La cambiale
Antonio Posalaquaglia
Inizio riprese: giugno 1959, Stabilimenti Titanus, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 17 novembre 1959 - Incasso lire 708.209.000 - Spettatori 4.353.922
Titolo originale La cambiale
Paese Italia - Anno 1959 - Durata 105’ - B/N - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Camillo Mastrocinque F.Montemurro (aiuto) - Soggetto Vittorio Metz, Roberto Gianviti - Sceneggiatura Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Giulio Scarnicci, Renzo Tarabusi, Federico Zardi, Marco Scarpelli, Luigi Magni - Produttore Franco Palaggi, R.Palaggi (ispettore) - Fotografia Alvaro Mancori - Montaggio Roberto Cinquini - Musiche Carlo Innocenzi - Scenografia Piero Filippone - Costumi Ugo Pericoli
Vittorio Gassman: Michele - Ugo Tognazzi: Alfredo Balzarini - Georgia Moll: Maria - Raimondo Vianello: Olimpio - Sylva Koscina: Odette Mercury - Paolo Ferrari: Ottavio - Erminio Macario: Tommaso La Candida - Totò: Antonio Posalaquaglia - Peppino De Filippo: Peppino Posalaquaglia - Tony Ucci: il manager di Ursus - Marisa Mantovani - Andrea Bosic: il principe Alessio - Aroldo Tieri: Pierluigi Bruscatelli - Lia Zoppelli: moglie di Alfredo Balzarini - Luigi Pavese: Temistocle Bisogni - Franca Dominici - Laura Nucci: la baronessa - Dina Perbellini: la marchesa - Nanda Primavera: Tamara, la zia di Ottavio - Jolanda Verdirosi - Olimpia Cavalli: Enrichetta, la cameriera - Nada Cortese - Gina Rovere: Lola Capponi - Mario Castellani: l'avvocato Incarta - Peppino De Martino: il cameriere della taverna - Eduardo Passarelli: il pretore - Giacomo Furia: il cancelliere - Ugo Sasso: il compagno di cella di Bruscatelli - Michele Malaspina: il ministro - Vittorio Ripamonti: un invitato in casa della sposa - Fara Libassi
Soggetto
Il noto finanziere Pierluigi Bruscatelli dopo aver pagato con una cambiale da 100 000 lire due truffatori, i cugini Posalaquaglia e il loro sprovveduto cliente complice, viene arrestato. In galera spiega al compagno di cella tutta la teoria sulle cambiali, teoria che viene illustrata dagli episodi del film.
I cugini Posalaquaglia convincono il loro padrone di casa, il cavalier Temistocle Bisogni, ad accettare in pagamento dei sei mesi di affitto arretrato la cambiale di Bruscatelli.
Con questa cambiale il cavalier Bisogni acquista da Michele un cane da caccia di provenienza incerta, spacciato per un setter di razza purissima. Michele è solo il commesso del negozio ed è continuamente umiliato dal proprietario Ottavio, fratello della sua fidanzata che non vede di buon occhio questo fidanzamento.
Michele è costretto a lavori umilianti come lavare e tosare i cani mentre finge di corteggiare le loro vecchie padrone; in realtà sogna avventure galanti con bellissime donne di quell'alta società di cui cura solo gli animali. Michele si confida col principe Alessio, un nobile slavo, con il quale è in confidenza curando i suoi due magnifici pastori scozzesi e ne riceve indicazioni sui locali notturni alla moda e su come sedurre una donna.
L'occasione per applicare questi consigli si presenta subito, quando nel negozio entra Odette Mercury. Michele prendendo a guinzaglio i levrieri del principe, si finge il principe stesso e così riesce ad ottenere un appuntamento galante per quella sera stessa. Al ritorno di Ottavio questi si adira con Michele per aver accettato la cambiale e quindi, come punizione, gira la cambiale stessa a Michele come pagamento anticipato dello stipendio.
Ma la brutta sorpresa viene quella sera stessa all'appuntamento con Odette. Dopo la cena in un ristorante di lusso, Odette invita Michele a casa sua e dopo una notte d'amore Odette si rivela una prostituta di alto bordo ed il povero Michele è costretto a pagarla con la cambiale di Bruscatelli.
Con questa cambiale Odette vorrebbe comprare una pelliccia di tapiro, ma il commesso Olimpio è irremovibile: non concede sconti per l'acquisto né accetta la cambiale in pagamento. Interviene Alfredo Balzarini, titolare del negozio, sensibile alle avances della bella Odette, che accetta la cambiale con la promessa di una conoscenza più approfondita. Olimpio, nonostante la vecchia amicizia con Alfredo, fa intervenire la moglie di questi, vera proprietaria del negozio, che scombina i piani del marito.
In seguito la moglie di Alfredo scopre la cambiale e fa una scenata al marito il quale, non potendosi discolpare, è costretto a restituire la cambiale. Recatosi a casa di Odette, Alfredo vi trova Olimpio, reduce da aver pagato il contributo "validità e giovinezza" alla ragazza, e viene a sua volta sedotto da Odette. Non essendo riuscito né ad incassare la cambiale né a riprendere la pelliccia, Alfredo viene coinvolto da Olimpio in un incontro di lotta truccato dove entrambi vengono picchiati e perdono la cambiale.
Alla fine Bruscatelli non paga poiché ha saldato il suo debito con la società con la prigione; la cambiale va in protesto ed ognuno dei personaggi coinvolti cerca di rientrare in possesso o del contante dovuto da chi ha girato la cambiale, o almeno della merce venduta.
Alla pellicceria si presenta l'ufficiale giudiziario che pretende il pagamento di una cartella esattoriale che Alfredo ha finto di aver pagato con i soldi recuperati dalla cambiale. Contemporaneamente viene presentata la cambiale protestata e la moglie di Alfredo scopre tutto. I due coniugi hanno un feroce litigio, Alfredo viene ferito e la pelliccia di tapiro viene recuperata.
Odette si presenta alla festa di nozze di Michele e prende in pegno l'abito da sposa della sorella di Ottavio in cambio del pagamento della cambiale. Ottavio si presenta nel negozio del cavalier Bisogni, compra merce per centomila lire, l'importo della cambiale, paga con la cambiale e fa portare via la merce da Michele. Subito dopo i due sono da Odette per scambiare la merce con l'abito da sposa e nasce subito una simpatia tra Ottavio ed Odette.
Il cavalier Bisogni ha una causa in pretura contro la prostituta Lola Capponi che lo accusa di averle sparato una fucilata nelle terga durante una battuta di caccia vantando testimoni oculari. Il cavaliere in cambio della cambiale propone ai due cugini Posalaquaglia una falsa testimonianza che lo scagioni. Al momento dell'udienza però i due cugini sono gli stessi testimoni, ovviamente falsi, precedentemente ingaggiati anche da Lola, pertanto sono allo stesso tempo pro e contro nella stessa causa. Il giudice se ne accorge subito e li fa arrestare.
In prigione ritrovano Bruscatelli, mentre viene scarcerato per l'intervento di un ministro. I due gli fanno presente la cambiale, e lui, facendo finta di essersi dimenticato di pagarla, la rinnova con un'altra cambiale che i cugini lasciano in deposito al secondino per le piccole spese durante la detenzione.
Critica e curiosità
Su un soggetto di Metz e Gianviti, le riprese del film iniziarono nel maggio del 1959 ma il progetto rischiò di non essere completato a causa dello stato di salute di Totò, uno degli interpreti principali secondo il copione originario, ancora non guarito della grave malattia agli occhi che lo colpì nel 1957 cosicchè interruppe il film per circa cinque mesi, con alcune scene ancora da terminare. Il regista Camillo Mastrocinque, rassegnatosi ormai a terminare il film senza la presenza di Totò, modificò la trama e continuò a girare una nuova versione del film che riduceva al minimo le scene dell'attore napoletano, completando il tutto nel giugno 1959. Per inciso, in quel periodo Totò fu costretto a rifiutare per motivi di salute la proposta di parteciopare al film "Ferdinando I° re di Napoli" in cui avrebbe recitato ancora con Peppino. Totò tornò a "girare" nell'ottobre del 1959: infatti in una settimana il film fu completato secondo i tempi previsti.
Fu dato al film il titolo provvisorio Pagherò per questa cambiale. La presenza di Peppino De Filippo non era inizialmente prevista nel cast originale ma la sua scrittura fu un'intuizione giusta, visto tra l'altro la meravigliosa realizzazione della scena del tribunale. Con l'aggiunta delle ultime scene, il film venne rimontato e uscì nelle sale alla fine di novembre.
Così la stampa dell'epoca
Padre e figlio in Arrangiatevi, nella Cambiale Totò e Peppino diventano cugini. Sono i due scalcagnati avvocati Posalaquaglia, campano di imbrogliucci e false testimonianze; la cambiale del titolo la ricevono all'inizio del film dal finanziere truffaldino Bruscatelli (Aroldo Tieri): nel corso della vicenda il pezzo di carta andrà a riempirsi di firme fino a tornare inesorabilmente tra le mani dei due malcapitati. Anche nella Cambiale, diretto con un certo brio da Camillo Mastrocinque, Totò fa soltanto una partecipazione: la struttura del film è a episodi, i cambi di proprietario del «pagherò» sono solo il pretesto per una serie di episodi interpretati da diversi attori. [...]
Alberto Anile
[...] L'idea era ottima. Poteva dar luogo a un film drammatico. i viaggio di una cambiale alla scoperta della disperazione italiana. [..] Totò, Peppino, Tognazzi e Vianello formano coppie talmente affiatate, che ormai non sentono più nemmeno il bisogno di prepararsi. E fanno male [...]
Ugo Casiraghi, «L'Unità», 1959
Si farà un film sulle cambiali
Le "farfalle" — Vittorio Gassman, dopo il «Mattatore», parteciperà alle riprese del film «Pagherei per questa cambiale...» diretto da Camillo Mastrocinque. Sylva Koscina e Giorgia Moli, che hanno recitato al fianco di Gassman nel «Mattatore del cinema », saranno le interpreti femminili del film, mentre per i ruoli maschili sono assicurati Totò, Tognazzi, Vianello e Paolo Ferrari. «Pagherei per questa cambiale...» descriverà il tortuoso e divertente cammino percorso da una delle tante « farfalle » che svolazzano In Italia.
«Corriere dell'Informazione», 21 aprile 1959
Adesso fa il tosacani per rendere popolare Shakespeare
Vittorio Gassman, sfruttando la notorietà conquistata con il "Mattatore", interpreterà alcuni film che gli procureranno il denaro per realizzare il suo "Teatro nel circo". Questo il progetto dell'attore al quale ogni giorno vengono offerti, per il lavoro che ha iniziato, i cani più pregiati di Roma.
Nei teatri di posa della Farnesina, Vittorio Gassman ha cominciato a scontare la condanna che si è auto-inflitta nella penultima puntata del ”Mattatore”. "Mattatore a vita”. Il personaggio che egli interpreta nel film «Pagherò per questa cambiale», diretto da Camillo Mastrocinque, è una sottospecie di mattatore: il mattatore del tosacani. «Un tipo plebeo — spiega l’attore — con uno spolvero di blasé, con la tendenza a recitare e a saper far gioco delle occasioni». Cioè un giovane commesso di un negozio d'animali il quale, mentre fa le unghie ai gatti o lo shampoing ai cani, solletica con le sue attenzioni e i suoi sorrisi le residue vanità delle anziane clienti.
Questo atteggiamento nei riguardi delle clienti non è ovviamente ben visto dalla fidanzata del commesso, la parte della quale è sostenuta con molta vivacità da Giorgia Moll. La notizia che Gassman aveva bisogno di un certo numero di animali di razza ha messo in subbuglio, una settimana fa, la schiera dei suoi fans. I teatri della Farnesina sorgono alla periferia di Roma. Ogni mattina. una lunga fila di fuoriserie ne varca i cancelli, trasportando pregiati esemplari delle razze canina e felina. Wally Sandonnino ha prestato il suo bassotto nero, la marchese Bedendo due pechinesi dall’insigne pedigrée, e Indro Montanelli il suo lupo siberiano di nome Gomulka: un cane che ha avuto l’onore di tre colonne sul Corriere della Sera.
Nessun film italiano ha mai annoverato nel suo cast tante celebrità tutte insieme; ma l'idea che Vittorio avrebbe toccato con le sue mani la schiena dei loro adorati Pucci, Kim, Baby, ecc., ha rivelato una forza di attrazione irresistibile. Dopo ”Il mattatore”, la popolarità dell'attore è cresciuta a dismisura: ancora oggi che le trasmissione è finita da quasi un mese, egli riceve non meno di 350 lettere al giorno. La sua attuale attività cinematografica rappresenta forse lo sfruttamento immediato di tale successo.
Non che Gassman non avesse avuto prima la possibilità di fare del cinema. Certo è che oggi un qualsiasi lavoro cinematografico interpretato dall’eclettico attore offre ai produttori garanzia superlativa.
Pagherò per questa cambiale è un film brillante, il cui tono oscilla fra il comico e il grottesco. Esso racconta la storia del viaggio di andata e di ritorno di una cambiale da cento mila lire. Il punto di partenza è un certo commendator Bruscatelli, il quale consegna la cambiale a Totò e Macario. I due compari riescono a spenderla, fanno acquisti in grande, e la cambiale comincia a girare. Dalle loro mani passa in quelle del tosacani; che la dà ad una donnina allegra: la quale fa acquisti presso un pellicciaio; il quale, a sua volta, ci compra una stufa per sua moglie.
Il personaggio della donnina allegra è interpretato da Sylva Koscina. Il tosacani, nella sua presunzione senza limiti, crederà di aver fatto una conquista. ma alla fine dovrà invece versare alla donnina una grossa cifra, almeno per lui, cioè la ormai famigerata cambiale.
Arrestato Bruscatelli, la cambiale è protestata ed ha inizio, fra grottesche scenette, il suo divertente viaggio di ritorno. Appena un anno fa, nessun regista avrebbe proposto a Vittorio Gassman una storia di questo tipo; oggi, invece, il genere comico-brillante gli è addirittura il più consentaneo. Egli stesso ha suggerito il personaggio del tosacani; e durante la lavorazione, inventa di continuo nuove battute, e nuove situazioni. La sua trasformazione, (nel cinema), da attore melodrammatico in attore comico data da I soliti ignoti; ma l’esperienza del "Mattatore” è stata, in questo senso, decisiva. « Ho fatto un conto — dice Gassman — in due mesi e mezzo ho interpretato 45 fra personaggi, personaggini, e piccole figurazioni. E’ stata una ginnastica espressiva molto utile »!
Ginnastica per ginnastica, quella cinematografica ha il vantaggio d’essere più redditizia. Con ”Il Mattatore”, Gassman ha guadagnato sette milioni; con i film che interpreterà da oggi fino ad ottobre, egli si propone di raggranellare buona parte della cifra occorrente alla realizzazione del suo grande progetto teatrale del 1960. Non c’è nulla di casuale nella vita di Gassman. La TV gli è servita per conquistarsi una vasta popolarità; il cinema gli fornirà i fondi per il suo "Teatro nel circo".
Dopo il film che sta girando, ne interpreterà altri tre: La grande guerra, con Alberto Sordi, il seguito dei Soliti ignoti, e Il mattatore, ispirato alla sua rubrica. Uno dietro l'altro, quasi senza soluzione di continuità. Aveva ricevuto anche un’altra proposta: assai allettante dal punto di vista economico. Un editore di fumetti gli ha offerto 22 milioni per soli sedici giorni di lavoro: ma Gassman non ha accettato. Due anni fa (dopo aver interpretato "a fumetti”, con Anna Maria Ferrerò, la "Giulietta e Romeo” di Shakespeare per la verità ottenendo molto successo presso un particolare e vasto pubblico) dichiarò che non avrebbe mai più partecipato ai fotoromanzi, e non ha voluto smentirsi.
Le riprese del Mattatore termineranno ad ottobre; a novembre comincerà ad occuparsi dell’organizzazione artistica (scelta del repertorio, degli attori, dei tecnici, eccetera) del suo tanto sognato "Teatro nel circo”. Si tratta, com’è noto, di un teatro ambulante, che funzionerà undici mesi l’anno, spostandosi da una città all’altra. Fra giorni Gassman deciderà quale dei progetto sottopostigli realizzare. Il costo, per la sola costruzione, si aggirerà comunque intorno ai 250 milioni; il numero dei posti oscillerà dai 2000 ai 2500; il prezzo dei biglietti sarà, rispetto a quelli corrente assai ridotto. Lo scopo che Gassman si propone è infatti quello di portare a teatro un pubblico che di solito non lo frequenta per. ragioni "logistiche" o economiche o per tutte e due le ragioni insieme.
Egli ha fatto un calcolo. « Durante "Il mattatore” mi hanno seguito, ogni settimana, circa 12 milioni di spettatori; ma ne basta un milione, per riempire il mio teatro per due anni ». Sembra un calcolo giusto, e forse è soltanto ottimistico. Finora infatti non c’è quasi nessuna osmosi fra pubblico televisivo e pubblico teatrale: scollare un milione di telespettatori dalle loro sedie non sarà impresa facile. Gassman spera di riuscirci sfruttando il suo fascino personale, incanalando verso il vero teatro l’ondata di popolarità e d’interesse suscitata con la sua rubrica televisiva.
« Io sono un ambizioso — dice. — Soddisfazioni ne ho già avute tante. Adesso voglio legare il mio nome ad una imJ presa di utilità pubblica, a qualcosa che riporti il teatro verso la sua vera funzione di spettacolo popolare, e che rimanga ». Così, mentre truccato da friseur per animali, con un camice bianco e un fazzoletto blu che gli spunta dal taschino, tosa un bassotto, spunta un ricciolo ad un pechinese o lustra la corazza ad una tartaruga, Vittorio Gassman pensa assiduamente all’eternità.
Stelio Martini, «Tempo», anno XXI, n.20, 19 maggio 1959
Totò malato
Il principe Antonio De Curtis é stato colpito da una riacutizzazione del male di cui egli soffre agli occhi. Totò si é affaticato molto negli ultimi tempi. Ultimamente stava interpretando due film «La cambiale» e «Casa nuova vita nuova»
«Corriere della Sera», 11 giugno 1959
Totò costretto a letto per il suo male agli occhi
Sospesa per una ventina di giorni la lavorazione del film « La cambiale »
Roma 16 luglio, notte.
Il principe Antonio De Curtis, il popolare Totò, è nuovamente malato agli occhi; una ricaduta, che desta nel suoi medici qualche preoccupazione, ha reso necessaria la sospensione dell’ultimo film al quale l’attore partecipava, «La cambiale ». Per il momento, è stato stabilito che il lavoro riprenderà fra una ventina di giorni, quando, cioè, secondo le previsioni degli specialisti che hanno visitato il principe, egli sarà in grado di tornare sul «set».
Frattanto, trattandosi di un film a episodi isolati e fine a se stessi (è una garbata satira di costume sul meccanismo dell'uso, ormai diffusissimo, delle cambiali) gli altri protagonisti hanno terminato le loro scene. Il film è quindi già pronto per le parti che riguardano Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello e Silva Koscina.
Totò, colpito dal suo male proprio quando si apprestava a girare, è per il momento costretto al riposo più assoluto e deve stare a letto, immerso nella penombra. L’ultimo attacco del male di cui Totò soffre, lo colpì in Sicilia, dove fu costretto ad interrompere la tournée di una sua rivista, messa in scena dopo molti anni che mancava dal palcoscenico del teatro leggera.
«Corriere della Sera», 17 luglio 1959
Riacutizzato il male di Totò agli occhi
E' stata sospesa la lavorazione di un film cui il popolare attore deve partecipare
Roma 17 luglio.
Il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, ha dovuto sospendere la lavorazione del suo ultimo film «La cambiale », perchè colpito nuovamente dalla malattia agli occhi che, due anni fa, lo costrinse ad un lungo periodo di riposo e di cure.
I medici che curano il popolare attore, preoccupati per le sue condizioni, gli hanno ordinato un periodo di completa calma, per non stancare gli occhi affaticati dal riflettori dei teatri di posa. Secondo le previsioni dei medici, Totò potrà riprendere il lavoro interrotto tra una ventina di giorni. Totò soffri agli occhi per la prima volta due anni fa, a Catania, quando dovette sospendere una tournée di riviste e far ritorno a Roma.
In seguito alla nuova ricaduta di Totò, il film ad episodi «La cambiale», al quale partecipano Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Sylva Koscina, Raimondo Vianello, è stato sospeso. Quasi tutte le scene erano state girate, e mancavano solo quelle nelle quali avrebbe dovuto partecipare Totò, che è costretto a rimanere a letto, immerso nella penombra, nella sua casa romana dei Parioli.
«Corriere dell'Informazione», 19 luglio 1959
CHIUSO IN CASA SCRIVE POESIE E CANZONI
Malinconico Totò ci racconta dei suoi occhi che lo tradiscono
«Esco soltanto di notte perchè non vedo gli amici. Ma per il resto mi sento bene e tornerò presto a lavorare»
Roma, 23 luglio 1959
Totò è una di quelle rare persone del mondo dello spettacolo che non ama la pubblicità. Non vuole che si faccia chiasso intorno alla sua persona. Quando i giornali scrivono di lui, dunque, vuol dire che qualcosa di serio c’è.
S’è parlato di Totò quando sposò Franca Faldini, e questo fu un motivo serio; se ne riparlò quando, tre anni or sono, sospese una rappresentazione in Sicilia per una grave malattia agli occhi, e questo fu un altro motivo serio. Se ne è parlato recentemente per il riaffacciarsi della stessa malattia, ed anche questo è un motivo importante, tanto che il principe Antonio De Curtis ci ha invitato a casa sua per chiarire la portata del male.
E così abbiamo avuto l'occasione di conoscere un nuovo Totò. Abbiamo, cioè scoperto un nuovo artista; più melanconico, molto diverso dal vecchio attore di rivista che tutti conosciamo. Era ad attenderci, familiarmente, in vestaglia. E’ entrato sicuro nel salotto dove attendevamo, ma non ci ha visti; ha semplicemente scorto la nostra ombra.
S’è seduto, s’è passata una mano sui capelli, ha pensato un momento a quale frase ricorrere per rompere il silenzio; poi ha detto: «Come può vedere, sto bene, benissimo. La salute c’è, anche se non tutta. E' sempre l’occhio destro che, a dir la verità, mi rompe un poco le scatole. Ma non si tratta di una cosa grave, come quella di tre anni fa. Un velo di opacità si è formato sopra l’occhio e, finché non verrà riassorbito, dovrò accontentarmi di vedere solo ombre. Anche l'occhio sinistro è debole, ma è una cosa di vecchia data».
«Quando potrà riprendere il lavoro?». gli abbiamo chiesto.
«La mia pupilla non è come un paio di scarpe, che si possono usare quando si vuole. Nemmeno il medico sa dirmi quando potrò riprendere il lavoro. Penso io, che tra una ventina di giorni tutto dovrebbe essere passato». Totò ha dovuto interrompere di girare «La cambiale», il 6 giugno scorso.
Da allora non è uscito di casa che poche volte; e solo di sera ed in auto. «Esco di notte e raramente — ha confessato, con un velo di imbarazzo il principe — per evitare d’incontrare amici e conoscenti. Se mi salutano, io non voglio che pensino che non contraccambio per maleducazione, o per superbia. Il fatto è che non li vedo proprio».
Totò chiama il suo male «contrattempo». «Sono addolorato — dice — per questo contrattempo: "La cambiale" è un film graziosissimo, in cui lavoro insieme a Macario: un vero polentone ed un vero terrone».
Totò cerca di nascondere la sua tristezza, ma tutte le sue frasi sono piene di un dolore che affiora. Guarirà perfettamente. I medici glielo hanno assicurato; ma intanto gli hanno proibito d’andare al mare e gli hanno consigliato la montagna. «Ho una barca — dice Totò —, ma ora per me è diventata inutile. E sì che il mare mi piace! Da molti anni vado in un paesino della costa provenzale. Si chiama Le Lavandou ed è bellissimo e tranquillo ed ha un mare come quello di Napoli. In queste lunghe settimane di riposo ho persino scritto una canzone dedicata a questo paesino».
Da quando non lavora, Totò s’è leggermente ingrassato perchè passa molte ore della giornata seduto alla scrivania e scrive poesie. E quando ci ha recitato qualcuna di queste composizioni, ci ha colpito la loro malinconia. Poi ci ha salutati. «Stiamo allegri», ha detto. Sorrideva con gli occhi fissi in avanti.
Giancarlo Ghislanzoni, «Corriere dell'Informazione», 23 luglio 1959
Totò ha ripreso a "girare" dopo mesi di forzata inattività
« Non vedo ancora bene - dice - ma in giugno percepivo solo il chiaro e lo scuro » - Costretto a stare sempre in casa, ha composto poesie e una canzone
Roma 31 ottobre, notte.
Dopo cinque mesi di forzata inattività, Totò è ricomparso oggi nel teatro di posa dell’Istituto nazionale «Luce» per terminare «La cambiale», il film interrotto il 6 giugno scorso per il riaffacciarsi della malattia degli occhi, che tre anni e mezzo or sono lo aveva costretto a sospendere la sua ultima rivista a Palermo.
Totò non vede ancora bene; non riconosce le persone, ne distingue solo le sagome; «E’ poco — egli dice — ma è già abbastanza rispetto a qualche mese fa, quando percepivo solamente il chiaro e lo scuro». Lavora con difficoltà e le lampade da diecimila che lo bersagliano dall'alto dei castelli di legno, gli procurano un doloroso bruciore agli occhi. Il registra Mastrocinque gli fa girare scene brevissime, di pochi minuti, per dargli modo di inforcare gli occhiali neri e riposare le pupille.
L’attore si muove nel teatro di posa sempre col timore di toccare inavvertitamente qualche filo elettrico o di inciampare in qualche cavo e se compie qualche passo falso ne ride per primo, come del resto ha riso nel sapere che Poppino De Filippo, che nel film «La cambiale» è suo cugino, lo chiama «il cecato». Totò cerca di nascondere questa sua momentanea semicecità sotto la scorza del suo gioioso carattere. Fra circa una settimana, quando la pellicola sarà ultimata, Totò dovrà nuovamente, per ordine del medico curante, osservare il più assoluto riposo e non affaticare soprattutto la vista. Sono necessari ancora parecchi mesi, forse un anno, prima che l'attore possa tornare a vedere discretamente.
In origine, quando dovette abbandonare la rivista a Palermo, si trattò di una emorragia interna del bulbo oculare destro; poi, al termine di intense cure,’ la pupilla riprese lentamente la sua funzione. Quest’anno l’occhio si riammalò. «Era il sei giugno — è Totò che parla — durante la seconda giornata di lavorazione del film. Incominciai a vedere una macchia scura che mi ballava davanti all’occhio destro. Piano piano, la macchia si ingrandì e, a un certo punto, mi sembrò di aver perso completamente la vista. Ora va molto meglio, anche perchè so esattamente quello che ho: c’è nel mio occhio del liquido che deve essere riassorbito dai tessuti. Attualmente non c’è più buio davanti alle mie pupille, ma una opacità nella quale già distinguo le ombre ed anche i contorni delle cose. Quando il liquido sarà completamento riassorbito, allora rivedrò come prima ».
Dal sei giugno Totò è rimasto quasi sempre in casa. La prima raccomandazione, infatti, che il medico gli fece è stata quella di evitare rigorosamente la luce del sole. Ha fatto delle passeggiate in automobile, ma di sera. L’attore ha occupato le lunghe giornate estive e queste autunnali componendo poesie ed una canzone, un valzer. Contrariamente a quello che si può pensare, le poesie di Totò non sono allegre; sono malinconiche ed amare. Una è la storia di una mondana, un’altra è il dialogo fra l’asino Sarchiapone ed il cavallo Ludovico, un’altra ancora si intitola «'O schiattamuorto», il becchino. L'ultima non è ancora terminata; ma di questa Totò non vuole parlare, perchè riguarda i nostri tempi, «ed io — egli dice — non voglio passare guai; mi capite?: sono versi uno pucorillo acidi».
«Corriere della Sera», 1 novembre 1959
DOPO CINQUE MESI D'ASSENZA
Totò è ormai in via di guarigione è tornato ieri nei teatri di posa
«E' come se portassi un paio d'occhiali di vetro smerigliato», ha detto per spiegare quale sia il fastidio che ancora lo affligge - Il «primo giorno di scuola» del grande attore
Dopo cinque mesi d’assenza, Totò il popolarissimo attore comico dei nostri schermi, è tornato ieri ai teatri di posa dell'Istituto Luce, per riprendere la lavorazione del film «La cambiale» del regista Camillo Mastrocinque. Totò non è ancora completamente guarito del male che fu la causa del suo improvviso ritiro dalle scene e perciò di questa lunga pausa nella lavorazione del film. I suoi occhi distinguono bene le immagini, ma gliele rendono velate. «E' come so portassi un paio d’occhiali con i vetri smerigliati — spiega — Il liquido del versamento che ebbi si sta riassorbendo. I medici mi hanno detto che ci vorranno altri cinque mesi buoni per guarire del tutto».
L’ultima volta che ci incontrammo con lui, nella sua bella casa ai Parioli, era un pomeriggio destate e faceva un gran caldo. Parlammo del film che aveva dovuto interrompere, parlammo delle sue poesie e delle sue canzoni. Gli promettemmo di tornare da lui il giorno che i medici gli avessero permesso di ricominciare a lavorare. Dovevamo bere un calice di champagne.
Ieri, lo champagne non c’è stato, perchè non c’era tempo. Il regista e i compagni di lavoro non lo hanno mollato un momento. Era come il primo giorno di scuola, ma già davano i compiti. Per esigenza di scena, Totò indossava uno sdrucito soprabitino e un cappello sformato che gli pendeva sulle orecchie. Doveva suonare a una porta: da dentro gli dicevano «avanti» e lui entrava. Dentro c'erano Peppino De Filippo e Peppino De Martino. Sulla targa della porta si leggeva «Posalaquaglia e Posalaquaglia - Consulenze testimoniali».
La scena è stata ripetuta parecchie volte, poi gli attori hanno avuto un momento di tregua. Totò si è subito messo un grande paio di occhiali neri, per proteggersi le pupille dalla luce bianca dei riflettori. Era un po’ stanco, ma sembrava felice. Il primo ad avvicinarglisi è stato il prof. Galeazzi. Gli ha sussurrato qualche cosa in un orecchio, e subito Totò si è toccato gli occhiali, come per dire : «Ma non lo vede che li ho messi?». Il viso del grande attore era atteggiato alla soddisfazione più completa. Egli era sceso da un macchinone americano lungo dieci metri, e si sentiva ora a suo agio in quel soprabituccio da quattro soldi, con quel cappellaccio da morto di fame, con l’odore dolciastro del cerone sotto il naso.
«Principe, come va?» gli abbiamo chiesto. «’Na bellezza!», ha risposto. Totò ci tiene a questo film. Gli piace il soggetto e soprattutto gli piace il personaggio che deve interpretare. Se egli non si fosse ammalato, ora la pellicola già sarebbe in proiezione. Oltre a Totò, a Peppino De Filippo e a Martino, vi hanno lavorato Gassmann, Bocich e molti altri attori di teatro. Abbiamo rimandato il nostro calice di champagne al giorno della «prima», giorno che ormai non dovrebbe essere lontano.
«Il Messaggero», 11 novembre 1959
Una farsaccia, ma buttata giù con l’entusiasmo di chi crede ancora nella ricetta della torta in faccia, della sedia Improvvisamente tolta di sotto il sedere e della moglie che bastona il marito, e ci crede ancora con tanta fede che riesce, una certa parte, a comunicarne agli spettatori.
Inutile raccontare la vicenda, tanto più ch'essa è un mosaico di piccoli episodi malamente tenuti Insieme da un pretesto di filo conduttore, ch'è una cambiale di centomila lire la quale passando di mano in mano genera ogni sorta di guai. Guai tutti da ridere, naturalmente, e nei quali si esibiscono, ciascuno con un proprio pezzo di bravura, Gassman, Tognazzi, Vianello, Macario, De Filippo, Totò, ed è inutile dire che i più efficaci sono questi due ultimi. Non manca una pesante dose di volgarità, e non era Sylva Koscina l’attrice, semmai, che potesse riscattarla. Di Georgia Moll è da notare, anzi da non notare, una magra apparizione in reggipetto.
Mosca (Giovanni Mosca), «Corriere d'Informazione», 20 novembre 1959
Spesso motivo di grattacapi e di delusioni, le cambiali; non così, per lo spettatore almeno, La cambiale che Mastrocinque ha diretto su un soggetto di Metz e Gianviti. [...] Un film a incastro, che ha i suoi capitoli più spassosi laddove sono di scena un Totò in ottima forma, un Peppino De Filippo che gli fa buona compagnia ed un Gassman in vena. Vistose le apparizioni di Sylva Koscina e di Georgia Moll; partecipano inoltre, con risultati discontinui, Vianello, Paolo Ferrari e, in una particina, Macario. Nonostante qualche incertezza e qualche intoppo un film che ottiene il suo scopo, quello di divertire e di far ridere; non può quindi mancargli il successo.
«Corriere della Sera», 20 novembre 1959
Era doveroso che, prima o poi, si consacrasse un film alla cambiale, che nel mondo cinematografico italiano occupa un posto preminente. Ma era altresì sperabile che della «farfalla» si parlasse nei termini propri di una commedia, con tanto di occhi spalancati sul costume della nostra società, e con un briciolo d'intendimento satirico. Dopo aver visto la pellicola diretta dal prolifico Mastrocinque, ogni speranza nutrita si è resa vana. Proseguendo nel solito andazzo, che contraddistingue il film comico nostrano, regista e sceneggiatori hanno infilato la comoda scorciatoia della farsa macchiettistica e hanno rimandato forse — almeno ce lo auguriamo — ad altra data e ad altra occasione quel film che la cambiale, in quanto fenomeno assai diffuso, si meriterebbe. Nella cornice di un intrattenimento ridanciano e post prandium, La cambiale, tuttavia, non offende neppure i palati raffinati. [...] Vittorio Gassman, Sylva Kosclna, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Giorgia Moll, Totò e Peppino De Filippo sono gli interpreti principali.
vice, «L'Unità», 26 novembre 1959
Questo di Camillo Mastrocinque è un film a ruota: tipo «La ronda » di Ophuls o « Destino » di Duvivier. Solo che invece di un rapporto d'amore o d'un abito da società quel che lega l’uno all'altro i vari personaggi è una volgarissima cambiale, simbolo di certa facile finanza del tempi nostri. [...] Uno per uno i personaggi della catena riappaiono sullo schermo, fino ad Aroldo che sostituisce la vecchia cambiale con una nuova e torna ad appiccicare quest'ultima a Totò e Peppino dando inizio così a una nuova catena. A questo punto il film s'interrompe. Era ora. Lo spettatore ha già il mal di testa, dopo tanti eventi senza brio e senza logica. Tanto più che tutto è stato girato in presa diretta e da noi la presa diretta, dopo tanti anni di abitudine al doppiaggio, significa purtroppo papere di attori accavallarsi di voci confuso brusio di fondo.
Bir., «Il Messaggero», 26 novembre 1959
Sull'abusatissima ruota del filmetto scacciapensieri, l'abile Mastrocinque, e con lui gli sceneggiatori Metz e Gianviti, hanno azzeccato il numero buono. Intendiamoci: niente di straordinario, e più che una traccia del cattivo gusto persistente nel nostro cosiddetto cinema allegro; ma almeno non c'è senso di fatica e confusione; pur episodico e con tanti personaggi, il filmetto scorre chiaro e ordinato. Narra la corsa di un oggetto, una cambiale che passa di mano in mano. Da un commendatore fallito a due imbroglioni; da questi a un padrone di casa che la gira a un tosacani coiffeur des chiens; quindi a una donnina allegra, e finalmente al proprietario di una boutique; donde ritornando indietro, ritrova la donnina, il tosacani e così via fino al commendatore. Bravi gli attori e in gran forma la coppia Totò Peppino De Filippo.
«Stampa Sera», 26-27 novembre 1959
La cambiale, questo folletto della finanza moderna, ha suggerito al soggettisti Metz e Gianviti e al regista Camillo Mastrocinque uno spigliato filmetto a episodi tenuti in sesto da un filo logico, appunto il giro a tondo, di personaggio in personaggio, della cambiale stessa. [...] si potrebbero ricordare i molti precedenti, anche illustri, di siffatte rincorse dietro a un oggetto; ma non è il caso. E cosi si passano sotto silenzio, tanto sono blande, le pretese di satira sociale. Il film vuole soltanto divertire col suo rapido trapassare da un quadretto all'altro, da un attore all'altro; e ci riesce senza produrre confusione né stanchezza. Spiccano nella giostra cui prendono parte anche Macario, Paolo Ferrari e Giorgia Moll, il «mattatore» Gassman e più ancora il duetto Totò-De Filippo davvero spassoso specialmente nella scena in Pretura che conclude in farsa la vicenda.
l.p. (Leo Pestelli), «La Stampa», 26 novembre 1959
Sappiamo tutti cos'è una cambiale: "oro", secondo la definizione che ne dà un personaggio truffaldino; una buggeratura secondo chi la passa all'incasso e se la vede tornare indietro; la riserva monetaria su cui si basa l'economia italiana, vista da un ottimista: la bandiera che sventola in tutte le case della penisola, secondo un umorista. «Se dovessero arrestare tutti coloro che non pagano le cambiali — dice un personaggio del film — lo stivale rimarrebbe vuoto».
Su questo fogliettino di carta pieno di firme con svolazzi e di timbri, Camillo Mastrocinque ha imbastito, con la collaborazione di Metz e Gianviti e di altri numerosi sceneggiatori, un film allegro e spensierato che si vede con piacere. C'è specialmente la prima parte, affidata all'interpretazione di quattro ottimi attori — Totò, Peppino De Filippo, Macario e Aroldo Tieri — leggera, allegra, piena di umore, ch’é degna delle migliori tradizioni comiche.
Il film racconta la storia di una cambiale che parte da un cavaliere d’industria e finisce, protestata, nelle mani del medesimo, appena uscito dal carcere. La cambiale viene rinnovata e riprende il suo giro glorioso (per altri quattro mesi). Con gli attori che abbiamo nominato, contribuiscono al divertimento Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Sylva Koscyna, Giorgia Moll, Paolo Ferrari, Mario Castellani e molti altri.
i.d., «Momento Sera», 26 novembre 1959
Tutto lo squallido repertorio boccaccesco della farsa più trita e più volgare costituisce la povera materia di questo film. Che lazzi di comici alla moda è spreco di improvvisate battute non, valgono certo a riscattare, nemmeno sul piano del passatempo. La storia, se storia si può definire un susseguirsi di scenette, molte delle quali sembrano create al momento, inizia quando un truffatore in grande stile rilascia una cambiale a due imbroglioncelli; questi danno il «pagherò» al loro padrone di casa il quale, a sua volta, lo utilizza per comprarci un cane da caccia. La cambiale continua a passare di mano in mano, prima a un tosacani, poi a una donna di malaffare, ai proprietari di una boutique, al gestore di un baraccone. Poi inizia il cammino inverso e la cambiale risale da una mano all'altra, seguendo le trafila delle firme che reca sul retro, finché non ritorna al primo truffatore il quale, con molta disinvoltura, la rinnova.
Non c’è altro da aggiungere, il film è volgare, noioso e non arriva mai a dire nulla di divertente. Tutte le macchiette che infestano da tempo giornali umoristici e cinema dozzinale sono puntuali all'appuntamento. Un appuntamento al quale dispiace di veder presente anche un attore di indubbio valore e di coraggioso impegno come Vittorio Gassman.
P.V., «Il Popolo», 26 novembre 1959
Non è nuova al cinema l'idea di un oggetto che passa da uno all'altro in un continuo girotondo che alla fine ai conclude al punto di partenza. Gli auton di queste fantasie, però, come a suo tempo Duvivter. in Destino, con un frac, mirano in genere a scoperte umane o morali che, con la loro serietà, giustifichino lo scherzo od il gioco cui si abbandonano
Nel film di oggi, invece, queste preoccupazioni non ci sono; c'è solo una cambiale che passa di mano in mano suscitando soltanto disavventure più o meno comiche e situazioni decisamente farsesche, in una specie di girandola umoresca che rinnova e ripeta le più note gag del teatro di rivista variamente alternate ad alcune facili caricature. Il pubblico, così, vi troverebbe un divertimento solo superficiale (e in alcuni momenti anche abbastanza discutibile) se non lo inducesse a più cordiali consensi la presenza, fra gli interpreti, di un gruppo di attori (comici e no) particolarmente affiatati: Totò e Peppino de Filippo, ad esempio, che ancora una volta ci ripropongono un'amena coppia di lestofanti, Tognazzi e Vianello, alle prese con le loro abituali vicissitudini e, finalmente, Vittorio Gassman in una colorita caricatura di dongiovanni smargiasso e plebeo.
Sylva Koscina e Giorgia Moll si dividono equamente al loro fianco le parti femminili, ma, questa volta sI fanno notare quasi esclusivamente perchè sono belle. Ha diretto, con allegra disinvoltura. Camillo Mastrocinque.
G.L.R. (Gian Luigi Rondi), «Il Tempo», 26 novembre 1959
I documenti
Un'interessante intervista a Gina Rovere realizzata da Giacomo Di Nicolò, utente del sito "Il Davinotti".
Era accaduto che da qualche anno, in coppia con Totò, avevo ottenuto un notevole successo cinematografico guadagnandomi, così, la fiducia del «noleggio», la sicurezza, cioè, di aver provocato l’interesse diretto dei distributori di films. Tra costoro vi figurava il più importante: Angelo Rizzoli. [...] Infatti, si creda o non si creda ma le statistiche parlano chiare, furono i films che io girai in coppia con Totò a salvare il nostro cinema di allora che subiva la barriera delle produzioni americane, fino a raggiungere la vetta di oltre un miliardo e mezzo di incassi. Si parla di una cifra di tredici anni fa!
Peppino De Filippo («Strette di mano», Peppino De Filippo, Alberto Marotta Editore, Napoli 1974)
Discutendo con Andrea Camilleri su Totò e Peppino De Filippo, da lui molte volte diretti:
Che cosa volevi intervenire su quei due? Io mi facevo dire supergiù come avrebbero recitato in scena, stabilivo dove mettere la camera e mi andavo a prendere un caffè.
Camillo Mastrocinque
Totò, Peppino e la falsa testimonianza
La scena del tribunale, con protagonisti Totò e Peppino De Filippo, risulta un modello di recitazione comica realizzata da due fuoriclasse della risata. Niente lascia trasparire che uno dei due, Totò convalescente per la grave malattia agli occhi, è quasi cieco. I due cugini Posalaquaglia duettano e dialogano col Pretore in un crescendo di lazzi e freddure, fino a quando quest'ultimo chiede ai due un alibi per il giorno 24 maggio. Totò, infrangendo la sacralità del Tribunale e del patriottismo, intona il Canto del Piave... Siamo qui ai livelli della lettera di "Totò, Peppino e la... malafemmina", con due attori che insieme creano una miscela di comicità unica nel suo genere e qui Totò, al centro della scena come ai vecchi tempi del varietà, dà il meglio di sé stesso con gag non provate, aggiunte estemporanee ed espressioni nei dialoghi che mettono in "crisi" troupe e colleghi attori: Luigi Pavese dissimula la risata mordendosi un pugno, Gina Rovere cela la bocca con la mano e si nasconde tra gli attori, lo stesso Peppino nasconde una risata, mettendosi in bocca il cappello.
Il rientro di Totò per la prosecuzione delle riprese del film nell'ottobre del 1959, dopo cinque mesi, sarà soggetto ad una verifica delle sue condizioni di salute da parte della produzione e il direttore della fotografia Alvaro Mancori ottiene dalla Ferrania una pellicola ancora più sensibile, la quale richiede minor quantità di luce.
Arrivò il giorno della prova. Per lui era un esame da o la va o la spacca. I medici, per dargli l’autorizzazione a continuare a girare a teatro, vollero essere presenti, c’era un termocolorimetro per il calore della luce, e non dovevano esistere rumori violenti perché Totò doveva essere calmissimo. Facemmo alcuni provini... se resisteva alla luce ce la facevamo, sennò Totò era finito. Girammo queste cene con il batticuore di tutti... Totò andava non a occhi chiusi ma quasi. I primi giorni gli mandavo piano piano la luce mettendo davanti la ‘bandiera’ e abbassandola gradatamente, senza dargliela con violenza, e poi lui partiva bene e sopportava tutto. E stato un miracolo veramente, la sua volontà era enorme.
Alvaro Mancori
Peppino De Filippo ricorda, dieci anni dopo la lavorazione del film:
Il povero Totò quasi non vedeva più ed io ero costretto (Dio sa con quanta tenerezza ed amicizia) a girare le nostre scene portandomelo sottobraccio, accompagnandolo così... naturalmente, senza dare a capire, e lui recitando, mi seguiva fiducioso, tranquillamente nello spazio stabilito nel quale si svolgeva la vicenda.
Peppino De Filippo
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
Fosse stato tutto all’altezza della prima mezzora sarebbe stato indimenticabile. Invece, spariti Totò-De Filippo-Pavese (uno più bravo dell’altro), il film tiene un po’ con la prima parte di Gassman, ma poi cala (e non poco) fino al finale. Ovviamente la fanciulla disponibile a tutti è francese, non italiana… Alla fin dei conti risulta grazioso e nulla più. **
Il pellegrinaggio di una cambiale che nell'Italia maestra nell'arte di arrangiarsi passa di mano in mano e torna poi incredibilmente al punto di partenza. Una bella idea per il soggetto in parte sprecata in un film troppo legato alle gag estemporanee e privo di una sceneggiatura organica e strutturata. Si ride comunque grazie alle ottime performances del cast.
In pieno boom economico una cambiale viaggia, a ritmo sostenuto, da una mano all'altra. In un circolo vizioso finirà per tornare al punto di partenza. Già fa ridere il nome del personaggio interpretato da Totò (Dante Posalaquaglia!), senza contare che il cast può vantare presenze di lusso (Gassman, Tognazzi, Vianello, Sylva Koscina), ottimamente valorizzate dalla convincente sceneggiatura e dalla regia dell'esperto Camillo Mastrocinque.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: il litigio tra i due cugini (Totò e Peppino) ed un infuriato padrone di casa...
Commedia sul boom economico italiano, focalizzata su una delle sue artefici: la cambiale, che passa di mano in mano in una serie di vivaci episodi, seppur non sempre riusciti. Il deficit è comunque colmato dal cast stellare, con in prima fila i cugini truffaldini Totò e De Filippo, veramente impagabili quando si trovano al cospetto del giudice spacciandosi per una coppia di testimoni oculari. La Koscina concede un mini strip.
Bel film a episodi, genere che solitamente non amo molto. Il cast è di gran livello, ma il film sarebbe da annoverare come una discreta commedia e nulla più se non fosse per l'episodio di Totò e Peppino, alias i cugini Posalaquaglia. Le loro due scene con il padrone di casa e soprattutto la deposizione davanti al giudice come testimoni (doppiamente falsi, peraltro) sono di una comicità tale da far diventare il film uno degli imperdibili in senso assoluto. C'è anche Toni Ucci, in una particina.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò che canta a squarciagola "il 24 Maggio" vale il film da solo.
Film praticamente ad episodi collegati fra loro da una cambiale che passa di mano in mano. L'episodio migliore è ovviamente quello che apre e chiude il film, con Totò e Peppino falsi testimoni, davvero irresistibili nella scena del processo. Gassman risulta un po' troppo sopra la righe ma in qualche momento diverte anche lui, Tognazzi e Vianello (penalizzati dalla storia peggiore) riescono a far divertire grazie al loro affiatamento (simpatica la scena dell'incontro di boxe). Lo considero notevole comunque per il già citato duetto Totò-Peppino.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Mi dica il 24 maggio" e Totò inizia a cantare...
Siamo ad un anno dal 1960 (che darà il via ai favolosi anni '60) e già la cambiale, il famigerato "pagherò", è all'apice del suo uso e del suo successo. In questa spassosa commedia si vede come il pezzo di carta bollata lega tra di loro personaggi i più diversi, tutti spettacolarmente interpretati da un cast che riunisce gli attori più amati e bravi del momento, capeggiati da un Totò per il quale non ci sono aggettivi sufficienti. Il film è ben strutturato e ben diretto, nella sua veste comica mostra però uno spaccato piuttosto veritiero di vita.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La testimonianza di Totò e Peppino è da antologia e da tesi universitarie.
Mastrocinque era una garanzia per un certo tipo di commedia e questo film lo dimostra una volta di più. In un tourbillon di personaggi, rappresentati dal meglio della comicità italiana di quel tempo, gira una sceneggiatura perfetta che ha come oggetto principale, appunto, una cambiale che passa di mano in mano. Se si esclude l'episodio di Gassman, l'unico un po' sottotono anche se con un finale arguto ed inaspettato, il resto è da antologia della comicità. Travolgente il finale con la parte della deposizione dei falsi testimoni Totò e Peppino.
Mediocrissima e sfiatata serie di gag al servizio di un'idea scontata (le centomila lire che girano in tondo). Tognazzi e Vianello al minimo, Gassman assolutamente sottotono; l'unica eccezione è la coppia Totò-De Filippo, capace di estrarre sangue (probabilmente improvvisando la maggior parte delle battute) da una sceneggiatura di rape.
Discreta commedia a episodi tenuti assieme dal pretesto di una cambiale che passa con estrema disinvoltura da una mano all’altra. La regia di Mastrocinque è buona, anche se la sceneggiatura non sempre desta interesse e la sostanza in fondo non è poi molta. Brillano Totò e Peppino che hanno chiaramente qualcosa più degli altri dimostrando con le loro abilità di improvvisazione di saper valorizzare un canovaccio alquanto striminzito. Il resto non demerita, ma non regge il confronto e la durata eccessiva non li aiuta di certo a reggere il passo.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La falsa testimonianza di Totò e Peppino.
Nonostante l'arruolamento di un nutrito cast di stelle italiana dell'epoca, ne esce fuori una commedia un po' bolsa e a tratti noiosa con protagonista questa cambiale che gira di mano in mano. Con questo pretesto nascono una serie di episodi tutti uniti fra loro ma di scarso appeal. Bene Totò, ma appare poco. Il resto del cast si arrabatta come può.
E’incredibile come l’arida normativa commerciale della cambiale rispettata in tutte le sue clausole possa diventare la sceneggiatura di un film assolutamente fuori dai gangheri per di più ad andamento chiasmico. Eppure è quello che succede in questo scatenato e un po' sgangherato film comico di Mastrocinque che include il fior fiore dell'arte recitativa italiana di 50 anni fa. Tra traenti, trattari e prenditori che si passano il testimone rappresentato dalla cambiale è il festival della performance burlesca, la sagra del lazzo e della battuta.
Spassosa commedia sull'uso che ebbe la cambiale ai tempi del boom, tema trattato con tanta ironia. Il film, strutturato a episodi, ha parecchi momenti divertenti, in modo particolare con le coppie Totò e Peppino e Tognazzi-Vianello che rappresentano senza dubbio i comparti più esilaranti. Indubbiamente l'unico momento piuttosto deludente è quello con protagonista Gassmann, anche se non è malaccio, alla fine. Bellissima Sylva Koscina e ottimo cast secondario, tra cui spiccano Pavese e la Zoppelli. Da antologia il finale.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La testimonianza di Totò e Peppino: scena mitica!
Se non fosse per l'episodio con Totò e Peppino direi che è un film davvero debole, nonostante l'ottimo cast. Incominciamo col dire che l'episodio con Totò, Peppino, Pavese e Tieri è condito di una comicità fantastica, ricca di improvvisazioni; gli altri episodi con Gassman, Tognazzi e Vianello cercano in qualche modo di strappare le risate allo spettatore ma senza riuscirci (tra l'altro sembrano tirati troppo per le lunghe, giusto per portare il film ai suoi 100 minuti). 3 pallini meritati ma solo per l'episodio con Totò e Peppino.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La ditta "Posalaquaglia & Posalaquaglia" di Totò e Peppino.
La cambiale, protagonista del primo atto del "boom" economico italiano, fa un lungo giro e ci lascia godere una sfilza di episodi con grandi attori del film comico dell'epoca. L'unico difetto è la disomogeneità, dovuta alla diversità dei comici impegnati. La parte che preferisco è quella con Gassman e la Koscina (forse la più "moderna"), ma ma anche le altre non sono niente male. Un lavoro ben organizzato, un film che si può rivedere per sorridere e ricordare come ci divertivamo.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Gassman (il "coiffeur de chien") in trasferta al night club con la Koscina, che viene riconosciuto dal cane di una cliente del negozio.
La censura
Il film ebbe diversi problemi con la censura dell'epoca. La commissione del Ministero dello Spettacolo ebbe da ridire su alcune scene del film ritenute troppo audaci, ordinando di modificare quelle dove il personaggio di Sylva Koscina scopre troppo una gamba per provare una giarrettiera e quando per sedurre Tognazzi, togliendosi il soprabito, si mostra di spalle a schiena nuda dando ad intendere di essere completamente nuda; ed infine di eliminare un'intera scena con Vittorio Gassman e Georgia Moll girata sull'Appia Antica dove era troppo evidente che i due avrebbero finito per appartarsi.
Troviamo anche una accorata protesta al rilascio del nulla osta alla visione del film, da parte di un sedicente "Segretariato della Moralità" con sede in Treviso, indirizzata alla persona dell'On. Tupini, l'allora Ministro del Turismo e Spettacolo:
In relazione all'art. 14 del Regolamento annesso al R.D. 24 Settembre 1923 n. 3287 ed all'art. 147 Regolam. per la esecuzione del T.U. delle Leggi di P.S., protestiamo vivamente presso la Eccellenza Vostra per la avvenuta concessione del "nulla-osta" al film "La Cambiale",dati i molti elementi negativi in esso contenuti. In particolare, segnaliamo alla E.V. come del tutto sconvenienti le seguenti sequenze:
- la scena nel negozio per cani di lusso, ove l'attrice Sylva Koscina, che sostiene la poco edificante parte di una mondana, alza le sottane e fa impudicamente vedere le proprie giarrettiere per chiedere una copertina per il cane, dello stesso loro colore la ignobile scena di "spogliarello" della suddetta artista all'atto della richiesta in restituzione della pelliccia;
- le battute volgari dei comici Vianello e Tognazzi in varie sequenze del film.
Il film in questione non é nemmeno "vietato ai minori di anni 16" (ammesso che a tale età uno abbia piena maturità morale): al riguardo informiamo Vostra Eccellenza che un membro del nostro Segretariato si é recato ad assistere alla proiezione del film, riportando la penosa impressione in lui suscitata dalla platea, gremita in ogni suo posto da giovani spettatori. Per le ragioni sopra esposte, sulla cui validità confidiamo nella obbiettiva comprensione della E.V., chiediamo che la pellicola sia richiamata in sede di appello e che le sequenze da noi citate siano eliminate. In attesa di cortese riscontro, porgiamo i nostri dispettosi
ossequi.
f.to Il Presidente Diocesano dell'A.C. (Cav. Luigi Rossetti)
Il Direttore del Segretariato (G. Meneghetti)
Le incongruenze
- Michele si sta rivestendo dopo la notte passata con Odette: quando si fa il nodo al cravattino, questo e' visibilmente fatto in maniera raffazzonata, ma diventa perfetto dopo uno stacco troppo breve su Odette. Non solo: nella prima ripresa, sopra il parapetto a cui e' appeso un vestito c'e' un altro capo di vestiario, che e' sparito nella seconda.
- La futura moglie di Michele prima butta il vestito del matrimonio fuori dalla camera, poi però la si vede piangere vestita da sposa con tanto di velo. Quando Michele torna nel corridoio col futuro cognato la cameriera riferisce che il vestito se l'è portato via la Koscina come caparra.
www.bloopers.it
Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo. | |
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Il palazzo della sig Odette Mercury, ove Tognazzi e Vianello si recano per tentare di riavere il vestito pagato in cambiale, è in via Alberico Albricci, traversa di via della Farnesina, a Roma. Qui vediamo Tognazzi entrarvi mostrando il palazzo che sta esattamente di fronte | |
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Questo invece è l'ingresso del palazzo vero e proprio visto dall'esterno. Le due foto insieme dimostrano l'esattezza della location | |
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Il carcere nel quale vengono condotti, in tempi diversi, il commendator Bruscatelli (Tieri) e i due cugini Antonio e Peppino Posalaquaglia (Totò e Peppino De Filippo) è il carcere di Regina Caeli, in Via della Lungara 28 a Roma |
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Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "Totò e Peppino, fratelli d'Italia", (Alberto Anile, Pablo Escobar), Einaudi, 2001
- Alvaro Mancori, intervista video di Alberto Anile, 2003, extra del dvd La cambiale, Ripley’s Home Video.
- Peppino De Filippo, Il prìncipe De Curtis, “Il Messaggero”, 13 aprile 1969
- Peppino De Filippo, Strette di mano, Alberto Marotta Editore, Napoli 1974, p. 100.
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- Stelio Martini, "Adesso fa il Toscani per rendere popolare Shakespeare", Tempo, 19 maggio 1959
- Giancarlo Ghislanzoni, «Corriere dell'Informazione», 23 luglio 1959
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- La Stampa
- La Nuova Stampa
- Stampa Sera
- Nuova Stampa Sera
- Il Messaggero
- Corriere della Sera
- Corriere d'Informazione
- Il Tempo
- Il Popolo
- Momento Sera
- L'Unità
- Tempo