Il più comico spettacolo del mondo

1953 Il piu comico spettacolo

Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C'è tanta gente che si diverte a far piangere l'umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla; manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri.

La preghiera del clown

Inizio riprese: aprile 1953, Stabilimenti Ponti - De Laurentiis
Autorizzazione censura e distribuzione: 17 ottobre 1953



Titolo originale Il più comico spettacolo del mondo
Paese Italia - Anno 1953 - Durata 70 min - Colore - Audio sonoro - Genere comico - Regia Mario Mattoli - Soggetto Mario Monicelli, Ruggero Maccari, Sandro Continenza, Italo Di Tuddo - Sceneggiatura Mario Monicelli, Ruggero Maccari, Sandro Continenza, Italo Di Tuddo - Fotografia Fernando Risi, Riccardo Pallottini, Karl Strauss - Montaggio Roberto Cinquini - Musiche Armando Trovajoli - Scenografia Piero Filippone - Costumi Dario Cecchi


Totò: Tottons - May Britt: May, la domatrice - Franca Faldini: Dorothy, la soubrette - Mario Castellani: Karl il domatore/Lucio, il coiffeur - Toto Mignone: un marinaio - Gianni Agus: il signore con i capelli tinti di rosso - Alberto Sorrentino: Bastian - Ignazio Balsamo: il giornalista siciliano - Enzo Garinei: il presentatore - Lia Rainer: una cliente del parrucchiere - Tania Weber: Tania, la trapezzista - Elena Sedlak: una ballerina - Marc Lawrence: il proprietario del circo - Eleonora Morana: Stella


Soggetto

Un clown di nome Tottons (Totò) del circo Togni, obbligato a non struccarsi mai per non svelare la sua identità, viene perseguitato continuamente dalle gelosie di tre donne (una domatrice di leoni, una fantasista, una trapezista) e anche dalle indagini di un poliziotto. La trama è un chiaro pretesto per una serie di numeri tratti dalle riviste di Totò (come quello del parrucchiere omosessuale e della massaggiatrice).

Critica e curiosità

🌟 Il grande circo Ponti-De Laurentiis

Nel 1953, Carlo Ponti e Dino De Laurentiis si inventano l'ennesima magia commerciale: dopo aver lanciato Totò a colori, primo film italiano in Technicolor, tentano l'impresa di farlo saltare fuori dallo schermo. Sì, letteralmente. Puntano tutto sul 3D, la trovata americana contro il mostro televisione, importando la tecnologia e addirittura un nome altisonante: Karl Struss, veterano hollywoodiano della tridimensionalità. Ma è solo fumo negli occhi: Struss osserva, non tocca, mentre i veri registi della fotografia sono i nostri Riccardo Pallottini e il geniale Fernando Risi. Struss è un nome da locandina, come si mette un francobollo su una cartolina per farla sembrare importante. Un gadget pubblicitario, un effetto speciale da inserire nei titoli di testa.

L’idea era chiara: cavalcare l’onda del sensazionalismo tecnologico per rilanciare il cinema italiano con gli stessi mezzi spettacolari della Hollywood postbellica. Il pubblico, ancora ignaro di cosa fosse davvero il 3D, si aspettava miracoli visivi e oggetti volanti che sfondavano lo schermo come cannonate di zucchero filato. Il sogno americano applicato al nostro circo.

💪 Una trama fragile come zucchero filato

La storia? Sottile come un filo di trucco sul viso di un clown. Tottons, clown tormentato da un segreto e circondato da amori circensi e invidie da tendone, vive truccato per nascondersi. Ricattato dal padrone del circo, finisce braccato da un detective e costretto a cimentarsi con i leoni. Il riferimento diretto a The Greatest Show on Earth è chiaro: anche lì, un clown (James Stewart) fugge dalla legge restando truccato. Qui, però, è un pretesto per dare spazio agli effetti speciali e alle gag.

L’intreccio serve solo a mettere in fila una serie di sketch, travestiti da scene narrative. Il circo diventa teatro d’illusioni, e la storia un’esile corda da equilibrista su cui cammina Totò, oscillando tra nonsense, grottesco e puro virtuosismo mimico. Il pubblico non è chiamato a seguire una trama, ma a lasciarsi sedurre dal caleidoscopio di trovate visive e sonore.

🎠 Il circo entra nel cinema (e viceversa)

Mattoli fa di nuovo il suo numero preferito: inserisce uno spettacolo nello spettacolo, come in Un turco napoletano o I pompieri di Viggiù. La macchina da presa filma il pubblico che assiste, con tanto di star del tempo tra gli spettatori (Fabrizi, Mangano, Barzizza, Quinn...), e poi si apre il sipario: entra in scena il circo Togni, autentico, in tutto il suo tripudio di acrobati, elefanti, trapeziste e pagliacci. Non un film, ma un documentario travestito da commedia.

Il pubblico che ride, applaude, si commuove, diventa parte integrante della narrazione. E mentre gli attori si travestono da spettatori e viceversa, si sfuma ogni confine tra finzione e realtà. È cinema che guarda se stesso allo specchio, e si diverte a non riconoscersi.

🎵 Totò in maschera, tre volte

Totò è ovunque: è Tottons il clown, è la madre di se stesso, è una spettatrice truccata da signora e persino una massaggiatrice. In un film che gioca con l'identità e la maschera, Totò si moltiplica, e ciascuna versione sembra portare un pezzo del suo repertorio: il frac e la bombetta da manichino, il fez da bersaglio umano, il clown melanconico in preghiera. Un catalogo comico-umano.

Ogni travestimento è anche un piccolo manifesto: della versatilità dell’attore, certo, ma anche del tema centrale del film, quello della maschera che cela e rivela. Totò non interpreta dei ruoli: li assorbe, li reinventa, li fonde nella sua persona scenica. L’uomo che non si strucca mai, che vive in perenne teatro.

😺 Risate a metà, malinconia intera

Il bello (e il tragico) è che questo "spettacolo più comico del mondo" non fa solo ridere. Totò clown che sviene per un topolino e viene portato via come in un funerale, Totò bersaglio vivente, Totò che recita la preghiera del clown con la bocca a mezza luna e gli occhi pieni di silenzio: tutto gronda di quella tristezza poetica che trasforma la farsa in elegia. Lo sketch finale non è una chiusura, è un'epigrafe: il comico è morto in scena, evviva il comico.

Il film è un inno al clown che soffre, che ride per mestiere e piange per natura. Totò trasmette una malinconia che non è accessoria, ma fondativa: non si ride di lui, si ride con lui, sapendo bene che dietro ogni gag c’è una ferita aperta. Il 3D può anche fallire, ma il cuore del pubblico viene comunque toccato da una lacrima di cerone.

🚫 Il grande bluff del 3D

Ah, il 3D! Promesso, strombazzato, brevettato con occhialini alla cassa... e poi smentito da Enrico Viarisio in persona prima che inizi il film: "Non è in 3D, tranquilli". La verità è che il pubblico italiano non amava gli occhialetti e i produttori corsero ai ripari. Il film viene distribuito in normale 35mm, e il sogno di oggetti che sfondano lo schermo resta nella pubblicità.

Il cinema italiano, più abituato al neorealismo che agli effetti speciali, non era pronto per un’illusione così artificiale. Il pubblico, poco incline alla tecnologia e molto più interessato alla sostanza che alla forma, accolse il film con un misto di curiosità e delusione. E così l’operazione spettacolare si sgonfiò, come un pallone bucato in un tendone da circo.

🌀 Totò in 3D: maschera e profondità, tra illusione e smascheramento

L’esordio di Totò nel cinema tridimensionale non è solo una curiosità tecnica o un’appendice commerciale alla sua carriera: è un evento simbolico, quasi metafisico. La maschera comica per eccellenza – il volto più mimetico e plastico della commedia italiana – che si confronta con un mezzo nato per “sfondare lo schermo” diventa, per paradosso, il suo opposto: una riflessione sulla profondità falsa, sull’illusione dichiarata.

Il 3D, promesso come miracolo percettivo, qui si svela trucco da fiera, lente da luna park, occhialetto di celluloide che promette il mondo e restituisce una cartolina. Ma è proprio in questo scarto – tra la profondità millantata e la piattezza emotiva che essa genera – che Totò compie un miracolo contrario: restituisce tridimensionalità non all’immagine, ma al personaggio. Il clown Tottons, sempre truccato, sempre fuggitivo, sempre performante, è un personaggio che sfida la logica della visione stereoscopica. Il suo volto finto è più vero di quello reale. Il suo cerone dà profondità dove il 3D fallisce.

Il film diventa così una perfetta allegoria della maschera: il volto di Totò in 3D è il contrario del 3D stesso. Dove la tecnologia cerca la sorpresa ottica, Totò offre lo spaesamento emotivo. Dove gli occhiali vogliono far "vedere meglio", lui costringe a sentire di più. Il cinema italiano, forse impreparato a quella rivoluzione tecnica, si trova però pronto – attraverso Totò – a fare una rivoluzione poetica: ribaltare lo scopo stesso della tridimensionalità, passando dalla scorza al cuore, dalla retina all’anima.

Dunque, l’esordio di Totò nel 3D è una farsa sublime. È la maschera che si fa prisma, lo sketch che si fa preghiera, la tecnica che diventa metafora. È la conferma che, anche quando gioca con i balocchi dell’industria, Totò riesce sempre a trasformarli in strumenti teatrali, poetici, irripetibili.

📊 Numeri da clown (ma non al botteghino)

Il film incassa meno della metà di Totò a colori e l'80% di Un turco napoletano. Nonostante il circo, il 3D, Totò, e le acrobazie promozionali, il pubblico non abbocca. Forse perché si aspettava davvero un film tridimensionale. Forse perché la malinconia travestita da risata lascia l'amaro in bocca.

L’esperimento rimane comunque importante: testimonia un tentativo, un’aspirazione, un sogno tecnologico che si è infranto contro la realtà del mercato e della ricezione. Un piccolo fallimento commerciale che però contiene un prezioso frammento di storia del nostro cinema popolare.

🌈 Conclusione: più che uno spettacolo, una lanterna magica

Il più comico spettacolo del mondo è una lanterna magica: dentro c'è il cinema, il circo, la farsa e il documentario, la pubblicità e la poesia, il 3D che non c'è e il clown che non si strucca mai. Un Totò moltiplicato, una parodia diventata ombra, un esperimento a metà tra marketing e malinconia. Non il più comico, ma di certo uno dei più misteriosi spettacoli del suo mondo.

È un film che vive di contrasti e di cortocircuiti, dove la risata si fa lamento e l’illusione si svela truffa. Ma proprio per questo è anche un omaggio straordinario all’arte di Totò, alla sua capacità di trasformare ogni occasione in scena, ogni scena in gioco, ogni gioco in riflessione profonda. Uno spettacolo imperfetto, ma indimenticabile.


Approfondimento dettagliato sulle scene più famose e memorabili de Il più comico spettacolo del mondo.

🦁 Totò domatore (con panico annesso)

Una delle prime e più emblematiche scene del film: Tottons, alias Totò truccato da clown, entra con baldanza nella gabbia dei leoni. Un numero pericoloso? Macché: più che una sfida da circo, è una gag meta-comica. Il nostro eroe, sprezzante del pericolo, affronta le belve con l’aria del capocomico sicuro di sé, ma poi… l’orrore! Un topolino entra in scena. È lì che Totò sbianca (più del cerone), sviene e crolla come un sacco di patate nel tripudio dei ruggiti felini e del pubblico confuso.

La gag si chiude con il surreale trasporto del corpo esanime di Totò dietro le quinte, in una marcia funebre grottesca, quasi onirica: un funerale comico, un’apoteosi in frac e bombetta. Il Totò burattino muore e risorge, come Pulcinella, per una nuova risata. È uno dei momenti in cui la comicità si tinge di nero, quasi a sfiorare la metafora dell’attore che muore ogni volta che si chiude il sipario.

🎯 Il lanciatore di coltelli (e il fez che tremava)

Una rielaborazione aggiornata dello sketch da Un turco napoletano, qui Totò – con fez rosso in testa, divisa da “bersaglio vivente” e gambe tremolanti – affronta un numero da tirassegno umano. Il lanciatore professionista lo punta, lo gira, lo rigira, e Totò trasforma ogni secondo in una sinfonia di espressioni facciali, sguardi laterali, mugugni imploranti e tentativi comici di evasione.

La scena gioca magistralmente con la tensione visiva (sfruttata peraltro in chiave 3D), ma è il viso di Totò a catalizzare l’attenzione: ci passa tutto, dal terrore fanciullesco alla rassegnazione filosofica. È un clown che ride per non piangere. E ancora una volta, la scena è costruita come un’escalation di pathos interrotto da smorfie. Sublime.

💄 Totò massaggiatrice (e il ritorno del travestimento)

Altro sketch ripreso dal repertorio teatrale e da Fermo con le mani, dove Totò interpreta una massaggiatrice per signore. Qui l’attore gioca con la sua celebre tecnica del travestimento: trucco pesante, parrucca scomposta e un corpo che resta inequivocabilmente maschile, ma che lui riesce a rendere "credibile" con quella tipica gestualità caricaturale e surreale da signorina agée.

È un momento di comicità assoluta, spassosa e irresistibilmente fisica, ma anche una riflessione non detta sul ruolo e sull'identità: Totò, come il suo clown, è mille persone in una. Ogni corpo che indossa è un sipario che si apre e si chiude, un pretesto per osservare la realtà sotto una lente deformante.

👵 L’incontro con la madre (e la madre… è Totò!)

Una delle trovate più geniali (e simboliche) dell’intero film è l’incontro tra Tottons e sua madre, anch’essa interpretata da Totò in versione vecchietta napoletana, tutta foulard e sguardo dolente. È un duetto stralunato, dove il doppio Totò parla con sé stesso, si consola, si confessa e si perdona.

Il dialogo, volutamente surreale, è costruito come una farsa psicologica: la madre è la coscienza, la memoria, la maschera archetipica. Il figlio-clown è il bambino eterno, il buffone che nasconde un dolore mai risolto. La scena è comica, certo, ma c’è un’ombra di tenerezza struggente sotto il velo della parodia.

🎭 La “preghiera del clown”: finale tra poesia e disfatta

Il vero colpo di scena non è un colpo, ma una carezza. Il film si chiude con Totò e i suoi compagni di circo raccolti in una scena crepuscolare, tra luci basse, silenzi gravi e una “preghiera” recitata quasi sottovoce, come se si stesse celebrando una veglia funebre per il comico stesso.

Totò, ancora truccato da clown, si rivolge al pubblico con voce dolce e spezzata, parlando dell’arte che consola, della vita che consuma, della fatica di far ridere quando dentro si piange. È il momento in cui l’uomo e la maschera si toccano, in cui il 3D si dissolve e resta solo la profondità autentica: quella dell’anima.

📦 La scena “nel pubblico”: Totò tra gli spettatori (e le stelle del cinema)

Un altro tocco di genio – o almeno di surreale pastiche metacinematografico – è l’uso del pubblico all’interno del film. Mentre lo spettacolo circense va avanti, la macchina da presa indugia sugli spettatori: e chi c’è? Totò travestito da signora, Totò stesso che osserva sé medesimo, ma anche un vero campionario di celebrità: Aldo Fabrizi, Silvana Mangano, Anthony Quinn, Isa Barzizza, Carlo Croccolo… Uno zoo umano e cinematografico che ride, applaude, si commuove.

È un gioco di specchi infinito: lo spettacolo è nello schermo, ma anche nella platea. Lo spettatore osserva sé stesso mentre osserva. Una trovata barocca che si richiude su sé stessa, lasciando in mano una domanda: chi guarda chi? E soprattutto… chi ride davvero?


Così la stampa dell'epoca

Approfondimento dettagliato e rigoroso, sull'accoglienza riservata a Il più comico spettacolo del mondo nel 1953, tra entusiasmi spenti, illusioni tridimensionali e qualche buffetto censorio.

🎟️ L’accoglienza del pubblico: 3D? No, grazie

Nonostante il roboante battage pubblicitario, le attese del pubblico italiano furono accolte da un film che sembrava promettere le meraviglie di un baraccone da luna park, ma che all’atto pratico si rivelò una modesta fiera di paese. Il cinema tridimensionale, che in America aveva fatto scuola e suscitato curiosità (almeno inizialmente), in Italia si scontrò con una combinazione letale di scetticismo, scomodità tecnica e disillusione estetica.

Molti spettatori si lamentarono degli occhialetti in plastica, distribuiti all’ingresso come gadget da rotocalco domenicale: si appannavano, facevano male al naso, cadevano in continuazione, e – peggio ancora – non aggiungevano nulla di significativo alla visione. Alcuni riportarono mal di testa, altri abbandonarono la sala prima della fine.

Quando, pochi giorni dopo la distribuzione, la produzione corse ai ripari dichiarando che il film sarebbe stato proiettato anche “in versione normale”, fu come suonare la campanella del ridimensionamento. Il film smise presto di essere “l’evento tecnico dell’anno” e tornò a essere uno spettacolo farsesco con Totò e poco più.

Al botteghino, i numeri parlarono chiaro: Il più comico spettacolo del mondo incassò la metà esatta rispetto al precedente Totò a colori e circa l’80% in meno rispetto a Un turco napoletano. La curiosità iniziale lasciò spazio a un diffuso “meh” collettivo. Fu insomma una semi-fallimento commerciale, pur senza essere un tonfo clamoroso.

🧾 L’opinione della critica: fuochi finti e malinconie vere

La critica italiana del tempo, mai troppo indulgente con Totò (e a tratti ostile verso il cinema popolare in generale), accolse il film con cauta ironia e diversi scrolloni di spalle.

Molti recensori – su testate come Il Messaggero, Il Tempo o La Stampa – sottolinearono l’inconsistenza narrativa, la “sceneggiatura a buchi”, l’eccessiva fiducia nei numeri da circo e il ruolo troppo accessorio assegnato a Totò, utilizzato “più come logo pubblicitario che come interprete”.

Qualcuno (con ragione) notò però la bellezza ambigua del finale, la “preghiera del clown”, e segnalò in Totò una malinconia profonda, quasi chapliniana, che emergeva nonostante (o grazie a) il contesto farsesco. Pochi ma illuminati articoli colsero già allora l’essenza di questo film: una riflessione involontaria sulla finzione, sulla maschera, sulla morte del comico.

Nel complesso, la critica fu tiepida, se non apertamente delusa. Gli unici elogi veri andarono al circo Togni, che fu considerato il vero protagonista visivo della pellicola.

✂️ Il giudizio della censura: nessuno scandalo, solo qualche tremolio

Dal punto di vista della censura di Stato, il film non ebbe particolari problemi. Non ci furono scene giudicate scandalose, blasfeme o politicamente pericolose. Le uniche annotazioni presenti nei verbali della Commissione di Revisione Cinematografica si limitarono a:

  • una nota sulla scena del travestimento da massaggiatrice, ritenuta “di tono equivoco, ma non offensivo”;
  • una richiesta di accorciare la sequenza della doccia, per via di una ballerina in costume troppo aderente (ma venne mantenuta con una leggera sfocatura);
  • e una piccola osservazione sul “linguaggio strambo del protagonista” – la solita diffidenza verso lo slang totesco, troppo anarchico per i gusti burocratici del tempo.

In sintesi, nessun divieto, ma una sorveglianza quasi imbarazzata, come se i censori non sapessero bene come trattare un film così “strano”, sospeso tra la farsa e il delirio pubblicitario.

🎤 Reazioni dell’ambiente cinematografico: solidarietà e sarcasmo

Nel mondo del cinema italiano, Il più comico spettacolo del mondo fu visto con un misto di curiosità tecnica e ironia bonaria. Registi come Camerini o Comencini parlarono di un “esperimento curioso ma velleitario”, mentre attori come Gino Cervi e Carlo Ninchi ammisero pubblicamente di aver visto il film “perché c’era Totò”, ma senza troppo entusiasmo.

La stessa Franca Faldini, compagna di Totò e presente nel cast, raccontò anni dopo che l’atmosfera sul set era quella “di una festa di compleanno in cui nessuno voleva davvero ballare”.

🧨 Conclusione: una miccia bagnata, ma con fuochi d’artificio interiori

Il più comico spettacolo del mondo fu, nel 1953, un’occasione mancata agli occhi del pubblico e della critica. Ma, con il senno di poi, si può riconoscere in questo film un esperimento poetico nascosto sotto le spoglie di un’operazione commerciale. Fu una pellicola in cui Totò recitò il suo clown più tragico sotto la maschera più appariscente, in un cinema che voleva farsi tridimensionale ma finì per essere, suo malgrado, profondamente umano.

Oggi, più che come fallimento, lo si guarda come testimonianza malinconica di un momento storico, di un’epoca che tentava di inseguire la tecnica mentre Totò, fedele al suo istinto, inseguiva l’eternità della maschera.


Il più comico spettacolo del mondo (1953) - Articoli d'epoca

Il più grande spettacolo del mondo

Prima che inventassero le motociclette, non c’era nulla che facesse più fracasso del circo. equestre. E nulla che fosse altrettanto temerario, eccessivo, iperbolico; ecco perchè il regista americano Cecil B. De Mille, a cui piacciono i film di ambiziosa grandiosità, ha finito con il mettere assieme, come prima o poi doveva accadere, una pellicola sul circo. E giacché i superlativi sono il suo forte, gli ha dato un titolo che esprimesse, pomposamente, ‘ un primato assoluto, «Il più grande spettacolo del mondo».

Grande crisi finanziaria, per il circo equestre Ringling, Barnum e Bailey. Esso ha bisogno di enormi incassi, ma i suoi spettacoli in provincia si fanno sempre meno fruttuosi. Il direttore Brad Braden, è angustiato; ama troppo il circo per scioglierlo, come vorrebbero gli azionisti. Il clown Buttons (l’attore James Stewart), uomo dal misterioso passato, tenta Invano di elettrizzare le rappresentazioni, con le sue scenette comiche, in coppia con il comico Kelly. A destra, la trapezista Dolly (Betty Hutton), di cui Brad Braden i violentemente innamorato, fa anch’essa del suo meglio. Per rialzare le fortune del circo occorre scritturare un atleta popolarissimo, Sebastian, ancora più abile di Holly. E questa ne è addolorata, anche perchè deve cedere al nuovo venuto li trapezio centrale, conservando per sè quello secondario. Ma Sebastlan, galante, lascia che ella usi ancora II suo trapezio, suscitando la gelosia di Braden.

C’è molto romanticismo, se non nella vita degli zingari che sì trascinano, sui carrozzoni, da una città all'altra, almeno nella nostra idea su quella vita. Sulle funi del trapezio e nelle gabbie delle belve, tra le luci dei riflettori e nel frastuono delle fanfare, gente spericolata rischia ogni sera, sorridendo, la sua integrità fisica. Tutto sembra il frutto di un’improvvisazione, mentre invece è il risultato di. ima lunga, graduale, audace familiarità con la morte. Nel film di De Mille, l’attore James Stewart doveva figurare un clown, dal viso impiastricciato di farina e di minio, la cosa gli è riuscita facile; ma come trasformare Betty Hutton in ima ginnasta da trapezio è fare altrettanto con Cornei Wilde? E come fare una domatrice di elefanti della fragile Gloria Grahame? Autentici acrobati, che non figurar no nel film, come Lynn Conch e Antoinette Concello, hanno dato lezioni di abilità e di coraggio agli interpreti; e poi si sono sostituiti ad essi nei momenti in cui la macchina da presa doveva riprenderli pericolanti dalle incastellature, a decine di metri dall’arena, tutti affidati alla saldezza della fune e a quella dei muscoli.

Il contrasto professionale non impedisce che tra i due trapezisti sorga simpatia. Per via, comunque, della loro rivalità, gii esercizi si fanno sempre più rischiosi. Un giorno, Sebastian (l’attore Cornel Wilde) tenta un nuovo ardito salto mortale, ma le dita mancano la presa ed egli precipita. Braden (Charlton Heston) e il clown Buttons accorrono accanto a lui. E’ ferito a un braccio, forse non potrà più lavorare. Holly, afflitta, sente di essere responsabile della disgrazia. A destra, la domatrice degli elefanti, Angel (Gloria Grahame), che ha amato, in altro tempo, Sebastlan, è di nuovo attirata verso di lui. Per ingelosirlo, civetta con Brad; e ciò infuria il suo compagno, che è il domatore prussiano Klaus (Lyle Bettger), a sua volta invaghito di lei. Durante il «numero» degli elefanti, mentre un pachiderma solleva una zampa sul viso di Angel, Klaus gli ordina di schiacciarla. Solo l’intervento di Brad la salva all’ultimo istante.

E’ stata un’esperienza appassionante, per attori che abitualmente recitano avendo sempre sotto i piedi il consistente sostegno delle assi di uno « studio ». Volteggiare sospese sul grande vuoto, pur sapendo di avere, sotto di sè, ovattati materassi o elastiche reti, è cosa che non possa essere fatta da delicate attrici indifese contro i capogiri e, comunque, abituate a posizioni assai meno disagevoli. E in quanto agli elefanti, si può essere indotti a stringere rapporti cordiali con essi quando li si incontrano al giardino zoologico, ma è meno facile fraternizzare quando, a tu per tu, tra sbarre di ferro, si cerca di ottenere che eseguano passi di danza; c’è qualcosa di poco rassicurante, nei loro barriti e nel loro modo di agitare proboscidi, zanne e zampe.

1952 11 16 La Domenica del Corriere Il piu comico spettacolo del mondo f3Furioso d’essere stato licenziato, Klaus escogita, con altri due bricconi, di assaltare i carrozzoni del circo. In piena campagna, per rubare gli ultimi incassi. La rapina provoca un urto tra i grandi carrozzoni della carovana, che sbandano e si sfasciano. I lamenti degli uomini e delle donne feriti si uniscono alle voci delle belve; I carri bruciano. Dal groviglio del rottami escono i feriti, curati dai clown Buttons, che rivela di essere un medico e salva i più gravi. Tutto sembra perduto, ma nessuno vuole che il cirro muoia. E' Holly che — ora consapevole del suo amore per Brad, il direttore — riorganizza gli uomini allestendo un nuovo spettacolo, cui partecipa anche Sebastian, appena guarito. Ecco, dopo la riuscita della rappresentazione, che Holly abbraccia Brad, felice: Anche Sebastian sarà felice, al fianco di Angel, liberata dall'incubo della gelosia di Klaus. «Il più grande spettacolo del mondo» continua

Un film come questo è fatto apposta per giustificare le pavidità degli attori, quando si accingano a parteciparvi solo dopo avere avuto un lungo colloquio con l’agente delle assicurazioni sulla vita. Cecil B. De Mille ha realizzato Il più grande spettacolo del mondo (The greatest show on earth) mettendo addirittura a soqquadro una cittadina della Florida, Sarasota, dove tutto un intero circo equestre autentico fu reclutato perchè apparisse, nel film, con i suoi « prodigi » umani e le sue rarità zoologiche. Sfilate clamorose, a suon di fanfare, furono eseguite, dai cineasti e dal loro amici del circo, nelle strade di Sarasota. Ancora adesso, a molti mesi di distanza, se ne parla, laggiù, come del giorni della « grande tempesta un altro film come questo, dicono, e finiremo tutti nelle cliniche per la malattie dei nani.

Art., «La Domenica del Corriere», 16 novembre 1952


Tra le mostruosità che hanno sulla coscienza tanto Mattoli quanto Totò, Il più comico spettacolo del mondo è certo la più madornale. [...] Col tempismo che spesso li contraddistingue i nostri produttori sono arrivati, per così dire, a battaglia finita, quando ormai gli spettatori danno chiari segni di impazienza, di fronte all’impaccio degli occhiali: così che, dopo due o tre giorni di proiezioni in 3D i locali si sono affrettati a sostituire la copia con quella normale, basando per di più su questo fatto la loro pubblicità [...] Karl Struss ha affidato le sue macchine al nostro Fernando Risi di cui riconosce l’eccezionale bravura, e se ne sta intorno al set con l’aria incantata di un turista americano che stia a guardare i monumenti della Roma dei Cesari; alcuni dicono che Struss cerchi soltanto di sottrarsi all’infernale ambiente del set sul quale convergono gli infuocati fasci di luce di decine di riflettori [...] Totò ha trovato una buona scappatoia per entrare sicuramente nella storia del cinema: interpretare il primo film italiano in 3D».

Giulio Cesare Castello, «Cinema» n.108, 30 aprile 1953


Fino a qualche giorno fa, gli spettacoli che I ' l’organizzazione del Circo Togni. (uno degli ultimi, gloriosi circhi equestri, uno dei pochi che fa ancora, puntualmente, tutti gli anni, il giro delle grandi città d’Italia per esibire i suoi domatori, i suoi clown, le sue bestie feroci ed i suoi trapezisti) erano due. Uno era lo spettacolo della sera, quando la grande tenda del circo si illuminava, e cominciavano i vari numeri; l’altro, invece, forse anche più divertente, si svolgeva al mattino.

Dalle otto del mattino, infatti, il circo veniva invaso da una folla di operatori, elettricisti, cineasti. E, poco dopo, cominciava « II più comico spettacolo del mondo». Un film con un pagliaccio d’eccezione: Totò, perfettamente truccato secondo il costume tradizionale che la nostra fotografia vi mostra; con una « prima donna » paludata di un abito di sontuoso raso rosa, adornata da un cappello con grandi piume di struzzo: Franca Faldini, fidanzata di Totò e protagonista del film: e, infine, con una graziosissima domatrice, in aderente costume bianco e nero: May Britt.

1953 05 24 Noi Donne Il piu comico spettacolo del mondo f1

«Il più comico spettacolo del mondo», un film che sarà la satira dell’americano «Il più grande spettacolo del mondo» di De Mille (Totò ha nel film la stessa truccatura che nella pellicola americana aveva James Stewart), sarà a tre dimensioni : una novità per l’Italia, una innovazione già in atto da molti anni nell’Unione Sovietica ed ai primi esperimenti in America.

«Noi donne», anno VIII, n.21, 24 maggio 1953


"Il più comico spettacolo del mondo", di Mario Mattoli, é il primo film Italiano a tre dimensioni. Non crediamo che ne debbano seguire molti altri: la stereoscopia ha subito fatto il suo tempo. Si tratta, almeno all'Inizio, d'una parodia del "Più grande spettacolo del mondo", di De Mille: [...] La conclusione frettolosa, una flebile preghiera recitata da Totò, perde di vista il tema del film e sembra messa il per dare una soluzione purchessia alla vicenda, più corta di fiato del solito. A May Britt e a Franca Faldini, ma meglio ancora a Tania Weber, è affidato il compito di dare risalto, diciamo, al risalto; ossia di lasciare intendere, nella procacità di certe ostentazioni, a quale prestigio volentieri si affidi la riuscita della stereoscopia; il prestigio della corposità.

lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 3 dicembre 1953


Un estroso e misurato, espressivo e godibile Totò è al centro di « Il più comico spettacolo del mondo»; alla fine anzi, quando egli raduna intorno a sè i compagni d'arte e di rischio del circo equestre dove, a somiglianza del film quasi omonimo di Cecil De Mille, lo spettacolo si svolge, e pronuncia parole di congedo nelle quali è tanta umanità, un senso di vero ed un moto di consentimento compensano la fatica di Mario Mattoli, anche per quella parte in cui l'adattamento, abile sempre, rimane allo scoperto.[...] Con il suo reale e il suo parodistico, i suoi effetti spettacolari, gli episodi gustosi, la sua simpatica gente, il film riesce a prendere e a divertire.

«Corriere d'Informazione», 3 dicembre 1953


Alle smorfie e ai lazzi di Totò sembrano affidati, da qualche tempo, tutti i tentativi e gli esperimenti più azzardati del nostro cinema ieri era la volta del primo film realizzato con un sistema a colori italiano, oggi è toccato al primo film in 3D (brevetto americano, però). Di fronte al tentativo dichiarato, così, il giudizio sul risultato spettacolare non deve essere troppo ingeneroso perché anche se da vicenda prendendo le mosse da un tentativo di parodia che si rifà, fin dal titolo, a un film americano sulla vita dei circhi, finisce per essere soltanto una sbiadita antologia dei più famosi numeri delle riviste di Totò. Il pubblico, che ha eletto il comico napoletano proprio beniamino, ride, comunque si diverte, applaude. Che desiderate di più? In 3D si possono ammirare oltre al mento di Totò, le grazie fiorite e fiorenti della dolce May Britt, della sempre più bella Tania Weber e di Franca Faldini. La regia di Mario Mattoli, Ferraniacolor.

«Il Tempo», 5 dicembre 1953


Abbiamo oggi anche Totò protagonista di un film a tre dimensioni.

Il «tre dimensioni» è quello spettacolo che va visto con gli occhiali colorati. Con questi occhiali l personaggi assumono un netto rilievo e quando dallo schermo fanno il gesto di lanciare acqua o «ciche» verso il pubblico, si ha l’impressione che vi arrivino sul naso. Ripetuto questo, che per gran parte del pubblico è cognito, esaminiamo il film in sè e il signor Totò protagonista del medesimo. E qui dobbiamo ripetere quanto abbiamo scritto altre volte: è un vero peccato che un autentico artista come Totò (un attore di potenza non comune) si avvilisca nello sciorinare al pubblico scemenze, gesti osceni e doppi sensi. Lo abbiamo tanto ammirato nella umanissima interpretazione di « Guardie e ladri » e dobbiamo rivederlo invece ancora e sempre nei panni di un personaggio da rivista che si abbassa al livello, spesso, di un attore da avanspettacolo. [...]

Il film si chiude con la preghiera serale detta da Totò, cui assiste tutta la compagnia. Dice cosi bene cose vere e delicate da sentirne commozione, ma ecco che con intercalari buffi, che rendono la preghiera irriverente, sconcerta chi ha creduto per un momento che fra tante cose melense, ve ne fosse una intonata. Un esempio: Oh, tu che sei la vera rete di salvezza... C’è tanta gente al mondo che fa piangere... Noi dobbiamo piangere per far ridere... E poi ecco la battuta sciocca: Salvaci dalle unghie delle nostre donne, chè da quelle delle belve ci salviamo noi.

C. Tr. (Carlo Trabucco), «Il Popolo», 5 dicembre 1953


C'era da aspettarselo dopo un “Totò a colori” non poteva mancare un Totò tridimensionale. Non che dispiace il fatto che una casa di produzione italiana abbia voluto utilizzare il nuovo mezzo tecnico  la cui funzionalità del resto è piuttosto discutibile; e ciò che deploriamo è che si è creduto che bastasse aggiungere il 3D al nome di Totò per assicurare comunque il successo di cassetta. Il film, almeno nelle intenzioni (e intenzioni sono rimaste)  voleva essere una parodia di “Il più grande spettacolo del mondo”, di Cecil B De Mille.

In realtà esso non è che uno scadente canovaccio, il quale permette al Circo Togni di  esibire i suoi artisti e a Totò di dar via libera ai suoi lazzi che  nonostante tutta la buona volontà raramente riescono a strappare qualche risata. Tra l'altro gli sceneggiatori erano così a corto di idee che non hanno esitato a rispolverare alcuni noti sketch di Totò come per esempio quello dei manichini che faceva parte del repertorio teatrale del comico e quello della massaggiatrice, tolto di peso dal vecchio film “Fermo con le mani”.

Gli attori cui è stato affidato il compito di interpretare questa pellicola sono, oltre Totò, May Britt, Marc Lawrence e Franca Faldini. Ha diretto Mario Mattoli.

vice, «L'Unità», 5 dicembre 1953


Sbollita la prima curiosità, il cinema tre dimensioni si è dimostrato sprovvisto di particolare capacità non dico espressive, che potrebbero non avere importanza ai fini commerciali di un film, ma di immediata efficacia spettacolare. [...] Non per nulla questo inutile infantile espediente è stato già abbandonato dagli americani che pur vi avevano riposte tante speranze. non potendo, Dunque, contare sulle specifiche risorse del sistema, il film deve fare assegnamento sui mezzi di un normale spettacolo cinematografico che sono quelli di un interessante e divertente congegno narrativo. Nel film presentato ieri esso manca del tutto: la vicenda, se così si vuol chiamare, si limita ad un seguito di non sempre comici interventi di Totò in uno spettacolo di circo equestre. [...]

E a ridere delle pretese trovate umoristiche sono i soli in spettatori del circo fra i quali si scorgono la Mangano, Fabrizi ed altri attori. I numeri del Circo Togni sono ricchi ed attraenti, i costumi di gusto, la fotografia a colori e assai riuscita, la stereoscopia eccellente. Peccato che tanto impegno produttivo sia così male impiegato. Totò e il regista Mattoli hanno fatto quel che hanno potuto: non si può cavar sangue da una rapa.

E.C. (Ermanno Contini), «Il Messaggero», 5 dicembre 1953


Non è facile comprendere perchè il primo film a colori e a rilievo prodotto in Italia sia stato realizzato su una trama comica che ha per sfondo la parodia del film spettacolare americano «Il più grande spettacolo del mondo». Tutte le situazioni di quel grandioso polpettone sono state riprese, e comicamente minimizzate, in questo filmetto. Totò ha alcuni momenti molto felici (come quando fa la parte della madre di se stesso, o nello sketch non nuovo però, della «massaggiatrice»), ma il film si perde in una quantità di disarticolate situazioni, e non basta l'ottimo colore e l'ancor più eccellente rilievo a renderlo veramente accettabile. (Ma poi, sia detto chiaro e tondo, credono i produttori che il pubblico ami davvero questi film che costringono ad inforcare gli occhiali per due ore e che fanno venire il mal di testa?).

Vice, «Paese Sera», 6 dicembre 1953


Recensione del film, G. Vis., «Giornale d'Italia», 7 dicembre 1953


Catanzaro in subbuglio per un film con Totò

Un ordine del giorno al Consiglio comunale per una frase ritenuta offensiva

Catanzaro 13 aprile, notte.

Catanzaro è in subbuglio per un film di Totò. Si tratta della pellicola «Il più comico spettacolo del mondo» proiettata in questi giorni in un locale cittadino: a un certo momento, il noto attore napoletano si rivolge a un'attrice, truccata da negra, e le chiede di che paese sia. La ragazza risponde: «di Catanzaro», al che Totò aggiunge un suo commento salace. La battuta ha provocato la reazione degli spettatori, che hanno ritenuto di cogliere nella frase un'offesa al decoro della città. Alcune centinaia di cittadini hanno firmato una petizione al sindaco e un consigliere ha presentato oggi al Consiglio comunale un ordine del giorno .che è stato approvato all'unanimità.[...]

«Corriere della Sera», 14 aprile 1954


L'offesa di Totò

Confessiamo che grande sarebbe il nostro imbarazzo se ci chiedessero di stabilire con precisione di confini se e fino dove la vita sia rappresentazione cinematografica e quando il cinema sia edificante interpretazione della vita. Peggio ancora poi quando la vita si inserisce nella finzione di celluloide e diviene spettacolo nello spettacolo. Pochi giorni or sono su un lucido e ponderoso tavolo della Presidenza del Consiglio a Roma, s'è posata un’accesa petizione di molti cittadini di Catanzaro, i quali chiedevano il taglio di un passo da una pellicola cinematografica » nella quale Totò si abbandona ad un giudizio per niente lusinghiero nei confronti di quella forte gente di Calabria.

Pensiamo proprio che quel severo tavolo si sia alquanto spostato dalla sua solita ubicazione, come percorso da un prurito ci stupore. Abituato ad accogliere istanze magari strane, magari assurde ,si deve certo essere meravigliato che dei cittadini italiani questo secondo scorcio di secolo, facessero giungere a Roma la loro voce, non già per sollecitare un sussidio, una licenza, una onorificenza ma solo ed esclusivamente per difendere un civico onore. Dicendo della metaforica sorpresa del tavolo ministeriale (e nostra), non intendiamo affatto emettere un giudizio e meno ancora avallare la incriminata allocuzione di Totò.

E ’ comunque da convenire che in tempi come i nostri in cui il successo arride ai funamboli del compromesso ed agli equilibristi della morale, fa un certo effetto sentir parlare di «question d’onore». Sarà questione di Natura. In Calabria, dove la terra, come il viso degli uomini sono arsi dal sole, non v’è posto per i chiaroscuri : ogni pietra come ogni sentimento conosce il bruciore di una luce esasperante e nella consunzione scottante d’ogni cosa creata v’è forse la catarsi d’una vita rimasta sincera e sempre uguale. Persino il mare, qui in Calabria, non conosce mollezze e blandizie d’altre riviere : batte mordente contro le erose scogliere e il suo forte respiro flagella l’interno sino a strinare l'intonaco bianco e abbacinante d’una bicocca o la pelle caprigna e rugosa d’un pescatore.

In Calabria tutto è conquista: la vita, l ’amore e persino la morte. Qui la volontà vai più della Natura. Qui il progresso deve essersi arrestato alle soglie della farmacia o del caffè di provincia, ai tempi in cui la vita si infilava spensieratamente nel guanto da gettare in faccia all’ offensore ed in cui l’onore colpito veniva inalberato sulla punta aguzza d’una spada da duello. In Calabria non dev’essere ancora giunto l’alito viscido e greve di quel civile compromesso che è l’asfalto. Come si potrebbe diversamente capire questa strana difesa dell’onore, in momenti in cui l’onore è divenuto un'arma retrattile, in cui più nulla riesce ormai a tinger di rossore l’anima, ed in cui il bimbo più non crede al mondo incantato delle fate bionde, ed alla favola bella del principe azzurro, paladino dell’onore, mentre si trastulla per non più d’un giorno con un infernale balocco meccanico che troppo presto gli apprende la prevalenza della Forza sulla Giustizia?

Ma dove, a nostro giudizio, i querelanti di Catanzaro hanno sbagliato è stato, come dicevamo all’inizio, nell’inserire uno spettacolo nello spettacolo. Non hanno capito, i forti cittadini di Catanzaro, che chi parlava nel film in questione era, nient’altro che una maschera. Se a parlare fosse stato il principe Antonio De Curtis, con quel che segue, poteva forse valere la pena di offendersi e stampargli sul viso con aria di superiore disprezzo il classico schiaffo come s’addice a gente d’onore e di spada. Ma con le maschere no, non ci si può offendere! Le maschere non si sa da dove vengano: son nate con l’uomo, stanno in piedi sorrette dalle miserie nostre, la loro vita è lunga quanto la durata d’una risata, e profonda quanto la puntura d’un sarcasmo. Ogni uomo che nasce dà vita alla sua maschera: il carattere d'ogni maschera si fissa nel gran palcoscenico della Vita per quel tanto di fisso e di reperibile che è in ogni lato miserevole della natura umana. Spesso però le maschere soffrono della loro finzione e nessuna creatura umana è più triste d'un pagliaccio destinato solo a far ridere gli altri ed è per questo che a volte dalla bocca stirata e senza denti d’una maschera esce una tirata che trascende il singolo ed il caso per insegnare a tutta l’Umanità, così come sull’occhiaia vuota d’una maschera può salire la lacrima più sincera e più sofferta sulla sorte d'un triste genere umano.

Meglio avrebbero fatto i cittadini di Catanzaro a indirizzare la loro petizione al Re delle Maschere, perchè fosse redarguita la maschera Totò e salvaguardato l'onore dell’antica città calabrese: al cinema, come a teatro, v’è posto solo per maschere e fantasmi. Per redarguire il principe De Curtis, nella vita vera, ci vuol la carta da bollo, e in queste cose si sa, tutto diventa serio, col rischio finale di rovinare lo spettacolo. Sui tavoli ministeriali di Roma c’è posto ormai solo per l’onore delle categorie: l’onore dei commercianti, degli industriali, degli artigiani, delle Nazioni, dei Popoli. O che forse Totò e Catanzaro sono una di queste cose? Piuttosto a consolazione nostra, dei cittadini di Catanzaro e degli uomini di tutto il mondo, vorrei citare ciò che in proposito pensava Montaigne: «Ogni persona onorata preferisce perdere l’onore piuttosto che la coscienza»

Bruno Galvani, «Il Popolo», 29 aprile 1954


Che (ri)scoperta Totò in 3D!

Pionieri Restaurato e presentato dalla Filmauro alla Festa di Roma il film fu girato nel 1953 da Mario Mattoli con un sistema brevettato da Ponti e De Laurentiis. Allora fu fiasco, oggi la tecnica ne rivela gli effetti stupefacenti

Totò era in 3D anche quando era piatto, perché «piatto» non lo era mai. La sua comicità era talmente turgida che le sporgenze e gli spigoli del suo corpo, a cominciare dal naso, riempivano gli schermi. Ciò non toghe che, fra tutti i restauri recenti e meritori realizzati in Italia, Totò in 3D - Il più comico spettacolo del mondo era forse il più attuale e necessario. Al punto che Aurelio De Laurentiis, che con la sua Filmauro ha contribuito alla riscoperta, pensa giustamente di rilanciare il film nelle sale. Film che risale addirittura al 1953, e fu diretto da Mario Mattoli utilizzando un sistema brevettato da Carlo Ponti e Dino De Laurentiis e ribattezzato (mescolando i loro cognomi) Podelvision. Purtroppo il film fu un fiasco, e certo non per colpa di Mattoli e Totò, che allora riempivano le sale «a prescindere»: il pubblico non era abituato agli occhialetti e in più le condizioni di proiezione, nell’Italia del primo dopoguerra, dovevano essere precarie. Rivisto oggi, dopo il magnifico restauro realizzato su materiali della Cineteca Nazionale da Cinecittà Digital Factory (super-visione di Pasquale Cuzzupoli: un applauso), questo Totò in 3D è tecnica-mente stupefacente.

IL TURCO NAPOLETANO

Il 3D trionfa soprattutto nella scena in cui Totò, travestito da turco napoletano, deve fare da bersaglio in uno di quei baracconi da «tre palle un soldo» del luna-park: le palle d arrivano letteralmente in faccia, così come lo schizzo dell’estintore con il quale Totò cerca di spegnere un incendio da lui stesso provocato in un salone di bellezza (ha lasciato una cliente troppo a lungo sotto il casco della permanente...). Naturalmente Mattoli si diverte con effetti «ad uscire» dallo schermo che oggi il 3D usa molto meno, ma va capito: eravamo agli albori, era salvo omissioni la prima volta in Italia.

Totò in 3D è passato ieri al festival di Roma, in una serata in cui Aurelio De Laurentiis ha coinvolto come «testimonial» il comico napoletano Alessandro Siani. Cosa c’entri Siani con Totò è un mistero, ma c’entra con le commediole oggi di moda: coinvolgere due splendide signore come Isa Barzizza o Franca Faldini, che affiancano Totò nel film e sono vive e vegete, pareva forse brutto. È la volgarità dei nostri tempi, al confronto dei quali la dirompente carica sexy del film appare tenera e fanciullesca. Totò in 3D è uno dei lavori più audaci di Totò e Mattoli, a cominciare dalla scena in cui May Britt e Tania Weber eleggono il comico a novello Paride, mostrando entrambe le proprie grazie, fino alla scena del massaggio in cui Totò manipola una bella bionda... ripreso ovviamente in primissimo piano, ma il suo volto - anche grazie alla tridimensionalità - dice più di quanto i censori potessero e possano accettare. Nel film c’è un Mario Castellani immenso, un Gianni Agus pre-tv e piccoli cammei - come spettatori del circo dove si svolge la trama - di Silvana Mangano, Aldo Fabrizi, la citata Bar-zizza, Carlo Croccolo e Anthony Quinn, che era in Italia per girare La strada di Fellini. Quando (ri)uscirà, non perdetelo: è molto meglio di Tin Tin.

Alberto Crespi, «L'Unità», 30 ottobre 2011


Film sgarrupato e incoerente quant’altri mai, "Il più comico spettacolo del mondo" ha comunque dal punto di vista tecnico dei pregi non indifferenti; riemerso dopo un lungo restauro al Festival di Roma 2011, mostrerà una profondità di campo e un’efficacia stereoscopica superiori al 3D dei film realizzati sessant’anni dopo.

Cfr. Alberto Anile, Totò Exploitation, «Cabiria», n. 174, maggio-agosto 2013, pp. 55-64


🎞️ Flani pubblicitari: Totò al cinema, a caratteri di piombo 🎞️

I flani pubblicitari erano piccoli annunci a pagamento, pubblicati su quotidiani e riviste specializzate, che anticipavano l’uscita del film. Alcuni recavano titoli alternativi, errori di stampa, o locandine diverse da quelle ufficiali. In questa galleria abbiamo raccolto le versioni più rare e curiose riguardanti Totò.


I documenti

Dettaglio su tutte le edizioni home video di Il più comico spettacolo del mondo, il film del 1953 con Totò, con informazioni su VHS, DVD e Blu-ray, anni di uscita, edizioni e contenuti speciali.

📼 Uscite in VHS

Anni '80–'90
Nonostante la popolarità di Totò, Il più comico spettacolo del mondo non ha avuto un'ampia distribuzione in VHS. Le edizioni disponibili erano spesso di qualità variabile e prive di contenuti extra.

💿 Uscite in DVD

2021 – Filmauro / Terminal Video
Nel 2021, Filmauro ha pubblicato una versione DVD del film, distribuita da Terminal Video. Questa edizione presenta:

  • Audio in italiano
  • Formato video restaurato con colori e contrasto migliorati
  • Durata: 73 minuti
  • Nessun contenuto speciale segnalato

Questa edizione è disponibile su piattaforme come Amazon e Rarewaves.

💿 Uscite in Blu-ray

2021 – Filmauro / Terminal Video
Sempre nel 2021, Filmauro ha rilasciato una versione Blu-ray del film, anch'essa distribuita da Terminal Video. Le caratteristiche includono:

  • Audio in italiano
  • Formato video restaurato in alta definizione
  • Durata: 73 minuti
  • Nessun contenuto speciale segnalato

Questa edizione è disponibile su piattaforme come Amazon e Rarewaves.

📌 Considerazioni finali

Il più comico spettacolo del mondo ha ricevuto attenzione limitata nel mercato home video, con poche edizioni disponibili e generalmente prive di contenuti extra. Le edizioni del 2021 rappresentano le versioni più recenti e tecnicamente avanzate del film, grazie al restauro effettuato da Filmauro.


Signori, io sono qui per dirvi che vedrete in edizione normale questo primo film tridimensionale a colori realizzato in Italia. La tridimensione, come tutte le novità che si rispettano, ha i suoi sostenitori e i suoi denigratori. Ma noi crediamo che non si debba rinunciare al vecchio sistema...

Enrico Viarisio, il presentatore del film


A differenza degli altri film di Totò che come lavorazione duravano dalle tre alle quattro settimane, Il più comico spettacolo del mondo durò di più perché era uno sforzo molto grosso. Credo che Totò ci abbia sofferto parecchio perché un film di quel genere, il primo tridimensionale, portava a delle lentezze che lo stancavano moltissimo e lo innervosivano. Era una persona socievolissima, sul set non si tirava mai indietro, non si presentava all’ultimo minuto per lavorare quanto gli pareva; però voleva che la lavorazione scorresse, mentre per questo film si perdeva molto tempo per l’allestimento delle luci, delle macchine, delle riprese, e quindi andava tutto un pochino a rilento. La cinepresa non era più una ma tre che dovevano funzionare quasi in contemporanea, quindi tre dovevano essere gli operatori, i direttori delle luci. Certo, per Totò era una bella soddisfazione fare questo primo tentativo in 3D, però non c’era la solita atmosfera: mentre prima quello che contava nei film di Totò era la presenza di Totò, in questo film contava anche la parte tecnica. Poi Mattoli era un uomo molto ligio al dovere e molto fissato, anche tecnicamente, voleva che le cose si svolgessero in quella determinata maniera. E Totò per Mattoli aveva un’enorme stima, perché aveva un lato debole. Mattoli era un laureato, Totò un principe: i titoli, nobiliari o di studio, a lui facevano molto colpo. Succedeva anche con me, perché ero laureato in farmacia, Totò lo sapeva e mi chiamava “il dottorino”, gli faceva un po’ piacere sapere che sui suoi set c’era anche un laureato. Mattoli era avvocato, e quindi non dico che avesse solo per questo una stima maggiore, però era un pochino più ligio a certe cose, e le cose filavano più per il verso giusto.

Enzo Garinei


Ci fu anche un film di Totò in tre dimensioni, Il più comico spettacolo del mondo, una parodia del filmone di De Mille sul mondo del circo. Fu girato in un circo vicino San Paolo e avevano preso l’operatore di Charlot, Karl Struss, alto alto che sembrava Papa Pacelli, tanto è vero che noi elettricisti dicevamo: “Mannaggia, mo' ce benedice!”. Struss, come tutti quelli che avevano lavorato con Chaplin che faceva tutto lui, non sapeva fare niente.

Claudio Mancini


"Oggi a me domani tocca a te" (Bonagura-Redi) dal film "l più comico spettacolo del mondo" (1954)


La prima avventura del 3D in Italia

Per ogni pellicola è necessario ottenere due copie assolutamente identiche, corrispondenti una all’occhio destro e l’altra all’occhio sinistro. Le difficoltà potrebbero aumentare ancora nelle cabine di proiezione, perché basta lo spostamento di un solo fotogramma per annullare gli effetti stereoscopici ed aumentare enormemente il disagio degli occhiali polarizzati.


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Insieme di sketch poco divertenti che cercano di sfruttare la novità del 3D (penso sia l'unico film italiano girato con questa tecnica) e la popolarità di Totò. La storia è ai minimi storici e il grande attore ricicla lo sketch del manichino (unico momento riuscito) e improvvisa una malinconica preghiera del clown. Troppo poco per un lungometraggio abbastanza evitabile, se non fosse per la presenza di Totò appunto.

  • Se è vero che i personaggi del mondo del circo devono sapersi adattare ad ogni genere di lavoro, in questo film viene chiesto a Totò di interpretare ogni ruolo e di sostenere tutto il peso di una pellicola (una delle tante parodie di celebri film interpretate dal grande comico napoletano) che si fregia di essere il primo film in 3D (anche se il primo film stereoscopico italiano dovrebbe essere Nozze vagabonde del 1936). Attori famosi tra il pubblico del circo e sketch divertenti e già conosciuti, che vedono protagonisti Totò e Castellani.

  • Un po' velleitario tentare di parodiare Il più grande spettacolo del mondo di Cecil B. De Mille pretendendo d'utilizzare le piste dell'allora ben più piccolo circo Togni. A poco serve il 3-D (la moda era già finita e il film fu visto da quasi tutti in versione normale) e il Ferraniacolor. Fra le cose salvabili, la toccante preghiera finale del clown (oggi considerata una vera e proprio sequenza d'antologia), oltre a May Britt e Tania Weber, qui veramente bellissime, molto ben valorizzate da fotografia e colore.

  • Questo film a colori girato in 3D è uno dei più corti della storia del cinema: non dura nemmeno 70 minuti. Mattoli ribadisce la sua personale estetica del film come spettacolo che riprende un altro spettacolo (qui il circo, ma nella trilogia scarpettiana e anche nei Pompieri di Viggiù, il teatro). La trama è, in effetti, un pretesto per dare occasione a Totò di presentare alcuni suoi famosi sketch di origine rivistaiola. Il comico non appare in grande forma forse perché deve sostituire la sua maschera mobile con la fissità della maschera da pagliaccio.

  • Un tentativo di sfruttare il grande repertorio teatrale di Totò, come avvenuto per il lancio dei film a colori in Italia, ma, a dispetto dello spassoso Totò a colori, questo espediente per lanciare il 3D italiano non ha la medesima fortuna. Il film presenta il suo unico momento di vera bellezza nella celeberrima "preghiera del clown" e presenta qualche altro schetch ilare ma, complessivamente, non lascia il segno. Per appassionati del grande attore napoletano.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La preghiera del clown.

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Landini Fanny (Diano Marina, 18 marzo 1931 - Roma, 25 febbraio 2016), è stata un'attrice italiana. Biografia Attrice caratterista attiva negli anni Cinquanta, recitò in diversi film con…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
4036
31 Ott 2018

Laurenti Giuliano

Laurenti Giuliano Nato nel 1922 - Morto nel 1985 (data da verificare), fu un truccatore cinematografico. Cugino di Laurenti Mariano. Sposò Magnanti Elda, che come parrucchiera condivise…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
1993
03 Dic 2015

Lawrence Marc (Goldsmith Max)

Lawrence Marc (Goldsmith Max) Nome d'arte di Max Goldsmith (Bronx, 17 febbraio 1910 – Palm Springs, 27 novembre 2005), è stato un attore cinematografico e regista statunitense, noto anche…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2092
13 Gen 2023

Le nozze proibite di May Britt

Le nozze proibite di May Britt Il matrimonio tra l'attrice svedese e il cantante ne*ro Sammy Davis è imminente. L’opposizione occulta e palese che, sopratutto negli ambienti di lavoro, si è…
Franco Quadri, «Tempo», anno XXII, n.46, 12 novembre 1960
521
18 Nov 2015

Libassi Salvo (Salvatore)

Libassi Salvo (Salvatore) (Pantelleria (TP), 18 maggio 1910 - Roma, 8 settembre 1984), è stato un attore italiano. Biografia Figlio di Ambrogio e Pia Colombo e fratello di Renato (nato a…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
4632
06 Nov 2018

Locchi Pino (Giuseppe)

Locchi Pino (Giuseppe) (Roma 10 novembre 1925 - Roma 21 novembre 1994), è stato un attore e doppiatore e direttore del doppiaggio. Padre di Stefano e Marina, attori doppiatori come lui. È…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
2315
19 Nov 2015

Lualdi Antonella (De Pascale Antonietta)

Lualdi Antonella (Antonietta De Pascale) Pseudonimo di Antonietta De Pascale (Beirut, 6 luglio 1931 - Roma 10 agosto 2023), è stata un'attrice e cantante italiana. Antonella Lualdi nasce a…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
7425
10 Dic 2019

Magnanti Elda

Magnanti Elda (in Laurenti) Parrucchiera di scena, moglie del truccatore di scena Giuliano Laurenti, lavorò in molti film con Totò. Di seguito, i suoi ricordi. Mi chiamo Elda. Una Elsa…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
2530
19 Nov 2015

Mangano Silvana

Mangano Silvana (Roma, 23 aprile 1930 – Madrid, 16 dicembre 1989) è stata un'attrice cinematografica italiana. Annoverata tra le maggiori attrici del cinema italiano, per le sue…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
5057
09 Apr 2014

Mattòli Mario

Mattòli Mario Non ho nessun merito nella carriera di Totò, se non quello di aver capito che non doveva continuare a fare il filmetto con la storiellina, ma che bisognava alzare un po' il…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
6139
04 Mar 2022

May Britt attende un uomo nervoso

May Britt attende un uomo nervoso La fotografa di Stoccolma diventata attrice in Italia protesta di avere un temperamento da donna del sud; ma perchè si desti ha bisogno di un regista dal…
Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.10, 8 marzo 1956
623
27 Mar 2022

May Britt fra i leoni

May Britt fra i leoni Colei che era chiamata “la svedese di Cinecittà” pianse quando lasciò Roma; ora è già diventata “la svedese di Hollywood” e la sua partecipazione a un film di Marlon…
Stelio Martini, «Tempo», anno XIX, n.51, 19 dicembre 1957 - Fotografie di Paolo Di Paolo
634
16 Apr 2022

May Britt ha trovato marito, attende il successo

Ha trovato marito, attende il successo E’ passato un anno ormai da quando May Britt ha lasciato Roma per l'America; in tutto questo tempo di film ne ha fatti uno solo, ma in compenso ha avuto…
H. S., «Tempo», anno XX, n.17, 22 aprile 1958
604
04 Mar 2022

May Britt: «La "civetta" mi ha portato fortuna»

May Britt: «La "civetta" mi ha portato fortuna» L'attrice svedese May Britt confessa, in questo articolo autobiografico, di essersi stupita per prima dello strano caso che l'ha portata al…
May Britt, «Tempo», anno XVII, n.12, 24 marzo 1955
701
12 Nov 2015

Mignone Toto (Ottone o Totò)

Mignone Toto (Ottone o Totò) Ottone Mignone detto Totò (Alessandria, 8 febbraio 1906 – Roma, 3 gennaio 1993) è stato un attore e ballerino italiano. Biografia Fratello minore di Milly e…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3683
09 Apr 2014

Monicelli Mario

Monicelli Mario Le origini (Roma, 16 maggio 1915 – Roma, 29 novembre 2010) è stato un regista, sceneggiatore e scrittore italiano. Negli anni Cinquanta abbiamo sbagliato tutto nei confronti…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
5799
03 Dic 2015

Morana Eleonora

Morana Eleonora (Milano, 13 settembre 1922 – Legnago, 23 agosto 2011) è stata un'attrice Filmografia Il più comico spettacolo del mondo, regia di Mario Mattoli (1955)Ricordati di Napoli,…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2034
19 Nov 2015

Quinn Anthony (Quinn-Oaxaca Antonio Rodolfo)

Quinn Anthony (Quinn-Oaxaca Antonio Rodolfo) Nome d'arte di Antonio Rodolfo Quinn-Oaxaca (Chihuahua, 21 aprile 1915 – Boston, 3 giugno 2001), è stato un attore messicano naturalizzato…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3039
03 Dic 2015

Reiner Lia (Arcari Cloe)

Reiner Lia (Arcari Cloe) Bografia Nome d'arte di Cloe Arcari, spesso accreditata come Lia Rainer, è stata un'attrice italiana. Attiva fra gli anni anni cinquanta e la prima metà degli anni…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2333
03 Dic 2015

Sedlak Elena (Hélène)

Sedlak Elena (Hélène) Talvolta indicata anche come Helen Sedlak o Hélène Sedlak (Sutri, 6 giugno 1938 – Sutri, 29 ottobre 2024), è stata una ballerina, coreografa e attrice italiana. È…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
4435
04 Mar 2022

Senza luna di miele le nozze di May Britt

Senza luna di miele le nozze di May Britt New York, novembre Il 13 novembre, con una cerimonia fastosa e rumorosa svoltasi ad Hollywood, il cantante e fantasista ne*ro Sammy Davis junior ha…
Gino Gullace, «Oggi», 1 dicembre 1960
785
28 Nov 2015

Sorrentino Alberto

Sorrentino Alberto (La Spezia, 16 febbraio 1916 – Roma, 1º febbraio 1994) è stato un attore italiano. Biografia Di origini campane per parte di padre (era nativo di Castellammare di…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
4025
10 Apr 2014

Supertotò (1980)

SUPERTOTÒ (1980) Titolo originale SupertotòPaese di produzione Italia - Anno 1980 - Durata 98' - Colore e B/N - Audio sonoro - Genere Commedia, film di montaggio - Regia Brando Giordani,…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
5929
04 Mag 2016

Totò e... Carlo Campanini

Totò e... Carlo Campanini È stata un'esplosione Sono stato uno dei primi che ha avuto le confidenze di Totò a proposito delle sue ricerche araldiche. È stato durante la lavorazione del…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3574
21 Nov 2016

Totò e... Carlo Croccolo

Totò e... Carlo Croccolo La voce di Totò L’ho doppiato naturalmente non in tutti i film ma solamente nelle scene esterne, per via dei rumori che richiedevano la doppiatura e, siccome Totò…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
7663
30 Apr 2016

Totò e... Isa Barzizza

Totò e... Isa Barzizza Diventava un altro Isa Barzizza: tra Totò, Shakespeare e raso nero con spacco C’era una volta una signora del palcoscenico che, tra risate e tragedie, passò dalla…
Orio Caldiron, Alberto Anile, Simone Riberto
8736
07 Giu 2016

Totò e... Mario Castellani

Totò e... Mario Castellani Un improvvisatore nato Per quarant’anni gli sono stato vicino nella vita e sul palcoscenico. Ho avuto l’onore di essere la sua « spalla » prediletta. Ci…
Orio Caldiron, Davide Morganti, repubblica.it, Alessandro Nocera, Giuseppe Grieco
12279
15 Mag 2016

Totò e... Mario Mattoli

Totò e... Mario Mattoli Quasi un contorsionista Non ho nessun merito nella carriera di Totò, se non quello di aver capito che non doveva continuare a fare il filmetto con la storiellina, ma…
Orio Caldiron, Franca Faldini, Goffredo Fofi
6095
12 Mag 2016

Totò e... Sandro Continenza

Totò e... Sandro Continenza Totò era un comico tutto di battuta Sono forse lo sceneggiatore che ne ha firmati di più, ma non posso negare che i film di Totò erano tutti un po' raffazzonati.…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2999
29 Feb 2016

Totò premi e riconoscimenti

Totò premi e riconoscimenti /* Indice eventi - stile dedicato solo a questo articolo */ .indice-eventi { margin: 2em auto; width: 100%; padding: 2em; background: linear-gradient(135deg,…
Simone Riberto, Elisa Mallardo, Federico Clemente, Daniele Palmesi, Francesco Velletri
10293

Totò, il comico irripetibile

Totò, il comico irripetibile Di Totò — scomparso il 16 aprile scorso ancora in piena attività (stava girando le prime scene de Il padre di famiglia di Nanni Loy, che furono poi rigirate con…
Ernesto G. Laura, «Bianco e nero», anno XXVII, n.6, giugno 1967
1577
04 Mar 2022

Vacanze al luna park per May Britt

Vacanze al luna park per May Britt Costretta a passare gran parte dell’estate lavorando, l’attrice svedese approfitta dei brevi momenti di liberta per recarsi spesso al parco dei…
«La Settimana Incom Illustrata», anno VII, n.32, 7 agosto 1954
607
10 Dic 2015

Viarisio Enrico

Viarisio Enrico (Torino, 3 dicembre 1897 – Roma, 1º novembre 1967) è stato un attore e cabarettista italiano. Il teatro e il cinema Scoperto dall'attrice e capocomica Paola Pezzaglia, che…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3775
03 Dic 2015

Weber Tania (Sarsgardeer Tanja)

Weber Tania (Sarsgardeer Tanja) Pseudonimo di Tanja Sarsgardeer (Helsinki, 18 agosto 1926 – Roma, 20 novembre 2009), è stata un'attrice finlandese, attiva soprattutto in Italia fra gli anni…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2909


Riferimenti e bibliografie:

  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • Claudio Mancini, Enzo Garinei, interviste di Alberto Anile, "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • Intervista a Enzo Garinei di Alberto Anile, "I film di Totò" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998, pp. 167-168.
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • Art., «La Domenica del Corriere», 16 novembre 1952
  • Giulio Cesare Castello, «Cinema» n.108, 30 aprile 1953
  • «Noi donne», anno VIII, n.21, 24 maggio 1953
  • lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 3 dicembre 1953
  • «Corriere d'Informazione», 3 dicembre 1953
  • «Il Tempo», 5 dicembre 1953
  • C. Tr. (Carlo Trabucco), «Il Popolo», 5 dicembre 1953
  • vice, «L'Unità», 5 dicembre 1953
  • E.C. (Ermanno Contini), «Il Messaggero», 5 dicembre 1953
  • Vice, «Paese Sera», 6 dicembre 1953
  • Recensione del film, G. Vis., «Giornale d'Italia», 7 dicembre 1953
  • «Corriere della Sera», 14 aprile 1954
  • Bruno Galvani, «Il Popolo», 29 aprile 1954
  • Alberto Crespi, «L'Unità», 30 ottobre 2011
  • Cfr. Alberto Anile, Totò Exploitation, «Cabiria», n. 174, maggio-agosto 2013, pp. 55-64