Totò lascia o raddoppia?
Inizio riprese: marzo 1956, Studi Cinecittà Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 24 aprile 1956 - Incasso lire 537.946.000 - Spettatori 3.602.398
Titolo originale Totò, lascia o raddoppia?
Paese Italia - Anno 1956 - Durata 94' - B/N - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Camillo Mastrocinque - Soggetto Marcello Marchesi, Vittorio Metz - Sceneggiatura Marcello Marchesi, Vittorio Metz - Produttore Ermanno Donati e Luigi Carpentieri - Fotografia Mario Fioretti - Montaggio Roberto Cinquini - Musiche Lelio Luttazzi
Totò: il duca Gagliardo della Forcoletta - Mike Bongiorno: se stesso - Dorian Gray: Hélène, la cantante del night club - Bruce Cabot: Nick Molise, il gangster di Chicago - Valeria Moriconi: Elsa Marini, la cassiera del bar - Gabriele Tinti: Bruno Palmieri, un camierere del bar, fidanzato con Elsa - Carlo Croccolo: Camillo, il maggiordomo del duca - Rosanna Schiaffino: Colomba, la donna di Nick Molise - Luigi Pavese: Anastasio, il proprietario del bar - Elio Pandolfi: Osvaldo, un cameriere del bar - Rocco D'Assunta: Joe Taccola, proprietario del night club - Gisella Monaldi: Bice, l'affittacamere - Vincent Barbi: Tommy, la guardia del corpo di Nick Molise - Edy Campagnoli: se stessa - Nicoletta Orsomando: se stessa - Amina Pirani Maggi: Inquilina della pensione - Amedeo Girard: Scommettitore che vince - Augusto Di Giovanni - Felice Minotti - Mimmo Poli: Addetto alle scommesse - Gianni Partanna:Il Maitre - Attilio Martella: Inquilino della pensione
Soggetto
Il Duca Gagliardo della Forcoletta dei Prati di Castel Rotondo (Totò) è un nobile decaduto che vive tra l'albergo e l'ippodromo. Qui, con a fianco il fedele maggiordomo Camillo (Carlo Croccolo), sbarca il lunario vendendo informazioni su presunti cavalli vincenti a inesperti scommettitori. Un giorno, convocato nello studio di un notaio, scopre di essere padre di una ragazza, Elsa, nata da una sua relazione giovanile. Senza svelare la sua vera identità, si reca al bar dove Elsa (Valeria Moriconi) lavora e viene a conoscenza del sogno di sua figlia, che è quello di acquistare la gestione del bar dove lavora per potersi finalmente sposare: per questa ragione il suo fidanzato, anch'egli dipendente del medesimo bar, aveva appena partecipato al quiz televisivo Lascia o raddoppia? per procurarsi il denaro necessario, ma purtroppo è caduto alla domanda da 640.000 lire. A questo punto il duca, puntando sulla sua preparazione ippica, decide di presentarsi come concorrente a Lascia o raddoppia?. Tutto sembra andare per il meglio e il montepremi vinto dal duca"raddoppia" di puntata in puntata, fino a quando due gangster italoamericani non decidono di scommettere su di lui, ed ovviamente uno vuole che lasci e l'altro che raddoppi: il Duca, ricattato e minacciato di morte da entrambi, è quindi tra due fuochi e non sa come giocarsi la serata decisiva. Il proditorio intervento della 'pupa' di uno dei gangster gli permetterà prima di giocare al raddoppio, poi, minacciato dal gangster in cabina con lui e prevalendo il patema d'animo per la sua sorte, dichiara al conduttore Mike Bongiorno"Rinuncio", azzeccando fortuitamente la risposta esatta del nome del cavallo dell'ultima domanda e vincendo il montepremi, mentre la banda di criminali viene assicurata alla giustizia. Il film si conclude con un commovente ed affettuoso abbraccio fra padre e figlia, ritrovatisi in questa originale circostanza.
Critica e curiosità
Film scritto e girato sulla scia del successo sensazionale e momentaneo del quiz "Lascia o raddoppia?"
Così la stampa dell'epoca
Intanto sul mondo del cinema incombe sempre di più un nuovo temibile concorrente, la televisione. A un anno dall'inizio delle trasmissioni, il piccolo schermo fa già sentire forte il suo richiamo. Una trasmissione in particolare tiene avvinta l'Italia: si chiama Lascia o raddoppia?, è un quiz, dura un'ora e va in onda alle 21 del giovedì sera. La presenta Mike Bongiorno, un giovanotto che legge le domande inforcando un leggero paio di occhiali; accanto a lui, la valletta Edy Campagnoli. [...]
Alberto Anile
Totò farà un film su «Lascia o raddoppia?»
Roma, 2 mattino
Andiamo a curiosare dietro le quinto di «Lascia o raddoppia?», dopo la clamorosa giornata di ieri. Raccogliamo le voci che sono circolate, le dichiarazioni che il trionfatore Zeppegno ha fatto, qualche pettegolezzo. La prima voce è che l’avv. Cillario, l’esperto in cinema caduto sulla domanda dei due film girati sul crollo delle scale in uno stabile di Roma ha dichiarato che intende contestale la sua esclusione dal giuoco. [...]
Si è saputo infine che proprio ieri Mike Bongiorno aveva firmato un contratto per interpretare se stesso in un film di cui ha già iniziato la lavorazione a Roma e che si chiamerà «Lascia o raddoppia». Protagonista del film sarà Totò. La trama narra di un italiano che squattrinato tenta tutte le strade non faticose' per fare quattrini. E dopo aver giocato inutilmente al lotto, al Totocalcio, al Totip, finisce davanti agli schermi della Televisione, dopo essersi messo a studiare con stranissimi e argutissimi sistemi mnemonici, una materia ammessa dal gioco televisivo di «Lascia o raddoppia».
«Il Piccolo di Trieste», 2 marzo 1956
Mike Bongiorno si confessa
Il popolarissimo presentatore dei quiz di "Lascia o raddoppia" rivela in questo articolo alcuni retroscena della sua professione e rievoca episodi drammatici o romantici della sua vita
Se, oggi, a me che sono ormai considerato il «presentatore di domande» per eccellenza, venisse posta la seguente domanda: «Qual è stato il momento più emozionante della tua carriera?», risponderei senza pensarci neppure un attimo: «Quello in cui Paola Bolognani è stata sul punto di vincere i cinque milioni». Ho detto "quello in cui è stata sul punto” perchè nell'ormai famosa serata del 23 marzo, se alla prima domanda la ragazza ha risposto con baldanzosa sicurezza, la seconda e la terza, invece, balbettate con voce malsicura, hanno fatto correre un brivido nel cuore di tutti gli spettatori.
L’emozione di Paola si era comunicata a tutti, io «sentivo» la simpatia del pubblico per questa ragazza coraggiosa e intelligente. Anch’io, come tutti, volevo che vincesse perchè la sua preparazione lo meritava e perchè era giusto che la sua grazia semplice e disinvolta fosse premiata col massimo premio. La vita di Paola potrà cambiare con la vincita dei cinque milioni ed io, come tutti, mi rallegro che essa abbia potuto guadagnarli. Il pubblico le ha tributato un vero trionfo: sul palcoscenico invaso di fiori, tra i lampi dei flash, tra i baci e gli abbracci e gli applausi entusiasti, non si capiva più nulla. Anch’io, ho detto, ero contentissimo, ma, vi assicuro, letteralmente esausto.
IL TRUCCO SI SCIOGLIE
Io cominciai a parlare con il pubblico undici anni or sono, quando rientrai negli Stati Uniti dopo la prigionia in Europa. Era il 1945 ed avevo appena ventun anni, essendo nato a
New York il 26 maggio 1924 da un avvocato siciliano e da una signora torinese. Dopo di allora, soprattutto in Italia, presi parte ad innumerevoli trasmissioni radiofoniche e televisive dei più disparati generi, da Parliamo dal vostro paese a Motivo in maschera, da Fortunatissimo ad Arrivi e partenze, e a Motivo senza maschera. Ebbene, confesso che Lascia o raddoppia è la trasmissione più pesante, più estenuante, quella che al suo termine mi trova veramente esausto. Può sembrare una cosa da nulla, ma in realtà il rimanere per circa cinquanta minuti in video, con il necessario trucco che lentamente si scioglie sotto la luce dei riflettori, senza mai un attimo di sosta, dovendomi preoccupare che i concorrenti rimangano nella giusta posizione (nel cosiddetto "quadrato magico"), affinchè non escano dal campo, dovendo fa. re attenzione che la voce giunga ai microfoni, tentando di avere sempre qualche cosa di nuovo da dire e magari, se mi riesce, di essere anche spiritoso, mi costringe ad un complesso di azioni che diventa alla fine massacrante.
Ebbene, nonostante tutto ciò, Lascia o raddoppia è la trasmissione che più mi piace perchè è sempre diversa, perchè mi permette di conoscere e di conversare con molte persone, ognuna delle quali ha una propria' personalità, ognuna delle quali, per le sue risposte, per i suoi atteggiamenti, mi procura differenti emozioni, quando addirittura non mi riporta alla memoria episodi della mia vita.
E’ SOLO UN GIOCO
Ad esempio, quando il dottor Giulio Prezioso, il torinese esperto in storia risorgimentale, entrò per la prima volta nella cabina di vetro per rispondere al quiz da 640.000 lire, alla mia domanda: «Come si sente nella cabina?», rispose: «Come un martire del risorgimento». Replicai allora con una frase che sarà stata considerata un tentativo di umorismo, e cioè: «Non esageriamo, dottor Prezioso, i martiri del risorgimento non andavano verso un premio». In verità quella battuta del dottor Prezioso, pur essendo egli uno dei personaggi che più mi siano riusciti simpatici, non mi era piaciuta. Mi era sembrato che paragonare il panico che si può provare durante un gioco (Lascia o raddoppia, teniamo sempre presente, non è niente più di un gioco) con la paura che può provare uno che va verso la morte, fosse eccessivo e anche un po' di cattivo gusto. In confidenza, poi, dirò che con quella frase il dottor Prezioso mi aveva fatto tornare alla mente un episodio da me vissuto e durante il quale, non lo nascondo, conobbi la vera paura.
ORE DRAMMATICHE
Fu il 19 aprile del 1944, presso il confine svizzero, vicino al passo S. Giacomo in Val Formazza, dalle parti di Domodossola: stavo per lasciare l'Italia e rifugiarmi in Svizzera, perchè ormai la mia posizione di partigiano (per la resistenza ero un elemento prezioso in quanto, data la mia conoscenza dell’inglese, servivo come interprete) era diventata insostenibile, quando fui fatto prigioniero. durante la notte, nella capanna in cui mi ero rifugiato, da una pattuglia di militari tedeschi. Appena catturato, assieme ad altre quattro persone, una ragazza e tre partigiani, fui «messo al muro» con gli altri. Quel momento fu certamente il più drammatico della mia vita. Ormai sotto la minaccia dei mitra, avevo dato mentalmente addio a tutto. Solo l’intervento di un ufficiale tedesco tramutò la pena di morte in quella del carcere. Fui portato a Milano e successivamente in Germania, in campo di concentramento, dove rimasi sino al marzo del 1945.
Ma se il dottor Prezioso, con quella sua frase, mi aveva fatto rivivere questo episodio, che fu senza dubbio il più terribile che io abbia vissuto, "Lascia o raddoppia", con i suoi personaggi, mi procura qualche volta anche delle esperienze gradevoli. La prima volta, infatti, che Paola Bolognani, la celebre ragazza di Pordenone, la bionda della T.V., la «leonessa». di Lascia o raddoppia, si presentò per essere interrogata, la mia mente riandò subito ai tempi durante i quali anch'io frequentavo il liceo, negli anni che. vanno dal 1940 al 1943, a Torino.
IL SORRISO DI PAOLA
I miei genitori infatti, mi avevano mandato in Italia, presso alcuni parenti torinesi, perchè volevano che, pur essendo cittadino americano, diventassi uomo con cultura italiana e perfettamente padrone della lingua madre. Allora i miei compagni di scuola mi chiamavano «Mike, l’americanino» e malgrado la miopia che mi costringeva, fin da allora, a portare grossi occhiali montati in tartaruga, avevo un certo successo con le ragazze. E Paola Bolognani mi ricordava, con quel suo modo di sorridere, la unica ragazza che allora mi aveva veramente amato. Non farò il suo nome per nessuna ragione, mi sembrerebbe di tradirne la memoria. Le ho voluto veramente bene e credo d’averla tuttora nel cuore. Con lei facevo lunghe passeggiate al Valentino, con lei mi confidavo, parlavo dei miei progetti per l'avvenire: allora sognavo di diventare un grande avvocato a New York nello studio di mio padre (e credo che questo fosse anche il sogno di papà), con lei trepidavo per un nonnulla. Era una meravigliosa ragazza. Volle seguirmi sul finire del '43. quando, nella mia qualità di cittadino americano dovetti lasciare Torino e mi rifugiai in montagna tra i partigiani. Volle seguirmi in quel tentativo di espatrio che provocò la mia cattura. Il destino mi permise di vederla un’ultima volta in Germania tra i reticolati del campo di concentramento confinante col mio. Fu una visione rapidissima, indimenticabile: da quel momento non ne seppi più nulla, malgrado abbia sempre continuato a ricercarla. Tuttavia ho sempre respinto il pensiero di non poterla rivedere più e continuo a sperare, forse anche ad aspettarla. E Paola Bolognani con la sua freschezza di ’ diciottenne, con quel suo atteggiamento che è di tutte le liceali, la prima volta che mi apparve davanti, mi riportò alla mente il periodo più felice della mia vita, quello degli entusiasmi, delle grandi aspirazioni, dei castelli in aria. E’ logico, quindi, che il mio atteggiamento verso Paola Bolognani sia stato influenzato da questi ricordi, ma niente altro: tra noi due, nessun flirt, nessun fidanzamento. Anzi, proprio qui voglio dire che il mio lavoro mi dà la possibilità di vedere e conoscere e anche ammirare moltissime ragazze: ma fino ad oggi non ho ancora fatto la mia scelta.
ACCUSE PER IL «NABUCCO»
Naturalmente non tutti i personaggi che si avvicendano sul palcoscenico di Lascia o raddoppia risvegliano in me ricordi o malinconie. E dico per fortuna, perchè altrimenti il mio mestiere di presentatore diventerebbe impossibile.
Non so se il pubblico che segue Lascia o raddoppia si è mai posto l’interrogativo: «Ma Mike si appassiona?». Ebbene si, anch’io mi appassiono, ...faccio il tifo per uno o per l’altro. Nelle innumerevoli lettere che ricevo mi si accusa indifferentemente di cinismo, di eccessiva bontà, di impulsività, di freddezza. Questa accusa, velatamente fattami anche attraverso le colonne di alcuni quotidiani, mi è stata rivolta in occasione della domanda posta al signor Pierluigi Pellegrini sull'opera Nabucodonosor di Verdi. Come si ricorderà, io non accettai la risposta Nabucco e attesi finché il Pellegrini non mi sillabò l’esatto titolo. Vorrei ora chiarire che la accusa di ignoranza mi sembra, almeno a questo riguardo, ingenerosa ed inesatta. Senza pretendere d’avere una cultura enciclopedica, oltre ad essere figlio di italiani io ho anche frequentato scuole italiane, quindi di amcricano mi resta poco: la cittadinanza, la prima infanzia e alcuni anni dell’immediato dopoguerra. Mi sento molto italiano e perciò sfido chiunque a trovarmi un italiano medio che non sappia che Nabucco e Nabucodonosor sono la stessa identica cosa. Ma è appunto in casi come questi che il presentatore deve ricordarsi di essere tale, cioè una persona che non può indiscriminatamente ergersi a giudice o ad arrangiatore. Lascia o raddoppia è un gioco con le sue regole e io ho il dovere di farle rispettare. Dò un esempio: se durante la trasmissione rivolgo all'esperto di ciclismo la seguente domanda: Chi vinse il Tour del 1948? e quello mi risponde: «Il Ginettaccio», io pur sapendo che con quel nome si intende Gino Bartali sono costretto a bocciarlo. E questo, per rispetto del regolamento non per ignoranza.
ANCH'IO HO LA LUNA
A chi mi accusa invece di ingenerosità, di cinismo eccetera, vorrei rammentare che Mike Bongiorno, oltre ad essere il presentatore di Lascia o raddoppia, è un uomo. Un uomo con i suoi problemi, con le sue abitudini, con i suoi momenti di buono o di cattivo umore, con le sue simpatie e antipatie. Tutti i concorrenti di Lascia o raddoppia sono per me eguali, d'accordo, ma qualcuno può far scattare più di un altro la molla della simpatia o dell’interesse per il gioco. E questo il pubblico lo capirà benissimo. Ci sono concorrenti che arrivano al traguardo dei 5 milioni e lasciano il tempo che trovano e ci sono concorrenti che cadono alla prima domanda (come la signora Soffritti che scivolò, ricordate?, sugli gnocchi alla romana) che rimangono personaggi cari al pubblico. Per Emilio Zago, io ho fatto un vero e proprio tifo. Partecipavo anch’io, con l’operaio di Bassano del Grappa, alle emozioni del gioco. Emilio Zago era umano, era un carattere, aveva capito lo spirito del gioco e giocava in letizia dimenticando che le cifre poste in palio rappresentavano per lui, abituato al salario d’operaio, un patrimonio. Il simpatico, umanissimo esperto di teatro di prosa era un ex filodrammatico, sapeva perciò, senza dare la sensazione al pubblico d’aver imparato la parte, recitare con intelligenza e semplicità. Con lui mi trovavo a mio agio, ero sicuro che a qualsiasi osservazione avrebbe risposto a tono, con buon gusto. Cosi, ero arrivato anch’io ad aprire la busta delle domande con vera trepidazione e quando Emilio Zago cadde forse ne fui amareggiato come per una mia sconfitta. E’ logico che con personaggi di questo genere io mi trovi a mio agio. Può darsi che tale atteggiamento possa far pensare ad una preferenza, ad una certa tendenza ad avere la manica larga. Quanto assurda sia però questa accusa lo dimostra il fatto che proprio il personaggio .. preferito non arrivò al traguardo dei 5 milioni...
Mike Bongiorno, «Gioia», anno XIX, n.15, 8 aprile 1956
Bongiorno citato in giudizio da una casa cinematografica
Roma, 7 aprile.
La società, cinematografica « Titanus » ha citato oggi in giudizio il presentatore della Televisione Mike Bongiorno, per inadempimento agli obblighi assunti per il film « Totò lascia o raddoppia ». La società sostiene che Mike Bongiorno, dopo aver concordato la sua partecipazione alla pellicola ed avere eseguito numerose riprese, doveva il 4 aprile scorso sottostare, negli stabilimenti di Cinecittà, al rifacimento di una scena non riuscita la prima volta: adducendo scuse ritenute non valide, Bongiorno si sarebbe invece allontanato in tale data da Roma per partecipare al « Rallye del Cinema ».
Bongiorno avrebbe persistito nel suo atteggiamento anche dopo le insistenze fatte da un dirigente della « Titanus », al momento della partenza del Rallye, affinchè rinunciasse alla gara, e dal funzionario Lionello Dottarelli, inviato appositamente a Milano giovedì scorso. La « Titanus » chiede quindi di essere risarcita dei danni, che sarebbero rilevanti, in quanto la programmazione del film al pubblico era stata già fissata per il 4 maggio.
«La Nuova Stampa», 8 aprile 1956
«Gazzetta del Popolo», 8 aprile 1956
Milano, 10 aprile.
La causa che la società cinematografica ha promosso contro il presentatore di « Lascia o raddoppia», Mike Bon giorno, forse non ci sarà. La citazione fattagli pervenire ieri dai legali della suddetta società, è stata ricevuta oggi dall'interessato ed in essa è precisata la data del processo che dovrebbe svolgersi davanti ai giudici del Tribunale Civile di Roma il 12 maggio prossimo. La Casa produttrice sostiene che, per contratto Mike Bongiorno avrebbe dovuto ripetere una scena del film che, con l'attore Totò, ha girato recentemente a Cinecittà. Interrogato a questo riguardo, Mike Bongiorno ha dichiarato: «Non è vero che sia partito per partecipare al rallye del Cinema, rifiutandomi di ripetere la scena mal riuscita. Il permesso di lasciare Roma mi era stato accordato, dati i miei precedenti impegni con gli organizzatori del rallye stesso, tanto è vero che la « Titanus » mi aveva procurato cinquemila fotografie da distribuire durante la corsa».
Ma come è noto la società non si è data per vinta ed ha citato Mike Bongiorno reclamando un risarcimento danni per l'ammontare di cento milioni di lire. L'attore ha replicato di essere perfettamente tranquillo e di non avere mancato agli impegni presi, dichiarandosi pronto a recarsi a Roma per ripetere la famosa scena; dopo di che la Casa produttrice avrebbe deciso di tornare sulle proprie decisioni.
«La Nuova Stampa», 11 aprile 1956
Milano, 25 aprile - Il personaggio più atteso della trasmissione di domani sera di « Lascia o raddoppia » è senza dubbio l’anziana signora genovese a nome Teresita De Barbieri, che vien considerata dalla RAI-TV come un tipo che può accendere l’interesse del telespettatori.
La TV ha poi avuto l’idea di invitare davanti alle telecamere — insieme agli aspiranti ai cinque milioni — attori famosi come Danny Kay giovedì scorso e Totò per domani sera. [...]
«Il Messaggero», 26 aprile 1956
La comicità di Totò non è riuscita a ravvivare le sorti di «Lascia o raddoppia»
Milano, venerdì sera.
Sul palcoscenico di «Lascia o raddoppia» non si erano mai visti nove concorrenti in una stessa puntata: il ventiduesimo capitolo dei quiz ha appunto registrato ieri sera questo primato. Ma dei nove, soltanto quattro hanno superato l'ostacolo, mentre cinque sono caduti. Anche questo è quasi un record ; in ventidue settimane, infatti, solo un'altra volta si contarono cinque vittime, precisamente nella diciottesima puntata, che vide la mesta sconfitta della signora Boggio, nella gastronomia, e del signori Agosti, Leonardo, Scarpa e Villa rispettivamente nel ciclismo, nella storia e nell'atletica.
Ieri sera, solo il previsto intervento di Totò è riuscito a ravvivare per qualche attimo una fra le più deludenti edizioni di «Lascia o raddoppia». Ma quello di ieri sera era soprattutto il principe Antonio De Curtis, un personaggio dall'aria ufficiale, che solo a tratti ha lasciato il posto a Totò, all'irresistibile Totò dalla battuta pronta e pittoresca. Tuttavia, dicevo, la sua breve apparizione sul palcoscenico del quiz ha avuto il potere di dare un pizzico di brio a una scialba serata: una serata che, in realtà, nelle sue numerose zone opache ha confermato l'impressione che le popolare rubrica stia vivendo un periodo di travaglio. L'avvertita necessità di puntellare «Lascia o raddoppia» — il cui edificio, anche se non pericolante, è apparso certo meno solido nelle ultime settimane — guida lo stato maggiore della rubrica in una affannosa ricerca di numeri d'attrazione, di tipi capaci di dare spettacolo.
L'ansia di tonificare la depressa trasmissione ha suggerito, fra l'altro, l'Idea di ammettere al giuoco la signora Teresita De Barbieri: diciamo francamente che l'esperimento non è sembra to felice, soprattutto sotto il profilo umano. La vecchia innamorata del calcio ' ha vissuto ieri sera momenti terribili. Dopo l'iniziale e amabile conversazione con Mike Bongiorno, messa, poi, a tu per tu, con le domande per la conquista del primo .traguardo, la vivacità della signora De Barbieri si è trasformata in autentica angoscia, anche se talvolta mascherata da sorrisi, E se Mike Bongiorno l'ha favorita, fino a' sconfinare nella più manifesta irregolarità,. noi non. ce la sentiamo, onestamente, di dargli torto. Che poteva fare, Mike, di fronte all'evidente e penoso stato di disagio della cara vecchia concorrente? La verità è che non si. doveva fare l'Incauto esperimento, tanto più che i dirigenti di «Lascia o raddoppia» sapevano quanto fosse lacunosa la preparazione della signora genovese.
Al piccolo dramma di Teresita De Barbieri va collegata, in certo senso, la fulminea caduta di Damaso Malagoli. Infatti, Mike Bongiorno, profondamente scosso dal molti segni di disapprovazione causati dalla sua eccessiva generosità nel riguardi della signora del calcio, e consapevole, egli stesso dell'irregolarità commessa, ha inaspettatamente dato una pedata al suo limpido e abituale equilibrio; diciamo pure che, per qualche attimo, ha perso la testa; e quando alla domanda relativa a una chiesa di Roma, Malagoli ha pronunciato affrettatamente il nome di Bernini, Mike, secco e autoritario, ha tagliato corto e ha dichiarato battuto il concorrente; ma dei novanta secondi che quest'ultimo aveva a disposizione per riflettere, ne erano trascorsi appena tre. Molto signorilmente Damaso Malagoli ha accettato la sconfitta. Una cosa, però, voglio dirvi, e voglio dirvela perché mette sulla sua giusta luce uno degli aspetti migliori di Mike Bongiorno: dopo la trasmissione, quando è rimasto solo, Mike ha pianto per il rimorso. Anche la caduta del dott. Marco Marzolle sconfitto da quel Wagner, che egli venera, ci ha un po' rattristati. Nell'aria ispirata del buon medico condotto di Gavardo, c'era l'espressione di un autentico «patito» della musica sinfonica. Gabriella Airaldl ha chiuso veramente in bellezza.
Quando è uscita, battuta dalla fatale cabina di vetro, ha detto la cosa più bella che avesse potuto dire: «Ora me ne tornerò in ufficio a lavorare». Gabriella non sì era mai montata la testa in questo mese di celebrità; aveva saputo restare una cara dolce semplice ragazza di buon senso: per questo tutti le vogliono bene e le augurano buona fortuna.
Fortissimi, come sempre, il malacologo Luigi Scanagatta, il ciclofilo Mario De Maria e l'etnologo Roberto Boni. Quest' ultimo sarà, la prossima volta, alle prese con il traguardo finale. Poco convincente, invece, la prima vittoria conseguita dall'esordiente Gianfranco Farina, che non è parso eccessivamente sicuro nelle sue evoluzioni nel regno della musica lirica: forse è troppo giovane per quel melodramma che fu tanto caro ai nostri nonni. Dei cinque sconfitti, tre troveranno conforto al volante della «Seicento», il che è sempre molto.
Vincenzo Rovi, «La Nuova Stampa Sera», 27 aprile 1956
Il cinema non è una facile conquista; ma se si parte dal trampolino della radio o della TV, la conquista è presto fatta, al punto che cinema, TV e radio possono fondersi e collaborare insieme a creare nuovi successi. Della felice unione di questi giorni sono protagonisti Totò, Dorian Gray, Mike Bongiomo, Edy Campagnoli, Rosanna Schiaffino, un’affìatata coppia di gangster composta da Bruce Cabot e Rocco D'Assunta, e le canzoni di Lelio Luttazzi. Tutto questo, nel film «Totò lascia o raddoppia», realizzato a tempo di primato, che ci farà conoscere un nuovo Totò, nobile decaduto, già proprietario di una scuderia di cavalli, ilquale sa tutto sull’ippica e affronta le domande del telequiz non per esibizionismo, ma per sistemare economicamente sua figlia.
«Radiocorriere TV», maggio 1956
Che deve fare Totò in un film intitolato "Totò lascia o raddoppia?" Raddoppia, naturalmente, e vince la posta massima, destreggiandosi come meglio può fra due gangsters dei quali uno ha scommesso che Totò lascia e l'altro che raddoppia. Non è una trovata tale da poter reggere un canovaccio da sola: perciò i soggettisti Metz e Marchesi di questo film di Mastroclnque hanno posto attorno ai comico, nei panni d'un duca squattrinato ed esperto di ippica, la bionda Dorlan Gray e la giovane Valerla Moriconi, quest’ultlma ignara d'essere figlia del duca fino all’ultima sequenza, la prima incaricata di far conoscere una canzonetta che s'ispira alla famosa trasmissione televisiva, in quanto al duca protagonista, ogni volta che lo si appella col suo titolo, egli risponde: «dica». E’ lo sforzo massimo che si sono imposti i dialoghisti di questo scherzo cine-televisivo nel quale gli onori di casa sono fatti, si «capisce, da Mike Bongiorno ed al quale partecipa un attore americano, Bruce Cabot, che stavolta fa il gangster per burla dopo averlo fatto tante volte sul serio.
«Corriere della Sera», 4 maggio 1956
Finalmente un film sincero e spregiudicato: senza ambiguità di sorta, si è rinunciato a qualsiasi parvenza di intelligenza, a qualsiasi cosa possa far sospettare di essere frutto d'un pensamento. Il film è basato sulla nota rubrica televisiva, con in più un intreccio accanto al quale le avventure di Topolino sono capolavori di letteratura. Una lievitatata parvenza di satira naufraga nella generale scipitezza. Ma cosa importa? Poiché dei personaggi della rubrica si son fatti degli idoli, ebbene, gli idoli abbiano i loro aedi.
«L'Avanti», 4 maggio 1956 (ed. nazionale)
Dato il successo del noto telequiz, puntualmente è giunto il film che si propone di sfruttare appunto il successo del telequiz. Pare che il regista lo abbia realizzato con l'intenzione di offrire al pubblico uno spettacolo divertente. Quel che conta, però, è il risultato e il risultato è, nel modo più assoluto, deprimente.
Mario Gallo, «Avanti!», 5 maggio 1956 (ed. di Roma)
Non poteva essere che il cinematografo non facesse suo un grosso successo della Televisione, dopo che molti modesti programmi della Radio erano già stati trasportati sulla pellicola. Ecco quindi «Totò lascia o raddoppia?» diretto da Camillo Mastrocinque, in cui la rubrica di « telequiz» fornisce il pretesto per mostrare i soliti lazzi del principe De Curtis. [...] Quando in scena appare Totò, che è dotato di una innegabile forza comica, il film si regge, ma quando si tenta il dramma o il romanzo d’amore, la vicenda diviene ben povera cosa. Nel film appaiono anche Mike Bongiorno ed Edy Campagnoli, che hanno avuto il buon gusto di non entrare nella azione.
«Corriere d'Informazione», 5 maggio 1956
“Lascia o raddoppia” è il gioco del giorno. Poteva il cinema, che si era interessato di un'altra trasmissione, “Il motivo in maschera”, perdere una simile occasione proprio ora che tutto il pubblico è elettrizzato dal telequiz? Certamente no, ed ecco gli sceneggiatori Metz e Marchesi intessere sullo sfondo della trasmissione un canovaccio in bilico tra il comico, il giallo e il patetico che non mancherà certo di divertire il pubblico, ricco com'è di situazioni paradossali e di battute di dialogo frizzanti e fatte su misura per un Totò in gran forma.
[...] Nell'insolito ruolo di uomo elegante vediamo Totò, impegnato in un genere nuovo di comicità, più castigata, più umana, che acquista in intensità quello che perde in lepidezza. Al suo fianco troviamo Dorian Gray, Mike Bongiorno, Valeria Moriconi, Carlo Croccolo e Bruce Cabot. A Camillo Mastrocinque il merito di aver ben inquadrato dell'evento di attualità in questo film che rimane sostanzialmente comico.
«Il Tempo», 5 maggio 1956
Il cinema italiano salda, almeno in parte, il suo credito con la TV. Questa sottrae con « Lascia e raddoppia » spettatori al cinema e il cinema, oggi, con un film ispirato appunto alla celebre trasmissione conta, a ragione, di sfruttarne lo strepitoso successo. In produzioni di questo genere la storia non ha molta importanza. [...] Una sciocchezzuola, insomma, ma amabile, spassosa e allegra anche se non sempre garbata. Una vicenda che si muove più sulle trovati e sul lazzi che sul meccanismo narrativo strappando senza fatica, risate a allegria. Protagonista è l'impagabile Totò: con lui Mike Bongiorno, Valeria Moriconi, Dorian Gray e Bruce Cabot.
P. V., «Il Popolo», 5 maggio 1956
Atteso da molti, e da altri temuto, « Lascia o raddoppia » è giunto puntualmente sullo schermo, quando il popolare gioco televisivo, pur avendo forse già toccata la punta più alta, gode an cora di larghissimo favore. A protagonista del buffonesco filmetto è stato chiamato Totò, sulla misura del quale Metz e Marchesi hanno imbastito un soggetto, che naturalmente fa il dovuto posto a Mike Bongiorno e a Edy Campagnoli, qui nell'esercizio delle loro funzioni per presentare il concorrente Totò. [...]
Totò lascia o raddoppia, ringraziamo il regista Camillo Mastrocinque, poteva essere peggiore, anche perché girato in gran fretta per sfruttare il momento. Vale invece quanto valgono gli ultimi film di Totò, nei quali qual che risatina ci scappa sempre, anche se le battute sono stantie e lo situazioni scontate. Il merito, se merito c'è, non è tanto degli sceneggiatori, che evidentemente non si sono sforzate le meningi, ma di Totò che di buon grado entra ed esce dalla cabina infiorando le risposte dei consueti lazzi. Dorian Gray lancia la canzoncina di « Lascia o raddoppia », Carlo Croccolo si limita a prendere gli schiaffi, Valeria Moriconi è l'ingenua di turno e Bruce Cabot abbozza una goffa caricatura del « gangster », che altre volte ha impersonato seriamente sullo schermo.
«La Nuova Stampa», 5 maggio 1956
L'imperante voga della noto trasmissione di «quiz» televisivi non poteva rimanere privo della consacrazione cinematografica: ad essa ha provveduto Camillo Mastrocinque, dando vita a questa pellicola che sfrutta con scarsa vena i motivi di attrazione emersi dalla popolare trasmissione televisiva. Inutile parlare. In questi casi, di trama e di interpretazione: il copione è un susseguirsi di «sketches» cuciti alla bell’e meglio, tra i quali soltanto un paio riescono a far centro nel bersaglio della risata, mentre Totò ripete i consueti motivi del suo ben noto repertorio comico. Accanto a lui sono Mike Bongiorno, Dorian Gray, Carlo Croccolo e Valeria Moriconi.
Vice, «Il Messaggero», 6 maggio 1956
Cotto e mangiato, il film sulla rubrica televisiva giunta agli onori dei resoconti completi sui quotidiani è risultato molto più digeribile di quanto la sua affrettata preparazione facesse prevedere, anzi spesso addirittura gustoso, manipolato a dovere da gli espertissimi "cuochi" Metz e Marchesi è presentato signorilmente dal "maitre" Camillo Mastrocinque, che giustamente ha firmato per esteso la sua fatica. Già, perché Mastrocinque, sul film diretti con la mano sinistra appone soltanto un frettoloso e ammiccante "Mastro5".
Il dilemma che dà il titolo al gioco - ed al quale, finora, soltanto il "controfagottato" Degoli ha risposto negativamente - è posto al malcapitato Totò addirittura con le pistole e di coltelli puntati, per indurlo a decidere in un senso o nell'altro. E la situazione è indubbiamente una felice, parossistica e farsesca esasperazione della tortura delle cabina di vetro di questi moderni "circenses".
[..] Il felice scioglimento è prevedibile e vi si giunge con una certa disinvoltura, ma non è il caso di sottilizzare. Le risposte di Totò alle tre domande finali, con la rivoltella di un finto esperto puntata alle sue spalle, sono la vera, lepida soluzione di una scena lepidissima del film. Totò è Totò e tanto basta. Il saporito musetto di Valeria Moriconi batte, accanto a lui, le lambiccate avvenenza di Dorian Gray e di Rosanna Schiaffino. Anche Rocco D'Assunta è più gangster dell'autentico veterano Bruce Cabot. Mike Bongiorno ed Edy Campagnoli, ciascuno da parte di sé stesso, sono spigliati e cordiali che non dinanzi alle telecamere ed il gioco rivela sullo schermo, anche se ricostruito per burla, tutta la sua spettacolarità, quella carica di interesse umano ed agonistico e ha fatto la sua fortuna.
Vinicio Marinucci, «Momento Sera», 6 maggio 1956
I nostri produttori hanno pensato di sfruttare il successo tuttora notevole che incontra la trasmissione televisiva «Lascia o raddoppia?», per impostare sulla stessa un filmetto avente a protagonista il comico Totò. Questi impersona per l’occasione un duca squattrinato, spinto da nobili motivi di famiglia a tentare la fortuna nella popolare rubrica televisiva, scegliendo come argomento l’ippica, campo nel quale mostra di possedere una eccezionale competenza. Tra le smorfie di Totò ed il roteare degli altri personaggi di contorno, la pellicola che ad un certo punto sfiora pure la tragicommedia (leggi gangsters in vista), giunge felicemente in porto col lieto fine di prammatica.
Oltre al protagonista di cui si è detto, prendono parte a questa produzione diretta da Camillo Mastrocinque, Mike Bongiorno, Edy Campagnoli, Dorian Gray che lancia la canzone di «Lascia o raddoppia?», Carlo Croccolo e Bruce Cabot.
«Il Monferrato», 11 maggio 1956
[...] non una battuta studiata, solo un arruffato e gratuito canovaccio dove Totò è lasciato libero a dar fondo al più sciocco repertorio di giochi di parole.
Vice, «L'Espresso», 13 maggio 1956
Totò lascia o raddoppia?
Nella pensione ove Totò, nobile decaduto, vive senza pagare profittando del fatto che la padrona vuol sposarlo ed arrangiandosi a dare consigli sui cavalli da corsa, piomba un notaio che invece di portare la buona ed attesa notizia della eredità che Totò sta aspettando, gli annunzia che egli è il padre di una ragazza, Emma, cassiera in un piccolo bar. La madre della ragazza ha confidato il suo segreto al notaio prima di morire.
Totò si precipita al bar e vi giunge proprio nel momento che la ragazza piange perchè il fidanzato è caduto a «Lascia o raddoppia?» e se ne vanno quindi in fumo le speranze di matrimonio. Totò decide cosi di partecipare alla rubrica televisiva per poter offrire alla figlia la vincita che spera di realizzare: e cosi, come esperto di ippica. si presenta a Mike Bongiomo e risponde con esattezza a tutte le domande conquistando le prime 320 mila lire.
La trasmissione è stata seguita da due ex gangsters americani restituiti all'Italia come indesiderabili, Joe Taccola e Nick Molise. I due scommettono 1000 dollari: vincerà Taccola se Totò lascerà, vincerà Molise se invece questi raddoppierà.
Totò, dopo essersi allenato alla cabina della TV facendosi rinchiudere nel bagno e di qui rispondendo attraverso la porta alle domande del suo fedele servitore, raddoppia e vince le 640 mila lire in palio; Taccola, furente per aver perduto la scommessa, raddoppia anche lui scommettendo duemila dollari che Totò lascerà alla prossima tornata.
Il nostro eroe intanto fa affari d’oro sui campi di corse: tutti vogliono consigli da lui e la sua popolarità cresce sempre di più. Ed anche la settimana successiva egli raddoppia e vince alla TV. Sempre più furibondo anche Taccola raddoppia la sua scommessa con Molise.
Questi decide che è il momento di dare una « spintarella » a Totò: lo fa rapire da Helène, la sua amante, e gli promette due milioni se raddoppierà. Dopo aver superato alcuni incidenti con la padrona di casa che lo aveva chiuso nel suo appartamento per impedirgli di raddoppiare.
Totò si presenta a Bongiomo e vince ancora raggiungendo i 2 milioni e mezzo. Molise è gongolante mentre Taccola è infuriato: la scommessa tra i due gangsters viene ancora raddoppiata ed ambedue si danno da fare per riuscire ad ottenere che Totò si regoli nella tornata decisiva secondo i loro desideri. Cosi Taccola fa rapire il personaggio ormai popolarissimo e gli dice che lo ammazzerà senza pietà se tenterà di raddoppiare. Terrorizzato, Totò va da Molise per restituire i due milioni avuti per il passato raddoppio e dirgli che lascerà. Molise comprende come in questa decisione vi sia lo zampino di Taccola e gli dice che se non raddoppierà sarà un uomo morto.
Preso cosi tra due fuochi, dopo aver cercato invano di farsi arrestare, Totò scompare: ma gli uomini di Molise lo rintracciano e, pistola alla mano, lo costringono ad entrare sul palcoscenico ove Bongiomo lo sta aspettando. Nel frattempo anche Taccola entra in teatro e Totò non sa più che fare. Confuso e terrorizzato egli risponde senza pensare alle domande di Bongiorno e così facendo non si accorge di vincere i 5 milioni della domanda finale.
Mentre già si vede morto, interviene la polizia che arresta i due gangsters e così il simpatico personaggio potrà coi 5 milioni riavere sua figlia e farla felice con l’uomo che essa ama.
«Alta Tensione», 15 maggio 1956
Perchè ha successo «Lascia o raddoppia?»
Gran parte della prima formazione di tutti noi è avvenuta all'insegna dell'indovinello, dei quiz, dei piccoli giochi di memoria: a questo assai spesso si riduceva l'insegnamento nelle scuole che abbiamo frequentato.
E' noto come una delle fondamentali accuse che vengono mosse alla scuola italiana di ogni ordine e grado sia quella concernente il suo nozionismo: la sua tendenza cioè a ridurre gran parte dell'insegnamento al meccanico apprendimento di singole nozioni non inquadrate in una concezione d’insieme, e a ridurre quindi la formazione culturale del giovane ad un puro fatto di tecnica mnemonica, ad una .serie di date, eventi, formule allineate una dietro l'altra o una sull’altra, senza che fra di esse vi sia un nesso più saldo ed organico di quello rinvenibile in un catalogo o in un orario ferroviario.
E’ evidente come chi esce da una scuola siffatta non sia poi in grado di dare una propria interpretazione della realtà che lo circonda, di elaborare nuove soluzioni ai problemi che in essa si pongono. di contribuire all'avanzamento del settore cui si è dedicato: sarà in grado, tuttalpiù, di applicare diligentemente le nozioni che ha incasellato nella memoria, avrà nella società un posto di tecnico, una funzione di subalterno.
Quando ci si chiedono le ragioni della vastissima popolarità che spettacoli del tipo di «Lascia o raddoppia?» hanno cosi rapidamente incontrato, è a queste considerazioni che occorre riportarsi: al fatto che gran parte della prima formazione di tutti noi è avvenuta proprio aìl’insegna degli indovinelli, dei quiz, dei giochi di memoria, cui sostanzialmente, assai spesso, si riduceva l'insegnamento delle varie materie nelle scuole che abbiamo frequentato. Si pensi al caso della Bolognani: non si può. di primo acchito, reprimere un vivo senso di raccapriccio al pensiero che questa creatura del buon Dio ha dedicato una ingente parte dei suoi diciotto anni a studiarsi a memoria tutto ciò che ha attinenza col calcio e coi palloni. Se si trattasse di una sportiva professionista, se lo avesse fatto per obblighi di mestiere. passi: e passi pure se si trattasse di eventi che avesse personalmente vissuti; ma la giovane tapinella la formazione della tal squadra nella tal partita dell'anno 1930 o giù di li se la deve proprio esser studiata sui testi, il che francamente è un po' troppo
Una innocente, misera vittima dei tempi in cui viviamo, del decadimento della cultura, della riduzione di essa a pura mnemonica. dunque: ma come si spiega allora il fatto, di cui siamo stati abbondantemente ragguagliati, che la leonessa di Pordenone sarebbe una allieva modello, che nella sua pagella di studentessa liceale abbondano gli 8 e i 9 come le onde nel mare? In realtà, ciò non comporta alcuna contraddizione. anzi, proprio qui è la spiegazione del fenomeno rappresentato dalla Paolissima; la quale non ha fatto altro che applicare con serietà e con impegno alla materia calcistica lo stesso metodo che aveva con successo esercitato nelle materie scolastiche, ha aggiunto il calcio alla storia, alla matematica. al latino e si è dedicata ad esso con la stessa puntigliosa volontà di prima della classe.
La diffusa concezione della cultura non più come produzione cosciente ma come fatto tecnico è dunque alla base della fortuna di Lascia o raddoppia? e consimili trasmissioni: tale constatazione e convalidata ulteriormente se passiamo a vedere quale sia stata la Darte sostenuta davanti ai teleschermi dal cinema e dai suoi appassionati.
Un primo rilievo si impone: ed è che «Lascia o raddoppia?» ha rappresentato la rivincita morale e materiale di tutti gli schedatori. di quella schiera di oneste e in fondo innocue galline della cultura cinematografica che sapevano a menadito tutto il cast, sino al nome e al cognome della più umile comparsa, del più oscuro film prodotto nel Paraguay o in Lapponia. Era una razza, questa degli schedatori, che sembrava ormai estinta, mitico residuo di un periodo in cui il cinema era tenuto in quarantena dalle arti sorelle, in cui si ricercava fervorosamente uno specifico e un’estetica filmica, e poiché questo specifico e questa estetica non davano risultati gran che soddisfacenti, molti preferivano lasciare l’infido terreno della critica per rimanere nella più rassicurante cerchia dell’erudizione. Sembrava scomparso, lo schedatore, nel corso della polemica in cui sono stati definitivamente superati questi equivoci e quei complessi di inferiorità; ed ecco che invece ce lo troviamo dinanzi trionfante, candidato e vincitore, o meglio vincitrice, ai cinque milioni della RAI-TV
« Nel film Romanticismo, ricavato dal dramma di Gerolamo Rovetta e girato intorno al 1915, accanto ad Elena Makowska apparve un noto attore di prosa italiano nella parte del conte Vitaliano Lamberti: chi è? »
« Qual’è il nome dell’attrice che interpretò la parte di Teresa Gonfalonieri nel film omonimo diretto da Guido Brignone nel 1934? ». Domande che lasciano perplesso il critico, lo studioso di cinema, ma che fanno palpitare il cuore dello schedatore, dell’uomo dei cast e delle filmografie. il quale è spiritualmente presente nella fatidica cabina di vetro accanto alla signorina Adele Gallotti.
Hanno qualcosa a che fare con il cinema queste prove di memoria? Evidentemente no, come nulla a che fare avevano con la storia o con la musica le esibizioni date in questi settori da altri concorrenti: musica, storia e cinema non costituiscono altro che pretesti per lo sfoggio delle capacità di questi moderni Ercoli della memoria, che non è giusto chiamare nemmeno eruditi, poiché l’erudizione era ed è una cosa seria, implicante un effettivo amore per il patrimonio di cultura che l’umanità ha faticosamente raccolto, implicante il desiderio di abbracciare e stringere a sé il maggior numero di cognizioni con uno sforzo che potrà essere vano e pedantesco. ma risibile mai.
Dicevamo che il cinema non c’entrava per nulla con le prove di buona memoria fornite dalla signorina Gallotti, la quale avrebbe potuto indifferentemente cimentarsi in gastronomia o in filologia bantù, con la stessa bravura e gli stessi risultati. Ella infatti ci ha splendidamente dimostrato di avere sulla punta delle dita tutti i titoli, i protagonisti, i registi dei più sconosciuti e misconosciuti film girati in Italia in questo mezzo secolo, ma mai neppure l'accenno di un tentativo di giudizio critico nei confronti dei film di cui ci forniva i dati le è uscito dalle labbra. Saprà oltre al titolo e all’autore anche la trama, almeno, di questi film? Siamo autorizzati a sospettare, e non poco; anche se poi la Gallotti non ha fatto altro che attenersi alle regole del gioco, le quali non prevedono affatto che il concorrente dia prova di sé nel campo intellettuale. E del resto, a giudicare da Quanto venne fuori di bocca, a proposito del Leopardi, a un giovanotto "esperto” in letteratura italiana, è ancora meglio cosi.
Ma sarebbe assai errato infierire impietosamente sui personaggi sinora presentatici da «Lascia o raddoppia?»: come sarebbe errato e troppo facile limitarsi a dimostrare l’incultura di questa trasmissione. Ciò che preme porre in rilievo è l’inserirsi di essa in un più vasto quadro di incultura e di diseducazione, che affonda le sue radici nella stessa concezione della scuola e della cultura nella nostra società: concezione che qui è portata agli estremi e dimostra in modo lampante tutta la sua precarietà. E’ contro di essa che occorre appuntare le critiche, e non contro il più vistoso ma più esteriore bersaglio offerto da «Lascia o raddoppia?»
Infine, un motivo di non piccola consolazione il cinema lo ha pur sempre avuto: non ci risulta. infatti, che nessuna rivista di cinema abbia offerto alla signorina Gallotti di tenere una rubrica di critica. Il che. per i tempi che corrono, è già qualcosa.
Vttorio Spinazzola, «Cinema Nuovo», 25 maggio 1956
Il Duca Gagliardo della Forcoletta, nobile decaduto, era conosciuto sui campi di corse sia per la sua passione per i cavalli, sia perché faceva l'informatore Cioè consigliava agli scommettitori i cavalli su cui dovevano puntare, riscuotendo poi, in caso di vincita, una percentuale. Ma non tutti conoscevano il trucco usato dal Duca: egli infatti, se in una corsa correvano sette cavalli, dava i loro nomi a sette scommettitori diversi, in modo che poi si recava a riscuotere da quello a cui aveva dato il nome del vincente. Dagli altri, per quel giorno, cercava di non farsi più vedere.
Sempre inappuntabile, il Duca si recava alle corse seguito dal fido maggiordomo Camillo, che non riscuoteva il suo stipendio da data immemorabile.
« Posso fare una domanda ? », chiedeva qualche volta Camillo.
« Se è lecita! », rispondeva il Duca con condiscendenza.
« Signor Duca ho fame! ».
« Bravo! », rispondeva invariabilmente Gagliardo. « E’ segno di salute. Chi ha appetito è segno che ha salute. Fatti una bella bevuta d’acqua... L'acqua contiene il calcio... le vitamine... ».
« Acqua... Vitamine ”A”... ”A” acqua! ».
II Duca e Camillo alloggiavano
nella pensione della signora Bice che continuava a ospitarli, nonostante fossero in arretrato di un anno, perché voleva sposare il nobile. Ma, in quanto ai pasti, l’innato orgoglio che albergava nel petto del Duca, gli impediva di accettare gli inviti che gli facevano sia la padrona che gli altri pensionanti; e così tiravano la cinghia.
Un giorno il Duca ricevette la visita del notaio Baracca.
« Baracca? », chiese. « Sinistrato forse? ».
« Ma che sinistrato! », protestò l’altro.
« Sfollato, pardon? ».
« Ma che sfollato! ».
« E allora che Baracca è? ».
« Io sono il notaio Baracca. Notaio ».
«Ah, notaio! Qualche lascito, forse? ».
« Io devo parlarle di una cosa un po’ delicata. Si tratta di un lascito un po’ particolare... Un testamento, direi, spirituale. Lei ricorda la signora Maria Marini? ».
« Si... bene... », rispose il Duca. « Maria Mari? Perbacco! Ohi Mari! Ohi Mari, quanto sonno... ».
«Ma no. Maria Marini. Nel
19... ».
« ...19... Vestita di voil e di chiffon? », lo interruppe il Duca.
« Nel 1934, Maria Marini di Genova. Le ha lasciato una figlia... La ragazza adesso ha ventun anni... ».
« Esatto, e dove si trova questa figliola? ».
« La troverà in via Solferino al Bar Aurora », rispose il notaio. « La troverà in qualsiasi ora del giorno... è cassiera. Quella donna non le ha chiesto nulla mai, mi sembra giusto che lei debba ora se non altro occuparsi della ragazza ».
« E’ mio dovere! E come si chiama questa figliola? ».
« Elsa ».
«Elsa... Elsa, e va bene!», acconsentì il Duca.
Elsa infatti faceva la cassiera ne] bar del signor Anastasio ed era fidanzata con Bruno, uno dei camerieri. Bruno aveva cercato di guadagnare cinque milioni per acquistare il bar del suo padrone, cimentandosi nella famosa trasmissione televisiva di "Lascia o
raddoppia”. Si era presentato per la musica leggera, ma non era riuscito a superare che il primo turno, guadagnandosi un unico gettone d’oro del valore di quarantamila lire. Un po’ poco, per la verità, per poter fare dei sogni azzardati.
Il Duca entrò nel locale, proprio mentre Anastasio stava dicendo a Elsa: « E’ andata male, eh? Lo sapevo. Ma cosa vi eravate messi in testa voi due? Era tanto sicuro di vincere e invece... Almeno avessi venduto il bar a Pestalozzi quando me lo ha chiesto, invece di dare ascolto alle chiacchiere di Bruno Illusi! ».
« Senta, ma lei la vuole smettere di infierire contro questa povera ragazza? », intervenne il Duca. « Sì! Lei sta infierendo e, permette che glielo dica, lei infierisce. E’ chiaro? », poi si avvicinò a Elsa che stava singhiozzando e tentò di consolarla.
Ma la ragazza fraintese le sue intenzioni: « Ma che vuole da me? E’ un’ora che mi sta girando intorno! Ma si può sapere che si è messo in testa? ».
« Io? Le posso essere padre ».
« Non mi parli di mio padre, per favore! Mio padre è morto!».
« Da quanto tempo? », chiese il Duca, facendo le corna.
« Anche se non è morto è come se lo fosse. Non so nemmeno come si chiama. Ha abbandonato mia madre prima che io nascessi ».
« Però potrebbe essere vivo ».
« E che cosa cambierebbe? Quello se ne sta sulla Costa Azzurra, nelle sue ville e nei suoi palazzi, a giuocare al Casinò, perché è nobile e ricco e io, che sono sua figlia, sono povera e disgraziata... Signor Anastasio, mi scusi, ma io stasera mi sento poco bene. Vorrei andare a casa ».
Il padrone del bar le diede il permesso ed Elsa se ne andò. In quel momento entrò Osvaldo, l’altro cameriere del bar che stava servendo i clienti nella saletta della televisione, e disse, con voce emozionata, che quella sera a” Lascia o raddoppia” era un vero e proprio macello: non si salvava nessuno dall'insidia delle domande.
« Pensi che a un tale che sapeva tutto sulla storia dei cavalli gli hanno fatto una domanda difficilissima... il poveretto proprio non sapeva rispondere. Gli hanno chiesto il nome del cavallo arrivato terzo al Gran Premio di Parigi nel 1912, e gli hanno chiesto pure il nome del fantino... Roba da matti! ».
«E’ semplicissimo!», esclamò il Duca. « Il cavallo era Giacinto, figlio di Minerva e di Donatello II, nonno di Vampiro, che vinse il premio delle Nazioni nel 1932. Il fantino era Alessio Smith, inglese di madre meticcia, nato a Liverpool il 12 agosto 1891 di domenica in una giornata afosa alle 6 e 30 del mattino. Iniziò la sua carriera equina, cioè equestre, il primo sabato inglese del 1906. Vinse ben 387 corse, montò 8647 cavalli, di cui il terz’ultimo nella penultima corsa, cioè Pippo IV, sebbene raffreddato, superò di una incollatura Genoveffa I. Come vede giovinotto la risposta è semplicissima ».
« Ma lei ne sa più di Mike Bongiorno, degli esperti, di tutti. Ma perché non va a "Lascia o raddoppia”, così porta via un po’ di
milioni », esclamò Osvaldo, entusiasta.
L’idea venne raccolta dal Duca che pensò di poter vincere i milioni per comprare il bar alla figlia. Anzi propose subito ad Anastasio la vendita.
« In contanti? », chiese l’uomo.
«Le darò gettoni d’oro!» rispose il Duca, sicuro.
Presentato dalla signorina Campagnoli, la presentatrice di "Lascia o raddoppia”, e da Mike Bongiorno, il Duca salì sul palcoscenico dell’ auditorium, per cimentarsi in ippica.
« Ha limitato la materia a qualche determinato periodo ? », gli chiese Bongiorno.
« No, ho compreso tutte le corse di cavalli che si sono svolte. Dagli antichi persiani fino a oggi pomeriggio alle cinque ».
« E’ da molto che si dedica ai cavalli? ».
« Da quando sono nato. Sì, perché mio padre, il Duca Ferdinando, ebbe cinque figlie femmine. E quando nacqui io disse: "Perbacco, abbiamo un maschio. Allora siamo a cavallo”. E, come vede, je suis ici... ».
Dopo l’intervistina di rito, vennero portate le famigerate domande.
« Allora? Per 2500 lire, Duca... ».
A queste parole Gagliardo aveva steso la mano per prendere il denaro.
« Dopo, quando avrà risposto alle domande », spiegò sorridendo Bongiorno. «Mi sa dire in che anno furono messe in funzione in Italia le macchine di partenza a scatto elettrico? ». '
« 15 maggio 1927», rispose il Duca senza esitazione. « Alle ore tre del pomeriggio. Pioveva ».
« Bravissimo. La risposta è esatta... Come ha fatto a rispondere con tanta precisione? ».
« Ero vicino al palo e presi la scossa ».
« Seconda domanda », prosegui il presentatore. « Un cavallo vinse
48.000.000 di premi, tra cui due volte la coppa d’oro e l’ultimo Gran Premio di Milano. Come si chiamava questo cavallo, nipote di Apelle? ».
« Apelle, figlio di Apollo, teneva una palla di pelle di pollo, tutti i pesci... Pesce Quarto! »
« Duca, le mie più vive congratulazioni ».
Alle domande seguenti Gagliardo rispose con la medesima sicurezza e prontezza, e si giunse così all’ultima domanda di quella prima serata. Gli mostrarono una diapositiva: si trattava di dire il
nome del cavallo rappresentato.
« Donato! », rispose il Duca.
« Bravissimo », si congratulò Mike Bongiorno, stringendogli la mano. « Come ha fatto? ».
« Semplicissimo. Non vede... ha la bocca chiusa. E, come si dice, a cavai donato non si guarda in bocca ».
Ia fama del Duca, dopo la trasmissione, si sparse per tutti i campi di corse, e tutti gli scommettitori si facevano consigliare da lui i cavalli sui quali puntare. E questo andava a detrimento dell’attività degli altri informatori che decisero di dargli 500.000 lire purché non si facesse vedere per un po’ di tempo sulle piste. Questo denaro, il Duca si affrettò a portarlo ad Anastasio.
Ma la trasmissione televisiva era seguita anche da due tipi poco raccomandabili, Joe Taccola e Nick Molise, due ex-gangsters americani restituiti all’Italia come indesiderabili. Una discussione sullo spettacolo si concluse con una scommessa tra i due: Joe diceva che il Duca avrebbe raddoppiato e Nick che avrebbe lasciato. Il perdente avrebbe acquistato una pelliccia di visone selvaggio alla ragazza dell’altro. E Nick pensò che non era il caso di lasciare ai tempi la decisione della scommessa. Per questo mandò la sua avvenente amante ad abitare nella pensione del Duca. Columba avrebbe dovuto fare di tutto per impedire al nobile di presentarsi quella sera alla penultima domanda.
Gagliardo, intanto, stava allenandosi nella sua camera, con l’aiuto del fido Camillo.
« Sono preparato, preparatissimo... Ma poi ti piglia quel cauche-mar ».
« E lei si prende le cosce in mano? », chiese Camillo.
« E già, perché io ho preso qualche volta le cosce in mano... Cafone, sei rimasto uno stalliere... Cauchemar è francese. Significa patema d’animo!».
In quel momento bussarono alla porta ed entrò Columba, tutta agitata. Aveva già conosciuto il Duca all’ippodromo, e si rivolse a lui pregandolo di salvarla dal s.uo fidanzato che era furioso perché pensava che lei lo tradisse. « E vuole sapere con chi? Con lei. E per colpa sua voleva ammazzarmi e io sono scappata ».
« Scusi, signora. La frase è poco gentile. Ma lei è venuta proprio in casa mia a morire ammazzata? ».
« E dove voleva che andassi? », chiese Columba.
« Che so... qui vicino, al mattatoio ».
« Duca! », esclamò la ragazza.
« Dica! », rispose quegli, pronto.
« Si faccia una risata! Se quello ci trova insieme ci ammazza tutti e due ».
« Questa è meravigliosa! », esclamò il Duca, ridendo. « E’ buona, ostrega, se è buona! Se ci trova insieme ci ammazza tutti e due... Ma che scherziamo? », si riprese di colpo. «Ci mancherebbe altro!».
Columba mise in atto tutte le sue arti di seduzione per trattenere il Duca e impedirgli di recarsi alla televisione, ma Gagliardo, pur titubante, la lasciò e si presentò per la penultima domanda che superò brillantemente come al solito. Joe aveva vinto la scommessa.
Ma Nick non si diede per vinto e scommise ancora che il Duca non avrebbe raddoppiato per la domanda finale.
«Vuoi il tuo night-club contro tutte le mie macellerie? », disse al compagno.
« D’accordo », accettò Joe.
« Ma ragazzi, non vi sembra di esagerare? », disse Hélène, la biondissima donna di Joe. « Chi di voi due perde è rovinato per sempre».
« Uno di noi due è sempre stato di troppo », disse Joe, tagliando corto alla discussione. E, quando Nick e Columba se ne furono andati, espose il suo piano alla donna.
Hélène fece in modo di avvicinare il Duca e di farsi accompagnare nel locale di Joe. Entrò con lui in un separé e cominciò a circuirlo facendosi trovare in atteggiamento provocante da Joe che era entrato all’improvviso. Il gangster naturalmente era d’accordo, ma fece la parte dell’uomo tradito. Il Duca si aspettava qualcosa di grave ma, con s,ua sorpresa, Joe gli offrì un assegno di cinque milioni a patto che lui raddoppiasse la settimana prossima. Naturalmente il Duca accettò, intascò l’assegno e se ne andò gongolante. Ma fuori l’aspettava Tommy, il braccio destro di Nick, che lo portò in una delle macellerie dove il capo l’aspettava.
Nick non perse tempo in chiacchiere. Fece vedere al Duca le teste mozze di due vitelli esposte in vetrina e gli disse: « Ti piacerebbe finire così? ».
« E mi fate venire fin qua per dirmi queste sciocchezze? ».
« Non sono sciocchezze, metterò la tua testa tra queste due, capisci? ».
« Oh, sì, per fare il trio... ».
« Però se tu vuoi, puoi evitarlo... semplicemente non raddoppiando. In conclusione, ascolta bene. Se tu lasci, sei salvo... se raddoppi, finisci sgozzato qua in mezzo ».
Il Duca se ne andò terrorizzato e tornò da Joe per rendergli il suo assegno. Ma l’altro, ripresosi il denaro, lo minacciò di impiccarlo, se non avesse raddoppiato. II Duca era disfatto: non sapeva cosa fare. Qualsiasi decisione avesse preso, ci avrebbe rimesso la pelle.
Uscendo mestamente dal locale di Joe, trovò Hélène che l’aspettava. La ragazza era dispiaciuta sinceramente di quello che stava succedendo al Duca e, sentita anche la storia della figlia, gli consigliò di scappare immediatamente.
Gagliardo seguì il consiglio e, per una settimana, fu introvabile. Naturalmente Joe e Nick si gettarono sulle sue tracce. E il primo a trovarlo fu Nick. Infatti, recatosi alla pensione, riuscì a intercettare una telefonata del Duca a Camillo.
« Dammi retta, vieni qua » gli disse Nick al telefono, « prima che Joe ti porti alla televisione. Se Joe ti obbliga a raddoppiare
io sono costretto ad ammazzarti. Hai capito? E questo non mi piace ».
Il Duca, che telefonava dal caffè di Anastasio, gli rispose che non ci pensava nemmeno ad andare da lui. E intanto non si accorgeva che dietro le sue spalle era comparso Joe.
« Senti, Duca », insistè Nick, « ho capito che fai lo smargiasso perché hai Joe dietro le spalle... Di’ la verità ».
« Joe mi fa un baffo a torciglione, come dicono a Roma », sghignazzò il Duca, sempre inconsapevole della presenza del gangster. « Se mi capitasse davanti gli farei dare tanti schiaffi dal mio maggiordomo... ». In quel momento Joe gli batté sulla spalla. « Un momento signore », disse Gagliardo. « Mi lasci telefonare. Pronto, pronto... perché io non potrei mai sporcarmi le mani addosso a un rettile simile... ». Solo in quella si rese conto che l’uomo che gli stava vicino era proprio Joe e tentò di salvare la situazione. « Io parlavo di quell’altro Joe... Quello giapponese, quello che ha inventato il riso ».
« Lei sta parlando troppo, ha capito? », disse l’altro, chiudendo il telefono, e puntando una pistola alle reni del malcapitato gli ingiunse di seguirlo. Ma prima di uscire il Duca riuscì ad avvicinarsi a Elsa e a consegnarle un biglietto. Joe lo fece salire poi su una macchina che li aspettava fuori: a bordo c’era Hélène rammaricata per l’accaduto.
La macchina si era appena allontanata che Elsa corse fuori, seguita da Bruno.
« Ma è mio padre », esclamò la ragazza. « Bruno, quello è mio padre! ».
Joe condusse il Duca sino agli studi della televisione e lo costrinse a salire in palcoscenico.
« Ah, ecco il nostro eroe di "Lascia o raddoppia” », lo presentò Bongiorno al pubblico che gremiva la sala. « Lei sa che può entrare in cabina in compagnia di un esperto? ».
« Potrei entrare con la signorina Campagnoli? », disse il Duca, ritrovando per un attimo il suo spirito. Ma fu solo .un attimo, la vista di Nick che saliva in palcoscenico Io raggelò.
« Un momento prego. Io sono l’esperto scelto dal Duca per entrare in cabina con lui. Io sono il suo più grande amico e non l’abbandonerò mai in nessun momento, fino alla morte».
Entrarono in cabina insieme e Nick sibilò all’orecchio del malcapitato: « Hai voluto raddoppiare e adesso me la paghi. Adesso rispondi alle tre domande con calma, poi ti faccio fuori quando usciamo ».
« E chi esce di qui! Mi devono ammazzare per portarmi fuori ».
Bongiorno aprì la prima busta e lesse la domanda: « Qual è il nome della scuderia americana che ha dato il maggior numero di campioni nelle corse disputate a Chicago nel 1930? ».
Il Duca non voleva rispondere, allora Nick gli disse: «Lo so io, Farwel... Rispondi! ».
« Farwel! », disse con voce flebile Gagliardo.
« Bravissimo! », esclamò Bongiorno. « Duca, ho l’impressione che lei abbia in cabina un vero amico! E’ stato lui a salvarlo. Lo abbracci! Ecco un vero amico! ».
Intanto Hélène era tornata al
caffè per mettere al corrente Elsa e Bruno della situazione e, insieme, avevano chiamato la polizia, che accorse subito al teatro. Poi si misero tutti ad ascoltare la trasmissione, trepidando per la sorte del padre di Elsa.
Si era giunti intanto all’ultima domanda, la decisiva.
« Qual è il nome del cavallo che vinse il premio di Buenos Ayres nel 1929?».
« Non ce la faccio », mormorò
il Duca che, con la preoccupazione che aveva, non riusciva a concentrarsi.
« Come ha detto? », chiese Bongiorno.
« Rinuncio ».
«Bravissimo! La risposta è esatta! Il nome del cavallo è Rinuncio. Venga, venga, Duca. Venga a prendere il suo applauso ».
« Non esco più. Qui dentro ci sto benissimo. Mi sono acclimatato ».
« Guardi che tra poco dovrà entrare un altro concorrente per le domande ».
« Va bene, lo faccia entrare, vuol dire che io gli farò da esperto... E va bene, uscirò. Ma prima devo fare una dichiarazione. In caso di mia morte, voglio che il notaio raccolga la mia ultima volontà: e cioè che il premio venga versato interamente alla signorina Elsa Marini, che è mia figlia! ».
« Duca, la ringraziamo di aver partecipato al nostro giuoco, le facciamo le nostre più vive congratulazioni e auguri di buon viaggio », lo salutò Bongiorno.
« Grazie. Pregherò per lei. Le verrò in sogno e le darò i numeri. Arrivederci! ».
Mentre usciva tallonato da Nick, ormai rassegnato al suo destino, intervenne Bruno che si lanciò sul gangster, ma ebbe la peggio. Allora il Duca perse la sua aristocratica calma e cominciò a tempestare di colpi Nick.
« T’arrangio io, figlio di un cane... Brutto figlio di un cane... Ecco fatto! E mi trovi calmo, eh! ». Nick giaceva al suolo, pesto e smarrito. La polizia non fece alcuna fatica a impadronirsi di lui.
Il Duca ringraziò Hélène per quello che aveva fatto e le disse: « Mi permetto di darle un consiglio. Quel signore con l’accento siculo-americano lo lasci perdere! ».
« Ci penserò », disse la ragazza con un sorriso, salutando.
Ora il Duca poteva dedicarsi completamente alla figlia.
« Beh, ragazzi, siete contenti? ».
« Papà mi dài un bacio? », chiese Elsa.
« Un bacio vero? Da papà tuo?», chiese il Duca commosso.
Stefania Mauri, «Novelle Film», 9 giugno 1956
La censura
Verbale della Commissione Revisione Cinematografica datato 8 febbraio 1957
(Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema)
I documenti
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Esistono film che non reggono il tempo che passa, altri che invece "crescono". Questo "oggi è diventato un curioso documento d'epoca" (Morandini) che sposa cinema e televisione del tempo che fu, eternando nel loro ambiente Bongiorno e la Campagnoli, ben più di quanto può fare una retrospettiva. Totò è in gran forma e il cast è stimolante, visto che annovera, giovanissimi, la Schiaffino, la Moriconi e Tinti. Ci sono pure la Gray (ovviamente in un ruolo da vamp) e Pandolfi (un barista). Dico **½, forse influenzato dai motivi detti prima.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò, seduto, si alza e, nel mettersi ritto, col naso costeggia il fisico di Dorian Gray. E, ovviamente, "Rinuncio!".
- Diretto da Camillo Mastrocinque è una sorta di instant-movie, realizzato sull'onda del successo della trasmissione televisiva (ed è giocoforza uno dei primi film italiani che parlino sia pure in chiave parodistica della televisione); si tratta di una commedia tutto sommato divertente in cui al di là della trama (piuttosto debole in realtà) il pezzo forte è ovviamente la partecipazione del comico all'omonima trasmissione con Mike Bongiorno nei panni (calzati discretamente) della spalla.
- Un grande Totò nei panni del duca squattrinato della Forcoletta, esperto di cavalli. La prima metà è più divertente, ma anche nella seconda parte (un po’ più zoppicante) ci sono comunque momenti esilaranti grazie anche al povero maggiordomo che fa da spalla a Totò (che lo tratta come una pezza da piedi lasciandolo in pasto ai creditori). Segnalo: il sogno, Muscolone, “Sono ferrato al pari dei cavalli”, al polo, bibite da grattacheccaro, le prove, la risposta al telefono… Insomma, più che godibile.
- Totò si catapulta in una commedia che coglie il successo dello storico telequiz di Bongiorno, ma che al contempo non rinuncia ad inserirvi sottotesti rosa (il ritrovamento della figlia naturale), neri (le due gang rivali) e piacevoli autocitazioni (Tinti che ignora l'autore della canzone "Malafemmina", cioè proprio Totò). Come sempre il Principe troneggia attorniato da una corte sfarzosa: il bistrattato Croccolo, la dolce Moriconi, i malavitosi Cabot e D'Assunta, le femmes fatales Gray e Schiaffino, il brusco Pavese.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: «Duca?». «Dica!». Il gesto con il gomito. Le prove nell'armadio.
- A metà anni cinquanta "Lascia o raddoppia" furoreggiava nelle case degli italiani. Perché non metterlo insieme al fenomeno Totò per raggranellare denaro, si sarà chiesto il produttore? Ne viene fuori l'ennesimo film del principe della risata per altro nemmeno tanto male e come al solito mediamente divertente. Nulla di eccezionale ma si lascia guardare con piacere.
- Fra i tanti istant-movie parodistici interpretati da Totò, questo è uno dei più fiacchi, non certo per demerito del principe De Curtis, qui in un ruolo per lui non abituale di gentiluomo di alto lignaggio, parlata forbita e vasta cultura (ippica), anche se squattrinato. E' la sceneggiatura ad essere fiacca e ripetitiva, tutta basata sulle scommesse di due malavitosi rivali riguardanti l'esito della fatidica domanda "Lascia o raddoppia?". Gray e Schiaffino fanno le seduttrici maliarde, Croccolo il bistrattato maggiordomo, Moriconi la figlia inconsapevole, Mike fa...Buongiorno.
- Adorabile Totò in una maschera ispirata ai successi del prof. Marianini, campione di quiz e di stravaganze. Come sempre si prende la palla al balzo di un successo dell'epoca e se ne fa un film col Principe. I duetti con Croccolo sono irresistibili, la trama vive di poco ma per Totò a volte è un bene. Bellissima la Schiaffino giovane ma ancor più Dorian Gray, sempre sensuale cavallona. Bongiorno non era così disinvolto come oggi con Fiorello.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Mi faccia la domanda" "Signor duca, quando mi dà lo stipendio?" "La domanda non è pertinente".
- Tra i migliori interpretati da Totò. Ritmo notevole, gag, battute e giochi di parole a non finire (indimenticabile "Duca dica"), con una buona regia dell'esperto Mastrocinque e un cast di supporto altrettanto eccellente. Memorabile il duetto Totò/Bongiorno ma anche quello con Croccolo. Cabot è un eccellente cattivo.
- Sull'onda del successo televisivo dell'epoca, ecco pronto un film su misura per il grande Totò, che con la solita bravura riesce a movimentare una trama abbastanza prevedibile fatta di minacce da parte di gangster da macchietta e figlie ritrovate. I suoi duetti con Croccolo sono i momenti migliori, ma anche il tic al braccio che ogni tanto mostra con naturalezza estrema muove sempre al sorriso. Bongiorno regge abbastanza bene il gioco e nei momenti più sentimentali con la figlia possiamo anche ammirare il lato più serio del principe.
- Totò duca tra ippodromi, night club, belle donne, ma anche modeste pensioni e piccoli bar, con attigua saletta TV, per assistere alla famosa trasmissione, madre di tutte i programmi a quiz (il giovedì sera nei cinema, si interrompeva la proiezione per accendere le diverse TV in sala), si trova a suo agio; è il protagonista assoluto con battute fulminanti e tic aristocratici. Lo affianca un Croccolo nelle vesti di un maggiordomo succube e affamato. Qualche momento di stasi quando Totò non è in scena, ma nell'insieme il ritmo è buono. • MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il sogno di Totò, all'inizio.
- È un buon film non funestato dai temibili vuoti narrativi che hanno condizionato tante altre pellicole. Totò è equilibrato e mai sopra le righe; non esaspera mai la sua mimica né la sua vis comica. La storia è semplice, ma lineare e sviluppata con ordine e per quanto Totò non goda di spalle vere e proprie, i duetti con Croccolo sono divertenti e all’altezza della situazione.
- Quale era il fenomeno sociale del 1956? Certamente la trasmissione televisiva "Lascia o Raddoppia?". Ed ecco che i produttori di cinema si fiondano sull'"affare" e impacchettano, in quattro e quattr'otto, il solito film di Totò che sta sulla cronaca. La confezione del film è piena di rammendi e di toppe ma il “contenuto”, cioè Totò, è “nu Babà”. Il comico napoletano riesce a salvare con la sua recitazione proteiforme, giocata sui registri del farsesco, della commedia e del sentimento, un film che ha un sapore stucchevole e deamicisiano. Grande Croccolo. • MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il Duca Totò che angaria di continuo il suo maggiordomo Croccolo che non reagisce mai. Coppia e duetti presi di peso dal film 47 morto che parla.
E' stato divertente fare questa parte nel film però fui profondamente deluso, perché non ero ancora preparato per trattare i compensi. Mi pare che ricevetti qualcosa come tre o quattro milioni. Stiamo parlando del ’56, però lei capisce che tre o quattro milioni per quello che stava facendo Lascia o raddoppia?, un personaggio che tutti volevano vedere... Forse la colpa era dei produttori che molto probabilmente facevano i furbi. Comunque fu una grossa esperienza; Totò qualche volta mi dava un passaggio, arrivava con la Cadillac, non dava confidenza a nessuno, faceva la sua scena e poi spariva, nessuno aveva modo di parlargli.
Mike Bongiorno
Totò era una persona molto furba e intelligente. «Lascia o raddoppia?» era la trasmissione-monstre del momento. La guardavano tutti indistintamente, non potevi non vedere «Lascia o raddoppia?» perché il giorno dopo sui tram, sugli autobus, per le strade tutti parlavano della puntata del giorno prima. Era la prima volta che si faceva un quiz ad alto livello in Italia, la prima volta che si dava un premio che arrivava a cinque milioni, e allora cinque milioni erano sufficienti per comprare un appartamento. Siccome i concorrenti erano abbastanza spiritosi e divertenti (mi pare che avevamo già avuto Gianluigi Marianini), Totò ha pensato di fare un film su un personaggio che veniva a giocare a «Lascia o raddoppia?» Mi chiamò. Io non ero mica un attore, il mio mestiere era tutt’altro, però era un’esperienza interessante andare a vedere come si faceva il cinema, e io, tra l’altro, avevo già fatto «Ragazze d’oggi» con Zampa. Totò mi convocò a casa sua; allora abitavo a Roma, lui stava vicino a casa mia, ai Parioli. Aveva una casa bellissima, tutta piena di oggetti antichi, di antiquariato, un’atmosfera, un ambiente... Era un personaggio incredibile, molto bravo, spiritoso, però manteneva le distanze, diceva che era principe e quindi doveva essere trattato come tale. Mi ha fatto fare anticamera, poi è venuto con un contegno tutto suo particolare, mi voleva conoscere, e combinammo per la mia partecipazione.
Mike Bongiorno
Nei suoi film Totò trovava ogni volta un modo divertente per presentare il mio personaggio. All’inizio aveva pensato con il regista di presentarmi in un’altra maniera: Totò si alzava, si spogliava, andava al settimanale, tirava un cassetto e dentro c’ero io che dormivo. Questa cosa fu preparata, la girammo ma poi non venne inserita. Però siccome lui voleva vendicarsi di qualche birichinata che avevo fatto (anch’io facevo degli scherzi), ad un certo momento mi fece chiamare dalla troupe: “Scusi, permette che proviamo se va bene dentro il tiretto, se ci sta ben comodo?”. Mi fecero allungare dentro, chiusero a chiave e dettero pausa. Pausa significava un’ora per mangiare. E io rinchiuso là dentro. Dopo dieci minuti mi vennero a liberare...
Carlo Croccolo, 1956. Sul set del film "Totò lascia o raddoppia?"
«Signor duca, lei ha trenta secondi per rispondere.... Quando mi dà lo stipendio?».
Era una scena molto difficile, tutta un’unica carrellata. L’abbiamo provata e fatta una ventina di volte, perché ogni volta c’era un errore tecnico per cui bisognava rifarla. Alla fine l’abbiamo fatta bene, tutta, fino in fondo, e allora lui, proprio per farmi dispetto, mi rispose: “Questa non è una domanda pertinente, è una domanda impertinente!”. E io pfffff, cominciai a ridere. Mi presi una sgridata dal regista...
Carlo Croccolo, 1956. Sul set del film "Totò lascia o raddoppia?"
Le incongruenze
- A inizio film il duca ("dica?") viene invitato a tavola dagli altri ospiti della pensione che vogliono un po' burlarsi di lui. Quando la donna a capotavola viene inquadrata da vicino voltata verso di lui, ha la mano sinistra appoggiata vicino alla destra. Nell'inquadratura successiva si volta di nuovo verso il piatto ma il braccio destro parte da una posizione del tutto diversa dalla ripresa precedente
- Come narrato recentemente dallo stesso Carlo Croccolo, il regista dovette ripetere più volte la scena perché questa lo faceva ridere a crepapelle; all'ennesimo scoppio di risate di Croccolo, Camillo Mastrocinque (seccato) lo costrinse a farla rivolta verso l'armadio (altrimenti non l'avrebbero mai finita). Infatti, mentre Croccolo riceve istruzioni da Totò su come imitare Mike Buongiorno, si vede, riflesso dallo specchio dell'armadio, lo stesso Croccolo che trattiene a stento le risate.
- Ad una domanda di M. Bongiorno, Totò risponde che il cavallo che Caligola nominò senatore si chiamava Lucullo. Ma la risposta è sbagliata: il cavallo si chiamava Incitatus.
www.bloopers.it
Totò lascia o raddoppia (1956) - Biografie e articoli correlati
Alivernini Umberto
Angeli Alfredo
Articoli & Ritagli di stampa - Rassegna 1956
Barbi Vincent (Vincenzo)
Bongiorno Mike (Michael Nicholas Salvatore)
Magnanti Elda
Mastrocinque Simona
Spila Otello
Totò: i premi i riconoscimenti
Riferimenti e bibliografie:
- Mike Bongiorno, interviste di Alberto Anile, "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- Mike Bongiorno, «Gioia», anno XIX, n.15, 8 aprile 1956
- Cineracconto di Stefania Mauri, «Novelle Film», 9 giugno 1956
- «Alta Tensione», 15 maggio 1956
- "Perchè ha successo Lascia o raddoppia?", Vttorio Spinazzola, «Cinema Nuovo», 25 maggio 1956
- Documenti censura Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema