto ai tesori di voce, per lo sfarzo di « toilettes » che una grande casa di Genova crea apposta per lei su celebri maestri di taglio. Tra le malinconie della vita pubblica italiana fatta di scosse sussultorie, è forse bene che si schiudano sorrisi biricchini, grazie suadenti, canti di passione, come un’oasi di oblio.

E Liliana Castagnola darà così per tre sere ai piacentini la gloria del suo bel canto e delle seduzioni dell’eterno femminino regale.

Cesare Mansueti


Dal giornale «Libertà » del 19 novembre

Liliana Castagnola, che è ai trionfi avvezza, ha avuto ieri una delle sue serate migliori. La meravigliosa voce di lei dal timbro squillante, dagli acuti bellissimi, dalle dolci delicate sfumature seppe or esaltare, or commuovere il grande pubblico che affollava il « Teatro Italia ». sicché il suo debutto a Piacenza — un vero tour de force de l’intelligente impresa — ha segnato un nuovo passo nella gloriosa carriera di Liliana Castagnola, la Mistinguette del Varietà italiano. Essa sfoggiò tutti i suoi mezzi vocali, tutto il suo scintillante brio dove voleva l’interpretazione come sulla «Comunicazione telefonica», tutto il sentimento di cui vibra in « Mandolinata a Napoli », e finalmente assurse ad una vera ed/assoluta affermazione artistica nell’interpetrazione di « Voi lo sapete o Mamma » in « Cavalleria Rusticana », interpretazione che stupì quelli degli spettatori che non avevano ancora udita la grande artista : artista in tutta l'estensione più alta e nobile di questa parola, perchè il contorno di tale arte sua, fatta di estrema eleganza, di ricchezza di vestiario, di scenari suoi, è emanazione diretta di un estremo buon gusto a sostrato artistico.

Liliana Castagnola, accolta al suo apparire da un applauso di saluto, venne meritamante acclamata ad ogni interpretazione dall’elegantissima folla che gremiva le barcacce, e le poltroncine del Teatro Italia, sicché dovette parecchie volte presentarsi sul palcoscenico per ringraziare e concedere varii « bis ».

Piacenza ha così potuto conoscere ed ammirare l’artista squisita che si è voluta affermare, anziché su scene maggiori, nel varietà, con il nobilissimo scopo di contribuire all’elevamento di di quello, e mutarne l’antica fisonomia che non poteva essere ospitata nel Tempio dell’arte. E Liliana Castagnola indubbiamente si sarà compiaciuta del magnifico successo in una città come questa della quale è innata nella cittadinanza la la passione per la musica e con essa il retto senso critico.


Dal giornale « Libertà » del 20 novembre

Al teatro Italia

Si è rinnovato anche ieri sera il trionfo di Liliana Castagnola, questa leggiadra fanciulla che all’arte sua, meravigliosa per dolcezza e sentimento, unisce tutte le prerogative della grazia, della bellezza, della seduzione, dell’ eleganza sfarzosa e sbalorditiva.

Essa col canto dolcissimo della sua voce argentina, con l’incanto del suo sorriso, con Io sguardo irrequieto, con le movenze aggraziate sa ammaliare il pubblico scelto ed eletto che attorno a lei s’aduna lieto e plaudente. Lo sfoggio di toilettes ricchissime, che danno rilievo alla sua graziosa figura, sono un’altra caratteristica insuperabile di questa artista, dovuto ai numerosi modelli espressamente per lei confezionati da una grande casa genovese. Ecco perchè soltanto Liliana Castagnola rappresenta, nel bellissimo programma che si svolge ancora oggi all’ Italia, uno spettacolo che procura godimento artistico, musicale ed estetico raccomandabile anche alle signore che pure ieri sera sono accorse numerose all’eccezione spettacolo allestito con particolare cura per iniziativa e sotto la direzione del cav. Attilio Rizza, al quale dobbiamo altresì riconoscere il merito di avere portato a Piacenza uno spettacolo di varietà di. alto valore e degno dei primissimi ritrovi delle grandi città.


Dal giornale « Libertà » del 23 novembre

Al teatro Italia. La serata d’onore di Liliana Castagnola

Questa sera, dunque, vi è la serata in onore di Liliana Castagnola, la diva del varietà che ha superato per i suoi talenti e per la sua eleganza tutte le artiste che l'hanno preceduta. Donna Liliana in questa occasione, canterà cose nuove. Nessuno manchi allo spettacolo in omaggio alla bellissima e geniale artista, che ha saputo dimostrare come anche nel varietà si possa eccellere per i soli mezzi di un’altissima arte.

L’avvenimento sarà particolarmente interessante per lo sfoggio grandioso delle più superbe toilettes della graziosissima artista.


Dal giornale « Libertà » del 24 novembre

Liliana Castagnola per una serata dì beneficenza

Venerdì 25 corr. al nostro Teatro del Soldato, avrà luogo una serata di beneficenza veramente eccezionale, dato l’intervento spontanee e disinteressato della brillante ed applauditissima artista Liliana Castagnola. Completeranno lo scelto programma una film cinematografica d’attualità, il comico Brillet ed il tenore soldato Arturo Finetti. I biglietti d’ingresso potranno essere ritirati presso la Direzione della Casa del Soldato.

Ieri sera Liliana Castagnola ha chiusa felicemente, in una gentile festa di applausi e di fiori la serie dei suoi trionfi al teatro Italia. La vezzosa, bellissima artista si è presentata in un serto di corbeille magnifiche offertele insieme a molti ricchi doni dall’impresa, da amici, da ammiratori ed ha cantato deliziosamente le sue più scelte e birichine canzoni con quel garbo e quel sentimento che trascinano il pubblico al delirio. Prima di cantare e di prodursi in una varietà ricchissima di nuove toilettes essa scese tra il pubblico elettissimo che gremiva la sala, per dispensare ad ogni spettatore una sua splendida fotografia adorna di un mazzo di fiori.

Numerose le signore intervenute che ebbero da Liliana Castagnola un particolare e gentile omaggio di fiori. Ad ogni atto l’elegantissima « stella » fu applauditissima e dovette concedere fra continue acclamazioni molti « bis ». Essa lascia tra noi graditissimo ricordo e vivo desiderio di rivederla presto sempre più in alto nell’arte e nella bellezza, due regni nei quali essa è regina degnissima. Ecco il nostro augurio che è anche il nostro saluto.


Dal giornale « Libertà » del 27 novembre.

Liliana Castagnola per l’Ospizio Marino.

Una notizia benefica. Protagonista gentile e generosa la vezzosissima e bellissima artista Liliana Castagnola, la quale chiifsa la sua fortunata tournée al Teatro Italia, ha raccolta ccuì. larga messe di applausi da un pubblico affollatissimo ed elegantissimo alla Casa del Soldato, ed ha accettato ora con vero entusiasmo di prodursi ancora martedì sera nella bella sala del Teatro Iris,’con un repertorio sceltissimo e con lo sfoggio completo delle sue più ricche toilettes, per dare occasione alla cittadinanza di beneficare una delle due più care istituzioni nostre: l’Ospizio Marino.

Chi infatti non accorrerà martedì alla sala del Teatro Iris che l’egregio sig. Leonardi ha messo di buon grado a disposizione dell’Ospizio Marino ?

Chi non è preso dal desiderio di conoscere, di vedere, dt sentire, di ammirare, di applaudire -.questa generosa e deliziosa Liliana che nel regno dell’arte, della grazia, della bellezza, delFele-ganza è sovrana benefica, intelligente, vivace, birichina ?

L’anima sua sensibile ad ogni sfumatura dell’arte e della vita sa dare sensazioni di grande godimento, col'canto, coi vezzi, eon la giusta interpretazione, con la grazia raffinata.

L’ambiente del Teatro è stato scelto con molta

opportunità, in quanto la leggiadra Liliana avrà modo di fare apprezzare la finezza del suo canto, la compostezza della sua vivacità, l’aristocratica distinzione che informano sempre il suo contegno nell’arte e nella vita, oltreché offrire alle nostre signore una rivista superba di abbigliamento femminile.

Altri numeri completeranno lo straordinario avvenimento.

La scelta orchestrina del Teatro Iris farà degno completamento all’eccezionale avvenimento.

Fieramosca, «Café-Chantant», 30 dicembre 1921


La merveilleuse del secolo ventesimo, la grande espressione femminile di questo dopo guerra tanto agitato, si è chiusa in un silenzio discreto per portare a compimento che per lei è il raggiungimento d’un alto ideale artistico e per i grandi pubblici italiani una suggestiva sorpresa.

Liliana Castagnola si accinge a rinnovare completamente il suo repertorio ; ella creerà — è la parola — delle nuovissime produzioni che si possono definire l’espressione più perfetta, poetica e musicale, di un’arte ultra moderna, di un’arte che non si arresta dinanzi a nessuna difficoltà, a nessuna stranezza, a nessuna novità, al più fine umorismo come alla più geniale creazione del paradosso.

Liliana Castagnola vuol dare al suo numero, insomma, tutto ciò che l’arte nuovissima può concedere, ella vuol mettere al servizio di questa arte il suo temperamento meraviglioso, la sua valentia scenica, il suo spirito frizzante, la sua eleganza èxquise, in una parola, la sua superba, ammaliante, quasi divina femminilità.

Non possiamo fare ai nostri lettori più larghe confidenze intorno alle idee artistiche della nostra preziosa amica, ma i lettori che la conoscono, che l’ammirano, che la ritengono prima assoluta fra tutte le artiste del genere, si convinceranno facilmente che ciò che Liliana Castagnola prepara per ii Varietà Italiano è quanto di più bello si possa immaginare.

E nell’attesa ci chiudiamo anche noi in un discreto silenzio.

«Café-Chantant», 12 novembre 1921


La Castagnola all'Apollo di Roma.

Cedendo alle insistenze dell'amico Cavalletti la Castagnola ha debuttato all’Apollo di Roma fra la più viva aspettativa tanto che il « Giornale d’Italia » ebbe ad annunciarla con le seguenti parole che bastano a dimostrare sia la considerazione nella quale è tenuta nella capitale la nostra eletta artista che le ragioni del desiderio di rivederla.

« Gli innumerevoli ammiratori di Liliana Castagnola apprenderanno certamente con la più viva soddisfazione che l'eletta artista è nuovamente tra noi. E poiché un avvenimento di così eccezionale importanza non poteva aver luogo se non all’ « Apollo », questa sera il nostro maggior « Music Hall » ospiterà quanto di più eletto conta il pubblico della Capitale.

« Il clamoroso successo riportato, or è un anno, dall’affascinante « étoile » è ancora vivo nella memoria di tutti, il che ci dispensa dal tessere nuovamente i suoi elogi. E’ per altro doveroso far rimarcare che Liliana Castagnola è un’autentica diva del canto, la sola che oggi meriti questo appellativo e possiamo affermare, con tutta siculi rezza che nessun’altra artista del Teatro di Varietà può esserle contrapposta. Agli eccezionali mezzi vocali, educati ad ottima scuola, unisce il fascino di una bellezza incantevole e l’attrattiva di una eleganza che non ha confronti. Nessuna meraviglia, quindi, se la prima rappresentazione di questa magnifica artista e cosi impazientemente attesa.

«Café-Chantant», 12 marzo 1922


Liliana Castagnola, il fenomeno vivente

Dunque, per annunziare la rentrée di Liliana Castagnola, codesta Direzione si è sentita in obbligo di pubblicare dei manifesti cosi concepiti, « Liliana Castagnola, l'aviatrice imperterrita ». « Liliana Castagnola, l’eroina della tragedia di Milano », « Liliana Castagnola, la dama del cane levriero », « Liliana Castagnola, la donna fatale ». Domandiamo sapere se simili plaqards possano fare onore vuoi ad un’art:sta di grande^e singolare valore come la sullodata Castagnola, vuoi ad una impresa importante come quella de « La Pariola », vuoi al Varietà Italiano.

A noi pare di no. A noi pare che ciò abbia sapore di baraccone con relativo finomeno vivente, e ci par di udire l’imbonitore: « Favoriscano, signori e signore! Noi abbiamo il più meraviglioso, il più meglio finomino vivente del mondo I Avanti, ad occupare i meglio posti ! Vi facciamo vedere l'aviatrice imperterrita , la donna, cioè, che, salvognuno, ha fatti quattordici giri intorno al mappamondo ed al quindicesimo è precipitata, sarvognuno, sulla punta dell’ Hima-laya spezzandosi l’onghia del dito mignolo del piede sinistro !

« Questa meravigliosa donna femmina è quella che a Milano fece una tragedia... Signori, siete pregati di leggeri il Messaggero dell’epoca e la vedrete insanguinata e con le ciabatte rosse ! « Ma questo è come se diceste una picciolezza! Noi abbiamo a vostra disposizione, amabili signore, un magnifico levriero ammaestrato che la donna-finomino tiene per tutti gli usi diurni e notturni, in camicia e senza camicia ! Venghino le amabili signore « vedranno che, cosa sarvognuno, ti combina il levriero fmominale dalla lingua di centimetri trentacinque e tre quarti ! Favoriscano ! Più uomini entrano più levrieri ammaestrati si vedono !

« Ma questo è ancora un nonnulla! La grande artista è come se diceste la donna fatale. E’, per chi la vede, salvognuno, una fatalità. Ad un professore d’obue gli si ruppe lo strumento, ad un fìsico gli caddero gli occhiali, ad un tale di Genova gli si sfarinò il portafoglio, ed una sartina, salvognuno, per aver visto la donna fatale, uscì dal teatro con una rottura che... Basta! Signore e signori ! Chi verrà vedrla, e attenti alle tasche e tenetevi bene i... cordoni delle borse, perchè vedendo la donna fatale vi si potrebbero rompere anche quelli e allora... me li saluta lei? ».

Cosi e non altrimenti annunzia uno spettacolo di varietà nel quale prende parte un’eletta artista, quale è Liliana Castagnola, la Direzione de « La Pariola ». Ma noi, per il buon nome del Varietà Italiano, che si è, per virtù di alcuni artisti, elevato sino ad essere considerato una nobile forma d'arte da critici insigni come Renato Simoni, Marco Ramperti ed Ugo Ojetti, ci sentiamo in dovere di protestare contro simili sistemi di pubblicità.

Se Liliana Castagnola vola in cielo o in terra, se è stata protagonista d’un fattaccio, se ha il cane levriero e crede di essere una donna fatale, il pubblico, che va a sentirla, non deve saperlo. Il pubblicò deve andare a teatro per sentire un’artista e, trattandosi della Castagnola, per applaudirla. Lasciate, se vi piace, le altre sciocchezze ai baracconi da fiera ! Ne guadagneremo in dignità e, molto probabilmente, non obbligheremo la Questura ad intervenire e far chiudere il locale, come è appunto avvenuto per la Pariola, ove la ripresa degli spettacoli tu concessa solo a patto che dal programma... scomparisse la donna fatale.

«Café-Chantant», 10 luglio 1922


Presentata quale artista e non come il tanto deplorato fenomeno vivente del Teatro La Pariola, alla Sala Umberto Liliana Castagnola ha conseguito quel meritato successo che le spetta. E di questo successo ne dobbiamo esser lieti specialmente noi del Cafè Chantant che, a suo tempo, deplorammo certi sistemi offensivi di reclame che sciupavano il valore intrinseco dell'artista oggi riportata al suo giusto posto dalle sapienti presentazioni dell’amico Cavainiglia.

«Café-Chantant», 12 novembre 1922


Lo spettacolo di stasera alla Sala Umberto I è in onore della Castagnola. L'avvenente ed elegantissima artista interpreterà le più belle canzoni del suo repertorio e farà sfoggio delle sue ricche toilettes. Sarà quello di stasera un avvenimento artistico e mondano di primissimo ordine.

«Il Messaggero», 29 novembre 1922


Un coup de foudre per l’ ambiente variettistico: Liliana Castagnola sarà nel prossimo estate a Napoli, al Teatro Eldorado, scritturata dall'impresa Razzi !

Che diranno le Cassandre, i pinguini, gli arruffoni, i naviganti subaquei del varietà italiano, di un pò dovunque, in galleria, come nei camerini , su per le gazzette come nei^ locali notturni hanno menato tanto scalpore dopo gli ultimi incidenti avvenuti fra 1’ Ufficio Razzi e la Castagnola, incidenti che furono gonfiati come palloni, ma che dei palloni han subito la sorte: sgonfiandosi.

Dicano pure quello che vogliono , si accomodino a vomitare nuove malignazioni: il certo è che superati gl' incidenti, assolutamente trascurabili, la valorosissima artista è entrata in più cordiali rapporti con IL ufficio Razzi, e con noi, per la reciproca stima e per aver riconosciuto la nostra correttezza di pubblicisti e d’impresa.

Va da se che non seguiremo i sullodati gonfiatoli, e che anziché difenderci in vane tergiversazioni troviamo più piacevole riprendere la nostra penna per seguire Liliana Castagnola nei suoi continui progressi artistici.

Pubblicammo una volta un articolo nei quale facevamo rilevare l’inopportunità per un’artista del valore di Liliana Castagnola di servirsi di certe trovate reclamistiche che alcuni impresari romani di cattivo gusto escogitarono non sappiamo perchè : certo non per far conoscere ed apprezzare un’ artista che non ha bisogno di bluffs per attrarre l’attenzione del pubblico e per ottenere i più grandi successi.

Questi inopportuni mezzi reclamistici sono stati banditi ormai dalla squisita attrice. Ella ha dovuto, ancora una volta, riconoscere la verità del nostro giudizio ed ha assolutamente vietato certe presentazioni che sminuivano, anziché aumentarla là sua grande rinomanza.

Oggi, la fulgente Liliana, l’ artista dall’ anima assetata di tutte le bellezze, la donnina supremamente elegante come una meravigliosa del '700 ci appare qual’é stata nei suoi giorni dei più autentici trionfi, quale noi l'abbiamo veduta e descritta: l’artista del dopoguerra, la più grande rivelazione dell’arte varia, colei, infine, che possiede tutti i requisiti per creare un genere, una tradizione artistica, per assurgere alle vette più alte, dovè la luce non conosce tramonti, dove le ombre perdono ogni dominio, dove il consentimento non è chiesto se non agli spiriti eletti : quasi presso la gloria.

Liliana Castagnola, non essendo una delle solite graziose pupattole di Norimberga che passano sulle scene seminando sorrisi e raccogliendo battimani, suscita vibranti discussioni. Ella è una di quelle artiste che avendo una personalità spiccata, un’ arte sua, tutta sua, un' eleganza prodigiosamente unica, nuova ed originale, suscita discussioni, polemiche, smuove le idee, entusiasma gli apatici e s' impone alla critica come ogni artista veramente personale.

Di quest'artista, che progredisce ogni giorno, che ogni giorno ci rivela una nuova bellezza in una nuova creazione , noi avremo agio di illustrare le più brillanti manifestazioni.

Ciò che sarà la nostra gioja di giornalisti del varietà, condannati quasi sempre a parlare delle solite pupattole di Norimberga.


Il successo di Liliana Castagnola al Margherita

Il successo di Liliana Castagnola già delineatosi sicuro la sera del debutto, è stato confermato ieri da un pubblico veramente meraviglioso, che ha fatto molte feste a questa squisita artista, dalla voce deliziosa, e dalla dizione perfetta, Liliana Castagnola ha raccolto quindi molti applausi; e il pubblico è rimasto ammirato per la ricchezza della messa in scena, per il gusto e lo sfarzo delle toilettes. [...]

«Il Messaggero», 9 dicembre 1923


Liliana Castagnola al Salone Margherita

Come si prevedeva accorse ieri sera un folto ed elegante pubblico per il debutto tìi Liliana Castagnola, che, dopo pochi mesi, riportò il consueto completo successo. Splendida la mise en scene, ammiratissime le originali toilettes e assai gustate le nuove canzone che la Castagnola interpretò con vero senso d’arte. Stasera replica dell'intero spettacolo, ricco di singolari, interessanti attrattive. Domani duo rappresentazioni.

«Il Messaggero», 5 aprile 1924


Liliana Castagnola ai successissimi del Trianon di Milano ha aggiunto quelli del Teatro Giardino d'Italia in Genova ove, oltre ai trionfi di artista, volle assaporare quelli di impresaria sagace e fortunata. A quando una punterella nel meridionale?

«Cafè-Chantant», 10 marzo 1924


Domani sera, lunedi, avrà luogo all'Apollo la serata in onore dell'ammiratissima Liliana Castagnola, che riscuote seralmente calorosi e scroscianti applausi da parte dei numerosi ammiratori che gremiscono ogni sera la sala.

Siamo sicuri che il nome dell’artsta richiamerà all'Apollo, per l’occasione, numeroso pubblico.

«L'Impero», 1 marzo 1926


Liliana Castagnola, la originalissima diva del varietà che dà stasera all’Apollo la sua serata d’onore che è anche serata d'addio.
Il pubblico romano darà stasera un affettuoso saluto a questa elegante artista dal fascino bizzarro, che ha deliziato i nostri palcoscenici con le sue maliose canzoni racchiudenti i più complessi ritmi di danza e l'eco delle più dolci musiche italiane.

«L'Impero», 2 marzo 1926

Queste poche, ma sentite, parole, sono dedicate alla Direzione de « La Pariola » di Roma.

Liliana Castagnola - «Café-Chantant», giugno 1921

E' un nome d'artista che tutto racchiude e tutto dice: Gioventù e bellezza, eleganza inarrivabile; voce ottima ed arte propria e genuina. Pochi saranno coloro ai quali questa Artista può essere ignota, ma tutti conosceranno questa vera Diva come l'eroina di una tragedia milanese; tragedia originata da tutto quel fascino di femminilità di cui la bella Liliana non studiatamente dispone, ma per il quale ogni essere resta soggiogato.

E valga come riporto di cronaca che essendosi effettuato, al teatro Apollo di Roma, nel concorso a premii per referendum al più bello e fine abbigliamento femmineo; il primo premio fu assegnato per unanimità alla nostra Artista in parola.

Ed ora soggiorna in questa Genova non per riposare, mentre un riposo le sarebbe meritato, ma per prepararsi in nuovo assoluto repertorio e rinnovare completamente il suo già meraviglioso guardaroba destinato, mercè i suoi gusti ed i modelli da lei ideati, a far strabiliare imprese e spettatori.

Non è possibile immaginare gli effetti di un vestito per l'Abat - jour tutto montato con lampadine; e non è possibile supporre come sia smagliante, di ogni pregio, la Castagnola avviluppata da un costume a frak - très chic per interpretazioni a dizione.

Queste nostre asserzioni, già provate da quasi tutto il pubblico italiano, servano alle Direzioni degli Stabilimenti di Varietà perchè sostino un pò dal contendersi questa affermata stella, che ripiglierà presto il suo giro artistico per riseminare i soliti straordinarii successi come quello ultimo delle Follie estive in Firenze.

Eugenio Granata, «Café-Chantant», anno XXV, n.8, 12-27 giugno 1921


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«Café Chantant», 10 novembre 1926


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«Café Chantant», luglio 1928


E' a Napoli Liliana Castagnola. L’ affascinante stella del varietà italiano alterna i suoi riposi con lo studio di un nuovo e sensazionale repertorio che presenterà in suo prossimo debutto qui a Napoli. Abbiamo ammirato le ricche tolette per cui Liliana profonde il suo inesauribile buon gusto e tutta l'abituale eleganza che ne fa un’artista ammirata ed arbitra suprema della moda.

«Café Chantant», agosto 1928


La sera del 29 ottobre u. s. Liliana Castagnola è riapparsa al publico del nostro Eden, ricevuta con vibrante entusiasmo. Il lusso della grande stella si è rivelato una volta ancora eccezionale, ed ogni canzone da essa interpretata ha avuto la sera del debutto momenti d’intensità artistica incomparabile. Sogno di Mousmé, Farfalle bionde e Naya furono le canzoni che fra le altre ebbero maggiore successo, attraverso l'arte squisita della bellissima Castagnola.

«Café Chantant», ottobre 1928


Salone-varietà IMPERIA — Venerdi ha debuttato la «Stella» Liliana Castagnola, richiamando un folto ed eletto pubblico che ha tributato a questa magnifica artista una calorosa dimostrazione di simpatia, gustando le sue belle interpretazioni, plaudendo i suoi magnifici costumi. Anche il resto del programma, forte di altri sei interessanti numeri è stato vivamente applaudito.

«Il Lavoro», 10 febbraio 1929


Salone Margherita. Serate scintillanti di pubblico, films interessanti che si alternano sullo schermo fra i plausi del colto e dell' inclita. Il 1° Gennaio s' iniziarono le presentazioni di Liliana Castagnola che ebbero per risultato un crescendo di successi serali. Bella ed artista come sempre, elegantissima ed a posto con la sua bella voce che non ha rivali fra le attuali cantanti dei varietà Liliana è sempre in forma e degna degli applausi prodigatele in quantità enorme. Con Liliana figurava in programma Liana Love cantante italo napoletana il Faed Singer violinista e le sisters Danias attrazione al trapezio.

«Varietà», 10 gennaio 1930


Totò ad Assisi

Ha ricordato che voleva farsi frate per amore

Firenze, aprile

I corrispondenti perugini mandano ai giornali dì Firenze la straordinaria notizia che Totò si è incontrato con San Francesco. Raccontano che lunedì scorso il popolarissimo comico che sì trovava a Perugia per alcune rappresentazioni è giunto ad Assisi su una bella auromobile targata BA insieme ad alcune graziose subrettine della sua rivista. L’artista si è subito recato alla basilica di San Francesco ad ha fatto chiedere al superiore di poter essere accompagnato da un frate nella visita delle tre chiese. Totò naturalmente era in incognito e il padre guardiano è stato un poco meravigliato di vedersi arrivaree un biglietto da visita su cui era scritto: Antonio De Curtis Griffo Focas, principe imperiale di Bisanzio, Duca di Cipro.

Sceso nella cripta, davanti alla tomba di San Francesco il popolarissimo comico, colto da segni evidentissimi di una viva commozione si è gettato in ginocchio sulla nuda pietra, ed è rimasto raccolto lunghi minuti, a fronte china. Alcuni curiosi, fra i quali erano dei giornalisti, come sempre indiscreti, si sono fatti intorno all'artista, turbando il suo raccoglimento e pur sottovoce e con sommessi bisbigli formulando domande della più impertinente indifferenza, o cercando di far firmare autografi. Per spiegare tanta devozione al centro francescano allora Totò ha ricordato che da giovane studente a Padova, avendo subito una penosa delusione d’amore (e chi avrebbe immaginato Totò che soffre per una spina d’amore?) aveva voluto abbracciare la vita religiosa e si era presentato ai padri francescani che custodiscono il Santuario del Santo a Padova, domandando d’esser novìzio. I frati però, dopo breve e facile esame, lo avevano invitato a riflettere meglio sulla sua vocazione. Infatti... (1)

Marco Marchini, «Il Piccolo di Trieste», 3 aprile 1950

NOTE:

(1) Totò non fu mai a Padova per motivi di studio. Nel marzo 1930, quando Liliana Castagnola morì suicida, Totò doveva partire in tournèe proprio a Padova con la sua nuova compagnia. Prima di partire apprese la ferale notizia. E' molto probabile quindi che l'incontro con i francescani possa essere avvenuto nell'occasione del tragico evento.


Vi svelo l'amore tragico di Totò

Mariangela D'Abbraccio: in scena le lettere dell'amante suicida

[...]

Sola in scena, accompagnata esclusivamente da un pianista, la D’Abbraccio recita, legge e canta i brani meno conosciuti, alcuni dei quali del tutto inediti, del Totò poeta privato e scrittore di appassionate lettere d’amore. In repertorio, anche testimonianze di Anna Magnani, Pier Paolo Pasolini. Federico Fellini che lo definiva un «bambino centenario, un angelo pazzo*»., Ma soprattutto un carteggio con Liliana Castagnola, la soubrette con cui Totò ebbe un’intensissima, dolorosa storia d’amore, durata pochi mesi, dal dicembre del 1929 al 3 marzo 1930, quando l'attrice si tolse la vita.

Racconta Mariangela: «Liliana era una donna bellissima e pericolosa, un’autentica mangiauomini: per lei un amante si era suicidato. Ma l'incontro con Totò fu travolgente e fu lei a perdere la testa. Lui era follemente geloso e le rendeva la vita impossibile. Lei era pazzamente innamorata e in una lettera gli scrive: "Perche dici che mi ami, quando invece mi sei nemico? Io ti voglio bene. Antonio, non sai quanto il mio cuore e la mia mente soffrano". E ancora: "Antonio, mi sono concessa a le senza nessuno scopo. Ero pronta a cambiare vita, a vivere con te come tu vuoi. Non ho giocato nessuna commedia. ma tu. con la tua sfiducia, mi offendi. Ti auguro un felice avvenire, a me non pensare più. Sono talmente addolorata. da desiderare con voluttà di essere ancora più triste, per potermi guardare allo specchio e farmi un sorriso di compatimento. Merito solo questo: addio"...».

E Totò scrisse una canzone. «Ammore perduto»:

Ammore perduto,
i’ l’ero truvato,
nun aggio saputo tenerle cu' mme.
Ammore perduto,
mm’ha ditto stu core
ca tarde ha saputo tu ch’ire pe’ mme.

Riprende Mariangela: «Di quel suicidio lui si sentì sempre colpevole: volle che la Castagnola fosse sepolta nella tomba della famiglia de Curtis e, in ricordo di quella grande storia d’amore, chiamò la figlia, avuta in seguito da Diana Rogliani, Liliana». Totò amante crudele, Totò fragile uomo. «Quando nell’aprile del '67 fu colpito dall’infarto, disse sul letto di morte: "Chi mi ha sparato questa fucilata al cuore? Adesso basta, lasciatemi morire"».

«Corriere della Sera», 2 agosto 1996


Liliana Castagnola, marzo 1930: cronaca di un suicidio

Napoli, 3

Sul tardi di Ieri sera si diffondeva nei ritrovi eleganti della città e produceva la più viva impressione, la notizia che la nota celebrata vedetta del varietà italiano Liliana Castagnola, era pietosamente morta in poche ore per avere sbagliato le dosi di una pozione di sonnifero che la diva era solita prendere ogni notte, ritirandosi nella camera che occupava in una pensione di via Fenile di Porto.

La follia d'un innamorato

Liliana Castagnola era nata nel 1898 San Martino presso Genova, da distinta famiglia. Si ricorda che essa fu coinvolta in un grave fatto di sangue avvenuto molti anni or sono a Milano. Un suo amico, uomo gelosissimo, una sera sparò prima contro la donna, ferendola gravemente alla fronte, e poi rivolse l'arma contro sè stesso, uccidendosi.
Abbiamo rievocato questi tragici eventi, che risalgono agli inizii della carriera brillante della Castagnola, per far rilevare che questa si dibattè per diversi mesi fra la vite e la morte. Guarì, infine, ma il proiettile le restò sempre conficcato nei cranio, ciò che le arrecava non pochi disturbi e spesso la privava anche del riposo.

Inoltre la diva era sempre turbata, come essa stessa narrava alle amiche, dalla tragica visione dell'uomo che aveva tentato di ucciderla e che le era poi caduto cadavere ai piedi. Ecco spiegato il perchè, da quel terribile giorno, la diva non poteva dormire se non ricorreva ai sonniferi che già due anni or sono le fecero correre serio pericolo di morte, anche per averne abusato.

Quattro milioni sperperati

La tragedia richiamò sulla Castagnola l'attenzione di un patrizio genovese, il quale, spinto dalla curiosità, andò a visitare la giovane all'ospedale. Rimase fortemente colpito dalla bellezza della Liliana, alla quale il pallore della convalescenza aggiungeva maggior fascino. Il gentiluomo non tardò ad innamorarsene. Egli le compirò una villa ove la trasportò perchè potesse più presto guarire e sperperò per lei quattro milioni; poi, obbligato dalla famiglia, abbandonò la Liliana. Questa, venduta la villa, riprese la sua vita avventurosa, riuscendo fatale a qualunque uomo ravvicinasse. A Roma ebbe ancora una clamorosa relazione col romano Rossellini, il quale pure sperperò la sua fortuna per la bella cantante.

Anche a Napoli si innamorò della donna un giovane assai noto, che poi si uccise in uno dei principali caffè della città. In questi ultimi tempi la Castagnola era stata presa da forte simpatia per un applaudito attore comico del teatro dialettale, Totò De Curtis di Napoli, notissimo anche in tutta l’Italia.

Liliana Castagnola, dopo una tornèe in Sicilia era rimasta a Napoli per un lungo corso di recite al Salone Margherita. Esauriti i suoi impegni, si era concessa il lusso di fermarsi nella nostra città a riposare. Essa doveva partire proprio stamane alla volta di Padova, per iniziare una rapida tournée.

Il fatale errore

Ed ora ecco come può ricostruirsi la tragica scena della morte. La Castagnola, rincasata l'altra notte verso l’una, apparve di ottimo umore e si trattenne anche a conversare con le amiche. Alla cameriera, entrando in stanza, disse che la domenica mattina si sarebbe levata assai per tempo; poi la chiamò ancora per darle incarico di far impostare subito delle lettere che aveva premura che giungessero ai suoi parenti a Genova. Ieri mattina, per errore, la cameriera della pensione entrava nella camera della Castagnola, e avvicinatasi al letto della diva, notava che la diva era immersa in una specie di letargo. Allora dava l'allarme e al capezzale della Castagnola accorreva il dr. Rizzi che, osservando i tubetti vuoti di sonnifero, che erano sul comodino, ha potuto subito stabilire che la sventurata aveva ecceduto nella dose dello stesso. Veniva anche chiesto l'intervento del prof. Pavone dei Pellegrini, che si recava subito sul posto con alcuni infermieri. Ma tutti i tentativi ai quali la scienza ricorre in simili casi, furono vani. Ieri sera alle 20 senza aver mai riacquistato i sensi, la Castagnola spirava.

Oggi a mezzogiorno un funzionario di polizia, recatosi alla pensione dove è morta la Castagnola ha repcrtato i gioielli dell'artlsta ed altri oggetti per un valore di 50 mila lire, ed ha repertato pure 4500 lire in biglietti di banca.

«Gazzetta di Venezia», 4 marzo 1930


La morte di Liliana Castagnola, la tragica diva del caffè concerto

Napoli, 3.

Sul tardi di Ieri sera si diffondeva nei ritrovi eleganti della città, e produceva la più viva impressiono, la notizia che la nota e celebrata vedetta del varietà italiano, Liliana Castagnola. era pietosamente morta in poche ore, per aver sbagliato le dosi di una pozione di sonnifero che la diva era solita prendere ogni notte, ritirandosi nella camera che occupava in una grande pensione di via Fenile di Porto.

Liliana Castagnola, dopo una tournée in Sicilia, era tornata a Napoli per un lungo corso di recite al Salone Margherita. Esauriti i suoi impegni, si era concessa il lusso di fermarti nella nostra città a riposare.

Ed ora ecco come può ricostruirsi la tragica scena della morte. La Castagnola, rincasata l'altra notte verso l'una, apparve di ottimo umore e si trattenne anche a conversare colle amiche. Alla cameriera, entrando in stanza, disse che la domenica mattina si sarebbe levata assai per tempo; poi la chiamò ancora per darle incarico di far impostare subito delle lettere che aveva premura che giungessero al suoi parenti a Genova. Ieri mattina, per errore, la cameriera della pensione entrava nella camera della Castagnola, e, avvicinatasi al letto della diva, notava che la giovane era immersa In una specie di letargo. Allora dava l’allarme, ed al capezzale della Castagnola accorreva il dott. Rizzi che, osservando i tubetti vuoti di sonnifero che erano sul comodino, ha potuto subito stabilire che la sventurata aveva ecceduto nella dose della stesso. Veniva anche chiesto l'Intervento del prof. Pavone del Pellegrini, che si recava subito sul posto con alcuni infermieri. Ma tutti i tentativi al quali la scienza suole ricorrere in simili casi, furono vani. Ieri sera alle 20, senza aver mai riacquistato i sensi, la Castagnola spirava.

«Il Lavoro», 4 marzo 1930


La fine di una donna fatale - Sperpero di milioni ed episodi tragici

Liliana Castagnola, la popolare artista del varietà scomparsa improvvisamente dalla scena del mondo, si era imposta all’ammirazione del pubblico per la sua esuberante bellezza. I frequentatori di teatri di varietà l'avevano soprannominata la bella Otero rediviva, a causa della calda dovizia della chioma, del fulgore dei suoi occhi e soprattutto a causa della sua statuaria persona, slanciata, alta, perfetta. Ancora, a cagione della sua pronuncia un poco esotica e di quella sua aria sovente assonnata, la credevano un’americana. Era invece italiana, nata in terra ligure ventotto anni fa a San Martino nel Genovesato. Ma aveva viaggiato a lungo all’estero; aveva avuto i suoi primi successi di «chanteuse» in Francia. A Mentone, a Nizza, a Montecarlo, a Parigi, dov’era stata a scuola di perfezionamento di bellezza presso Lina Cavalieri, era stata popolarissima.

Cominciò a cantare in Musichall italiani, a Genova, a Torino, quando già era divenuta celebre nella Francia meridionale e segnatamente a Marsiglia, dove fu l’eroina di un complicato intrigo amoroso, che fu risolto a colpi di coltello catalano in un ristorante. Sono note le sole vicende successive, vicende in cui lo sperpero di milioni si unisce alla macchia tragica di qualche cadavere. Ma il disordine dominò la sua vita. Le erano stati fatti in complesso doni per milioni e quasi tutto ella allegramente profondeva.

Ultimamente aveva voluto associarsi ad un grappo di artisti di molta notorietà che cantavano «Autunno napoletano», sulle scene del Politeama. Questo, per fare di spetto a Lidia Johnson, che svolgeva le sue diavolerie sulle scene del Sannazzaro e dalla quale plagiava gli scenari. Dopo tre o quattro spettacoli, però, si pose in lotta con tutti i compagni e segnatamente con tutte le compagne d’arte e, bruscamente, tolse le tende dal teatro di Montedidio per passare a quello stesso teatro di via Chiaia, dove fino a pochi giorni prima aveva trionfato la Johnson. Occorse tutta raccomodante bonomia dell’impresario per sopportare le stravaganze dell’artista e così, nel dicembre e nel gennaio scorso, il nome di Lilliana Castagnola tenne costantemente il cartello.

Ma alla fine la volubile donna si ritrasse dalla scena, confessandosi stanca di battagliare contro emulo che non volevano raccogliere la sua sfida, sfiduciata per non aver potuto attirare mai un pubblico di eccezione. In questa decisione non fu certo estraneo un fatto del tutto nuovo per la Castagnola: quello cioè del suo innamoramento per l’artista Totò.

«Il Piccolo delle ore diciotto», 4 marzo 1930


L'improvvisa morte di un'attrice di varietà che fu protagonista di parecchie tragedie

Questa mattina negli ambienti teatrali della città si spargeva improvvisamente la voce della morte inattesa di una delle più note ed eleganti attrici del varietà italiano: Liliana Castagnola. Turbinosa e drammatica la carriera della giovane artista. Anni fa ella interessava la cronaca cittadina perchè aveva tentato suicidarsi sparandosi un colpo di rivoltella alla testa. Fu salvata per miracolo ma era rimasta assai sofferente. Soffriva, a seguito della ferita, di insonnia. Il proiettile era rimasto conficcato nel cranio e non ha potuto mai essere estratto. Ricorreva per lenire queste sue pene al Veronal e cercava di stordirsi con l’uso smodato di alcoolici.

La Castagnola abitava in una pensione di artisti a Sedile di Porto. Da qualche mese non recitava, perchè attendeva ad iniziare una grande tournée. La proprietaria della pensione, fatta la dolorosa scoperta, ha avvertito le autorità di polizia ed un medico. Quest’ultimo constatava la morte. Un funzionario di polizia ha repertato i gioielli dell’artista ed altri oggetti per un valore di 50 mila lire.

Il nome di battesimo dell’artista era Eugenia. Era nata a Sampierdarena. A 23 anni si sposò a Genova ed ebbe un bambino. Lasciò il tetto coniugale dopo un anno e si diede all’arte. Incominciò la carriera a Milano. Qui ebbe la sua prima avventura che finì in una tragedia. Aveva stretto relazioni con un giovane e ricco industriale, che, perdutamente innamorato, a Montecatini, in un impeto di gelosia, sparò contro di lei. La Liliana, ferita, corse in una sala da bagno ove potò afferrare un campanello d’allarme. Si salvò per miracolo.

Il racconto della tragedia richiamò l’attenzione di un patrizio genovese, un marchese, il quale, spinto dalla curiosità, andò a visitare la giovane all’ospedale. Rimase fortemente colpito dall’aspetto di Liliana, alla quale il pallore della convalescenza aggiungeva maggiore fascino. Il marchese non tardò ad innamorarsene. Egli le comperò una villa ove la trasportò perchè potesse più presto guarire. Poi, obbligato dalla famiglia, l’abbandonò. L’artista, venduta la villa, riprese la vita avventurosa. A Roma ebbe ancora una clamorosa relazione con un ricco romano che sperperò la sua fortuna per lei. Anche a Napoli un giovane assai noto si innamorò della donna, ma finì tragicamente.

La Liliana era rimasta tanto scossa dalla tragedia di Montecatini che dormiva con la stanza illuminata.

«Il Piccolo della Sera», 4 marzo 1930


La morte di Liliana Castagnola

Stamane è stata rinvenuta esanime in una stanza della pensione Rosa l'artista Liliana Castagnola, deceduta per un indigestione di Veronal. La Castagnola era famosissima negli ambienti teatrali, recentemente l'aveva richiamato un foltissimo pubblico a Napoli; era nel suo genere una cantante, un'attrice deliziosa, che dava alla canzone una interpretazione tutta personale.

[...]

In questi tempi la Castagnola era stata presa con forte simpatia per un attore del teatro dialettale, Totò de Curtis. Da qualche mese la Castagnola non recitava più e attendeva di iniziare una grande tournée. Ella doveva partire proprio alla volta di Padova, quando la sua vita è stata tragicamente stroncata dalla disgrazia occorsa a cui abbiamo dinanzi accennato. 

A mezzogiorno un funzionario di polizia recatosi alla pensione Rosa, ha riportato i gioielli della donna ed oggetti per un valore di 50 mila lire e banconote per un valore di 4500 lire.

«Il Messaggero», 4 marzo 1930


La morte du una «stella» del Varietà

Stamane è stata rinvenuta esanime, in una stanza della Pensione Rosa, la nota «vedetta» del varieté, Liliana Castagnola, deceduta per Ingestione di Veronal. L'artista era notissima negli ambienti teatrali, e la notizia nella sua morte ha prodotto viva impressione. La vita della « stella » è stata tutta una tragedia. Nata a S. Martino presso Genova da distinta famiglia, ne) 1920, quando già era nota sulle scene del varietà italiani, divenne l'amante di un ricco industriale lombardo, il quale le sparò contro tre colpi di rivoltella e dopo qualche tempo finì tragicamente la sua vita.

Liliana Castagnola, dopo essere stata per vari mesi tra la vita e la morte, guarì, ma un proiettile rimastogli nel cervello le procurava forti sofferenze. Negli anni successivi ebbe molte avventure, e tutta movimentate. Da qualche mese era Napoli con la compagnia Molinari. Ella doveva partire proprio stamane alla volta di Padova. La morte è stata provocata da una eccessiva dose di sonnifero che l’artista ha preso prima di coricarsi, certamente per isbaglio.

«La Stampa», 4 marzo 1930


L'ultima telefonata di Liliana all'artista Totò

Si apprende qualche altro particolare sulla tragica morte di Liliana Castagnola, i cui funerali hanno avuto luogo ieri stesso. Sabato sera, la Castagnola scrisse lungamente a una sua sorella, a Genova, consegnando la lettera alla cameriera della pensione e pregandola di farla partire raccomandata. Ora la sorella è attesa qui. La Castagnola trascorse molto serenamente le ultime ore. Ritornata alla pensione sabato notte poco prima delle 3, si svestì e consumò una cenetta conversando affabilmente col signor Russo, proprietario della pensione, e con la cameriera. Ad un certo momento, ella andò al telefono e chiamò l’artista Totò al quale disse: «Siamo intesi; tu partirai domani o domani l'altro ed io ti raggiungerò». Subito dopo si ritirò nella sua camera.

La polizia ha provveduto ad inventariare e a sugellare il guardaroba ed i gioielli lasciati dalla diva. Il guardaroba comprende una ventina di toilette lussuose ed una diecina di pellicce e gioielli per un valore complessivo di 70 mila lire.

«Il Piccolo delle ore diciotto», 5 marzo 1930


La tragica diva del caffè concerto - Intorno alla morte di Liliana Castagnola

C’è ancora qualche cosa da aggiungere al racconto della vita avventurosa di Liliana Castagnola che ha chiuso ieri a Roma la sua breve giornata di stella di quegli effimeri olimpi che sono i caffè-concerto, che è morta per aver chiesto ai paradisi artificiali dello droghe l'oblio della falsa gioia dei palcoscenici dalle facili canzoni e del facili amori. E, anzitutto, c’è qualche dato da rettificare. Liliana Castagnola era nata 34 anni fa non a Sampierdarena, ma a Genova Centro e precisamente in via Puggia, a S. Martino D’Albaro. E il suo vero nome era quello di Eugenia. Giovanissima ancora, a soli 17 anni, andò a nozze col figlio di un noto impresario cittadino di costruzioni di pavimenti alla veneziana. Un anno dopo essa era già madre di un vispo maschietto che sembrava dovesse stringere in modo vieppiù indissolubile l’unione del due giovani.

Invece, dopo soli due anni, le nubi si addensavano sul provvisorio cielo coniugale. Ne conseguì una separazione in piena regola. Il bimbo fu assegnato al padre che a sua volta lo affidò ad un suo fratello. E’ da questo momento che si dedicò all’arte del caffè concerto. Suo padre, Daniele, in gioventù fu un atleta notissimo, specializzato nella lotta greco-romana. Alla chiusura di un concorso ginnastico, circa 30 anni fa, egli ricorda con compiacimento di aver ricevuto il premio guadagnatosi dalle mani del Conte di Torino.

Come è egli stesso che rievoca un episodio che avvenne fra lui e la figlia Liliana, dopo che questa abbracciò la carriera artistica. Il Castagnola, che non vedeva di buon occhio la decisione presa dalla figlia, allontanatasi tanto dalla casa maritale, quanto da quella paterna, un giorno fermò la Liliana Invitandola a non continuare nella via su cui si era posta e a dedicarsi invece alla famiglia. La Liliana per tutta risposta gli disse: «Tu hai raggiunto la notorietà coi tuoi muscoli di lottatore, lo la raggiungerò colla mia voce e colla mia bellezza ». Il figlio della scomparsa, che conta adesso 16 anni, vive presso uno zio paterno. Gli studi e la sua educazione furono fatti a spese della madre che mai lasciò mancare alcuna cosa alla sua creatura.

La Liliana aveva inoltre due sorelle minori. Esse dopo la rottura dei rapporti fra i genitori, e cioè fra il Daniele Castagnola e sua moglie Nicoletta Cambiaso. avvenuta circa 14 anni or sono, convissero col padre. Una è ora moglie ad un torinese e vive nella città piemontese. L'altra, la più giovane, si è sposata da pochi mesi e risiede a Genova.

«Il Lavoro», 5 marzo 1930


E' morta Liliana Castagnola

La sera del 2 corrente questo fiore tormentato da un’ avverso destino scendeva col suo profumo e le sue stranezze nel buio della eternità. Una mano che forse in trent’anni di vita non si era mai alzata per un qualsiasi atto scorretto, armavasi di venti pastiglie dell'omicida Dinal, per dare al cuore una pace inutilmente cercata in questa valle di lagrime.

Con Liliana Castagnola la natura aveva generosamente calcolato e dosato, creandola bella come un'aurora di maggio, fra i molteplici incanti d’un corpo mirabile, d’uno sguardo che agganciava subito come il guizzo della folgore, slanciata, elegantissima, intonata a tutte le mode, artista d’ampio respiro, per la voce stupenda e la dizione perfetta, qualcosa d’indefinibile che interessava di primo acchito per lasciarci un momento dopo perplessi, fra l’ammirazione e lo sgomento.

A contrasto di tanta profusione di bellezze che avrebbero fatto della sua vita un canto d’amore, un’anima disordinata, ed un cuore amarissimo chiudevano il cammino ai fascini. lasciando posto alle caratteristiche della donna cosidetta fatale, che sapeva di esserlo, che voleva esserlo.

Giovinetta ancora, erasi affacciata all’orizzonte della vita con un rapido trionfo artistico e mondano, meteora luminosa, tadorna di grazie infinite e con il libro del destino aperto sulla parola, tragedia.

Visse turbinosamente, forse irresponsabile di tanti scatti bisbetici in cui ella era regina, preda di amori violenti che nel sangue compivano il ciclo delle brutali passioni, che sanno e possono ispirare donne di tal genere.

Liliana fu una bambola irrequieta, tormentata da forze inique e misteriose, condannata ad essere amata senza calma, nè limiti, da uomini privi d’equilibrio, da alogici che al suo cospetto e per il suo amore perdevano il controllo di sè stessi, sopprimendo doveri più alti e più sublimi.

La farfalla ha bruciato le belle ali alla fiamma del più brutto dei suoi amori, senza un lamento nell’ora del trapasso, impossibilitata a maledire i fati che la vollero bella ed infinitamente disgraziata, vittima degli alcaloidi, ai quali chiedeva invano ristoro per il suo dolore, per il suo martirio di tutti i giorni, di tutte le ore, anche per quelle della primavera che ogni anno giungeva a salutarla con i suoi fiori e con i suoi incanti. Povera Liliana!

Chiusi gli occhi per sempre, il suo frale ed il suo bel volto non subirono alterazioni, essi restarono meravigliosi anche sotto la gelida maschera della morte.

Per i vinti la generosità degli uomini apre il cuore alla pietà che deve essere molta, moltissima per questa infelice i cui peccati furono espiati con sofferenze ininterrotte e crudeli, fra gli spasimi di un’anima che da tempo non aveva più nè luce, nè sorrisi.

A.C., «Varietà», 15 marzo 1930 



La storia di Liliana Castagnola


Il dramma di Liliana Castagnola

È il 1930. Tra i giovani che si presentano coraggiosamente al pubblico ancora soli sul palcoscenico, con un repertorio di cinque o sei canzoni, vi era una cantante, che, prima di concludere tragicamente la sua già movimentata esistenza, ebbe il suo quarto d’ora di meritata notorietà artistica: si chiamava Liliana Castagnola. Era una donnina deliziosamente bella e attraente. Ad un certo fascino di marca umbertina accoppiava, in gradevole contrasto, un sex-appeal sfacciatamente moderno. Signorile, elegante, non mancava di una tal quale spiccata personalità, che faceva di lei ima autentica diva. Cantava bene certe canzoni romantiche e le alternava con altre brillanti e maliziose. Un pubblico, affezionato e fedele, la seguiva, la sosteneva e l’applaudiva, e i galanti amatori dell’epoca se la contendevano.

Il nome di Liliana Castagnola, che appariva spesso sui manifesti dei grandi Varietà, era soltanto per metà un nome d’arte. Si chiamava in realtà Eugenia Castagnola ed era nata nel 1900 a San Martino in provincia di Genova.

A sedici anni, in piena guerra mondiale, all’epoca delle Mata Hari e delle Mistinguette, la conobbe Guido Da Verona, e si disse, dopo qualche anno, che fosse stata proprio lei a ispirare allo scrittore il personaggio di Mimi Bluette. Il certo è che la sua carriera fu rapida e brillante; il battesimo del palcoscenico lo ricevette in Francia, in quella città e in quei locali, dove in maggior misura si concentravano il fuoco e le emozioni scatenate dalla guerra.

Lavorò infatti a Marsiglia, e in un ristorante della Cannebière suscitò entusiasmo e passioni. Due avventori vennero a lite per lei, e, in un feroce duello rusticano all’arma bianca, uno di essi rimase ucciso. Erano tempi pericolosi e Liliana fu espulsa dalla Francia.

La ritroviamo in Italia, a Montecatini, nascente stazione climatica alla moda, e fu lì che la diva fece la conoscenza di un giovane industriale milanese. Fu un amore violento in una relazione movimentata e pericolosa. Il giovane era geloso all’eccesso e lei non faceva nulla per rassicurarlo. Il suo temperamento, il suo mestiere, la sua stessa vita la portavano a certi atteggiamenti, che, in quell’epoca, costituivano ancora un pericolo per gli uomini innamorati.

Ed infatti la tragedia, improvvisa, scoppiò. Un mattino, mentre lei era nel bagno, la porta fu violentemente spalancata e l’amante, armato di pistola, l’aggredì con frasi violente e ingiuriose. Invano lei cercò di calmarlo, invano lo pregò, lo scongiurò di credere alla sua fedeltà. Il giovane milanese non sentì ragioni. Accecato da una gelosia, forse anche irragionevole e ingiusta, le sparò addosso. Un colpo la ferì di striscio alla fronte, un altro la colpì alla tempia, e la poveretta cadde riversa sul bordo della vasca da bagno in una pozza di sangue. Il giovane rivolse l’arma contro se stesso e si uccise. Le cadde addosso, quasi come per stringerla in un ultimo abbraccio disperato.

Il fatto fece un enorme rumore. Se ne parlò a lungo in Italia e fuori. Era il secondo uomo che moriva per lei e la sua figura si colorava ancor più di romantiche tinte ottocentesche.

Nell’ospedale, dove venne ricoverata, fu un corteo di ammiratori, amici e simpatizzanti. La sua cameretta era sempre piena di fiori e di profumi. Un ricco patrizio genovese le fu particolarmente vicino nella difficile convalescenza, e, quando, finalmente guarita, ella lasciò l’ospedale, raggiunse la ricca villa principesca che il signore innamorato aveva messo a sua disposizione. Seguì per entrambi una vita smodata di lusso, nella quale l’uomo non potette a lungo resistere. La famiglia di lui intervenne e iniziò un giudizio d’interdizione. E di nuovo Liliana si trovò sola.

Si lanciò allora in un vortice di abitudini, di costumi e di amori turbinosi. E, a trent’anni, già stanca e desiderosa di pace, si pose, inconscia e inconsapevole, alla ricerca di un amore calmo e borghese. Alla fine del 1929 si trovò a Napoli in un programma al teatro Santa Lucia. Contemporaneamente al Nuovo Totò mieteva successi e allori nella Compagnia Molinari. Conoscere Totò e innamorarsene come una educanda fu per lei un’esperienza nuova.

Al fascio di rose che l’attore galantemente le inviò alla Pensione di Ida Rosa, a Sedile di Porto, dove lei alloggiava, Liliana rispose con una letterina formale e corretta, che denunziava troppo apertamente la strana evoluzione del suo spirito tormentato.

La lettera diceva:

Signor Antonio De Curtis,

vi ringrazio, gentile signore, delle belle rose che ho gradito con molto piacere. Intanto, suppongo non vi dimentichiate che, dopo un certo numero di giorni, queste meravigliose rose appassiranno, e che, di conseguenza, occorrerà sostituirle con altri fiori.

Che fare per contraccambiarvi? Sabato, al «Santa Lucia», canterò per voi le mie migliori canzoni.

Liliana Castagnola


E la relazione fra i due ebbe inizio. Ma questa volta la gelosia prendeva lei e la faceva amaramente soffrire e i maligni e gli interessati facevano a gara a metterle nel cuore il tormento del dubbio.

Furono tre mesi di amore e d’inferno. Nel febbraio 1930, quando stava per scadere il contratto di Totò al Nuovo, lei, prevedendo che l’amante cogliesse l’occasione per lasciarla, gli fece una proposta: avrebbe abbandonato il Varietà, si sarebbe unita a lui nell’arte e nella vita, iniziando così un’esistenza nuova di lavoro e di amore. Totò in un primo momento accetta, poi lascia cadere la proposta e non ne parla più.

Liliana non desiste da un ultimo tentativo. S’incontra con lui in un pomeriggio nei primi di marzo: i due salgono in un tassì, che senza meta attraversa la città in lungo e in largo, e lei tenta disperatamente di riconquistare l’uomo che ama, invitandolo a rompere il nuovo contratto che ha con Cabiria, prima donna e capocomica di una Compagnia di Rivista.

«E’ troppo tardi — dice Totò — domani debbo partire e raggiungere la compagnia a Padova...». Non c’è nulla da fare. I due si lasciano. Totò va al Nuovo per il suo spettacolo d’addio e lei si avvia verso la Pensione.

Lungo la strada si ferma in una farmacia e acquista un tubetto di «Dinal». In un’altra farmacia ne acquista un secondo e rientra a casa. Ha già maturato il suo proposito, ma a quelli della Pensione non lascia scorgere nulla. Verso tardi, dopo la mezzanotte, si attacca al telefono e chiama il teatro Nuovo. Chiede di Totò. L’attore, che in quel momento ha finito di recitare, va al telefono e scambia con la donna, affranta e piangente, poche frasi d’occasione.

Liliana Castagnola ha i minuti contati. Rientra in camera, riordina la sua roba, ne fà un inventario, chiude a chiave i bauli, siede al tavolo e scrive :

Antonio,

potrai scrivere a mia sorella Gina per tutta la roba che lascio in questa Pensione. Meglio che se la goda Gina anziché chi mai mi ha voluto bene.
Perchè non sei voluto venire a salutarmi per l’ultima volta? Scortese, omaccio! Mi hai fatta felice o infelice? Non so. In questo momento mi trema la mano ...

Ah, se mi fossi vicino! Mi salveresti, è vero? Antonio, sono calma come non mai. Grazie del sorriso che hai saputo dare alla mia vita grigia e disgraziata. Non guarderò più nessuno... Te lo avevo giurato e mantengo. Stasera, rientrando, un fattaccio nero mi è passato dinnanzi. E ora, mentre scrivo, un altro gatto nero, giù nella strada, miagola in continuazione.

Che stupida coincidenza, è vero? ...

Liliana tua


Questa, la lettera rinvenuta il mattino dalla Polizia, accorsa alla Pensione, dopo la scoperta del cadavere.

Questa, la tragica fine di Liliana Castagnola.

Mario Mangini ("Il dramma di Liliana Castagnola" - "Il Cafè-Chantant", Ed. Ludovico Greco, Napoli 1967)


Riferimenti e bibliografie:

  • 1. È quanto riporta la figlia Liliana nel libro Femmene e malafemmene (Liliana De Curtis, Rizzoli 2003) nel quale, basandosi sulle confidenze del padre a lei e a sua madre Diana, ha voluto che fosse lui, in prima persona, a narrare la vicenda di Liliana Castagnola.
  • 2. Totò, Balcune e llogge , 'A Livella, Napoli, Fausto Fiorentino Editore 1968
  • "Totò, principe del sorriso", Vittorio Paliotti - Fausto Fiorentino Ed., 1977
  • "Siamo uomini o caporali?" (Alessandro Ferraù e Eduardo Passarelli) - Ed. Capriotti, 1952
  • Gaetano Saglimbeni, "Gente", 24 aprile 1987
  • Claudio Carabba, "L'Europeo", 23 giugno 1990
  • "Il dramma di Liliana Castagnola" - "Il Cafè-Chantant", (Mario Mangini), Ed. Ludovico Greco, Napoli 1967
  • Gli estratti della corrispondenza epistolare tra Liliana Castagnola e Antonio de Curtis provengono dall'archivio Famiglia Clemente