Totò può fare da sé: nasce la sua società cinematografica D.D.L.

1955 DDL

destinazione piovarolo

Il film con il quale Antonio de Curtis esce definitivamente dal giogo Ponti-De Laurentiis è Destinazione Piovarolo. La grande novità è che, accanto alla Lux, il 15 maggio 1954 coproduce il nuovo marchio DDL, dai cognomi dei fondatori Antonio de Curtis, Alfredo De Laurentiis (fratello di Dino) e Renato Libassi (amministratore dell’attore). A fine aprile il principe convoca i giornalisti in viale Bruno Buozzi e annuncia di essere diventato produttore. «Non voglio più fare film Vietati ai minori di sedici anni», dichiara alla stampa, «come non voglio più interpretare soggetti scadenti e di pessima lega... Quando ho potuto, mi sono rifiutato di lavorare in film non di mio gusto. In questi ultimi tempi ho rifiutato diversi contratti; mi sono state fatte offerte per film come Totò e la balia, Totò-calcio, Pane, burro e marmellata... Dei miei quarantadue film sono rimasto soddisfatto di pochissimi. Giustamente la critica è stata spesso dura con me; se per l’avvenire sbaglierò, reciterò il mea culpa... Ho ‘chiuso’ molto bene con la rivista e intendo fare altrettanto con il cinematografo».

La verità su questo improvviso fervore autoproduttivo è un po’ diversa. Circa un anno prima, in previsione della fine degli impegni con Ponti e De Laurentiis, Totò ha sottoscritto un nuovo contratto di “esclusiva assoluta” con un soggetto denominato DDL, firmatari Alfredo De Laurentiis e Renato Libassi, per il quale s’impegnava a lavorare come attore per tre anni e per non più di tre film l’anno (salvo diversi accordi), riservandosi la scelta del regista e l’approvazione della sceneggiatura. La sbandierata indipendenza produttiva di Totò è in effetti un miglioramento nelle condizioni contrattuali, con poteri di veto e la garanzia di evitare ritmi lavorativi disumani, ma con una controparte che non avendo né i mezzi né l’esperienza della coppia Ponti-De Laurentiis non è in grado in effetti di garantirgli alcunché.

Conclusa la lavorazione di Destinazione Piovarolo, Antonio de Curtis sente di aver ripreso in mano il proprio destino: libero da contratti in esclusiva, produttore di sè stesso, decide con Franca di diffondere la notizia di un loro matrimonio in modo da impedire ulteriori pettegolezzi, e se ne va in vacanza sull’Alcor, un chrìs craft acquistato a Santa Margherita in un momento di noia estiva. Ad Antonio de Curtis, per il quale i genitori avevano sognato un futuro da ufficiale di marina, si apre un mondo: per due mesi, da metà luglio a metà settembre costeggia la Liguria, il sud della Francia, e poi al ritorno l’amata Rapallo, Porto Venere, Viareggio, Porto S. Stefano. Ancorato l’Alcor a Fiumicino, scappa tutti i pomeriggi a Roma, a lavorare alle successive imprese della DDL. «Ho deciso di fare il produttore per riconciliarmi con il mio pubblico e con la critica», dice ad Augusto Borselli di “Oggi”. «Io non mi sento un divo, ma piuttosto un lavoratore dello spettacolo. In questi ultimi tempi i critici mi hanno malmenato e con ragione. Ma io dovevo rispettare i contratti: ho fatto il possibile per rifiutare soggetti banali e insulsi, ma alla fine sono stato costretto a girare film mediocri. Ho respinto cinque, dieci, venti proposte, ma alla ventunesima ho dovuto cedere».

Il coraggio 00001

Il coraggio, prima produzione interamente DDL, viene iniziato in ottobre a Tirrenia, durante uno dei periodici tentativi di far tornare a pieno regime i vecchi stabilimenti Pisorno voluti dal fascismo. Il film viene presentato nei titoli di testa come una “libera riduzione di Antonio de Curtis dell’omonimo atto unico di Augusto Novelli”, anche se poi nel cartello dedicato alla sceneggiatura insieme a quello del principe sono elencati altri cinque nomi. I due film di Paolella incassano insieme meno del solo Siamo uomini o caporali? e le ambizioni della DDL ne escono ridimensionate. La prima conseguenza è che i progetti più ambiziosi (Don Pietro Caruso, Don Chisciotte, Pinocchio) vengono accantonati.

"Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017 - Capitolo 10


Ombre e luci dello schermo

Totò può far da sè

Il noto attore interpreterà i film che desidera e forse lo vedremo in una riduzione del «Don Chsciotte»

La decisione di Totò di diventare il produttore di sè stesso per poter fare finalmente i film che desidera non può non essere accolta con vivo piacere. Totò è stato fino ad oggi una delle grandi occasioni mancate del nostro cinematografo: sottratto a suon di milioni al palcoscenico, gli si chiese soprattutto di ripetere davanti alla macchina da presa le battute e le mossette che avevano fatto sganasciare i pubblici del varietà. Sia che fosse sceicco o tarzan o turco napoletano, Totò ha ripetuto sempre il medesimo personaggio che solo la sua straordinaria ed impetuosa fantasia comica è riuscita ogni volta a rendere colorito. I risultati commerciali, d’altra parte, consigliarono di insistere su questo cliché: dal 1950 al 1954, ogni anno, almeno tre film con Totò figuravano fra i venti più redditizi e, fra questi, uno ha sempre raggiunto il mezzo miliardo di incasso («Totò a colori» è arrivato a ben 716 milioni) ma la parabola discendente era già cominciata: i Totò del ’54- ’55 hanno già avuto meno fortuna dei precedenti («I tre ladri», «Il medico dei pazzi» e «Totò all’inferno», nelle prime visioni hanno incassato solo un terzo dei Totò dogli anni passati) ed era facile prevedere per il futuro un declino ancora più sensibile se si fosse insistito sui medesimi schemi.

Cominciavano cioè a sentirsi anche in sede commerciale gli effetti negativi dell’errore che in sede artistica si era sempre rivelato come fondamentale: considerare Totò soltanto come una marionetta, una eccezionale marionetta umana capace degli scatti e delle situazioni più impensate e irresistibili. Bastava darle una buona carica all’inizio di ogni film e poi lasciarla sfrenata sino ad esaurimento dei repertorio. Sarebbe ingiusto non riconoscere che il Totò marionetta era pur sempre un personaggio eccezionale, ma è altrettanto evidente che i suoi esercizi di bravura, le sue esibizioni mimiche assolutamente astratte avrebbero stancato, alla lunga, anche il più paziente dei pubblici. Ora che Totò sarà il produttore di sè stesso, resta da vedere solo una cosa: se cercherà di arricchire psicologicamente il suo personaggio tradizionale oppure se si accontenterà di inserirlo in vicende congegnate meglio e meno poveramente delle precedenti. L’annuncio che, tra l’altro, vorrebbe essere il protagonista di una riduzione del Don Chisciotte sembra far pensare che Totò scelga la prima soluzione che è quella certamente destinata a dargli maggiori soddisfazioni e più lunga vita artistica.

Ci sono tre film nei quali Totò, a nostro parere, ha mostrato il suo carattere più genuino: «Guardie e ladri», «Cos’è la libertà» e «Totò e Carolina». In tutti e tre aveva quasi completamente perduto la meccanicità abituale e si era avvicinato a un tipo umano preciso: l’italiano a mezza strada fra la piccola borghesia e il proletariato, l’italiano di mezza tacca, in eterna lotta per le mille lire. Quello è stato, tra tutti, il Totò più vero, bravo, convincente: la verità è che la carica । vitale di Totò è più triste che comica, anche se la tristezza hai la forza di esprimersi (come è comune ai meridionali) con tanta prodigiosa esuberanza. Il Totò che non si può dimenticare è quello dimesso e malinconico, quello col cappelluccio bisunto, l'impermeabile stretto, la sciarpa attorno al collo e i baffi che sembravano l’unica concessione alla fantasia in un viso ridotto uniforme e quasi senza più espressione dalle delusioni quotidiane. Vorremmo che Totò, prima di scegliere i copioni che lui stesso produrrà, si rivedesse nei tre film che abbiamo citato. Erano film, per un verso o per l’altro, sbagliati ma avevano una cosa giusta: Totò con la sua incantevole malinconia di vivere. Totò non deve accontentarsi di essere soltanto una maschera perchè la sua arte può esprimere qualcosa di più profondo, di più toccante e di più duraturo.

Lamberto Sechi, «Gazzetta del Popolo», 14 maggio 1955


Gazzetta del Popolo
Lamberto Sechi, «Gazzetta del Popolo», 14 maggio 1955

Riferimenti e bibliografie:

"Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017