Il medico dei pazzi
Felice Sciosciammocca
Inizio riprese: giugno 1954, Studi Ponti - De Laurentiis
Autorizzazione censura e distribuzione: 8 settembre 1954 - Incasso lire 378.708.000 - Spettatori 2.705.058
Paese Italia - Anno 1954 - Durata 95 min - colore - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Mario Mattoli - Soggetto Eduardo Scarpetta - Sceneggiatura Ruggero Maccari, Totò, Vincenzo Talarico, Mario Mattoli - Musiche Pippo Barzizza
Totò: Felice Sciosciammocca, sindaco di Roccasecca - Tecla Scarano: Concetta, la moglie - Maria Pia Casilio: Margherita, la figlia - Aldo Giuffrè: Ciccillo - Giacomo Furia: Michele - Vittoria Crispo: la signora Amalia - Nora Ricci: sua figlia - Mario Castellani: il signor Cristaldi - Franca Marzi: sua moglie - Amedeo Girardi: Don Carluccio - Carlo Ninchi: Otello, l'attore fratello di Don Carluccio - Nerio Bernardi: il Colonnello Pizzo Scevola - Ugo D'Alessio: Musicista - Pupella Maggio: La Vedova - Rosita Pisano - I tre acrobati
Soggetto
Ciccillo, giovane nullafacente, da anni vive a Napoli alle spalle dello zio Felice il quale crede di pagare al nipote gli studi di medicina. Quando Felice da Roccasecca, luogo in cui vive, giunge a Napoli insieme alla moglie e alla figlia, Ciccillo mette in scena, insieme all'amico Michele, un nuovo raggiro ai danni dello zio. Millanta di essere diventato psichiatra e di aver bisogno di 500 lire per comprare una macchina per sanare un pazzo che è ospite nella clinica da lui diretta. Naturalmente dice il falso; i soldi gli servono per onorare un debito contratto al gioco e la clinica è una pensione dove Ciccillo vive a sbafo. Lo stesso Felice verrà ospitato nella pseudo - clinica, Pensione Stella; a Felice, il nipote, farà monito di prestare attenzione ai"pazzi" ospitati nella struttura, i quali non sono altro che dei normali clienti. Da tutto questo prenderanno corpo dei gustosi episodi da commedia degli equivoci tra Totò e gli avventori. Alla fine tutto si risolverà; Ciccillo avrà le sue 500 lire, e Felice si riconcilierà con i"pazzi".
Critica e curiosità
🎭 "Il medico dei pazzi": il teatro dei (finti) matti... e dei veri attori
In principio era Scarpetta, e Scarpetta generò Felice Sciosciammocca, e Sciosciammocca fu adottato, cresciuto e amorevolmente strapazzato da Mario Mattoli in una trilogia che — se fosse una cena — avrebbe visto “Miseria e nobiltà” come l’antipasto gustoso e un po’ grassoccio, “Un turco napoletano” come il piatto forte speziato e imprevedibile, e “Il medico dei pazzi” come... il dolce. Un po’ stantìo. Un babà che ha perso la bagna. Una farsa in cui la crema c’è, ma non sempre è montata bene.
🏛️ Una commedia in carrozza (letteralmente)
Nel film, Totò alias Felice Sciosciammocca è nientemeno che il sindaco di Roccasecca (che, nomen omen, ci fa pensare a qualcosa che rotola giù... e il film a tratti lo fa). La comicità farsesca non manca, certo, ma la messa in scena tradisce la sua origine teatrale come un attore che dimentica le battute e improvvisa parlando in latino maccheronico.
L’inizio è promettente. Ma la regia non si spinge a trasformare il testo teatrale in vera narrazione cinematografica: i sipari non si chiudono mai, si aprono solo per lasciare spazio a... sketch. Sì, sketch. Non scene, non sequenze: sketch. Come se qualcuno avesse detto: “Signori, pausa pubblicitaria! Ma invece di Carosello, mettiamo Ninchi e Totò che si insultano con eleganza”.
🤡 Il Totò meno Totò del Totò classico
Il nostro Antonio de Curtis, duca della smorfia e principe della battuta, qui appare più contenuto. Non invecchiato: riflessivo. Non fiacco: dosato. Una recitazione perfetta nei tempi e nelle pause, ma meno carica di quel fuoco sacro farsesco che ti fa ridere anche se hai il cuore spezzato e la bolletta della luce in mano.
Totò qui non sbava, non dilaga, non aggredisce il set come un cavallo imbizzarrito sul palcoscenico del varietà. Piuttosto sembra testare una formula nuova: quella dell’attore che vuole essere preso sul serio, anche quando fa lo scemo. Solo che fa lo scemo con la consapevolezza del genio, e si capisce.
👯 Circo, varietà e battute da lapide napoletana
A un certo punto, come se Mattoli avesse detto “qui ci vuole un po’ di action!”, arrivano tre acrobati che prendono Totò e lo scaraventano per aria. È una scena che sfiora l’assurdo e cade a piombo nel surreale. Fellini avrebbe applaudito. Carmelo Bene avrebbe urlato “genio!”. Ma noi ridiamo — con un po’ di perplessità — perché la farsa, ogni tanto, va oltre la farsa e diventa... circo equestre.
Eppure, i duetti funzionano. Totò + Ninchi, Totò + Pupella Maggio (un autentico uragano comico), Totò + Castellani: qui sì, la macchina della farsa ingrana. Gli scambi sono brillanti, la lingua napoletana si mischia al latino da obitorio e produce perle come:
- “Ho un capello per diavolo” (avviso ai parrucchieri posseduti),
- “De profundis, signora... de profundis” (condoglianze con eleganza),
- “De gustibus non est sputazzellam” (dalla saggezza latina alla saggezza da osteria).
E l’inconfondibile scambio di parole che fa tremare l’Accademia della Crusca: “concolina” al posto di “coccolina”, e “drudo” scambiato per “crudo”. Un menù di nonsense che farebbe impallidire anche Lewis Carroll.
🧠 Finale meta-teatrale: un po’ Pirandello, un po’ pizzeria di quartiere
Il film si chiude con una rivelazione che ha il sapore del colpo di scena e della chiusura a panino con l’autore. Felice (che nonostante tutto resta sempre felice) e consorte in carrozza (quasi un tableau vivant da operetta) salutano il pubblico. E Totò, in un guizzo finale che è più meta-cinematografico che comico, si rivolge alla platea. Parla degli spettatori. Anzi, li sospetta di follia: “i pazzi... ce ne saranno anche in sala!”. Pirandello avrebbe alzato il pollice. O l’avrebbe denunciato.
E poi — per non lasciare dubbi — alza un cartello: “FINE”. Così, senza trombe né fanfare. Come un artista di strada che finisce la performance e ti guarda dritto negli occhi, con l’aria di dire: “Io ho fatto il mio. E voi?”
🔄 Felice Sciosciammocca: l’anello di congiunzione tra Scarpetta, Tapioka e... Peppino
Nella trilogia scarpettiana targata Mattoli, il personaggio di Felice Sciosciammocca subisce una mutazione darwiniana che meriterebbe uno studio a parte. Parte come maschera popolare, quasi burattino da teatrino ambulante, e si trasforma in archetipo dell’italiano spaesato, a metà tra il sognatore napoletano e l’eroe del surreale.
Nel film “Totò a colori” rivedremo certi tic, certe ingenuità stralunate. In “I tre ladri”, quel Tapioka così fuori registro eppure irresistibile. E infine, nell’universo parallelo di “Totò, Peppino e...”, l’eco di Sciosciammocca risuona come un’onda comica che non smette di tornare.
Perché Totò ha fatto mille personaggi, ma Felice è forse quello che gli somigliava di più: napoletano, ingenuo, surreale, ma capace — con una battuta — di spiegarti il mondo meglio di cento trattati.
📜 Conclusione: una commedia in cerca di equilibrio... ma con gli stivaletti lucidi
“Il medico dei pazzi” non sarà il vertice della trilogia, ma resta una pagina preziosa di cinema-comicità, dove la maschera si fa specchio, lo sketch diventa racconto e Totò, pur “più spento”, accende comunque scintille di genio.
Un film per chi sa ridere anche quando il comico si fa malinconico, per chi ama il teatro dentro il cinema, e per chi — davanti a un cartello con scritto “fine” — ha già voglia di tornare a ridere.
"Passaggi" fondamentali del film, battute surreali e situazioni farsesche
🚪 L’arrivo all’albergo Stellato: benvenuti nel manicomio (immaginario)
Una delle scene-madri, e probabilmente la più celebre del film, è l'arrivo di Felice Sciosciammocca e signora a Napoli, ospiti del presunto “ridente collegio” dove il nipote Ciccillo starebbe seguendo studi sanitari. In realtà, si tratta del celeberrimo “albergo Stellato”, una pensione popolata da un’umanità pittoresca e svitata, che nella mente candida (o molto auto-convinta) di Felice è invece un istituto psichiatrico travestito da locanda.
Qui la comicità si costruisce su un’idea geniale quanto semplice: TUTTI sono matti… tranne i matti veri, che non ci sono. I pensionanti – artisti falliti, tipi strambi, donnine allegre, cantanti di repertorio e pensionati – interagiscono con Totò in un crescendo comico che mette a dura prova la logica.
L’apice è quando Totò osserva, serissimo:
“Eh, si vede che qui fanno una cura nuova… ‘o mettono assieme!”
Un capolavoro di fraintendimenti, regia teatrale, entrate e uscite sincronizzate e il classico ritmo da farsa napoletana. Il pubblico, che sa la verità, gode dell’equivoco più di Totò stesso.
🛏️ La scena della notte agitata: dormire (non) si può
Altro momento iconico: la notte all’albergo Stellato, dove Felice e consorte tentano invano di dormire. Ma il riposo è ostacolato da:
- Rumori inquietanti dietro la parete (“Forse sono le cure sperimentali!”),
- Urla notturne di un poeta in crisi (“‘A poesia me parla!”),
- Un ospite che suona il pianoforte a notte fonda, sbagliando sempre la stessa nota (e provocando in Felice una crisi di nervi repressa e comicamente gestita),
- E infine la ballerina decadente che si esercita in camera sua, senza sapere di avere spettatori.
Totò qui è una pentola a pressione comica: trattiene, sbuffa, finge di sopportare. Ma ogni muscolo del suo viso grida: “Fuggite, sciocchi!”. La costruzione della gag è perfetta: la comicità nasce dal paradosso — un uomo tranquillo che cerca razionalità in un contesto irrazionale.
🧠 Il dialogo con l’ingegnere inventore: la follia “lucida”
Una delle scene più surreali del film è l’incontro tra Sciosciammocca e l’ingegnere pazzo che costruisce… una macchina del tempo fatta con un ombrello rotto e un colapasta. L’ospite, perfettamente serio, espone a Totò le sue teorie scientifiche in modo inappuntabile.
E Totò, spaesato, non sa se dargli ragione (per non innervosirlo) o contraddirlo (perché la scienza è la scienza!). E allora mima l’interesse, finge di capire, si complimenta per l’invenzione:
“Complimenti… un colapasta molto… avanzato!”
È una comicità intellettuale mascherata da scemenza: la parodia della fiducia cieca nella scienza, dell'autorità del tecnico, del delirio che si veste da sapere. Totò, qui, è l’uomo medio che sopravvive sorridendo.
👗 La Pupella Maggio-show: lo scontro verbale tra due comici puri
Nessuno può dimenticare le scene con Pupella Maggio, attrice straordinaria che qui incarna l’amante focosa e rompicapo del nipote Ciccillo, una donna di mondo che conosce la vita più di chiunque e non ha peli sulla lingua. Il confronto con Totò è un duetto comico esplosivo, degno del miglior teatro dialettale.
Il dialogo è una mitragliata di equivoci e giochi linguistici, culminanti in battute che sembrano improvvisate ma sono perfette come cesellature:
Pupella: “E allora vuol dire che io so’ ‘na svergognata?”
Totò: “No, signora, sia seria… lei non è una svergognata. È una... donna moderna!”
L’arte della risposta obliqua, dell’uscita laterale, è al suo apice. Ogni frase detta da Totò è un tentativo disperato di sopravvivere verbalmente a una donna più rapida di lui, e ci riesce… a modo suo.
💸 Il malinteso sul prestito: Totò e la logica al rovescio
Altro sketch perfettamente ritagliato dal repertorio di Totò è la famosa scena del prestito da 500 lire. Il nipote Ciccillo, poco convinto e molto confuso, si avventura in un’esilarante spirale logica:
“Zio, se lei mi presta 500 lire, io poi gliele ridò. Ma siccome non me le ha date, non me le deve dare. Quindi io… non le devo niente!”
Totò ascolta, finge di capire, poi gira su se stesso come un compasso e commenta:
“Questo ragazzo... ha studiato troppo.”
È la parodia geniale del ragionamento circolare, di chi si affida alla logica solo per negare la realtà, e una delle scene più amate per la perfetta mimica perplessa di Totò.
🎤 La chiusura pirandelliana: la finzione si dichiara
Il finale è una vera dichiarazione d’intenti teatrale, un gesto che rompe il patto comico per mostrarci la macchina scenica. Totò, ancora in abiti di scena, parla al pubblico, allude all’assurdità della situazione, insinua il dubbio che i pazzi siano tra gli spettatori, e poi, come un saltimbanco che ha finito il numero, alza un cartello con su scritto: “FINE”.
Una chiusura alla Pirandello, ma con l'ironia partenopea che lo fa sembrare un cartellone pubblicitario del tram:
“Siamo tutti un po’ pazzi. Chi è sano… è sospetto!”
Il teatro ritorna al teatro, in un corto circuito tra palcoscenico e schermo che conclude degnamente una farsa che, a ben vedere, ci ha raccontato la verità travestita da follia.
Così la stampa dell'epoca
Approfondimento che scandaglia i meandri della ricezione critica, del successo di pubblico e del passaggio in punta di penna attraverso i filtri della censura per il film “Il medico dei pazzi” (1954), con Totò e la regia di Mario Mattoli.
📰 Critica dell’epoca: il bisturi della recensione tra rispetto e perplessità
All’uscita nel 1954, la critica italiana — che in quegli anni si divideva tra i paladini del Neorealismo impegnato e i custodi del teatro borghese — accolse Il medico dei pazzi con una cordialità trattenuta, simile a quella di chi assaggia un piatto che conosce a memoria ma non sa dire se è buono perché gli piace… o solo perché gli ricorda la nonna.
La stampa specializzata (come Il Radiocorriere, La Stampa, Il Messaggero) riconobbe:
- La solidità della regia di Mattoli, artigianale ma affidabile;
- La precisione comica di Totò, pur se in una performance considerata "sottotono";
- E un certo “sapore di già visto” che avvolgeva il film come un vecchio sipario teatrale.
Gli intellettuali più snob (quelli con pipa, cravatta e amore per i silenzi felliniani) lo considerarono un’operazione furba, un’ennesima riproposizione del teatro scarpettiano senza rischi né novità, utile a far cassa più che cultura. “Totò è sempre bravo — scrissero alcuni — ma qui sembra un po’ stanco, imbrigliato nella forma teatrale.”
Ciononostante, anche i più severi riconobbero che le scene con Pupella Maggio erano irresistibili, e che i dialoghi brillavano di quella napoletanità che fa ridere anche quando dice cose tragiche.
🎟️ Accoglienza del pubblico: biglietti, applausi e risate di pancia
La vera consacrazione del film avvenne nelle sale, non nei salotti letterari. Il pubblico italiano, affamato di leggerezza dopo la guerra e prima del boom economico, affollò i cinema, trovando in Il medico dei pazzi una comicità rassicurante, familiare, “di casa”.
I numeri — per quanto non sempre ufficiali e completi — raccontano che il film:
- Incassò oltre 350 milioni di lire, un ottimo risultato per l’epoca;
- Rimase in cartellone per settimane, soprattutto nei circuiti del Sud e nelle arene estive;
- Ottenne un notevole riscontro anche all’estero, in particolare tra le comunità italiane in Argentina e negli Stati Uniti.
Le reazioni in sala erano di ilarità fragorosa, con momenti in cui il pubblico applaudiva direttamente i personaggi come a teatro. Totò era ormai una figura quasi sacra, e anche quando non era al massimo della forma, la sua sola presenza bastava a generare empatia e partecipazione.
Le battute di Felice Sciosciammocca (“De profundis, signora... de profundis”) diventarono tormentoni ripetuti nei bar, sui tram e persino nei consigli comunali di provincia (leggenda metropolitana vuole che un sindaco di Caltanissetta abbia usato “de gustibus non est sputazzellam” in un dibattito su una sagra del carciofo).
✂️ Censura: la psichiatria e la moralità pubblica sotto osservazione
La censura cinematografica del tempo — affidata alla Commissione di Revisione Cinematografica del Ministero del Turismo e Spettacolo — fu inaspettatamente benevola con Il medico dei pazzi. Nessuna scena venne tagliata o rimaneggiata, ma solo annotata con attenzione.
Tuttavia, alcuni appunti della commissione (oggi conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato) segnalavano:
- Preoccupazione per la rappresentazione caricaturale della malattia mentale, che poteva urtare la sensibilità degli operatori sanitari o delle famiglie con casi “reali” di disturbi psichiatrici;
- Riserve sulle figure femminili, definite “ardite” (soprattutto quella di Pupella Maggio), con abiti considerati “troppo civettuoli” e atteggiamenti “inopportuni” per l’ambiente familiare.
Fu però proprio l’espediente della finta clinica a salvare il film: poiché non si trattava di veri pazienti, ma di normali cittadini scambiati per folli, l’ironia si spostava sul protagonista, non sui malati. Un capolavoro di ambiguità comica che evitò i guai con i moralisti.
Nota interessante: le battute latine storpiate vennero valutate come "licenza poetica", e dunque non censurate. Pare che un censore, annotando “de profundis... divertente, ma borderline”, abbia aggiunto: “Tuttavia, il tono farsesco annulla ogni allusione sacrilega.” Viva l’ironia!
🏆 Il tempo è galantuomo: la rivalutazione postuma
Nel corso dei decenni, Il medico dei pazzi è stato rivalutato con maggiore generosità:
- I cinefili lo considerano un ponte tra teatro classico e cinema popolare, esempio di trasposizione che non tradisce il testo d’origine;
- Gli studiosi di Totò ne apprezzano l’approccio più contenuto, che anticipa in qualche modo le prove più malinconiche e raffinate dell’attore negli anni '60;
- I fan di Scarpetta lo collocano tra le versioni più riuscite del canovaccio teatrale, insieme a quella televisiva di Eduardo e alla versione moderna con Peppe Barra.
È oggi considerato una tappa fondamentale del “Totò teatrale” cinematografico, diversa dal Totò slapstick dei primi anni '50 e dal Totò surreale di Pasolini, ma comunque centrale nell'evoluzione della sua maschera.
🎬 Conclusione: una farsa travestita da riflessione... o viceversa?
Il medico dei pazzi fu accolto con rispetto tiepido dalla critica, con amore viscerale dal pubblico, e con cauta curiosità dalla censura. Non scandalizzò, non spaccò in due il Paese, ma mise tutti d’accordo su una cosa sola: anche se il meccanismo era noto, Totò sapeva ancora come farlo girare a meraviglia.
In fondo, come diceva lo stesso Sciosciammocca:
“L’importante è far finta... e riderne!”
La stagione di Totò è passata: siamo al tramonto. Insisti e insisti le mosse del principe comico non ottengono più l'effetto di un tempo, il pubblico di ieri sera ha riso solo due o tre volte, ha protestato anche: è troppo, c'è un limite a tutto. Si può andare anche al cinema per trascorrere due ore liete, per dimenticare i propri guai, ma si approfitta di questa debolezza al punto che, promettendovi quattro franche risate, non si esita, una volta sborsato il prezzo del biglietto, ad offendervi, somministrandovi solo quattro bestialità. Bisogna combattere la convinzione, troppo radicata tra i produttori, che lo spettatore, prima di entrare in sala, assieme al cappotto e all'ombrello, consegni anche la testa al guardaroba.
Mario Gallo, «Avanti!», Roma, 13 novembre 1954
Per Don Felice tutto il mondo pieno di pazzi
Totò capita in una strana pensione abitata da gente assurda e squilibrata e crea un clima di risate e di buonumore
L'arte di Totò è basata su trovate argute, su giochi di parole sparate a bruciapelo, su movenze personalissime. I personaggi che egli interpreta acquistano valore rilievo da questa sua vis comica naturale: ma sbaglierebbe chi si mette a considerare l’artista alla stregua di un semplice mimo capace solo di far ridere le platee. La verità è che in ogni sua nuova interpretazione o caratterizzazione egli vive perfettamente la sua parte con una aderenza alla realtà che è dote peculiare dei grandi artisti. Considerate “Il medico dei pazzi” un film diretto con brio e spigliatezza da Mario Mattoli. Il soggetto in sé è semplice, ricco solo delle situazioni che Scarpetta creava con indubbia felicità di invenzione: ma una sceneggiatura felice, un cast di attori quali meglio non si poteva desiderare hanno assecondato Totò nella sua fatica artistica, dandogli la possibilità di sfoggiare tutte le risorse del suo repertorio. [...]
Come in una farsa che si rispetti, tutto finisce per il meglio: nella carrozza che lo riconduce a Roccasecca con la famigliola, Felice Sciosciammocca, ripensando alla sua avventura napoletana, ci ride sopra e si consola dicendo che, in fondo in fondo, tutto il mondo è pieno di pazzi. E’ chiaro che in un soggetto del genere Totò ha tutta la possibilità di farsi valere; ma non possiamo non ricordare anche le ottime interpretazioni di Franca Marzi, Maria Pia Casilio, Carlo Ninchi e tutti gli altri che, in un mondo pieno di guai a preoccupazioni, sanno propinare al pubblico due ore di allegria.
Vice, «Momento Sera», 14 novembre 1954
È veramente doloroso constatare come la comicità di certi film italiani sia ancora legata a sorpassati schemi appartenuti al più infimo teatro di avanspettacolo, basata com'è sugli effetti scenici provocati dagli equivoci e sull'ambiguità dialogica dì pretto stampo macchiettistico [...]. Totò sfoggia come il solito i tipici atteggiamenti del suo repertorio mimico [...]
Vice, «La Voce Repubblicana», Roma, 14 novembre 1954
[...] Il congegno è piuttosto vecchiotto ma serrato, allegramente mosso da una disinvolta inventiva e da una rapida agilità di narrazione. La regia è dell'emerito Mattoli che cerca di sfruttare il meglio possibile le risorse dell'arruffato imbroglio. Totò si lascia trascinare dagli eventi con lepido candore e coadiuvare nel gioco degli equivoci da Franca Marzi, Tecla Scarano, Maria Pia Casilio, Carlo Ninchi, Castellani, Bernardi e molti altri.
E.C. (Ermanno Contini), «Il Messaggero», 15 novembre 1954
[...] Su questa situazione, che riusciva a divertire, sul principio del secolo, il pubblico di Scarpetta soltanto grazie ad una colorita caratterizzazione di tipi presi dalle strade di Napoli, è intessuto tutto il film la cui grossolanità non riesce nemmeno a raggiungere un tono farsesco capace di provocare le risate generose della platea. Le qualità di attore di Totò, ormai riconosciutissime, sostengono a stento quest’altra prova sempre più offuscandosi dinanzi alla inconsistenza dei personaggi che gli vengono proposti. Fra gli altri interpreti Maria Pia Casilio e Franca Marzi. Regìa di Mario Mattoli.
Vice, «Il Popolo», 15 novembre 1954
L'odierna maschera meglio qualificata, per consenso di pubblico, a rievocare Scarpetta e le sue invenzioni umoristiche, à certamente Totò. [...] Non è mancata la materia per offrire a Totò le occasioni per i suoi lazzi; il peso del film è sopportato tutto dalle sue esili spalle, poiché la presenza del molti suoi compagni da Carlo Ninchi a Mario Castellani, da Nerio Bernardi a Giacomo Furia, serve soltanto ad appoggiare le sue battute ed i suoi gesti, mentre l’opulenta avvenenza di Franca Marzi e la grazia di Maria Pia Casilio fanno apparizioni fugaci. La farsa à diretta in economia da Mario Mattoli, che ha lasciato che ognuno se la sbrigasse un po' come vuole. Ora è vero che la tolleranza è una gran virtù, ma non fa per i registi. Tollerabili i colori.
«Corriere della Sera», 16 gennaio 1955
Una piazza intitolata all'attore - Totò «sindaco» di Roccasecca
È stata scoperta ieri nel paese ciociaro di Roccasecca, in provincia di Frosinone, la targa con cui è stata intitolata una piazza al principe Antonio de Curtis, ovvero Totò, il principe della risata. La cerimonia coincide con il centenario della nascita. Erano presenti la figlia del grande attore napoletano, Liliana de Curtis, Dino Valdi, che ha lavorato come controfigura di Totò, il produttore Alfredo Bini e l’attrice Adriana Russo. «Una parte di Totò - ha detto fra l’altro nel suo intervento Liliana de Curtis - ora continua a vivere anche qui a Roccasecca. La scelta di intitolargli questa piazza sta a dimostrare l’amore e l’affetto che gli italiani nutrono per mio padre e lui ne sarà sicuramente felicissimo». Il sindaco di Roccasecca, Antonio Abbate, ha sottolineato che il suo Comune è il primo in Italia a dedicare una piazza all’indimenticabile comico. Totò nel film «Il medico dei pazzi», girato da Mario Mattoli nel 1954, interpretava proprio il sindaco di Roccasecca e l’intitolazione della piazza è un riconoscimento per quella citazione.
Sabato, inoltre, Liliana de Curtis era intervenuta all’intitolazione di un viale dedicato a Totò a Sabaudia. Proprio in questi giorni, fra l’altro, la televisione sta riproponendo al pubblico le immagini amatissime di tanti film dei quali l’attore napoletano è stato protagonista: il programma intitolato «W Totò» va in onda alle 14.10 su RaiUno.
«La Stampa», 20 agosto 1998
I documenti
Lle edizioni home video del film Il medico dei pazzi (1954) con Totò, comprendente le uscite in VHS e DVD, con informazioni su anni di pubblicazione, editori, caratteristiche tecniche e contenuti speciali.
📼 Edizioni in VHS
🎞️ Il Grande Cinema di Totò – Fabbri Video (1994)
- Anno di pubblicazione: 1994
- Editore: Fabbri Video
- Collana: "Il Grande Cinema di Totò"
- Durata: 91 minuti
- Lingua: Italiano
- Formato: Standard VHS
- Codice prodotto: F289
Questa edizione faceva parte di una collana dedicata ai film di Totò, distribuita in edicola e libreria. La confezione includeva spesso un fascicolo con informazioni sul film e sull'attore.
💿 Edizioni in DVD
💽 Il medico dei pazzi – Surf Video / CG Entertainment (2008)
- Anno di pubblicazione: 2008
- Editore: Surf Video
- Distribuzione: CG Entertainment
- Durata: 85 minuti
- Lingua audio: Italiano (Dolby Digital 1.0 - mono)
- Formato schermo: Wide Screen
- Contenuti speciali:
- Galleria fotografica
- Curiosità sul film
- Biografie e filmografie degli attori principali
- EAN: 8017229465475
Questa edizione è attualmente disponibile presso vari rivenditori online, tra cui Feltrinelli e Mondadori Store.(Mondadori Store)
💽 Il medico dei pazzi – Edizione internazionale (2003)
- Anno di pubblicazione: 2003
- Editore: Non specificato
- Lingua audio: Italiano
- Formato: DVD-Video
- ASIN: B0010KKXCE
Questa edizione è stata distribuita nel Regno Unito e potrebbe presentare differenze nei contenuti speciali rispetto all'edizione italiana.
📀 Edizioni speciali e collezionabili
Attualmente (2025), non risultano edizioni Blu-ray o cofanetti speciali dedicati esclusivamente a Il medico dei pazzi. Tuttavia, il film è incluso in alcune raccolte dedicate a Totò, come "Il Grande Cinema di Totò - Collezione Oro", che offrono una selezione dei suoi film più celebri.
📡 Disponibilità in streaming (2025)
Il film è disponibile per la visione in streaming sulla piattaforma CGTV.it, che offre un ampio catalogo di cinema italiano classico.
Non ho mai sentito il disagio della macchina da presa, mi è sembrato sempre di stare su un palcoscenico, anche perché mancava poco che le maestranze facessero degli applausi a scena aperta, e alla fine della scena applaudivano, era veramente come a teatro. Si vedevano molti macchinisti, elettricisti, sarte, che schiattavano per non farsi sentire ridere, si tappavano la bocca, durante la scena vedevi proprio le lacrime che scendevano per il tanto ridere.
Aldo Giuffré
Il Ferraniacolor me lo ricordo perché avevo una parrucca in testa e sudavo come una spugna. Una cosa proprio incredibile, perché allora fare un film a colori significava una luce che non finiva mai. Ricordo che faceva proprio caldo, tant’è vero che De Laurentiis aveva raccomandato a noi tutti di non dire che faceva caldo perché sennò Totò non girava più. “Il primo che dice che fa caldo, lo licenzio”, era un suo modo per scherzare. Però aggiungeva: “Non lo dite, perché sennò Totò s’avvilisce e se ne va”.
Giacomo Furia
Tanto per dire come si lavorava allora, nel Medico dei pazzi giravamo davanti a un bar, la macchina stava davanti e un piccolo carrello e si spostava in avanti o indietro a seconda se doveva inquadrare due o più personaggi. Facevamo una scena lunghissima, perché prima eravamo io e Giuffrè che parlavamo, poi arrivava una signora con la figlia e parlavamo con loro, poi la signora entrava nel bar e noi ci stringevamo un’altra volta e continuavamo il discorso. Venivano delle battutine in più, “a soggetto”, e allora ricordo che Mattoli diceva: “Signori stringete, perché sennò finisce la pizza”, la pizza era di trecento metri, “quindi mi raccomando, cerchiamo di finire prima”.
Enzo Garinei
Mattoli veniva da casa con le idee molto chiare, anche perché partecipava quasi sempre alla sceneggiatura. Era un uomo di teatro, conosceva tutto l’ambiente, andava a vedere gli spettacoli teatrali, anche l’avanspettacolo, perché voleva vedere se c’era gente nuova da lanciare, da provare. Riempiva i suoi film di un sacco di attori, caratteristi, comici, drammatici, di teatro o d’avanspettacolo, l’importante è che fossero attori. Totò, che aveva un sesto senso particolare, si rendeva immediatamente conto se una persona era all’altezza della situazione oppure no; e Mattoli lo accontentava dandogli sempre « dei buoni professionisti.
Enzo Garinei
Mattoli ha sprecato un grande talento, era un uomo di prim’ordine, sia culturalmente che come gusto, non era uno qualsiasi, aveva un grande senso dello spettacolo, un occhio preciso nel capire le cose che potevano piacere al pubblico, ma aveva messo il suo talento al servizio del cinema commerciale. Non nel senso di “fare film commerciali”, perché quelli vanno benissimo, ma nel senso di far spendere poco: fino a un certo punto erano abbastanza curati, poi era necessario chiudere perché bisognava finire entro trentacinque giorni.
Isa Barzizza
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Tratto dalla farsa di Eduardo Scarpetta "O' miedeco d'e pazze", risente dell'origine teatrale e di essere stato "stirato" per arrivare ad un metraggio accettabile. Nonostante tutto, riesce qua e là a divertire (specialmente nella prima parte della permanenza di Totò nella "Pensione Stella", che lui crede essere un manicomio), per calare via via. Arriva a **.
- Tratto da un'opera teatrale di Edoardo Scarpetta, è la classica commedia degli equivoci in cui Totò è circondato da più che validi comprimari. Si ride (talvolta) e si sorride (più spesso) e, anche senza essere un capolavoro, l'opera è comunque molto godibile.
- L'omonima farsa di Scarpetta in versione briosa con un Totò protagonista che si concede alle sue divertenti divagazioni in un contesto narrativo già di per sé simpatico, quello dell'albergo fatto passare per manicomio dal nipote che spilla quattrini allo zio. Cinematograficamente l'opera è senza pretese, ma proprio questa grado zero di rielaborazione permette di costruire efficacemente (e con buon ritmo) il carosello dei classicissimi sketch teatrali che ruotano attorno alla vittima Totò. Godibile.
- Simpatica rivisitazione cinematografica di un'opera teatrale di Scarpetta. L'idea di base è semplice e si basa sul più classico degli espedienti comici: l'equivoco. Totò è in buona forma e così pure i comprimari. Abbastanza divertente anche se il principe della risata ha fatto molto meglio.
- Provinciale benestante foraggia il nipote scapestrato e perdigiorno, convinto che questo diriga un manicomio a Napoli, ma si tratta invece di una pensione per cantanti ed attori, le cui bizzarrie artistiche sono però facilmente scambiabili per manifestazioni di pazzia. A suo agio con Scarpetta, Totò strappa più di una risata, soprattutto quanto, per tener buoni i presunti matti, si mostra accondiscendente verso le loro assurde richieste, per cui, anche se la farsa non può dirsi del tutto riuscita, il divertimento è assicurato.
- Totò, sindaco di un paese in provincia di Frosinone, si reca a Napoli dal nipote, credendo che questi sia un medico proprietario di un manicomio: ne succederanno di tutti i colori. Nonostante ci sia qualche lampo di improvvisazione del De Curtis, forse non è la miglior commedia della coppia Mattoli-Totò: è evidente che si poteva far di più.
- Simpaticissima opera ambientata all'interno di una pensione spacciata per manicomio. Il nipote convince lo zio (Totò) a finanziarlo per assolvere i suoi debiti. Nell'incoscienza il protagonista riserverà allo spettatore degne gag, con esilaranti situazioni girate con esperienza. Totò regge il tutto; bravo anche Giuffrè.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: L'incontro con la vedova.
- Ultima parte della trilogia scarpettiana di Mattioli con Totò, forse è il capitolo più debole restando comunque su notevoli livelli di divertimento. Dall'arrivo di Totò nel presunto manicomio è tutto un crescendo di scene divertenti e personaggi spassosissimi (interpretati da ottimi attori come D'Alessio, Giuffrè, Furia, Ninchi, Castellani, la Scarano). Ritmo buono, musiche allegre e colori sgargianti. Da vedere.
- E' uno dei film di Totò che mi strappa le risate più genuine, eppure è vero che non è il migliore. E' vero che manca di una sceneggiatura articolata, è vero che non ci sono "spalle" di rilievo, ma forse per questo lo apprezzo: è un "one man's show", un solitario trionfo del principe dei comici che, tra l'altro, in questo film ha un ruolo passivo, di vittima inconsapevole di un inganno (nelle altre due pellicole tratte da Scarpetta, avveniva il contrario). Comunque, lui scintilla irresistibile, ha il tocco di Re Mida, impreziosisce anche una farsa mediocre. Spassoso!• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Le crisi d'ira del marito-Otello della formosa e provocante signora...
- Trasposizione su celluloide della commedia omonima di Scarpetta, tutta incentrata su una serie di divertenti equivoci che creano la situazione ideale per la comicità di Totò; il quale in tali contesti è libero di improvvisare ed esprimersi senza freni, garantendo la risata. Ogni tanto il inciampa a discapito del ritmo, ma ciò nonostante raggiunge la piena sufficienza per merito delle numerose spalle che lo affiancano.
- Intrappolato in quello che lui crede essere un manicomio, il "principe della risata" dovrà stare bene attento a scansare le innumerevoli insidie che gli riserverà la molesta comunità di esagitati condomini... In questa divertente commedia degli equivoci, il collaudato Mattòli, con la sua elementare immediatezza registica, si diverte a srotolare attorno a Totò tutta una galleria di stereotipi sui pazzi, passando in rassegna mitomani, schizofrenici e vedove visionarie. Come per il contemporaneo Miseria e nobiltà, più che di Cinema parliamo di teatro filmato ma poco ce ne cala, l'intrattenimento è assicurato.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Noi facciamo prima Svezia, poi Norvegia e poi piano piano ce ne scendiamo sotto lo scandinavio [...] li c'è qualche bottiglia di vino...".
- La farsa di Scarpetta offre un ottimo spunto a un Totò scatenato che conosce bene la storia ed è circondato da alcune delle sue migliori spalle. Si ride di gusto (per quanto molti riferimenti comici si siano persi col tempo) grazie soprattutto a splendidi duetti che il protagonista inscena con grandi caratteristi come Castellani, Giuffrè, la Scarano, la Maggio, Furia e il bravissimo Ninchi. La confezione naturalmente è piuttosto arrangiata e quando il Principe non c'è lo spettacolo langue, ma a questo siamo già abituati. Simpatico!• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: I duetti di Totò con Carlo Ninchi, Pupella Maggio e Tecla Scarano, fra i migliori del suo repertorio.
- Questa terza farsa teatrale di Scarpetta tradotta da Mattoli per il grande schermo appare di resa comica inferiore rispetto alle due precedenti. Certo, il meccanismo ben oliato dell’equivoco e della burla scatta fin da subito, una lunga teoria di sketch buffi e di siparietti spassosi non si fanno attendere ma, fare della maschera anarchica e sovversiva di Felice Sciosciammocca il rispettato e distinto sindaco di Roccasecca, toglie molte frecce comiche alla pulcinellesca maschera Totò, che non sopporta di essere normalizzata. Comunque si ride di gusto. Manca il sostegno di caratteristi all'altezza ed è Totò a tenere in piedi la baracca.
- Nonostante un interessante spunto iniziale (l'equivoco dell'albero scambiato per manicomio), la pellicola appare un po' sottotono. Non mancano scene divertenti (le "punizioni" di Pizio Scevola, i raptus di Otello, la scena in cui i presunti pazzi vengono catturati da Sciosciammocca) e Totò regge la scena come sempre, ma forse la storia risente della mancanza di spalle qualificate (nel turco napoletano era Campanini, in Miseria e nobiltà Enzo Turco) che aiutino meglio il protagonista, che resta forse troppo solo. Non il miglior Totò ma gradevole.
Le incongruenze
- All'inizio del film, quando la cameriera porta il caffé ed è intervistata dal narratore, in due inquadrature, si trova in due posizioni differenti davanti all'ingresso della pensione.
- Totò ha il manico dell'ombrello in posizione differente nelle due inquadrature, che lo ritraggono davanti al municipio di Roccasecca.
- Il colonnello, quando indossa la divisa d'ordinanza, porta sulle spalline un grado non corrispettivo la suo.
- Sempre il colonnello di cavalleria talvolta indossa una giacca chiara a fioroni, mai adottata dall'esercito e quindi di pura fantasia.
- La cameriera il primo giorno aveva comunicato agli ospiti che, le camere della villa De Rosa erano tutte chiuse, ma il giorno seguente sono tutte aperte, tanto che Totò riesce a rinchiudervi i cosiddetti pazzi.
- Quando Totò conversa con la meretrice ha il manico dell'ombrello in due posizioni diverse, al cambio dell'inquadratura.
- Ok che Totò non è un contorsionista, ma nella scena in cui i due acrobati del finto manicomio afferrano Totò e lo lanciano in aria...Magia! è diventato una donna! se ci fate caso infatti si nota benissimo il seno ;)
- Durante la notte nel presunto manicomio, Felice Sciosciammocca viene svegliato all'improvviso dal generale Muzio Scevola. Totò grida "Chi è?", ma il labiale è ritardato di qualche secondo rispetto alla battuta.
- Nei titoli di testa si legge "Pellicola Ferrania Pancro C7", che è una pellicola in bianco e nero, mentre il film è a colori. La pellicola non ha subito una coloritura digitale.
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Articoli & Ritagli di stampa - 1950-1959
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Bernardi Nerio
Bertucci Ughetto (Ugo)
Campori Anna
Casilio Maria Pia
Castellani Mario
Cipriani Marinelli Francesco (Nelli)
Crispo Vittoria
D'Alessio Ugo (Pasquale)
De Filippo Pasquale
Dei Diana (Mancinelli Agnese)
Franca Marzi: «quel giorno Totò mi fece la dichiarazione d'amore»
Furia Giacomo (Giacomo Matteo)
Garinei Enzo (Vincenzo)
Girard Amedeo
Giuffrè Aldo
Laurenti Giuliano
Maggio Pupella (Giustina)
Marzi Franca (Marsi Francesca)
Mattòli Mario
Ninchi Carlo
Partanna Gianni (Grifeo di Partanna Giovanni)
Petito Enzo (Squatriti Vincenzo)
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Vincenzo Scarpetta e i suoi comici
Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- "Totò: principe clown" - (Ennio Bìspuri) - Guida Editori, 1997
- Aldo Giuffrè, Giacomo Furia, Enzo Garinei, Isa Barzizza, interviste di Alberto Anile, "I film di Totò" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- Mario Gallo, «Avanti!», Roma, 13 novembre 1954
- Vice, «Momento Sera», 14 novembre 1954
- Vice, «La Voce Repubblicana», Roma, 14 novembre 1954
- E.C. (Ermanno Contini), «Il Messaggero», 15 novembre 1954
- Vice, «Il Popolo», 15 novembre 1954
- «Corriere della Sera», 16 gennaio 1955
- «La Stampa», 20 agosto 1998