Totò al Giro d'Italia

1950 Toto al Giro d Italia

Per i campioni sportivi niente fumo, niente vino e niente donne. Ma allora che vincono a fare?

Professor Casamandrei

Inizio riprese: ottobre 1948, Stabilimenti Farnesina, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: dicembre 1948 - Incasso Lire 299.000.000 - Spettatori 3.490.544



Titolo originale Totò al giro d'Italia
Paese Italia - Anno 1948 - Durata 88 min - B/N - Audio sonoro - Genere Comico - Regia Mario Mattoli - Soggetto Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Steno - Sceneggiatura Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Steno - Produttore Enic - Peg, Roma - Fotografia Tino Santoni - Montaggio Giuliana Attenni - Musiche Nino Rota diretta da Ugo Giacomazzi - Scenografia Piero Filippone - Costumi Werther


Totò: il prof.Ugo Casamandrei - Giuditta Rissone: la madre - Isa Barzizza: Doriana, la giurata - Walter Chiari: Bruno, il giornalista - Carlo Ninchi: Dante Alighieri - Luigi Catoni: Nerone - Mario Castellani: Renato Stella, l'allenatore - Carlo Micheluzzi: Filippo, il diavolo - Fulvia Franco: Miss Italia - Alda Mangini: Gervasia, la cameriera - Ughetto Bertucci: il meccanico - Mario Riva: il radiocronista - Vinicio Sofia: il cuoco - Luigi Pavese: cameriere - Eduardo Passarelli: il commissario - Loris Gizzi: il sindaco - Angelo Pellegrino: il passante in bicicletta - Mirella Gallo - Toto Mignone - Fausto Coppi - Gino Bartali - Fiorenzo Magni - Ferdy Kubler - Giordano Cottur - Gianni Ortelli - Conte - Adolfo Consolini - Louison Bobet - Alberic Schotte - Amos Matteucci - Jean-Pierre Wimille - Ulisse Lorenzetti - Di Segni - Amedeo Deiana - Aldo Spoldi - Giuseppe Tosi - Camillo Achilli - Tazio Nuvolari


Soggetto

Il professor Casamandrei, insegnante in un liceo bresciano, partecipa come membro della giuria ad un concorso di bellezza dove si innamora di Doriana, anch'essa giurata, e le dichiara il suo amore. Lei non lo corrisponde e per prenderlo in giro si dice disposta a sposarlo solo dopo che lui avrà vinto il Giro d'Italia. Il professore, incapace di andare in bicicletta ma follemente innamorato, è disposto a tutto pur di vincere e conquistare la bella Doriana, fino a quando il suo desiderio di vendere addirittura "l'anima al diavolo" viene colto alla lettera dal vero demonio Filippo Cosmedin, che si adopera in tal senso, proponendo un regolare contratto.

Lo sconosciuto professore, iscrittosi a sorpresa alla corsa rosa, comincia a vincere facilmente tutte le tappe, tra lo stupore di tutti e la rabbia dei numerosi campioni che vi prendono parte. Il patto col diavolo però comporta solo la vittoria al Giro, non certo la vita lunga e felice al fianco di Doriana che il professore aveva sognato: il contratto firmato col sangue infatti prevede che dopo il termine della corsa il demonio potrà subito impadronirsi dell'anima del malcapitato, quindi morte e dannazione immediate.

Il professore, resosi conto della tragica situazione, cerca in tutti i modi di non vincere, anche con l'aiuto della stessa Doriana - che, commossa dalla vicenda del patto col diavolo, finisce per innamorarsi anche lei dell'uomo - , della sorella di lei Gisella, neoeletta Miss Italia e del loro amico giornalista Bruno, ma con scarsi risultati.

Fino alla vigilia dell'ultima tappa la maglia rosa è saldamente in suo possesso. Il giorno dell'ultima tappa Casamandrei sembra ormai rassegnato a vincere e a finire all'Inferno, ma si rivela provvidenziale l'intervento di sua madre, che con uno stratagemma addormenta Cosmedin e fa in modo di sfruttare i poteri soprannaturali di quest'ultimo per far cadere il figlio a pochi metri dal traguardo: le donne, si sa, e in particolare le madri, ne sanno una più del diavolo. Tutto finisce bene: il professore si fidanza con Doriana e Gisella con Bruno, e a Cosmedin, pentito, viene data l'occasione di redimersi lavorando come domestico in casa della signora Casamandrei. Rimane incerto chi fra Coppi e Bartali abbia vinto il Giro.

Critica e curiosità

È il primo film dove il nome di Totò compare anche nel titolo, e uno dei pochi film di Totò girati prevalentemente in esterni e in varie zone d'Italia: Lecco, Stresa, Bologna e Milano. Partecipano alla pellicola numerosi campioni di ciclismo dell'epoca: Fausto Coppi, Gino Bartali, Giancarlo Astrua, Louison Bobet, Ferdi Kübler, Fiorenzo Magni, Vito Ortelli, Vittorio Seghezzi e l'allora Campione del Mondo Alberic Schotte, oltre a Tazio Nuvolari e molti altri sportivi del tempo.


I documenti

I ricordi di Isa Barzizza sul set di Totò al Giro d'Italia. Intervista a cura di Alberto Anile per l'edizione DVD del film, edizioni RHV


Era il 1948 quando Miss Italia diviene un concorso a carattere nazionale con l’arrivo dell’Enit al fianco degli organizzatori. Giuria con grandi nomi, tra i quali quello di Totò, presente a Stresa per girare un film con la vincitrice del Concorso, “Totò al Giro d’Italia”, e tre favorite, Anna Visconti, Ornella Zamperetti e Fulvia Franco, che ebbe la meglio. Triestina, rappresentante della bellezza “acqua e sapone”, poi moglie del pugile Tiberio Mitri, la ragazza, 17 anni, fu festeggiata al grido di “Viva Trieste” poiché il suo successo ebbe un particolare significato nel momento di tensione per la rivendicazione d’appartenenza di Trieste all’Italia. Vai all'articolo UNA MISS AL GIRO D'ITALIA


C’ho il nervoso a pensare a Totò. Bastava guardarlo e si rideva subito, non c’era bisogno che facesse niente. Leggeva la sceneggiatura, andava là e faceva quello che voleva. Ed era più bello quello che faceva lui di quello che c’era scritto. Un altro che non leggeva niente era Walter Chiari, lui improvvisava tutto. Il copione c’era ma a loro serviva giusto per imparare la parte a mente e poi dirla in sunto. Erano degli artisti, quelli. Io se non dicevo come il copione andavo fuori del seminato.

Gino Bartali (intervista di Alberto Anile 1997)


Fatiche tremende, posti scomodissimi, freddo, con tutto questo mondo sportivo che proprio non combaciava con la maniera di essere di Totò. Lui viveva molto da solo, faceva orari particolari, non andava a letto prima delle cinque della mattina per cui dormiva quasi tutto il giorno e quando doveva fare i film si sconvolgeva un po’ perché doveva cambiare tutti i suoi orari. Insomma questi due mondi erano proprio come l’acqua e l’olio, non c’era maniera di mescolarli.

Isa Barzizza (intervista di Alberto Anile, 1997)



Un ricordo del ciclista Vito Ortelli

All'epoca del film "Totò al Giro d'Italia" noi eravamo i migliori ciclisti rappresentativi e per le scene in esterni del film, corremmo con le maglie relative alle squadre alle quali appartenevamo effettivamente. Fino a quel momento, io non avrei mai creduto che Totò, fuori dal set, fosse così squisito, educato, umile, superiore alla media, insomma, "così Principe". E’ stato per me un insegnamento di vita! Per lui il copione era solo una guida. Mattoli non lo rimproverava mai, anzi lo lodava con dei "Bene, bravo!" perchè le sue improvvisazioni erano sempre adatte alle situazioni. 
Noi ciclisti, imparavamo le due o tre parole da dire volta per volta e girammo sia di mattina che di pomeriggio. Dalla lavorazione io fui assente alcuni giorni, da lunedì a mercoledì, perchè mi sposai; poi, mi cambiai e li raggiunsi a Roma, in via Tiberio. No, perlomeno quando fui io presente, non furono girate scene in Toscana. La scena della cena ambientata sulle Dolomiti era una cena vera, nostra, a Roma: eravamo con le nostre effettive mogli filmate per l'occasione. Ricordo che mia moglie, Pina Aregnani, deceduta anni fa, allorchè si vide allo specchio dopo il trucco commentò: “Mamma mia, sembro malata!” Infatti, il truccatore, ci dava sul viso del farde "avorio scuro" altrimenti, nella pellicola, saremmo risultati troppo bianchi.

A fare la scena dove Totò Casamandrei fa equilibrismo e scompone la bici, non erano né Totò, né la sua controfigura delle altre scene: era un equilibrista tedesco di Monaco...no, non me ne ricordo il nome...o forse non lo ho mai saputo... Totò era fuori allenamento, non andava in bicicletta perlomeno da trent'anni: pedalando durante una discesa, tentò di frenare ma cadde per davvero e si arrabbiò. La maggior parte degli esterni fu girata nelle vicinanze di Roma.  Furono effettuate anche delle riprese durante i Giri dell'Emilia e di Lombardia, poi inserite nel film.
A Lecco girammo la scena della punzonatura. 

A fine ciak, per tenerci in allenamento, io ed il mio collega Bruno Pasquini, tornammo a casa nostra in bici: io, dopo 330 Km giunsi alla mia Faenza, fra le 15 e le 16; lui, da Bologna, luogo dove ci eravamo separati, andò a Pistoia dove pernottò: il mattino dopo era ripartito per casa sua, sulla riviera Tirrenica. Per una scena Mattoli, mi convinse a spingere il nano, sì Ughetto Bertucci: l'effetto scenico lo aveva soddisfatto, ma, involontariamente, avevo lievemente ferito il Bertucci al capo. Alcune scene le ripetemmo fra le cinque e le dieci volte. Nel tentativo di farsi arrestare, Totò vuole rompere un boccale di birra in testa ad uno; "il boccale di scena" era in realtà di terracotta e la scena fu girata 9 volte; sotto il berretto faceva male e allora aggiunsero invano della bambagia... Infine, fra bambagia e berretto una lamiera si rivelò ideale. Tale spreco del numero di scene fece incazzare Totò. Walter Chiari faceva "gli occhi dolci" a Fulvia Franco, la quale era accompagnata dalla mamma. Totò vedeva da un solo occhio. Quando andai a vedere il film in uscita, mi accorsi che mi avevano doppiato e non solo nella canzoncina finale. Nella canzoncina finale "La maglia rosa..." avevo cantato in presa diretta, facendo anche un acuto, però, devo confessare che non ero stato intonato...

Intervista telefonica rilasciata a Simone Riberto, biografo di Totò.


Riapriamo il libro del ciclismo nazionale alla pagina nuova. Accanto al nome di Fausto Coppi segnato a caratteri di scatola, mettiamo quello di Vito Ortelli. Due nomi di classe per due classiche gare. Siamo sulla strada maestra della ripresa, siamo al giro veloce delle ruote per le gare di tutte le categorie, ma l’interesse si polarizza sempre sulle competizioni tradizionali.

Messa in archivio la 37a Milano-San Remo con la nota di lode che tutti ben conoscete, ecco la 29a Milano-Torino. Altro successo, altra nota di lode per tutti. Assenti molti dei campioni più noti, assente anche Coppi, la gara ha ricavato dall'equilibrio dei valori il suo maggiore interesse. Prima della fuga decisiva, prima che si realizzasse l'affermazione netta del quartetto della «Benotto» con alla testa il suo caposquadra Vito Ortelli, la corsa ha sgranato i suoi molti episodi, tutti interessanti.

Nel polverone mosso dalle solite cento macchine del seguito, sulle sconnesse strade tortuose e difficili, sui tratti brevi e duri delle salite, nelle lunghe discese, le fughe, i vantaggi, le riprese, le bucature e le cadute si sono susseguile con ritmo incessante. Sono rimasti a galla i più farti, sono saltati fuori i campioni, dopo che alcuni giovani avevano saputo dare tono e velocità a certi episodi. La distanza ha messo i favoriti sul loro piedestallo. È la classe che rifulge sempre, anche sotto la crosta dura e fastidiosa composta di polvere e sudore.

Nino Oppio, «Tempo», 13 aprile 1946


In Totò al giro d'Italia, il soggetto di Metz era abbastanza difficile perché era tutta una storia surrealista di diavoli. Nel film Totò era una specie di "suiveur" dei ciclisti, che c'erano tutti, da Coppi a Bartali, a Bobet, a Magni, stava assieme a questa troupe di ciclisti veri. Ma mentre i ciclisti erano abbastanza disciplinati (a loro piaceva correre presto la mattina), Totò non si alzava perché aveva cercato di stabilire come suo diritto quello di alzarsi tardi. Diceva che l'attore è abituato ad andare tardi a cena, tardi a letto, e la mattina non può alzarsi presto.
Durante tutto il film mi sono trovato più volte su una strada, sotto il sole, con tutta questa gente importante, che guadagnava, che era celebre, con lui che non veniva mai. Facevo chiamare Totò alle nove e mezzo, ma fino a mezzogiorno non scendeva. Mi sono trovato in montagna con questi che bestemmiavano perché dovevano correre, e ancora Totò non arrivava, non capiva che per correre in bicicletta non si può aspettare, non ci si può innervosire.

Mario Mattoli


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Ennesimo film della serie interpretata dal grande attore partenopeo sui fatti ed eventi del costume italiano, questa volta in particolare con la manifestazione sportiva per eccellenza, il giro ciclistico d’Italia. Il film appare interessante più come pretesto per un’osservazione di costume dell’Italia dell’epoca che per il suo valore artistico in sé, in verità piuttosto limitato e non all’altezza di altre pellicole interpretate da Totò.
  • Totò è qua chiamato in causa per un film comico a base sportiva (ben girato dal bravo Mattoli). Più delle "guest stars" di nome Bartali e Coppi, resta impresso il solito gusto per una ironia verbale, garantita dalla verve teatrale dell'ormai famoso comico napoletano. La potenza disumana che anima le gambe del prof. Casamandrei (De Curtis), vincitore inatteso dell'epocale "giro d'Italia", deriva da un patto (sui generis) di stampo diabolico. Sceneggiato dal trio Metz, Marchesi e Steno, il narrato predilige un tipo di commedia garbata ed intelligente, ben sorretta anche dagli attori di contorno.
  • Grande, seppure invecchiatissimo Totò sportivo, con codazzo dei mitici fuoriclasse del sellino, e geniale parafrasi rossiniana, che da sola vale la visione. Maliziosamente vi si potrebbe leggere un'allegorica profezia di quello che il ciclismo è diventato, con appendici anche tragiche, com'è noto. Ma se ne può fare a meno, e limitarsi a godere del genio di Totò. "La maglia rosa, la maglia rosa, è quella cosa che mai non riposa... "
  • Professore innamorato vende l’anima al diavolo pur di vincere il Giro d’Italia e far colpo sull’amata. Film di scarso appeal cinematografico, basato esclusivamente (oltre che, naturalmente, sulla presenza istrionica di un barbuto Totò) sulla partecipazione di personaggi famosissimi nell’Italia sportiva del dopoguerra, a cominciare da Coppi e Bartali, impegnati in performances attorali imbarazzanti. Da ricordare solo la gag canora finale (“La maglia rosa, la maglia rosa è quella cosa che mai non riposa”). Per il resto, è perdibile.
  • Film che onestamente non mi sembra fra i migliori, ovvero tra i più divertenti del Principe: il fenomeno di costume del Giro d'Italia è la base da cui partire, ma il patto con il diavolo e le vicissitudini del protagonista con annessi "proto-effetti speciali" sono abbastanza risibili. Rimane memorabile l'imbarazzante prova attoriale di Coppi e Bartali. MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La grande perfomance finale: "La maglia Rosa, la maglia Rosa, è quella cosa che mai non riposa..." Con acuto!
  • Da bambino era uno dei film di Totò che preferivo, anche se oggi risente dell'usura del tempo (i campioni delle due ruote sono altri). Di certo c'è il fascino vintage della pellicola, che può contare su un nutrito numero di attori bravi, che affiancano il principe in questa sua fatica cinematografica. Mi rammenta non poco, ma in meglio, L'allenatore nel pallone con Banfi, anche se parla di un altro sport, ironizzando sul mito di Faust, con il protagonista che vende l'anima al diavolo. Ci sono anche Walter Chiari e Isa Barzizza. MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il piccoletto stempiato viene schiaffeggiato dal diavolo: "Er professore me mena, la sù donna me mena, anche er diavolo me mena... Tutti me meneno!".
  • Totò non rientra (e so che verrò infamato per questo) fra i miei mostri sacri e, ahimè, film come questo aumentano la mia non passione per il principe. Il film è spicciolo, risicato nella sceneggiatura infarcita di dialoghi di poco valore, e, sopratutto, dà fin dalla prima scena l'idea di esser un pretesto per riproporci il genio della risata. Detto ciò qualche risata la si fa anche, ma non me la sento di consigliarlo!
  • Uno dei Totò a cui son più legato sentimentalmente: passava mille volte in tv e con mio nonno lo vedevo tra la nebbia delle sue Nazionali. Il primo film in cui il Principe compare nel titolo contamina due portentosi fenomeni nazional-popolari, proponendosi già di per sè come fondamentale reperto storico. Pur nella sua rudimentale ingenuità di sceneggiatura lo rendono più che godibile il ritmo innato di Mattoli, le comparsate eccellenti e le straordinarie caratterizzazioni: il Diavolo di Micheluzzi, la Mamma di Giuditta Rissone, il giovanissimo Chiari. MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La "bomba" di Coppi; Il "cannone" di Bartali; La maglia Rosa al ritmo del Barbiere.
  • Escursione cinematografica nel mondo del ciclismo arricchita dalla partecipazione illustre di campioni dell’epoca, oltre a Nuvolari e la Miss Italia di quell’anno. È divertente e leggero, con trovate simpatiche e ottime spalle, tra cui spicca Micheluzzi (proveniente dal teatro goldoniano). A tratti appare quasi come una satira di costume, sebbene si tratti di una parodia ben riuscita di quel periodo storico, in cui il ciclismo non era ancora stato scalzato dal calcio. Il primo di una serie a portare il nome dell’attore nel titolo.
  • Più che un film è una testimonianza quasi documentaristica "di costume", di un'epoca - si potrebbe benissimo dire "gli anni '50 italiani", anche se il film è del '48 - e di uno sport che allora aveva, a dir poco, molto seguito. Un po' come accadrà in quello stesso, fecondo 1948, con I pompieri di Viggiù, un oggi preziosissimo spaccato di un genere di spettacolo che ormai non esiste più, il teatro di rivista. Qui rivediamo i campioni del ciclismo di una volta - meglio che non recitino, però - e la Miss Italia di quel anno, Fulvia Franco.
  • Simpatico film di Totò che, negli anni della rivalità tra Coppi e Bartali, si cimenta nel ciclismo... e nei suoi "beveroni" magici. Il film risente il peso degli anni ma è un bella rivisitazione degli anni che furono. Resta comunque godibile e divertente.
  • Un professore di liceo vende l'anima al diavolo pur di vincere il giro d'Italia e conquistare la donna amata. Film narrativamente debole, che ha come unico punto di forza le gag e l'istrionismo del grande attore partenopeo, particolarmente esilarante dei panni di un eminente e acculturato insegnante. Totò batte nientemeno che Coppi, Bartali e tutti i campioni di ciclismo dell'epoca, in una sarabanda di immagini di costume di un'Italia ormai scomparsa. Non uno dei suoi migliori film, ma si ride e c'è la Barzizza che è uno schianto. MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La scena finale cantata sulle note del Barbiere di Siviglia di Rossini.
  • E’ una bella soddisfazione vedere il magico Totò in maglia rosa sbaragliare Coppi e Bartali e dominare facilmente il Giro d’Italia... Simpatico e nostalgico reperto archeologico di un’Italia che non c’è più, questo film di Mattoli che è quasi l’auto-remake di Tempo massimo del 1934, è un pasticcio piuttosto disordinato di tanti generi quale il documentario sportivo, la tresca amorosa, la vena fantastica e capricciosa espressa dal Diavolo il persona, la satira verso personaggi e situazioni politiche di un periodo molto burrascoso della nostra Nazione. MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Sembra il Processo alla Tappa: Coppi, Bartali, Magni, Bobet, Kubler, Schotte, Ortelli, Astrua; Ci sono proprio tutti i campioni di allora!


Così la stampa dell'epoca

Nel '48 le manganellate sono all'ordine del giorno ma per motivi diversi dalle code al cinema. L'Italia è squassata da divisioni e scontri: dopo la strage di Portella della Ginestra, avvenuta il 1° maggio dell'anno precedente, il 18 aprile la Democrazia Cristiana fronteggia il Partito Comunista in una campagna elettorale tesissima. Le prime elezioni repubblicane vedono l'Italia spaccata in due: il principe Antonio de Curtis, ecumenico, rifiuta di farsi fagocitare dalla tensione generale e si fa riprendere in cabina da un cinegiornale mentre fa smorfie a destra e a manca. [...]

Alberto Anile


Coppi e Bartali in film a 300mila lire al giorno

Milano, 1° settembre

Dopo un lungo viaggio, iniziatosi nel tardo pomeriggio di ieri ad Amsterdam la piccola carovana azzurra è giunta ieri sera a mezzanotte a Milano. Il gruppetto, composto dal campone del mondo Mesina, da Ferona e Benfenati, dal commisrio tecnico Proietti, dal meccanico torinese De Grandi e da altri, è stato accolto alla stazione da quelle poche persone che conoscevano l’ora esatta dell’arrivo; e fra questi una rappresentanza di sportivi torinesi, Gandlglio e Giacchino, ossia coloro che hanno avviato Messina alle corse nel nord dell'Italia. Il piccolo siciliano, segnatamente alla frontiera, è stato il più festeggiato. Sul vagone ristorante c’era un cameriere, che con una sola frase ha sintetizzato lo stato d’animo di tanti sportivi circa il campionato del mondo : «Ho pianto di rabbia dopo Valkenburg per colpa di Coppi e Bartali; e le vittorie di Ghella e Messina sono state quelle che m’hanno ridato il buon umore». Messina, si capisce, era contento come una pasqua.

Ghella non fa parte della comitiva perchè, contrariamente al consiglio dei tecnici, ha voluto accordare la rivincita a Schandorff a Copenaghen ed ha perduto nella terza prova, la decisiva. Così 1 giornali di Copenaghen insinuano ora che se il loro campione non fosse stato spremuto dalle gare di semifinale forse avrebbe battuto Ghella. Il quale riparte oggi dalla Danimarca in aereo, con Teruzzi, e probabilmente stasera si fermerà a Zurigo. Domani sarà a Milano e, salvo imprevisti, rientrerà a Torino con Messina nella giornata stessa.

Stamani a Milano sono giunti i pezzi grossi dell’U.V.I., per la famosa riunione della C.D. che dovrebbe « premiare i buoni e punire i cattivi » ; in seguito ai campionati del mondo. I più ritengono però che non si debba arrivare a una squalifica, quantunque si ricordi che Binda e Girardengo, per aver fatto una figuraccia simile a Budapest, si ebbero sei mesi di sospensione. Ma i due non se ne preoccupano: raggiunti in treno da un produttore cinematografico che offri loro di girare un film con protagonista Totò, intitolato «Totò al Giro d'Italia», essi si sono trovati d’accordo per chiedere 300 mila lire al giorno per un impegno minimo di sei giorni, più il rimborso delle spese di viaggio e soggiorno a Roma. A tale film prenderà parte anche il francese Bobet, il quale percepirà 800 mila lire, quale compenso forfait.

Raro, «Gazzetta del Popolo», 1 settembre 1948


Bartali e Coppi si danno al cinema

Firenze, 13 settembre

Approfittando della forzata sosta agonistica di Bartali e Coppi, la casa cinematografica che aveva stabilito di fare un film coi due campioni e Totò ha accelerato i tempi. Così Bartali accompagnato dalla moglie, è partito in auto alla volta di Roma. Mentre Coppi è transitato ieri notte in treno da Firenze. I due corridori prenderanno visione del copione e riceveranno le prime istruzioni, quindi avrà inizio il loro nuovo lavoro a Roma, mentre gli esterni saranno girati sulle colline di Firenze.

«Il Nuovo Corriere della Sera», 14 settembre 1948


Dal velodromo allo schermo

Bartali e Coppi a Roma per girare un film con Totò

Anche i campioni francesi Bobet e Schotte scritturati per il film la cui prima donna sarà "Miss Italia 1948"

Bartali e Coppi saranno protagonisti con Totò di un film che si girerà a Roma il prossimo ottobre. [...] Il film che s'intitolerà «Totò al giro d'Italia» andrà in lavorazione nei prossimi giorni a Stresa in occasione dell'elezione di Miss Italia che ne sarà la prima donna. Il soggetto e la sceneggiatura sono di Vittorio Metz e Mattoli, Marchese e Steno. Regista Mario Mattoli. La produzione è dell'ENIC in associazione con il noto produttore Dino De Laurentis. Nell'ottobre le scene degli interni saranno girate alla Farnesina a Roma, mentre gli esterni saranno girati a Stresa ed a Firenze. Così anche i due notissimi e popolari corridori italiani sono entrati nel numero delle persone celebri che appena raggiunta una certa fama ed una certa popolarità si danno al cinematografo. Vedremo se i tifosi di Bartali e Coppi li ammireranno sullo schermo incondizionatamente cosi come li ammirano sulle piste ciclistiche.

«Il Messaggero», 14 settembre 1948


A Fulvia Franco la notorietà chiede tributo

La vita delle stelle è davvero molto faticosa e tale è anche il tributo che si deve pagare alla dea celebrità. Cosicché Fulvia Franco, appena eletta «Miss Italia 1948», invece di pensare al riposo da tante fatiche e tante ansie, ha domito fare in fretta e furia le valigie e volare a Roma dove l'attendevano impazienti regista ed operatori per il primo giro di manovella al film per il quale era stata scritturata. E nemmeno per un film da poco: si tratta nientemeno che del film «Totò al Giro d'Italia», nel quale, è fianco del celebre principe De Curtis erede del titolo del Sacro Romano Impero, compariranno Bartali, Coppi, Nuvolari, Tosi ed altri noti sportivi, senza contare la graziosissima e pepata Isa Barzizza, per i cui occhi appunto Totò, lasciato l’insegnamento ginnasiale, inforca la bicicletta e parte per vincere il Giro d’Italia, unica condizione che la crudele Isa ha posto per ascendere con lui l’altare. Fulvia Franco ha posato per la prima volta davanti ad una macchina da presa, sotto la guida del bravo e paziente Mattoli e se il successo sarà in rapporto alla buona volontà da Fulvia dimostrata nell’interminabile ripetersi delle scene, si può dire che Fulvia farà molta strada.

Eccola qui nella prima fotografia mentre riceve gli ultimi ritocchi prima del «ciak» iniziale. Davanti a lei è Totò, divenuto corridore per amore: gli stanno aggiustando quella barbetta, sacra per eredità, ma che sarà sacrificata anch’essa per amore. «Amore, amore», si potrebbe parafrasare, «quanti misfatti si commettono in tuo nome!». Nella seconda foto «Ironia della vita», dice Totò, e il film ha inizio. Eccoli ancora insieme nella terza foto, i due futuri cognati che si accorderanno per l’assalto finale agli amati che non li corrispondono e che sono Isa Barzizza (quarta foto) e Walter Chiari. E nella quinta Totò si abbandona addirittura alla disperazione: «Cosa ne sai piccina dell’amore?».

La sesta foto, è stata presa all’Hotel di Russia, durante la festa in onore di Miss Italia. Eccola al tavolo dei giornalisti dei quali si è dichiarata amica, malgrado certi scherzi di cattivo gusto. Si è intrattenuta a lungo con loro cercando, con subdole arti femminili, di carpire loro qualche s .greto professionale: «Ora vi fotografo io», ha detto: ma poi ha rinunciato perchè ha detto che le macchine dei giornalisti sono troppo difficili e soprattutto troppo pesanti. Al tavolo sono, con alcuni giornalisti romani, due brillanti signore della società romana, Annamaria e Virginia Monachesi, note fra l’altro, come allevatrici cinofile, e padrone del celebre Lao-Tzè del quale Guido Notari della «Incom», con il dito alzato, sta discutendo i meriti ed i trionfi.

«Il Piccolo di Trieste», 28 settembre 1948


Miss Italia domani a Torino e a Cuneo

Fare la regina è davvero mestiere impegnativo e di responsabilità: il cerimoniale di regno di Fulvia Franco, miss Italia 1948, elenca infatti tutta una serie di viaggi, di visite e di feste che si susseguono a ritmo serrato. Vicenza, Treviso (a visitare la fiera), Trieste, Roma; da brava sportiva, miss Italia, col sorriso sulle labbra, brucia le tappe. Le hanno dato una consegna, a Trieste: di ripetere, le hanno detto, in tutte le città d’Italia, a tutti quelli che incontrerà, che Trieste è italiana e deve tornare all’Italia. Il prefetto le ha affidato un messaggio per il Presidente del Consiglio e l’ha baciata sulla bocca (un bel bacio sonoro e affettuoso che durante il suo lungo pellegrinaggio per la penisola le ricordi sempre il grande cuore della sua città).

Dopo Trieste, Roma. Ce l’hanno mandata in aereo, accompagnata da papà, a girare un film, «Totò al giro d’Italia», in cui, assieme all’asso della risata avrà come colleghi d’arte due assi del pedale: Bartali e Coppi. Domani la bella miss è attesa a Torino: in forma privatissima, dicono gli organizzatori; e nemmeno vorrebbero rivelare con che mezzo e a che ora arriverà. Pare nelle prime ore del pomeriggio e ripartirà subito per Cuneo che si prepara a festeggiarla degnamente.

Ma domenica sarà di ritorno a Torino, questa volta per la presentazione ufficiale. Via i mezzi tacchi e gli abiti di taglio sportivo che tanto le piacciono, in abito di gala, la bruna reginetta si esibirà in un pomeriggio danzante allo «Smeraldo». Tiene in serbo, ha promesso, il più smagliante dei suoi sorrisi ed è sicura di persuaderli, questi increduli di torinesi, che è proprio la più bella di tutte le belle italiane. La sera però sarà già altrove; dopo aver fatto tanto parlare di sè le cronache, si lascerà finalmente rapire dai giornalisti e parteciperà a Milano al gran gala in suo onore alla Mostra del giornalismo

«Gazzetta della Sera», 9 ottobre 1948


I "giganti della strada" allenati da Mattoli

Più veloce che a Valkenburg Coppi gira un film con Totò

Lecco, 15 ottobre

I ciclisti s’eran dati l’appuntamento dinanzi alla sede del R.A.C.I. ed alle nove, ien mattina, ce n’erano già più di cinquanta con maglioni e strisce e calzoncini di flanella stretti in un intrico di biciclette. Uno della folla che li attorniava riconobbe Ortelli. «Vito — gli gridò — che corsa è questa?». Ortelli piegò appena la sua grossa testa in direzione della voce, poi, rivolgendosi a quelli del suo gruppo dsse: «Niente corsa, mio caro. Siam qui a far gli artisti, a fare il film col Totò». Quelli del suo gruppo diedero in una risata profonda, cavernosa.

Alle nove e dieci si sentì mormorare tra la folla: «Fausto, Fausto». E Coppi se ne arrivò silenzioso, in bicicletta, seguito da Serse, suo fratello. Lo accolse un applauso deferente, prima, e poi un rispettoso silenzio. Coppi rimase per un po’, guardandosi attorno disattento, seguitando a grattarsi metodicamente fra le gambe come uno che non si cura della gente. A un certo punto disse: «And amo». Gli altri lo seguirono fra un rombar di motori. Avevano tutti preso la sua espressione, quell’aria di degnazione seccata che si addice ai giganti della strada quando hanno da fare con «quelli del cinema». Andarono dunque a radunarsi in formazione compatta, rilucente, possente dinanzi alla stazione, che eran le dieci, l’ora fissata per l’inizio delle riprese ed a piè fermo attesero lo scontro.

Ma lo scontro non ci fu. Mattoli, il regista, non c’era, e della sua «troupe» nemmeno l’ombra. Stavano ancora in albergo, ai piani Resinelli, a venti minuti di automobile da Lecco, applicando coscienziosamente il principio tattico del ritardo, che è principio basilare della scuola italiana. Passò una mezz’ora e la compagine dei ciclisti rimase salda; ai suoi fianchi le grosse macchine rilucenti delle case sembravano elefanti catafratti pronti per la battaglia. Ma fu proprio uno di questi elefanti il primo a cedere. Il vecchio Pavesi, allenatore della Legnano, che gli stava in groppa, scivolò via verso il più turino albergo. Fu il segno della rotta. L’uno dopo l’altro t giganti della strada si rifugiarono nell'albergo e, sparsisi disordinatamente fra t tavoli, con le gambe nude e la pelle accapponata incominciarono ad assumere un aspetto melanconico e remissivo.

Pochi minuti dopo sembrarono rianimarsi. «Ecco gli attori», presero a sussurrare. Erano entrati infatti nell’albergo tre giovanottoni con sciarpe di seta al collo, neri di capelli, di colorito abbronzato, di profilo maschio: bellissimi. Avevano, oltre la pronuncia, qualcosa di romano. Ricordavano, nella nobiltà dei tratti, t loro antenati e bisognava guardarli bene, negli occhi, per accorgersi che l’antica, limpida, fredda volontà di imperio s’era mutata in qualcosa di più morbido: un quieto, tenace desiderio di riposo. «Gli attori, gli attori». sussurravano i ciclisti, ma uno dei nuovi arrivati disse forte a un compagno: «Aoh, Giggè, prepar amo ’sti riflettori, sennò er commendatore ce scanna». Erano gli elettricisti.

Gli attori giunsero dopo, molto più brutti, molto meno attori di quanto i giganti della strada avessero immaginato. Stavano ad ascoltare, i ciclisti, le voci risonanti degli artisti e intanto tenevano d’occhio Coppi, attenti a ciò che faceva. Non fece niente, povero Coppi. Lasciò fare. Si avanzò uno degli attori, uno che lo incontrava per la prima volta e «Olà Fausto — disse — come va, vecchio mio?». Poi, datogli un affettuoso buffetto sulle guance se ne andò verso il bar.

Da quei momento «quelli dei cinema» fecero ciò che vollero dei giganti della strada. Totò se ne arrivò a mezzogiorno meno dieci. Salì a cambiarsi e poco dopo comparve sulla porta dell’albergo in tenuta da ciclista: un berrettino civettuolo, bianco e celeste sui lungo viso triste; una maglia di un resa tenero a fasciargli il timido torace e la pancetta rotonda; un paio di calzoncini non, lunghi sino al ginocchio e poi due esili stecchi coperti di peli neri, le gambe, con, al fondo, dei calzini da passeggio. Ceppi stava dietro a Totò e rispose con la mano agli applausi della folla. Non si era accorto, Fausto, che la folla applaudiva al mimo, che aveva occhi solo per lui, che si sganasciava dalle risa vedendolo salire sulla bicicletta bassissima che Benotto gli ha preparato. «Viva Coppi!», si udì ancora gridare qua e là, ma erano pochissimi a pronunciare quel nome, i fedelissimi, quelli che sanno a memoria la sua data di nascita ed il numero di scarpe che gli si adatta. Gii altri s’eran già dimenticati dell’eroe del Falzarego e delle sue cento vittorie.

Guardavano Totò e ridevano. Finalmente si incominciò a girare: una partenza d’una tappa del giro d’Italia con Totò maglia rosa, in prima fila, in mezzo agli assi. C’eran tutti, meno Bartali, che è arrivato nel pomeriggio. C’erano Magni, Cottur, Ricci, Ortelli e Conte, idoli delle folle sportive ridotti al ruolo di comparse, obbedienti agli urlacci dell’operatore, stupiti dal rumore del ciak, imbambolati dinanzi al color mattone degli attori, incantati dal muover d’anche di Isa Barzizza. E Coppi pareva umile come un fraticello. Lui, l’asso degli assi, faceva da gregario a Totò. Si fini di girare alle due del pomeriggio. I ciclisti si precipitarono negli alberghi a seppellire la loro vergogna sotto montagne di pastasciutta.

Giorgio Bocca, «Gazzetta della Sera», 16 ottobre 1948


Bartali e Coppi in un film con Totò

Roma, martedì sera.

Dopo i calciatori, i quali si presenteranno sullo schermo con « Undici uomini e un pallone», è la volta dei ciclisti: Bartali e Coppi compariranno infatti insieme in un film comico-sportivo che si avvarrà della partecipazione di Totò.

«La Stampa», 17 ottobre 1948


Non è una scommessa è un film - Il Totò-ciclismo con tutti gli assi

Roma, giovedì sera.

Una grande animazione regnava ieri sulla via Cassia. Una enorme folla di curiosi o sportivi assisteva a una delle piti spettacolari riunioni di questi ultimi tempi Bartali, Coppi, Bobet, Cottur, Magni, Schotte e altri «assi» del ciclismo internazionale, cercavano di tagliare il traguardo. Ma non si trattata di una competizione ciclistica, ma della ripresa di una scena del film «Totò ai Giro d'Italia », che si sta girando a Roma in questi giorni. Avvicinati, i campioni hanno dichiarato che essere divi piace loro moltissimo e che unico inconveniente è il cerone. Con Bartali erano la moglie e Bruno Pratici, il padre spirituale del campione. A festeggiare gli assi vi erano anche gli altri interpreti del film, fra i quali miss Italia 1948, Totò e Isa, Barzizza.

«Stampa Sera», 28-29 ottobre 1948


Giro d'Italia in celluloide

Coppi e Bartali - dice Totò - corrono proprio come matti

Roma, 30 ottobre

Erano 15 anni che non andavo in bicicletta — ha rivelato oggi il celebre comico Totò ad un ricevimento offerto dal «Corriere dello Sport» ai protagonisti del film «Totò al Giro d'Italia». — Sono montato in sella per questo film, in cui devo battere niente di meno quei due, Fausto Coppi e Gino Bartali, ma, intendiamoci bene — ha precisato Totò accompagnando il suo dire con un espressivo gesto partenopeo — quei lì corrono come matti, io nel film mi vendo l’anima al diavolo per batterli perchè la mia fidanzata ha promesso di sposare il vincitore del Giro». Per la prima volta Gino Bartali e Fausto Coppi hanno posato per un film. Si dice che abbiano accettato un’offerta di 300 mila lire al giorno e lavorano da una settimana. Anche il campione del mondo, l’olandese Schotte, e la rivelazione del «Tour», il giovane francese Louison Bobet, sono rimasti in Italia dopo il Giro di Lombardia per fare gli attori dello schermo. Nel film diretto da Mattoli agiscono pure Isa Barzizza e Fulvia Franco, Miss Italia 1948.

Il principe Totò sa essere molto serio quando vuole e le sue espressioni per i due assi erano veramente sincere. Bartali per tutta la durata del ricevimenti è rimasto seduto fra la moglie e Don Bruno, il sacerdote che gli fa da angelo custode. Gino era di ottimo umore. E’ arrivato prima di Coppi e quando ha visto giungere Fausto gli ha detto: «Non fingere di non vedermi; lo sai che sono arrivato prima di te. E ricordati, è finita questa storia di le che arrivi sempre primo; l’anno prossimo il primo sarò sempre io!». Louison Bobet, sempre sorridente, in giacca fantasia, andava in cerca di chi conoscesse un poco di francese. Lo accompagnava Walter Chiari, anche lui protagonista del film. Bobet s’intende con Coppi, che ha fatto grandi progressi nel francese. Invece il vincitore del «Tour» 1948 non ha appreso troppo bene la lingua in cui lo hanno applaudito su tutte le strade di Francia. «Bartali? — fa Walter Chiari. — Lui parla un francese alla ponte ad emese — aggiunge malignamente — con un pizzico di sagrestiese», e Coppi sorride leggero leggero, come è sua abitudine.

Fausto fa gli occhi dolci quando gli si avvicina Miss Italia. La Miss 1948 è simpatica e affettuosa con i compagni d’arte, ma Bartali la saluta con una cordialità composta e torna a sedersi fra la moglie e Don Bruno. Coppi fa sorrisi e smorfie pieni d’intenzione e si duole di non aver girato nessuna scena d’amore con lei nel film. «Bartali si che l’ha fatta — dichiara a un certo punto — lui l’abbraccia e la bacia». Invitato a confermare ti fatto sensazionale Bartali smentisce: «Si stava sempre noi da una parte, voi dall’altra. Nel film non s’era mai vicini. Coppi non ha detto la verità». Miss Italia a sua volta conferma: «Nessuna scena d’amore, nè con l’uno nè con l'altro».

Passa Louison Bobet, mormora qualcosa a Miss Italia. «Peccato — dice lei — che io non so parlare francese: sono proprio un’ignorante (ma parla l’inglese, dice, e imparò ad andare in bicicletta a tre anni giura). Richiesta Miss Italia di far conoscere chi avrebbe preferito per un’innocente scena d’amore, se Bartali o Coppi, risponde decisa: «Nè l’uno nè l’altro. Sono entrambi sposati». «E con Louison Bobet?». «Neppure». Bobet si sente nominato e si avvicina. Gli si domanda se è vero che è comunista e amico intimo di Thorez. Risponde con un «Nooo» lungo e meravigliato: «Qui est ce que vous a dit ca?». Prega di smentire: non è amico nè di Thorez nè dei comunisti, è indipendente. — Quante parole ha detto nel film? — Poche parole, tre o quattro. — Anche Bartali ha detto poche parole, anche Coppi, anche Miss Italia che confessa: — Sono appena una comparsa. La storia del diavolo che acquista l’anima di Totò è poco compromettente per uno spirito cristiano.

Tanto che anche don Bruno ha autorizzato Bartali ad accettarla. Dice don Bruno: — E’ un film altamente morale, se non fosse cosi, lo bruceremmo. Ride e soggiunge: — Ma non sarà bruciato, perchè Mattoli, oltre ad essere abile, è anche buono profondamente, è vero Gino? Bartali fa cenno di si col capo e mormora: — E’ veramente bravo. Anche Isa Barzizza è piaciuta a don Bruno che la definisce bella dal lato estetico e ottima dal lato morale. Bartali accenna con il capo in segno di approvazione perchè tutto quello che dice don Bruno è giusto. Ed è bene che don Bruno sia con Gino, don Bruno è un sacerdote moderno e intelligente.

E se non era con lui, Bartali il fatto del diavolo che compera l’anima di Totò non lo avrebbe digerito.

Donato Martucci, «Gazzetta della Sera», 30 ottobre 1948


«8otto», 11 novembre 1948


Così attraverso questi raggi, Cottur seziona il ciclismo italiano

E parla della Bianchi, della situazione triestina, di Totò, di Miss Italia e, naturalmente, di sè

Giordano Cottur, ad onta dei suoi 34 anni suonati, è pur sempre un personaggio importante ed interessante in campo ciclistico nazionale ed anche internazionale. [...] 

«Raccontami un po' adesso delle tue avventure cinematografiche, e più precisamente del film, in cui pure a te sarebbe stata affidata una parte di primo piano».

«Corrisponde al vero che anch'io figuro tra i protagonisti del film testé ultimato «Totò al Giro d’Italia», ma nello stesso io rappresento una parte del tutto secondaria, di vera comparsa insomma. Si tratta di una pellicola comica, girata particolarmente a Roma, ma alcune scene sono state riprese pure sull’Abetone ed a Lecco. Come le sarà noto, oltre ai protagonisti principali che sono Totò e Isa Barzizza, vi collaborano autentici assi nazionali e stranieri del pedale, e precisamente Bartali, Coppi, Schotte, Kubler, Bobet, Ricci e Ortelli. Come vedete, ero in compagnia. Nel film, che dovrebbe venire programmato fra poche settimane, si potrà ammirare pure Fulvia Franco, cioè la triestina Miss Italia, la quale, fotogenica al massimo grado, s; è veramente dimostrata all’ altezza del ano compito. La più grande difficoltà incontrata dal regista in questo film è stata quella di scegliere nel finale l'atleta al quale avrebbe dovuto spettare la palma del successo in questo ipotetico giro. Coppi o Bartali? Per evitare io scatenamento di una guerra dei trent'anni fra i tifosi di Fausto e quelli di Gino, non rimase altra soluzione che quella di non proclamare affatto il vincitore del giro, lasciando allo spettatore la sensazione che la vittoria sia toccata a quello dei due che maggiormente gli sta a cuore.»

«Mi ha comunicato i nominativi della tua Casa; sai dirmi qualche cosa sulle altre squadre?».

«Poche o nessuna novità, a dire il vero. Coppi rimarrà alla Bianchi con gran parte dei suoi gregari; lo stesso dicasi dell'Atala, che avrà come caposquadra il campione d’Italia Ortelli, mentre anche nelle minori non ci sarà un gran movimento di atleti. Per quanto riguarda la Legnano, l’eterna rivale della Bianchi, Leoni si prenderà il posto di Bartali, in qualità di capolista, mentre poco si sa sugli altri componenti la squadra, che peraltro dovrebbe contare su quasi tutti i suoi vecchi nominativi.» [...]

Renato Basilisco, «Il Piccolo di Trieste», 2 dicembre 1948


A un film dedicato ai « tifosi » del calcio, del quale, per carità, si preferì tacere, ne succede oggi uno dedicalo al «tifosi» del pedale, nel quale fanno spicco, tra altri noti campioni, i Dioscurt della bicicletta, Bartali e Coppi. In più c'è un corridore nuovo dalla irresistibile potenza: Totò. [...] Si finisce con un coretto d'esultanza: regista e attori sono presi da un felice presagio di cassetta. E in effetto come non ridere quando Toto canta al cameriere «Una voce poco fa...» con la voce della Pagliughi, o quando si presenta alla punzonatura strombettando, o quando pedala tempellando la bazza o parla lezioso con la lingua tra le labbra? Degli altri, Carlo Ninchi è Dante che dall'al di là assiste il professore, la vezzosa Isa Barzizza è Oriana. Cesco Baseggio il diavolo, la Rissone la mamma, la Mangini una vorace cameriera, Walter Chiari un giornalista. Tra i diversivi, Miss Italia 1948.

«Stampa Sera», 31 dicembre 1948


Sono balorde imprese che magari vi faranno sorridere, ma non vi divertiranno eccessivamente. Fotografare il Totò del palcoscenico non: basta: bisognerebbe cercare di dargli una consistenza cinematografica, ammesso che sia possibile. [...]

Gigi Michelotti, «Nuova Gazzetta del Popolo», 31 dicembre 1948


Faust vendette l'anima per astratte ambizioni di conoscenza e, come tutti sanno, pagò cara la propria scommessa. [...] Lo dimostra giocosamente Totò in questo suo ultimo film, dove i trasporti sentimentali sì avvicendano alle più indesiderate glorie ciclistiche, ai più demoniaci battibecchi e alla costante paura del protagonista di dover veramente rispettare il proprio faustiano contratto e addentrarci nel reame di Belzebù.

Ma, per fortuna, quest'ultimo è un povero diavolaccio di seconda classe (come dire un impiegato «di ruolo C») che adora le borghesi «buone maniere», i pisolini e le tazze di camomilla, mentre colui che dovrebbe essere la sua preda possiede tutte le qualità, le ambiguità e le imbattibili amenità che caratterizzano l'arcitaliano Totò: ultimo eroe della pantomima.

Della trama non parlo perchè sarebbe troppo difficile. E' una vicenda che, nelle mani di Zavattini, si sarebbe forse mutata in una favola ironica, malinconica e un po' puntigliosa; sarebbe piaciuta anche a Sartre, ma temo che in questo Girardengo controvoglia e sempre alle prese con il diavolo, lo scrittore esistenzialista avrebbe visto il personaggio ideale per un nuovo «dramma dell’assurdo» stile Huis Clos. Nel qual caso Totò sarebbe incorso in grossissimi guai: se non all'inferno, certo al manicomio. Egli invece ha preferito la strada più comoda, facendone soltanto una comica all'italiana, vale a dire un filmetto senza pretese e tutto da ridere, che la regia di Mario Mattoli ha condotto con lodevole discrezione. Oltre a Isa Barzizza una Miss Italia piuttosto ingombrante e la intera squadra dei campioni del "giro".

al.or., «Il Messaggero», 6 gennaio 1949


Qui, siamo caduti molto in basso. Mattoli e C. hanno voluto sfruttare Totò, la solita Barzizza, hanno messo dentro anche Miss Italia poi Bartali, Coppi, Bobet, Schotte e ne hanno fatto un intruglio... che Dio ci scampi e liberi. Il pubblico intervenuto ieri sera era prevalentemente maschile, ma non giuriamo si sia divertito molto e neanche quella parte formata di ragazzi che per Bartali e Coppi fa a pugni. Mattoli e C., fermatevi, se no la china vi travolgerà. O riuscite a risalirla oppure la vostra reputazione ne sarà compromessa. Però questi atleti, che mediocri attori!

c. tr. (Carlo Trabucco), «Il Popolo», 6 gennaio 1949


Premesso che non si tratta di un film ma di una colossale farsa fotografata, alla cui base non c'è altro che il cattivo gusto nella sua forma più brutale e diremo che Totò riesce a far ridere nonostante tutto anche questa volta. Lo affiancano Giuditta Rissone, Isa Barzizza, Carlo Ninchi, Miss Italia 1948, un folto gruppo di campioni sportivi e varie ditte commerciali di cui si fa aperta pubblicità.

G.S., «Il Paese», 6 gennaio 1949


Totò e la morte sul melo

[...] L'elemento di successo cui la regia di Mattoli è sembrato particolarmente mirare è stato, oltre che la presenza di noti campioni del ciclismo, l'Interpretazione tutta smorfie, attuzzi, lazzi e guizzi dell'irresistibile Totò, in grazie del quale la vicenda, labile e quasi improvvisata, ha acquistato, a volte, un sapore di comicità schietta e festosa; ovviamente, però certi suol atteggiamenti li gradirei di più sulle tavole d’un palcoscenico che non sullo schermo, dove sarebbe spesso più utile una maggiore misura a servizio, inoltre, di cause un po' più degne. Comunque i doveri della cronaca m'impongono di registrare, caloroso ed euforico, il consenso del pubblico.

Gian Luigi Rondi, «Il Tempo», 6 gennaio 1949


Cinematografari hanno riscoperto la leggenda di Faust. Gallone l'ha riesumata per uno dei suoi filmoni musicali. René Clair ne farà l'oggetto di sua divertente moralità particolare, la cui lavorazione inizierà nel prossimo febbraio;a infine Metz, Marchesi e Steno, con la collaborazione registica di Mario Mattoli, l'hanno rispolverata contaminandola con meno concettoni motivi  pseudo sportivi, per farne la molla di questo «Totò al Giro d'Italia». 

[...] Mattoli ha costruito un filmetto agitato e frettoloso come di consueto, che il pubblico ha accolto con sonore risate. Ma… lasciamo andare: oggi è l'epifania e non vogliamo farci cattivo sangue.

caran (Gaetano Carancini), «La Voce Repubblicana», Roma, 7 gennaio 1949


Sono balorde imprese che magari vi fanno sorridere, ma non vi divertono eccessivamente. Fotografare il Totò del palcoscenico non basta: bisognerebbe cercare di dargli una consistenza cinematografica, ammesso che sia possibile. Comunque, Mattoli che in "Fifa e arena" aveva imbroccato se non altro una discreta formuletta commerciale, in questo film frammentario, banale, perfino noioso dimostra di averne già perduto il piccolo segreto. Che pena, poi, per i tifosi del ciclismo, vedere i loro idoli (ci sono quasi tutti) appiedati dalle battute!.

Vice, «Giornale dell'Emilia», Bologna, 7 gennaio 1949


Non è un vero e proprio film ma solo uno svelto foto-montaggio di pezzi relativi al «tour» nostrano. Totò cerca di vitalizzare la sportiva vicenda che tra l'altro ci fa vedere Bartali, Coppi, Ortelli, Miss Italia 1948, Isa Barzizza.

«Il Lavoro», 8 gennaio 1949


Totò al Giro d’Italia - [...] Il lavoro, tutto da ridere, esclude ogni pretesa. Totò, Isa Barzizza, Miss Italia 1948, Bartali, Coppi ed i migliori ciclisti. Moralmente niente da ridire eccettuata all’inizio la sfilata delle aspiranti «Miss» in costume...

«Il Nostro Tempo», 8 gennaio 1949


L'occhio va dietro alla faccia tagliata per traverso del protagonista e non si cura della trama, montata metà sulla magia e metà sulle battute spiritose dell'interprete. Totò ha venduto l'anima al diavolo per vincere il «Giro»; Coppi e Bartali mangiano polvere mentre lui fa i pranzi comodamente seduto e ricupera d'un soffio il tempo perso. Poi verso la fine Totò si pente del patto col diavolo, e succedono allora complicazioni che è meglio vedere.

«Il Biellese», 11 febbraio 1949


E' facile immaginare che cosa Totò possa rendere in comicità con la sua bazza, I suoi lazzi, la sua compassala buffoneria nella parte di un professore che, fatto un patto col diavolo, si iscrive per amore al giro ciclistico d'Italia e sbalordisce tutti, vincendo donchisciottescamente tutte le tappe, meno l'ultima, poiché il gioco non vale più. Non bisogna sottilizzare e tanto meno dimenticare che si tratta di una farsa affidata al grottesco e alte trovate, inserita tra gli autentici episodi della competizione.

Infatti a Totò fanno ancora corona non solo Isa Barzizza e miss Italia 1948. Walter Chiari e Baseggio, ma gli autentici assi del pedale: Bartali, Coppi, Magni, Schotte, Cottur, e tutta una popolazione di autentici personaggi sportivi, [...]

«Corriere della Sera», 15 gennaio 1949


Il cinema nel mondo - Totò 1971

Dopo morto, Totò sta vivendo il suo terzo momento magico. È un fenomeno senz’altro eccezionale: tutti i suoi film, anche quelli considerati un tempo i peggiori, hanno trovato spazio addirittura nei cinema d’essai. Analizziamone uno, realizzato nel 1949, con la «partecipazione straordinaria» di due ciclisti che quell’anno erano all’apice della loro gloria..

Callisto Cosulich, «ABC», anno XII, n.52, 24 dicembre 1971


Italia, molti campioni nessun film (a parte Totò)

E in Italia? Il paese che ha dato più di chiunque altro al ciclismo sarà sempre costretto a vedere film altrui? Sembra incredibile, ma il nostro cinema - da sempre, storicamente refrattario allo sport - è vieppiù reticente quando entrano in ballo le due discipline nazionali, il calcio e il ciclismo. È assurdo che l'Italia non abbia saputo realizzare grandi film su Coppi, su Binda, su Bartali, su Girardengo: se simili eroi popolari fossero stati americani, li avrebbero interpretati attori come Kevin Costner, Robert De Niro, Robert Redford, Paul Newman (sono citazioni non a caso: tutti questi divi hanno recitato parte di campioni di baseball, di football o di boxe, gli sport americani per eccellenza).

L'eccezione? C'è, esiste, si chiama Totò al Giro d'Italia. Il famoso film diretto da Mario Mattoli nel 1948 vedeva sullo schermo, accanto al sommo Totò. campioni autentici come Coppi, Bartali. Magni, lo svizzero Kubler e il francese Bobet. Inoltre era un film davvero singolare: l'inizio vedeva Dante Alighieri viaggiare per l'inferno, e Satana in persona concludere un patto con Totò (che gli vendeva l'anima per vincere il Giro e Impalmare, cosi, la bella Isa Barzizza). Era un Faust comico-ciclistico, insomma, che per altro si concludeva con una famosa aria del Barbiere di Sivglla riscritta a tema sulla maglia rosa. 

Raramente, nel cinema italiano, cultura «alta» e cultura «popolare» si sono incontrate In modo cosi proficuo. Ma Totò al Giro d'Italia purtroppo non ha fatto scuola. E per rivedere Fausto Coppi sullo schermo cl siamo dovuti accontentare, anni dopo, di una miniserie tv (per altro discreto) con Sergio Castellato nel ruolo del campione e Ornella Muti in quello della «dama bianca». [...]

AL. C., 24 luglio 2000


I giudici danno ragione agli eredi di Giacinto Benotto nella causa intentata per usurpazione di marchio

La bici di Totò vince allo sprint in tribunale

Proiettato in aula lo spezzone del celebre film L'attore pedala sulla due ruote del costruttore

«Ogni limite ha una pazienza», avrebbe detto Totò. E probabilmente l'hanno pensalo anche gli eredi del famoso ciclista torinese Giacinto Benotto, fondatore di un'azienda che adesso produce un milione di biciclette all'anno. Stanchi di vedere «usurpato» il marchio Benotto da un'altra ditta, sia pure di proprietà di un lontano parente, vedova e figli hanno quindi promosso una causa civile al Tribunale di Torino per chiedere la nullità di quel marchio. E il giudice ha dato loro ragione.

«Se abbiamo vinto è anche merito di Totò scherza l'avvocato Aldo Frignani, legale della famiglia Benotto dato die fra il materiale prodotto in aula c'era pure uno spezzone del film "Totò al Giro d Italia", nel quale il grande attore inforcava una bici Benotto e indossava una maglietta con il medesimo nome». Lo stesso Giacinto appariva di sfuggita nella pellicola a fianco di colleghi ben più noti come Fausto Coppi, Gino Banali, Kubler e Louison Bobet.[...] Insomma, la parola è passata alle aule di Tribunale. La Benotto messicana si è affidata al professor Aldo Frignani, docente universitario e noto civilista, mentre la Benotto italiana si è rivolta all'avvocato Sergio Speranza, dello studio Grande Stevens. Una battaglia a suon di carte bollate durata oltre due anni, fino alla sentenza emessa qualche giorno fa dal giudice Silvia Vitro della prima sezione civile: il marcino «Biciclette Benotto srl» registralo a nome di Marco Mazzucco e dichiaralo nullo, quindi l'azienda torinese non può continuare ad usare tale denominazione sociale e la griffe del vecchio ciclista ritorna ai legittimi erodi «messicani». «Ride bene chi ride ultimo e io da ultimo mi voglio scompisciare», avrebbe detto Totò.

Giorgio Ballario, «La Stampa», 31 luglio 2000


Cuneo: gli "Uomini di mondo" e il Giro d'Italia

Il Giro d’Italia torna in Granda e Cuneo lo festeggia con la “notte rosa” prevista per sabato 28 maggio. L'albo d’onore degli “Uomini di mondo” accoglierà i corridori con una realizzazione che farà piacere ai collezionisti di souvenir della corsa ciclistica. Grazie al contributo del Comune, sono state stampate 5.000 cartoline in cui compare Totò, simbolo degli “Uomini di mondo”, ritratto da Danilo Paparelli, presidente dell’associazione, in cui si vede il comico napoletano rapportarsi alla manifestazione ciclistica in ricordo dei tre anni trascorsi a svolgere il servizio militare a Cuneo, come diceva la battuta presente in molte sue pellicole.

Fra queste ci fu “Totò al Giro d’Italia” in cui per la prima volta comparve il suo nome nel titolo. Lo stand degli “Uomini di mondo” sarà riconoscibile a distanza grazie al gonfiabile con l’effìge di Totò nei panni del “pazzariello con il cappello da alpino”. Qui saranno omaggiate le cartoline, anche con dedica autografa, e verranno date le informazioni riguardanti le prossime iniziative come l'adunata nazionale degli “Uomini di mondo” i cui soci sono oltre diecimila.

«Idea Cuneo», 19 maggio 2016


Lo sport ciclistico e il Novarese sono uniti fin dalla nascita delle prime attività agonistiche legate alla bicicletta. Qualche cronista locale sportivo indica come prima gara su strada la Novara-Borgomanero e ritorno di cinquanta chilometri, del 1892. L’indicazione vale come corsa interamente sul territorio provinciale. In realtà Novara fu il traguardo della prima competizione dopo la nascita delle società sportive ciclistiche. Nel 1871 infatti i conti Giuseppe e Fausto Valsecchi-Bagatti di Milano vincono la Milano-Novara di 46 km.

Il barone Alessandro de Sariette il 15 gennaio del 1870 aveva fondato la prima società italiana, il “Veloce Club Fiorentino”. In realtà già nel 1869 si erano svolte alcune gare. La data ufficiale della comparsa della bicicletta, anzi del “velocipede a pedali” in Italia è il 1867. Il primo velocipede di cui si ha notizia è un Michaux, comprato da un birraio di Alessandria, Carlo Michiel, che poi diventerà vice-presidente dell’UVI (Unione velocipedistica italiana). Nel 1868 circolano già i primi velocipedi di fabbricazione italiana. Tra i costruttori sparsi in meno di dieci località, si segna la Serafino Vecchio a Novara. Quando nasce la corsa che lancerà il ciclismo come sport nazionale ovvero il giro d’Italia, Novara e il Novarese son ben presenti. Tra i 165 corridori iscritti, 127 quelli partiti, in gara alla partenza da Milano c’erano infatti il 13 maggio 1909, alle 2.53 nella notte Domenico Ferrari di Galliate, Guido Rabaioli e Raffaele Castellacelo di Baveno, Guglielmo Lodesani di Intra.

Nessuno di loro arriverà a disputare l’ottava e ultima tappa la Torino-Arona Milano che passerà anche da Borgomanero e Novara. Inizia così il rapporto tra il Novarese e il Giro d’Italia che nei prim i anni pionieristici, prima dello scoppio della Guerra del 1915-18 fa registrare un episodio curioso immortalato in un celebre copertina della rivista “Lo Sport Illustrato” datata 15 maggio 1913. La tappa è la Milano - Torino - Genova del 6 maggio. I concorrenti arrivano a Novara, ancora in gruppo numeroso e in corso Milano, ai piedi dell’attuale cavalcavia, dove c’è oggi un’edicola, si trovano sbarrata la strada dal primo dei centocinquanta passaggi a livello che vi sono sul percorso. La fotografia in copertina della rivista mostra alcuni ciclisti che tentano di scavalcare le barriere della ferrovia con sullo sfondo in lontananza l’attuale corso Cavallotti.

Tra le curiosità legate a al Giro d’Italia nel Novarese e attuale Verbano Cusio Ossola c’è anche quella del film “Totò al giro d’Italia del 1948, regia di Mario Mattoli. Tra gli interpreti Totò, Isa Barzizza, Walter Chiari, assieme a tanti campioni del ciclismo dell’epoca come Gino Bartali, Fausto Coppi, Fiorenzo Magni, Louison Bobet, Ferdy Kubler, e Malabrocca “la maglia nera” reso celebre dal libro dello scrittore vigezzino Benito Mazzi. Nel film vi sono varie scene di tappe della corsa girate sulle alture nei din torni del Lago Maggiore, visibile nella pellicola, sulle strade di Stresa e del Mottarone, ed anche riprese della prima manifestazione di miss Italia a Stresa, ambientate all’Hotel Regina Palace.

Massimo Deizoppo, «Corriere di Novara», 26 maggio 2016


Settant'anni fa il principe della risata incontrò una triestina, lo scrittore preferiva la concorrente bolognese. Il caso finì in tribunale

Miss Italia a Stresa, Totò contro Hemingway

Il concorso di bellezza del ‘48 al Regina Palace e quel verdetto contestato

Stresa - Antonio De Curtis, in arte Totò, ed Ernest Hemingway erano personaggi agli antipodi. Il primo fu la maschera tragicomica dell'italianità nel cinema del Dopoguerra, il secondo lo scrittore vitalista dipinto tra eroismo ed eccessi in puro stile yankee. Entrambi, nati alla fine del XIX secolo, erano però accomunati dalla sensibilità per il fascino femminile. Ebbero infatti diverse compagne nella loro vita. Ma avevano gli stessi gusti in fatto di bellezza. Parrebbe di no. O almeno così avvenne 70 anni fa a Stresa, quando nei medesimi giorni si trovarono a frequentare le rive del Verbano. Il principe della risata faceva parte della giuria di miss Italia che dal 1946 si svolgeva nella perla del Verbano. Per la cronaca, quella del ‘48 fu la penultima edizione borro-mea, poi dal 1950 il concorso si tenne a Salsomaggiore Terme, ad eccezione del 1958 (con ritorno a Stresa). La finale era in programma domenica 26 settembre 1948 al Regina Palace hotel.

Totò in quei giorni era sul Verbano anche in veste di attore. Miss Italia era infatti il set delle scene iniziali di Totò al Giro d’Italia". Diretto da Mario Mattioli, fu il primo film, di una lunga serie, con il nome di Totò nel titolo. De Curtis interpretava un professore di liceo, giurato a Miss Italia, che si invaghisce di una bella giurata, e così lei per allontanare le avances dice che lo sposerà se lui vincerà il Giro d'Italia. Da qui nasce un patto “faustiano” col demonio per battere Coppi e Bartali.

Ma una commedia si sarebbe potuta girare anche sulle vicende di quell'edizione del concorso di bellezza, dove forse l’amor patrio e la ragione politica ebbero la meglio sull'estetica.

A essere proclamata la più bella d'Italia fu infatti Fulvia Franco, e secondo le cronache dell'epoca la giuria (oltre a Totò, il pittore Funi, gli scrittori Vergani e Ridenti, la pittrice Brunetta e il sindaco di Stresa) arrivò alla scelta poiché non vi era una giovane che primeggiasse più delle altre.

D'altronde la miss vincitrice viene descritta come una ragazzata di 1,66 metri per 60 chili, fisico atletico, non certo una mannequin, ma l'essere di Trieste in quegli anni era una bella carta da giocare. L'anno prima infatti la città al confine con la Jugoslavia era diventata “territorio libero” sotto le Nazioni Unite, e veniva però rivendicata dall'Italia (che l’amministrerà poi a partire dal 1954). Perciò una miss triestina poteva garantire copertine della giovane con bandiere tricolore da associare alla Venezia Giulia. Peccato che la seconda arrivata, Miss Emilia, al secolo Ornella Zamperetti da Bologna, non prese bene la sconfitta. E intentò una causa legale contro gli organizzatori del concorso. Il motivo? La Franco non aveva ancora compiuto 18 anni come previsto dal regolamento, il titolo andava perciò riassegnato, in alternativa Zamperetti chiedeva di essere indennizzata con 8 milioni di lire (l’equivalente odierno di circa 150mila euro) per premi e occasioni di carriera persi. La querelle si trascinò nelle aule giudiziarie sino all'aprile del 1949, quando le due miss incontrandosi sul set di un film pubblicitario per la Fiera di Milano si strinsero la mano, fecero pace e la causa di Zamperetti fu ritirata.

Ritorno al lago

Ma cosa c’entra Hemingway? Sulla Nuova Stampa del 26 settembre otto righe in cronaca informano che lo scrittore nordamericano è sbarcato il giorno prima a Genova. Si parla di una sosta di alcuni giorni in Liguria prima di recarsi in Francia. Invece? Invece l’autore di “Per chi suona la campana", che è con la quarta moglie, ha cambiato idea, e dopo vent'anni lontano dall'Italia sceglie di concedersi un viaggio amarcord, e la prima tappa, che poi lo porterà a Cortina e in altre località dello Stivale, è Stresa. A Genova noleggia un'auto, la guida il cugino di Costante Girardengo (ancora ciclismo in questa storia), e all'imbrunire arriva a Stresa e prende camera al Des Iles Borromées, dove aveva ambientato alcune delle scene finale del romanzo “Addio alle armi”, pubblicato nel 1929 e ispirato alla sua esperienza di militare in Italia durante la Grande Guerra. Perché a Stresa, trent’anni prima, Hemingway era stato ospite in convalescenza dal fronte.

E’ la sera di domenica 26 settembre, ma il buon Ernest, a differenza della moglie Mary, non ha voglia di andare a dormire, è attirato dal trambusto della finale di Miss Italia nel vicino Regina Palace, così si affaccia nella hall. E ai cronisti racconta che lui scommette sulla concorrente bolognese. Poi si ritira. L’indomani i giornalisti gli portano la notizia che la sua preferita è stata sconfitta. Nel libro di Andrea di Robilant “Autunno a Venezia”, si riporta che Hemingway commentò: «I giudici hanno fatto un errore, la ragazza di Bologna era meglio. Questa è la verità».

Anche Totò pensava fosse la verità ma decise in giuria di seguire la scelta irredentista nel segno dell’amor di Patria? Chissà?

L’imbarazzo della scelta

Di certo, a pensare all’edizione di miss Italia dell’anno precedente, sempre a Stresa, si può ritenere che la scelta veramente ardua fu quella della giuria del ‘47. Quando tra le concorrenti c’erano alcune delle “maggiorate” che poi divennero le dive del cinema degli anni Cinquanta: Gina Lollobrigida. Silvana Mangano, Eleonora Rossi Drago, Lucia Bosé. Vinse quest’ultima. Ma questa è un’altra storia.

Andrea Dallapina, «Eco - Risveglio di Ossola», 20 settembre 2018


La censura


Le incongruenze

  1. Quando Totò torna a casa e canta al maggiordomo, in un cambio d'inquadratura assume due posizioni ben diverse, una con le braccia lungo il corpo, e l'altra con il braccio destro appogiato al petto.
  2. Totò durante una tappa si ferma a pescare, ma tira su dall'acqua un pesce o finto o già morto, poichè non si dibatte minimamente.
  3. Le immagini di Totò in bicicletta sulla strada si nota benissimo, sono aggiunte in seguito.
  4. Totò, nell'ultimo acuto (doppiato, ovviamente) pronuncia la "m", che contraddice l'originale la cui costante è la "a".
  5. La prima tappa è Milano - Torino.... ma durante il percorso si vedono i corridori entrare nel territorio della città di Roma (viene inquadrato il cartello "Roma").
  6. Due sequenze perfettamente identiche (il gruppo trainato da Bartali percorre una strada sulla quale incrociano un camion parcheggiato a bordo strada e in senso inverso) sono state montate per illustrare prima una fase della prima tappa (Milano – Torino) e poi della quinta (Roma – Napoli).
  7. Quando Totò afferma che il maggiordomo ha sputato 4 volte nell'uovo frullato, il suddetto maggiordomo se ne va e lascia l'uovo in mano alla mamma di totò. quando arriva la governante l'uovo è scomparso.
  8. Quando il professor Totò Casamandrei sperimenta per la prima volta i poteri datigli dal diavolo e fa muovere una bicicletta semplicemente fissandola e sbattendo gli occhi in diverse occasioni si intravedono i fili che hanno permesso questi “diabolici” movimenti.
  9. Quando il professore pedala per la prima volta, davanti al portone del suo palazzo, guardandolo bene in volto si capisce come quello in scena non sia Totò ma una controfigura.
  10. Durante la seconda tappa del Giro, il professor Totò Casamandrei si fa trainare dalla vettura del suo direttore sportivo ma è l’atleta è talmente potente che l’auto va in testacoda. In realtà, si vede benissimo che il testacoda è stato opera del guidatore dell’auto, con una decisa sterzata verso destra, manovra visibile attraverso il lunotto posteriore.
  11. Salendo sulla Torre degli Asinelli a Bologna Totò conta uno ad unoi i gradini e, arrivato sul terrazzo sommitale, dice “446”. In realtà i gradini della Torre degli Asinelli sono 498

www.bloopers.it


Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo

La sede del concorso di Miss Italia, al quale il professor Casamandrei (Totò) partecipa come giurato, è l’hotel Regina Palace di Stresa (Verbano Cusio Ossola), che effettivamente accolse la manifestazione nel periodo nel quale fu girato il film e che vedremo come set esterno principale in Grand Hotel Excelsior. Riquadrata di rosso la parte che vedete ingrandita nel fotogramma


Il bar che il professor Casamandrei prende a frequentare dopo che Doriana (Isa Barzizza) gli ha promesso che lo sposerà se vincerà il Giro d’Italia, è il mitico Bar Vittorio Emanuele di Via Orefici a Milano, che fu per davvero il bar degli sportivi per eccellenza del capoluogo lombardo (fu la sede del Milan dal 1923 al 1926). Oggi al suo posto ci sono i negozi Max Mara, Désirée e Riccardo Prisco. Gli interni del bar furono, invece, ricostruiti a Roma, al Teatro della Farnesina.


PARTENZA E ARRIVO... NELLA STESSA PIAZZA!
La penultima tappa del Giro (l’ultima vinta dal professor Casamandrei/Totò) parte e arriva nella stessa piazza (anche se ripresa da un punto diverso per ingannare lo spettatore) ovvero Piazza Diaz a Lecco. Ecco le prove:

PARTENZA
Ecco il raduno di partenza della penultima tappa. Si riconoscono a sinistra l’albergo Moderno...

PARTENZA! Ecco il raduno di partenza della penultima tappa. Si riconoscono a sinistra l’albergo Moderno...

1948-Toto al giro 07

1948-Toto al giro 08

1948-Toto al giro 09

...e sulla destra il ristorante Cavour, tuttora esistenti:

1948-Toto al giro 10

1948-Toto al giro 11

1948-Toto al giro 12

ARRIVO

La piazza del centro dove si conclude la penultima tappa è come detto ancora Piazza Diaz a Lecco, ma ripresa verso il lato opposto per dare l’illusione di trovarsi in un altro comune!
Nei fotogrammi vediamo Totò arrivare dalla contigua Piazza Lega Lombarda, una direzione di corsa in realtà impossibile perché quella piazza è un “cul de sac” e comunica solo con Piazza Diaz. Sullo sfondo si vede, inconfondibile, la stazione di Lecco (B), affacciata su Piazza Lega Lombarda. Nella foto a colori com'è lo stesso punto oggi.


Il palazzo dove abita il professor Casamandrei (Totò) e di fronte al quale va per la seconda volta in bicicletta (la seconda dopo aver stretto il patto con il diavolo) è Palazzo Capizucchi in Piazza Campitelli a Roma. Oggi ospita l’ambasciata irlandese.


E questa è la fontana posta all’angolo con Via Montanara, dalla quale un gruppo di ragazzini assiste all’esibizione del professore


La villa davanti alla quale il professor Casamandrei (Totò), staccatosi dal gruppo per pescare, si fa riportare sotto facendosi trainare (ma finendo per trainare lui l'auto che doveva aiutarlo) si trova in Via della Camilluccia a Roma, e l'avevamo già vista in Fantasmi e ladri.


Il negozio nel quale Totò compra la tenuta da corridore si trovava in via Paolo Emilio 14 a Roma. Grazie a Travis per foto e descrizione. Lo possiamo capire innanzitutto analizzando l'angolo del palazzo con la targa (A) sullo sfondo, mentre per l'edificio in questione (B) possiamo notare che Toto esce dalla 3° porta dopo il pluviale bicolore che si vede sopra la testa della donna di spalle, ovvero la porta oggi grigia di ferro. La prova definitiva ce la dà il terzo fotogramma, dove Totò, fatto qualche passo, si guarda in uno specchio della vetrina pensile (oggi rimossa). Si noti la corrispondenza del pluviale con il motivo dei due edifici adiacenti. 


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Riferimenti e bibliografie:

  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • Dino Villani, Come sono nate undici Miss Italia, Editoriale Domus, Milano 1957
  • Intervista telefonica al ciclista Vito Ortelli, rilasciata a Simone Riberto, biografo di Totò.
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • Nino Oppio, «Tempo», 13 aprile 1946
  • Raro, «Gazzetta del Popolo», 1 settembre 1948
  • «Il Nuovo Corriere della Sera», 14 settembre 1948
  • «Il Messaggero», 14 settembre 1948
  • «Il Piccolo di Trieste», 28 settembre 1948
  • «Gazzetta della Sera», 9 ottobre 1948
  • Giorgio Bocca, «Gazzetta della Sera», 16 ottobre 1948
  • «La Stampa», 17 ottobre 1948
  • «Stampa Sera», 28-29 ottobre 1948
  • Donato Martucci, «Gazzetta della Sera», 30 ottobre 1948
  • «8otto», 11 novembre 1948
  • Renato Basilisco, «Il Piccolo di Trieste», 2 dicembre 1948
  • «Stampa Sera», 31 dicembre 1948
  • Gigi Michelotti, «Nuova Gazzetta del Popolo», 31 dicembre 1948
  • al.or., «Il Messaggero», 6 gennaio 1949
  • c. tr. (Carlo Trabucco), «Il Popolo», 6 gennaio 1949
  • G.S., «Il Paese», 6 gennaio 1949
  • Gian Luigi Rondi, «Il Tempo», 6 gennaio 1949
  • caran (Gaetano Carancini), «La Voce Repubblicana», Roma, 7 gennaio 1949
  • Vice, «Giornale dell'Emilia», Bologna, 7 gennaio 1949
  • «Il Lavoro», 8 gennaio 1949
  • «Il Nostro Tempo», 8 gennaio 1949
  • «Il Biellese», 11 febbraio 1949
  • «Corriere della Sera», 15 gennaio 1949
  • Callisto Cosulich, «ABC», anno XII, n.52, 24 dicembre 1971
  • AL. C., 24 luglio 2000
  • Giorgio Ballario, «La Stampa», 31 luglio 2000
  • «Idea Cuneo», 19 maggio 2016
  • Massimo Deizoppo, «Corriere di Novara», 26 maggio 2016
  • Andrea Dallapina, «Eco - Risveglio di Ossola», 20 settembre 2018