Totò a Parigi
Il vagabondo Totò
Inizio riprese: maggio 1958 - Autorizzazione censura e distribuzione: 19 settembre 1958 - Incasso lire 460.946.000 - Spettatori 2.942.334
Lingua originale italiano - Paese Italia/Francia - Anno 1958 - Durata 97 min - B/N - Audio sonoro - Genere comico - Regia Camillo Mastrocinque - Soggetto Vittorio Metz, Roberto Gianviti, René Barjavel - Sceneggiatura Vittorio Metz, Roberto Gianviti, René Barjavel - Produttore Jolly Film, Roma e Gallus Film, Paris - Fotografia Alvaro Mancori - Montaggio Roberto Cinquini - Musiche Gorni Kramer - Scenografia Piero Filippone
Totò: Marchese Gastone De Chemantel; il vagabondo Totò - Sylva Koscina: Juliette Marchand - Fernand Gravey: il dottor Duclos - Lauretta Masiero: la zingara aiutante del marchese - Paul Guers: Pierre figlio di Duclos - Tiberio Mitri: il gorilla - Luigi Pavese: il prof. Calogero Tempesta - Peppino De Martino: il maitre del night club - Agostino Salvietti: il custode del museo delle cere - Fanfulla: l'effeminato del treno - Mimmo Poli: il grassone del treno - Memmo Carotenuto: il brigadiere - Olimpia Cavalli: donna nel vagone letto accanto - Nello Appodia: un cliente del night club che fuma - Antonio La Raina: il cliente del night club che litiga con Totò - Consalvo Dell'Arti: il cliente con il programma della serata
Soggetto
Il dottor Duclos (Fernand Gravey) viene ricattato dal marchese Gastone De Chemandel (Totò, doppiato da Emilio Cigoli) con una lettera che rovinerebbe suo figlio Pierre (Philippe Clay). Pur di salvarlo acconsente di aiutare il marchese in una truffa all'assicurazione. Con l'aiuto di una zingara/complice (Lauretta Masiero) e di Juliette (Sylva Koscina), la ragazza che il marchese vuole fare sua, viene trovato Totò, un povero vagabondo (Totò), che vive sulle rive del Tevere a Roma, perfetto sosia del marchese. Il piano è di condurlo a Parigi, fargli credere di essere il marchese, ucciderlo simulando una disgrazia e poi incassare il premio dell'assicurazione. Ma il piano tuttavia fallisce per l'intervento del figlio del dottor Duclos che non approva il comportamento del padre, sia pure per salvarlo. Il dottore allora escogita uno stratagemma per ribaltare le carte in tavola, salvando così Pierre e anche Totò, che riprenderà la sua vita da vagabondo.
Critica e curiosità
L’italiana Jolly Film e la francese Gallus Filmproducono il film. Vittorio Metz e Roberto Gianviti ripescano dal repertorio teatrale dell'attore ma si ispirano alla sua figura reale; ritorna il doppio Totò (come nella rivista Dei due chi sarà? e nel film Animali pazzi), uno ricco e uno povero, uno vagabondo l’altro marchese. Riecco lo sketch del manichino (variante museo delle cere), riecco le charlotterie di Fermo con le mani, il Totò bloccato in una mannaia come in I due orfanelli e infastidito da una farfalla come in Totò sceicco, riecco — sacrilegio! — il vagone-letto in versione addomesticata, con Luigi Pavese infastidito e una seducente Koscina che però aspetta fuori. La regia, noiosa e annoiata, è ancora di Mastrocinque.
Il film fu girato a Roma e Parigi tra il maggio e il giugno del 1958. In Francia il film fu distribuito col titolo di "Parisien malgrè lui". Nella scena del Totò-vagabondo il cane che gli restituisce il portafogli è Dox, pastore tedesco in forza alla polizia, che dopo il "pensionamento" fu affidato proprio a Totò che in quel momento aveva realizzato un canile per cani abbandonati. La censura eliminò nella parte finale i due spogliarelli di cui però esiste una documentazione fotografica. Le critiche dell'epoca al film sono state molto dure, come del resto a tantissimi film di Totò, sebbene non è mancata qualche voce fuori coro che elogiava la grande arte dell'attore.
Nel film, la musica ricopre un ruolo particolarmente importante; ad esempio il brano Miss mia cara miss, è considerato uno dei migliori cantati da Totò.
Il compositore della colonna sonora, non a caso, è Gorni Kramer (al di là del nome, il musicista è puramente italiano): noto per avere firmato alcune delle più celebri canzoni dei musical di Garinei e Giovannini. Per i motivi dei brani presenti in Totò a Parigi, Kramer si è ispirato ad alcune famose commedie di Broadway. Il compositore musicale ha dato "i natali" ad artisti quali Don Lurio o le gemelle Kessler.
La parola «schizofrenico», viene interpretata dal protagonista di Totò a Parigi come qualcosa di simile a un’indicazione di nazionalità, provocandone la puntuale precisazione:
[Duclos] - Voi siete, come noi diciamo in termine medico, un soggetto schizofrenico.
[Totò] - No, no! Io sono un democratico napoletano!
[Duclos] - Diciamo che siete un soggetto schizofrenico napoletano.
Così la stampa dell'epoca
Tra fine '58 e inizio '59 Totò ridiventa preda delle coproduzioni europee. L'italiana Jolly Film e la francese Gallus Film, già artefici del pastrocchio di Totò, Vittorio e la Dottoressa organizzano insieme anche Totò a Parigi, farsetta con cast misto e la consueta anonima regia di Camillo Mastrocinque. Metz, sempre più svogliato, mette insieme con Roberto Gianviti una stanchissima antologia di motivi totoeschi, ripresi dal repertorio teatrale ma anche ispirati alla figura reale dell'attore. [...]
Alberto Anile
Totò a Parigi, raffazzonato da Camillo Mastrocinque, è uno dei film più scadenti del nostro comico che, a dir la verità, ne ha sulla coscienza parecchi. Il suo disegno del capobanda nobile, per esempio, è completamente fallito, perché troppo serio. Totò che vive sugli alberi, che parla francese, o che fa Hitler al museo di cera, strappa invece qualche risata di passaggio [...]
Ugo Casiraghi, 1958
Il repertorio di Totò - mossette da burattino, parole storpiate, smorfiacce e rotear d'occhi - è roba che conosciamo a memoria e la storia non poteva essere più povera di sale e di pepe.
«Avanti», 1958
Prendete Totò: il successo di un film è assicurato per il novanta per cento [...]. Totò, nonostante il passare degli anni, è sempre lui. Basta che si muova sullo schermo per suscitare ilarità a non finire [...]
«Corriere Lombardo», 1958
Parigi, martedì sera.
Totò è arrivato giorni or sono a Parigi per prendere parte alla lavorazione del nuovo film «Parigino suo malgrado» diretto dal regista Camillo Mastrocinque, e già iniziato a Roma. Il popolare attore è sceso alla stazione di Lione: vestiva un elegante completo « principe di Galles », e la mobilità del suo volto lasciava appena intuire i sentimenti che in quel momento lo animavano. A riceverlo, sotto la pensilina, c'era, fra gli altri, Fernand Gravey, suo « partner » nel film, e, qualche ora dopo il suo arrivo, Totò aveva già mutata la sua personalità, diventando il personaggio di un vivace marchese francese.
Mastroclnque era deciso a non perdere un attimo e non tardò a condurre Totò e tutti gli altri interpreti del film a Notre Dame, ai Champ Elysées, sulle rive della Senna e in altri punti nevralgici della capitale. Più lieta di tutti era Sylva Koscina, vedetta femminile del film: la parte affidatale fa di lei un'autentica parigina, appartenente a una temibile « gang ». Sylva è (cinematograficamente) fidanzata con Paul Greers ed è contemporaneamente la quasi nuora di Fernand Gravey.
La « stella » italiana ha un solo cruccio: quello di non poter prolungare la sua permanenza a Parigi, poiché in Italia è attesa per uno « sketch » di « Donne al sole » che si sta girando a Portofino con Michèle Morgan, Annie Glrardot, Marcello Mastrolanni e Alberto Sordi. Immediatamente dopo, essa girerà in « Donne pericolose » Ma torniamo a Totò. Prima di partire da Roma, il principe di Bisanzio si è disfatto del suo ultimo personaggio, poiché in «Parisien malgré lui», prima d'esser un marchese francese, è uno straccione. Ma è meglio non dir troppo sulle avventure che lo attendono a Parigi.
«Stampa Sera», 23 luglio 1958
Silva Koscina ha dichiarato che tornerà a maggio a Parigi per interpretarvi gli esterni dei suo nuovo film a fianco del principe De Curtis intitolato appunto « Totò a Parigi ». « I più begli occhi del mondo sono a Parigi » scrive l' « Aurore ».
«Corriere dell'Informazione», 25 marzo 1958
Totò si accinge a girare, come protagonista, il film « Totò a Parigi », per la regia di Camillo Mastrocinque. Il popolare attore comico vi apparirà nelle vesti di sosia del capo di una banda di ladri internazionali. Con Totò saranno Sylva Koscina, Fernand Gravey e Philippe Clay.
«Corriere dell'Informazione», 25 aprile 1958
Lauretta Masiero abbandona il teatro per il cinema? La subretta allarga le braccia, fa spallucce e dice che ancora non lo sa. Certo è che, in pochissimo tempo, ha girato due film. Ha cominciato con « Il mistero della pensione Edelweiss», e, ora, ha finito di girare gli interni di «Totò a Parigi ». Fra dieci giorni, poi, andrà a Parigi per girare gli esterni di questo ultimo film. Molte scene saranno girate al Museo Grévin, il famosissimo museo delle statue di cera. Se Lauretta Masiero dovesse per davvero abbandonare la ribalta della rivista non sarebbe, del resto, la prima. Anche Dorian Gray si è data al cinema c ha fatto una bella interpretazione nel «Grido» di Michelangelo Antonioni. Dorian Gray e Lauretta Ma-siero hanno in comune di essere state tutt’e due subrette con Ugo Tognazzi. Il nostro cinema, beninteso, ha bisogno di volti nuovi, di energie fresche e, come negli Stati Uniti, dovrebbe proprio rivolgersi ai più dotati elementi del teatro.
Lauretta Masiero, comunque, è ancora indecisa, il cinema le piace ma le dispiace pure di voltare le spalle al teatro che le ha dato tante soddisfazioni. Ha avuto delle proposte per far compagnia ♦ prosa e rivista • ma non ha detto si a nessuno. Prima finirà «Totò a Parigi» (ed è contenta di lavorare con il comico napoletano), poi si vedrà. C’è tempo per la stagione teatrale.
«Corriere dell'Informazione», 7 giugno 1958
Parigi 26 giugno, notte.
Il principe imperiale Antonio Focas è arrivato senza scorta a Parigi. Con questo titolo su quattro colonne « Paris-Presse » annuncia questa sera l'arrivo di Totò, pubblicando nel contempo una bella fotografia del comico, scattata alla Gare de Lyon. Lo si vede su un vagoncino portabagagli. « Sono il principe imperiale Antonio Focas — ha detto il comico napoletano ai giornalisti — ma potete chiamarmi Totò. Vi sono abituato ».
Per i fotografi Totò ha fatto innanzitutto una serie di smorfie che hanno suscitato l’entusiasmo generale. « Se non lo faccio, nessuno saprà che sono il più grande comico della Penisola », ha spiegato ironicamente il principe, che viene per la prima volta a Parigi per ragioni di lavoro. Egli deve restarvi cinque giorni per terminare il suo film « Totò parigino per forza », assieme a Fernand Gravey e Sylva Koscina, con la regia di Franciolini.»
L. Bo. «Corriere della Sera», 27 giugno 1958
In Totò a Parigi non c'é Parigi ma di Totò ce ne sono due. Una specie di vicenda surrealista gli consente di sdoppiarsi: egli é, al tempo stesso, un vagabondo squattrinato di Roma e un marchese di Parigi. [...] Si fatica, invece, a spiegarsi perché Totò, che nei film più recenti aveva abbandonato i modi marionettistici, sia tornato, in questa pellicola diretta da Camillo Mastroclnque, alla stereotipia della sua maschera da teatro di rivista. Sebbene Totò a Parigi concili, in un solo minestrone, la gamma intera del suoi atteggiamenti: egli é al principio il buon diavolaccio di « Guardie e ladri », poi preferisce la lubricità di «Totò e le donne », infine si colloca ai centro di un paradossale dramma giallo. Un episodio non si connette con l'altro; la sequenza del vagone letto ritorna, di peso, da uno spettacolo teatrale di tanti anni fa e quella al musco Grèvin, delle statue di cera, ha innumerevoli precedenti nella cinematografia comica.
Il film, insomma, è speleologico, vi rimbalzano echi a centinaia: con Totò, raccolgono i rigurgiti l'attrice Sylva Koscina, che sembra faccia da modella per le confezioni intime e, impensatamente, alcuni vecchi e giovani attori di classe, come Fernand Gravey e Philippe Clay. Fra gli antenati del film, si collochi la fiaba di «Lilliom» del Molnar, dalla miseria alla ricchezza; ma gli antenati sono tanti davvero, questa pellicola è la figlia del reggimento.
Arturo Lanocita, «Corriere della Sera», 25 ottobre 1958
Ci sono registi sicuri, dai quali non ci si possono attendere sorprese: uno di questi, costante nella sua produzione come una catena di montaggio, è Camillo Mastrocinque. E' facile prevedere ciò che uscirà dalle sue mani, purtroppo. Questo « Totò a Parigi » appartiene all’ormai frusto filone delle farse alle quali il cinema presta solamente la celluloide della pellicola: il resto è avanspettacolo da pochi soldi. Il principe De Curtis ò destinato a Parigi perché agli spettatori tocchi una modesta razione di spettacoli piccanti: per il resto l'ambientazlone in quella città non é affatto necessaria.
Il soggetto vuole che un losco marchese scopra un vagabondo con le sue stesse fattezze, e combini una truffa al danni delle assicurazioni. cercando di far morire il poveraccio con il proprio nome. Il compito di allettare il sosia spetta a Sylva Kosclna, la quale con le sue grazie fa perdere la testa alla vittima, del che non ci meravigliamo affatto.
E' inutile tirare le conclusioni, chè tanto l’unico scopo dello spettacolo è di mostrare un Totò senza freno prodigarsi in versi e versacci, assolutamente dimentico di avere contribuito recentemente a un ottimo film quale «I soliti Ignoti». In una parte di terzo piano si nota Tiberio Mitri: che pena.
Vice, «Corriere dell'Informazione», 26 ottobre 1958
I Totò sono due: uno è uno straccione che vive di furbeschi espedienti, diciamo furti spiccioli, sulla riva del Tevere; l'altro un azzimatissimo marchese parigino. La perfetta somiglianza fisica che è fra il vagabondo e il titolato suggerisce a quest'ultimo un piano criminoso per lucrare un grosso premio presso una società di assicurazione: uccidere il sosia, facendo poi credere nella propria morte. S'intende che il disegno non riesce, e che dopo folli avventure il Totò pariginizzato e votato al sacrifizio, uscirà dalla dorata trappola in cui era stato rinchiuso.
Abbastanza riuscito nella prima parte, dove il popolare comico si fa davvero in due per divertire gli spettatori, il filmetto declina nella seconda fino all'ultima stanchezza e alla più palese abborracciatura.
Leo Pestelli, «Stampa Sera», 14 novembre 1958
Spassosa farsa imperniata sul duplice ruolo di Totò nelle vesti di un marchese a Parigi e di uno straccione a Roma. Quest'ultimo corre il rischio di essere accoppato dal primo, che approfittando della sconcertante somiglianza, vorrebbe far credere nella propria morte e beccarsi il ricco premio di assicurazione. Come questa manovra possa essere sventata lo si vede attraverso una serie di divertenti colpi dì scena e di indovinate e piccanti trovate a cui danno vita, oltre à Totò, la graziosissima Sylva Koscina, Fernand Gravey, Lauretta Masiero e Memmo Carotenuto.
«Il Monferrato», 21 novembre 1958
Totò è tornato ai modi marionettistici che, purtroppo, gli sonò consueti: in questo film di Camillo Mastrocinque egli riveste i panni di due diversi personaggi: quelli di un vagabondo romano senza quattrini e quelli di un nobiluomo francese, sosia perfetto del primo, organizzatore di oscure trame. I due si incontrano e il titolato decide di servirsi della buona occasione per incassare il premio di una favolosa assicurazione sulla vita: il vagabondo, cui egli appiccicherà la sua identità, deve esser fatto fuori da un paio di sicari, in modo da ingannare polizia e putrenti. così la società d'assicurazione sarà costretta a pagare ed egli avrà modo di rimpinguare le sue dilapidate sostanze. Non tutte le ciambelle, però, riescono con il buco ed è destino quindi che le trame dell’astuto e raffinato nobile parigino debbano andare a monte.
Procede a strappi questo film : per un momento è un paradossale dramma giallo, per un momento riecheggia vecchie pochades, altrove torna a riproporre tutti i temi già sfruttati nei precedenti film di Totò. L’intreccio — lo si è detto — manca di qualunque originalità e il comico napoletano, sulle cui spalle grava l’intero peso del film, non fa, dal canto suo, che ripetere le macchiette che gli diedero la popolarità come attore di rivista, ed è troppo tempo ormai che egli ce le propina, dagli schermi e dai palcoscenici. La presenza di Sylva Koscina è del tutto trascurabile.
«Il Popolo», 21 novembre 1958
La parte dei comici è sempre legala a personaggi tolti di peso dal quadro dei dimenticati da Dio e dagli uomini e quando li vediamo sotto altre vesti c'è sempre di mezzo l’imbroglio ai loro danni, come qui, dove Totò, misero vagabondo, veste i panni di un losco marchese per essere fatto fuori onde permettere al nobile malandrino di lucrare una forte assicuratone.
La solita storia dei sosta, insomma, della bella che lo deve trastullare, e un groviglio di vicende che vorrebbero esseri «gialle», ma servono solo di pretesto per dar modo a Totò di esibirsi in tutta la gamma dei suoi atteggiamenti comici e mimici che al rifanno alla «vecchia maniera», quella abbandonata negli ultimi film. La presenza di Sylva Koscina, in costante e conturbante «spogliarello» ci da la sensazione del clima parigino, tout court, che di Parigi il film non mostra che qualche esterno. Camillo Mastrocinque non si è valso certo di motivi e ingredienti originali, rifacendosi largamente a modelli e situazioni (si vedano, ad esempio, la sequenza del vagone letto e quella fra le statue di cera del Museo Grévin), più volte sfruttati.
Nonostante la comicità sia tutta esteriore e non vada al di là del paradosso è pur sempre motivo di quell'ilarità che la presenza di un beniamino del pubblico suscita di per se stessa, anche a prescindere dal valori effettivi della trama. In parti di secondo piano: Lauretta Masiero, Fernand Grave, Philippe Clay e Luigi Pavese
vice, «Il Tempo», 22 novembre 1958
Tra i tanti film di Totò, questo è certo uno del più insulsi non tanto per la trama -è basata sull‘eterno motivo della somiglianza e dello scambio di persona tra un povero diavolo e un duca parigino coi soliti quiproquo del genere - quanto per l'assoluta povertà e scipitaggine delle battute che il grande comico infila qui e l'estro ben noto, fra scene e scenette di gusto assai dubbio, e quella così insistita del viaggio in vagone-letto.
Tutto si concentra, naturalmente per rendere alla meglio il colore locale, su un doppio spogliarello, più o meno [...], e su un «coucher di Pompadour» tentato e non confezionato da Sylva Koscina che in questo film è l'unica veramente bella e deliziosa attrattiva.
Intorno a Totò — che nelle sequenze del Museo delle Cere vediamo perfino sotto le vesti di Hitler — si muovono un decoroso Fernand Gravey, vivace Lauretta Masiero e in una delle sue note caratterizzazioni, Memmo Carotenuto. Camillo Mastrocinque ha diretto il film di coproduzione italo-francese.
«Il Messaggero», 23 novembre 1958
I documenti
![]() |
Totò e Dox, il cane poliziotto-eroe messo in pensione dalla polizia per raggiunti limiti di età di servizio, prontamente adottato dal principe de Curtis. |
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- La somiglianza del perfido e corrotto marchese Gastone de Chemantel, residente a Parigi ed il vagabondo romano di nome Totò (vive su una catapecchia costruita tra gli alberi!), avrà ripercussioni non indifferenti sulla vita del modesto spiantato: per incassare un ingente somma assicurativa, deve infatti morire al posto del nobile (e vigliacco) marchese. Totò viene fatto partire, in treno, per Parigi. Solida commedia, come sempre sorretta sull'immancabile vis comica di De Curtis che propone una scena sul vagone letto ispirata da Totò a Colori.
- Barbone napoletano, sosia di un marchese francese, è portato a Parigi per una losca macchinazione. Storiella semplice (anzi, un po' noiosa) e innocua, tenuta su da un Totò che va in automatico, non folgorante e indimenticabile, ma comunque sempre irresistibile nelle sue gag più consumate. Si vede con piacere, ma si può non vedere.
- Uno scambio di persona con finalità truffaldine porta un poveraccio dalla desolazione degli alberi romani alla grandeur dei Campi Elisi. Totò si sdoppia ma l'espediente non fa conseguire un divertimento costante e maggiorato come ipotizzato dagli autori. La regia è solida e i comprimari (soprattutto femminili) in buona forma, ma le scene di massimo umorismo riflettono i noti giochi di parola ("Scusi si mi disturba"...) o qualche episodio isolato (nelle carrozze). Non memorabile ma di discreta fattura.
- Non è uno dei migliori film di Totò, ma la sua verve riesce a tenere in piedi anche la storia risaputa e banale dei due sosia (uno nobile e cattivo, l'altro straccione ma buono). In particolare il duetto con Pavese nel treno e la sequenza nel museo delle cere restano impresse, così come la baracca sugli alberi dove il nostro è costretto a vivere. In definitiva simpatico e godibile, ma non eccelso.
- Anche qui ruota tutto attorno a Totò perché il contorno è veramente poca cosa; la storia stessa è molto striminzita ed è solo un pretesto per creare situazioni divertenti. C’è spazio anche per una variante del famoso sketch del treno, dove al posto di Castellani c’è un altrettanto bravo Pavese. Totò è sempre molto divertente, ma soprattutto spensierato e disimpegnato nell’interpretare il povero vagabondo. C’è qualche attimo di incertezza, ma nel complesso ci si diverte.
- Pur non essendo da annoverare tra i film più brillanti di Totò, si vede senza problemi. Le micidiali gag sono ampiamente ridotte di numero ma ne sopravvivono due di straordinaria fattura: il viaggio in treno e la scena al museo delle cere. Lì si toccano vertici davvero notevoli, anche perchè Totò è accompagnato da quel solido caratterista che è Luigi Pavese, a mio avviso uno dei migliori e dei più sottovalutati. In sostanza questa pellicola **! li vale tutti (mezzo voto in più per le scene citate).
- Un filmetto appena discreto che si salva grazie al consumato mestiere del principe De Curtis, il quale comunque appare un po' sottotono rispetto al solito. Vero è che la storia è piuttosto risaputa e la sceneggiatura non troppo entusiasmante e questo non aiuta molto a risollevare le sorti della pellicola. Anche il resto del cast arranca. Piacevole il numero in cui Totò canta "Miss mia cara miss".
- L'ennesimo film di Totò dalla trama inesistente e improbabile, mentre l'espediente del sosia era già vecchio ai tempi di Plauto. In questi casi di solito il Principe faceva da solo il film, appoggiandosi a collaudati comprimari. Ma qui le fide spalle mancano e gli attori francesi, inseriti nel cast per esigenze di produzione, sono poco in sintonia col protagonista che dalla sua non riesce a tirare fuori la verve dei momenti migliori. Certo, si ride, in fondo si tratta di uno dei più grandi comici di sempre, ma Totò ci ha fatto ridere meglio... • MOMENTO O FRASE MEMORABILI: I dialoghi fra Totò e Memmo Carotenuto.
- Un film di Totò nella media. Il Principe della risata si reca in trasferta a Parigi e qui imbastisce una godibile farsa in forma di pochade con scambi di persona, equivoci e peripezie varie e con, al centro della storia, un'astuta macchinazione per intascare in modo fraudolento una ingente assicurazioni sulla vita. Niente di eccezionale ma il film è leggero e frizzante come una coppa di champagne. Comunque Mastrocinque ha realizzato con Totò film migliori di questo.
- Come in altri film della coppia Totò-Mastrocinque, fatta eccezione per i due con Peppino coprotagonista, la storia presenta alti e bassi: i momenti migliori sono quelli in cui il Principe è coadiuvato da una spalla (Pavese, Salvietti, Carotenuto), mentre quando è lasciato solo, nonostante tenti in ogni modo di strappare un sorriso (spesso riuscendoci), la pellicola appare trascinarsi a fatica. Non male Totò nella versione del nobile senza scrupoli, anche se forse sarebbe stato meglio non doppiarlo. Buono il resto del cast, su tutti Gravey • MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La scena del vagone letto; Totò che canta "Miss, mia cara miss".
La censura
La Commissione di revisione esprime parere favorevole per il rilascio del nulla osta a condizione che “vengano accorciate, nell'ultima fase, le due scene dello spogliarello”. Il film è ammesso alla programmazione obbligatoria ed al contributo del 16%.
Le incongruenze
- Sylva Koscina, durante il viaggio in treno verso Parigi, decide di chiamare l'inserviente del vagon-lift. Essendo seduta su un divanetto con le spalle appoggiate alla parete dove è situata la porta effettua una piccola torsione mostrando un pulsante rotondo piazzato sullo stipite. Poche scene dopo, quando l'inserviente ritorna nella cabina della Koscina, si nota che il pulsante è sparito.
- Quando Totò prende il portafogli dalla bocca del cane, lo apre e dice:"Uuuh... quanti soldi!". Peccato però che la bocca di Totò resta chiusa, è stato doppiato ma in realtà lui non dice niente..
- Quando Totò va al deposito bagagli della stazione per ritirare la valigia prima di prendere il treno per Parigi, è vestito con un vecchio abito rovinato e strappato (lo si vede chiaramene sulla spalla sinistra), e senza cravatta. Subito dopo, uscito dal deposito bagagli, quando è sulla banchina della stazione e sta per salire sul treno, è vestito di tutto punto con un abito a quadri e tanto di cravatta.
www.bloopers.it
![]() |
|
Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo |
|
![]() |
|
![]() |
|
Il parapetto sul Tevere dal quale Totò pesca... nel sottostante banchetto di una pescivendola si trova in Via Capoprati a Roma. | |
![]() |
|
![]() |
|
La stazione ferroviaria dalla quale Totò esce appena arrivato a Parigi è la Gare de Lyon, situata in Place Louis-Armand a Parigi (Francia). | |
![]() |
|
![]() |
|
Il palazzo parigino di Gastone De Chemantel (Totò), il marchese che si farà sostituire da Totò, suo sosia, per truffare l’assicurazione, si trova Rond-point des Champs-Élysées-Marcel-Dassault 9 a Parigi (Francia). Questo è lo spettacolare cancello d’accesso alla dimora (Il punto A è la coronazione dorata del cancello), il cui lusso mi ha subito indirizzato nella zona degli Champs-Élysées. | |
![]() |
|
![]() |
|
Ecco l’ingresso al palazzo, la cui individuazione non è stata immediata perché nel 1958 aveva forma quadrata mentre oggi è stato ampliato ed è diventato rettangolare (nel riquadro, la panoramica area di Google Earth del 1949) | |
|
|
![]() |
|
La cabina telefonica dalla quale Juliette (Koscina) telefona a Totò per rivelargli l’imbroglio macchinato dal marchese si trovava in Boulevard Saint-Germain a Parigi (Francia). In questo primo fotogramma vediamo la Koscina avvicinarsi alla cabina, che si trova subito a sinistra del lampione, avendo alle spalle l’abbazia di Saint-Germain-des-Prés.La cabina si trovava quasi di fronte all’edificio B. | |
![]() |
|
![]() |
|
L’albero sul quale si trasferisce ad abitare Totò prima di ripartire per Roma fa parte del filare che costeggia Cours Albert 1er a Parigi (Francia). La pianta è una di queste, nel filare più prossimo al parapetto. | |
![]() |
|
La riva opposta vista dal sottostante Port de la Conférence. | |
![]() |
|
![]() |
|
Lì accanto c’è il punto dal quale Juliette (Koscina), Pierre (Guers) e il dottor Duclos (Gravey) osservano Totò recuperare il portafoglio contenente il biglietto del treno che gli consentirà di rientrare a Roma, recapitatogli dai tre: si tratta di una rampa del Port des Champs Elysées. | |
![]() |
|
![]() |
|
L’albero sul quale il vagabondo Totò vive in una casetta di legno prima di lasciare Roma per Parigi si trova lungo la Passeggiata del Gianicolo a Roma |
Totò a Parigi (1958) - Biografie e articoli correlati
Alivernini Umberto
Appodia Nello
Articoli & Ritagli di stampa - Rassegna 1958
Baralla Orlando
C'era una volta il mondo (1947)
Carotenuto Memmo (Guglielmo)
Cavalli Olimpia
Ferri Liana
Mancori Alvaro
Masiero Lauretta
Metz Vittorio
Mitri Tiberio
Pavese Luigi
Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- "Totò, un napoletano europeo" (Valentina Ruffin), Ed. Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1996
- Documenti censura Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - www.cinecensura.com