Totò, Peppino e... la malafemmina
I fratelli Caponi
Inizio riprese: giugno 1956, Stabilimenti INCIR - De Paolis, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 11 agosto 1956 - Incasso lire 678.538.000 - Spettatori 4.543.883
Titolo originale Totò, Peppino e... la malafemmina
Paese Italia - Anno 1956 - Durata 102' - B/N - Audio sonoro - Rapporto 1.37:1 - Genere commedia - Regia Camillo Mastrocinque - Soggetto Nicola Manzari - Sceneggiatura Sandro Continenza, Nicola Manzari, Edoardo Anton, Francesco Thellung - Produttore Isidoro Broggi, Renato Libassi per D.D.L - Fotografia Mario Albertelli, Claudio Cirillo - Montaggio Gisa Radicchi Levi - Musiche Pippo Barzizza - Lelio Luttazzi - Totò - Scenografia Alberto Boccianti
Totò: Antonio Caponi - Peppino De Filippo: Peppino Caponi - Dorian Gray: Marisa Florian - Teddy Reno: Gianni - Vittoria Crispo: Lucia Caponi - Mario Castellani: Mezzacapa - Nino Manfredi: Raffaele - Edoardo Toniolo: Remo - Linda Sini: Gabriella - Emilio Petacci: il nonno con il mal di denti - Lamberto Antinori: un amico - Gino Ravazzini: l'amministratore del teatro - Salvo Libassi: Marassi - Gianni Partanna: il maitre del gran Milan
Soggetto
Antonio Caponi e suo fratello Peppino vivono nelle campagne di Napoli. Sono proprietari terrieri, campagnoli e di scarsa cultura: Antonio, il primogenito, è spendaccione e donnaiolo, spesso a danno del più giovane, il sottomesso e avaro Peppino. Entrambi sono alle prese con il ben più ricco mezzadro Mezzacapa ai danni del quale combinano, puntualmente, qualche gioco.
Gianni, l'aitante figlio della loro sorella Lucia, nel corso dei suoi studi di medicina a Napoli si innamora di Marisa, prima ballerina di avanspettacolo. Per amore il giovane decide di seguirla a Milano, all'insaputa del resto della famiglia. La giovane figlia del padrone di casa napoletano di Gianni, segretamente infatuatasi dello studente, per ripicca spedisce una lettera a Lucia, informandola della fuga del figlio.
I tre fratelli, temendo che Gianni possa distogliere l'attenzione dagli studi e interpretando la notizia - secondo la loro mentalità - come possibile fonte di scandalo e cattiva reputazione, decidono di raggiungere Milano. Consultano quindi l'odiato Mezzacapa sullo stile di vita di Milano, poiché in giovinezza il vicino visse proprio al nord. Raggiunta la terra milanese, si mettono sulle tracce di Gianni, per persuaderlo a tornare a Napoli, cercando anche di convincere Marisa a lasciarlo. Sarà proprio Lucia ad accorgersi della bontà dei sentimenti dei due giovani, che alla fine avranno la meglio in un lieto fine.
Il filo della trama vede i due giovani protagonisti conoscersi casualmente, una sera in cui Marisa abbandona una festa noiosa: benché parte integrante di un ambiente patinato e benestante, questo suo prenderne le distanze favorisce l'unione con uno studente di campagna. Nonostante alcune incomprensioni tra i due, alla fine trionferà l'amore, che Marisa preferirà alla carriera nel mondo dello spettacolo.
Critica e curiosità
Secondo la testimonianza di Teddy Reno, in seguito confermata in parte anche da Ettore Scola (che lavorava in qualità di aiuto regista) la nota scena della lettera fu semi improvvisata. In origine non era riportata nel copione che non convinceva del tutto i due attori, i quali, durante le riprese, stravolgevano spesso e volentieri le scene da girare. Nella versione definitiva, inoltre, si nota che Peppino scrive la seconda metà della lettera sull'ultima riga sovrascrivendola più volte, probabilmente non prevedendo un testo così lungo. Scola aggiunse che lui, autore di rilievo di alcune gag, lavorando nel cast tecnico del film, propose la scena.
La scena rurale di Totò e Peppino che su un calesse lanciano sassi alla finestra del loro confinante e rivale Mezzacapa è stata girata a via Ponte di Nona alla periferia est di Roma.
La stazione delle FS al minuto 13" del lungometraggio è quella di Lunghezza (comune di Roma)
La villa dove soggiornano Gianni e Marisa è Villa Volpicelli nel quartiere Posillipo a Napoli, la stessa che dal 1996 rappresenta l'esterno di Palazzo Palladini, nel quale sono ambientate le vicende della soap opera di Raitre Un posto al sole.
Nel film, Teddy Reno interpreta il brano del 1951 di Totò, Malafemmena. Il film è stato distribuito in Italia da Cineriz. Il film riscosse un grande successo di pubblico, raggiungendo i 4 milioni e mezzo di spettatori e incassò quasi 680 milioni di lire. In partenza per Milano, Totò si informa sull’accoglienza riservata agli stranieri nel capoluogo lombardo:
[Totò] - Mezzacapa, e i milanesi quando vi vedevano che dicevano?
[Mezzacapa] - E che dovevano dì?
[Totò] - No, dico, quando camminavate per la strada e loro vedevano questo tipo straniero?
Per i provinciali fratelli Caponi ci sono difficoltà a leggere le istruzioni sull'uso del trattore, scritte in "milanese" ma soprattutto è difficile farsi capire da un vigile urbano milanese, simile addirittura ad un generale austriaco:
[Peppino] - Domandiamolo a quel militare là!
[Totò] - A quello? Ma che sei pazzo? Quello dev’essere un generale austriaco! Non lo vedi?
[Peppino] - E vabbè... siamo alleati!
[Totò] - Già, è vero !
[Si avvicinano] - Excuse-me... scusi... lei è di qua?
[Vigile] - Dica.
[Totò] - È di qua?
[Vigile] - Sì, eh! Son di qua. M’a ciapà per un tedesco?
[Totò (a Peppino)] - Ah, è tedesco! Te l’avevo detto che era tedesco!
[Peppino] - E allora come si fa?
[Totò] - Ci parlo io!
[Peppino] - Perché tu parli...?
[Totò (con superiorità)] - Eh, ho avuto un amico prigioniero in Germania! Non mi interrompere, se no perdo il filo. Excuse-me, Bitte schön! Noio... noio volé... volevà... volevons savoir... noio volevons savoir l’indi-riss! Ja?
[Vigile] - Eh, ma... bisogna che parliate l’italiano perché io non vi capisco...
[Totò]- Parla italiano? Parla italiano? Ah, complimenti bravo!
[Vigile] - Ma scusate, dove vi credevate di essere? siamo a Milano, qua !... Ma varda un po’ che roba! Ma da dove venite voi? Dalla Val Brembana?
Nel film, alcuni riferimenti alla rivista Dei due chi sarà?, e gli zoticoni al ristorante li ritroviamo nello sketch Nel separé dalla rivista Colori nuovi.
Il ruolo di Giannino è stato attribuito a Corrado Tedeschi, noto presentatore televisivo. Lo stesso, negò la circostanza in una recente intervista:
Facciamo un salto indietro di sessant’anni e torniamo al 1956, l'anno di “Totò, Peppino e la Malafemmina”.
«Ecco, sfatiamo un mito! Io non ci sono in quel film. Magari! Avrei voluto recitare con Totò, sarebbe stato un onore ma così non è stato. Tutto nacque da una battuta di Nino Frassica. Eravamo insieme durante una trasmissione televisiva, fecero vedere un estratto di quel film e così, per scherzare, Frassica indicando il bambino disse: “È lui, è lui!”. Tutti ci credettero, qualcuno lo scrisse anche su Wikipedia! Ma non sono io, è un altro bambino».
Samuele Govoni, lanuovaferrara.it - 29 ottobre 2016
Così la stampa dell'epoca
Come consuetudine della critica cinematografica degli anni '50 e '60 nei confronti dei film di Totò, molte delle recensioni di questo film sono senza firma o siglate «Vice». L’anonimato garantisce anche giudizi vagamente razzisti come quello dell’«Avanti!», che definisce il film «una farsa grossolana urlata in dialetto napoletano dalla prima scena all’ultima» (dove il dialetto napoletano, nel film marginale, diventa un ulteriore elemento di discredito). «Cinema nuovo» sceglie di relegarlo nella sezione «Miscellanea», «nuova rubrica» in cui si danno i dati tecnici dei film in programmazione «che non si prestano a una particolare attenzione critica».
E' proprio vero: con Totò e Peppino si ride sempre. Anche se il soggetto è così povero di fantasia, di originalità, di gusto come questo. [..] Se poco ci si mettessero( diciamo gli sceneggiatori, il regista), se sforzassero le loro meningi quel tanto da tirar fuori una storia decente, siamo certi che - attraverso la recitazione di Totò e Peppino - si potrebbero vedere dei film godibilissimi. E invece... [...]
«La notte», 1956
Peppino De Filippo ha più volte ricordato che l'idea della serie «Totò e Peppino» era stata di Antonio de Curtis. «Nel dopoguerra la gente aveva fame d'evasione, eh sì!», ha dichiarato nel '77. «C'era bisogno di svago, e la gente correva al cinema, a teatro. [...] Ma poi, col passar degli anni, passò l'entusiasmo, i film di Totò non avevano più quel richiamo. Insomma, una sera [...] me lo trovai in camerino, al Teatro delle Arti di Roma. Era piuttosto abbacchiato. A tu per tu, in un momento di confidenza, mi disse che le cose non gli andavano più bene. [...]
Alberto Anile
In Piazza del Duomo - Si gira a Milano con Totò e Peppino
Dopo una breve apparizione a Milano, corredata dai «flashes» dei fotografi, Totò è ritornato a Roma! Ma soltanto per poche ore. Domani sarà di nuovo in piazza del Duomo (l’ha promesso al vigile ritratto con lui nella fotografia) per cominciare il film « Malafemmina » ispirato alla sua nota canzone che ebbe enorme popolarità pochi anni or sono, contrappuntando le danze estive di una intera stagione. Nel film, che sarà diretto da Camillo Mastrocinque. reciteranno anche Franca Faldini e Peppino De Filippo. Quest’ultimo è in procinto di partire con la sua Compagnia per l’America del Sud ma, prima, ha voluto assolvere l’impegno cinematografico che lo vede ancora una volta al fianco di Totò.
«Corriere dell'Informazione», 7 giugno 1956
Due campagnoli in città per ricondurre la pecorella all'ovile
"Totò, Peppino e... la malafemmina" è l'ultima farsa del popolare comico- Dorian Gray farà coppia con Teddy Reno
L'ultimo film dell'instancabile Totò, le cui riprese sono finite in questi giorni, ha un titolo piuttosto lunghetto: «Totò, Peppino e la... malafemmina». E va subito detto, a scanso di equivoci, che la «malafemmina» di questo nuovo film è la più brava giovane di questo mondo, nonostante i pericoli cui la espone il suo lavoro sul palcoscenico. Avrà il volto vampiresco di Dorian Gray, dovrà affascinare Teddy Reno e finirà per trovare due ottimi zii in Totò e in Peppino.
Ma non anticipiamo le conclusioni della vicenda, ideata da Nicola Mannari, che s'inizia in un paesetto della Campania [...] La farsesca vicenda è stata sceneggiata da Edoardo Anton e Sandro Continenza, e sarà diretta dal regista Camillo Mastrocinque. E dalla colonna sonora risuonerà il motivo conduttore della canzono «Malafemmina» che, come è noto, è stata composta dallo stesso Totò.
«Stampa Sera», 8-9 agosto 1956
«Totò, Peppino e la... malafemmina» è una variazione sul tema dei campagnoli in città eseguita dalla coppia formata da Totò e da Peppino De Filippo. [...] Diretto da Camillo Mastrocinque, il film tira soltanto a strappare qualche risata. E spesso ci riesce grazie ai lazzi di Totò e di Peppino De Filippo, con i quali sono Teddy Reno, Dorian Gray, Mario Castellani, Vittorio Crispo.
vice, «Stampa Sera», 24-25 agosto 1956
Spunto e clima del film prendono l'avvio da una celebre canzone “Malafemmina” che, risolta la chiave umoristica, da un aspetto patetico e da bene al cliché dell'eroina tipo “Signora delle camelie”. [...] Concludendo, ce n'è per tutti i gusti in questo film diretto da Camillo Mastrocinque col solo intento di presentare ancora una volta i beniamini del pubblico Totò, Peppino De Filippo, Teddy Reno è una conturbante Dorian Gray, tutti molto bravi.
Vice, «Il Tempo», 31 agosto 1956
[...] L’esile trama è tenuta viva dalle consuete gags di Totò e Peppino De Filippo, dalle improvvisazioni canore di Teddy Reno e dalle personali risorse della bella Dorian Gray. La regia è di Camillo Mastrocinque.
Vice, «Il Messaggero», 31 agosto 1956
La comicità di Totò, l'arguzia di Peppino De Filippo, l'eleganza e la bellezza di Dorian Gray, il volto è la voce di Teddy Reno, le musiche di Luttazzi: ecco gli ingredienti con i quali Camillo Mastrocinque ha realizzato una pellicola spassosissima. Il pubblico ha dimostrato di gradirla così com’è, con delle piccole incoerenze ma ricca di umorismo della più buona lega. E le risate hanno riempito il cinema di prima visione. [...] Teddy Reno ha l'occasione di cantare con accompagnamento di chitarra un buon numero di canzoni napoletane a cominciare da “‘Na voce ‘na chitarra, ‘n poco ‘e luna”. Mastrocinque ha corretto la straripante comicità di Totò facendone una figura interessante. A posto tutti gli altri a cominciare dal bravo De Filippo nella parte del campagnolo impacciato. Bella la fotografia in bianco e nero.
Paglialunga, «Momento Sera», 1 settembre 1956
[...] È con i lazzi di Totò e con l'espressione di bifolco al cubo dì Peppino De Filippo che si fanno le migliori risate, anche se le battute, che ricalcano schemi vecchi e conosciuti, non sempre hanno il pregio dell'originalità. Totò e Peppino sono misurati e spassosi.
Vice, «Corriere Lombardo», 7 settembre 1956
Si avverte ogni tanto, nei nostri film di recente produzione, un fenomeno alquanto preoccupante. C'è, per esempio, un drammone con tanto di cuori infranti e di eventi apocalittici, ed inspiegabilmente i fatti più idonei a strappare le lacrime vengono dì colpo abbandonati a se stessi per inserire del brani umoristici degni delle « pochades » che rallegrarono i nostri nonni.
Avviene qualcosa d’analogo, ma alla rovescia, in "Totò, Peppino e la... malafemmina", di Mastrocinque. Bastano i nomi degli attori promessi nel titolo per far capire che è un film che vuole far ridere. E non è che Totò e Peppino de Filippo, nei panni di due fratelli, contadini meridionali — il primo scroccone e prodigo con i soldi dell'altro, taccagno — si risparmino per tener fede all'aspettativa del pubblico. Ma il loro compito ò reso arduo dagli sceneggiatori, che hanno affibbiato agli allegri fratelli un nipote, studente di medicina e dotato dei mezzi canori di Teddy Reno, il quale si imbatte in una « stella » della rivista, fascinosa ma brava figliola, Dorian Gray. [...]
«Corriere della Sera», 9 settembre 1956
Si parla tanto della necessità di migliorare il cinema italiano, di ridargli respiro, di liberarlo dai limiti del macchiettismo provinciale. Ecco, infatti: si continuano a fare film come «Totò, Peppino e... la malafemmina», una farsa grossolana urlata In dialetto napoletano dalla prima scena all'ultima. Che probabilmente, dato i gusti di gran parte del pubblico, ormai incapace di pretendere dei buoni spettacoli, renderà al produttori parecchi quattrini.
Se si va avanti cosi, il mercato cinematografico non avrà più distinzioni, tutta l'Italia sarà «provincia». Il film in questione è avanspettacolo e fumetto della peggiore qualità, nè la presenza di bravi attori come Totò e Peppino De Filippo si fa avvertire, almeno sul piano della buona recitazione. Di Dorian Gray e Teddy Reno come attori dì cinema non mette conto di parlare: si muovono cosi palesemente a disagio da non riuscire neanche ad irritare. Tutto il resto, è meglio dimenticarlo.
Vice, «L'Avanti», 9 settembre 1956
Ingenui a Milano Totò e Peppino - Nel nuovo film dei due attori comici Dorian Gray e Teddy Reno
Girato in parte a Milano, Quest'ultimo film di Totò e De Filippo vive e prospera sulle battute, sui dialoghi dei due principali interpreti. La vicenda è creata apposta per favorire questo fuoco artificiale che, seppure non compone sempre nel cielo splendidi giochi di lampeggianti colori, riesce a piacere a quel pubblico che vuol passare due ore in poltrona impegnato a seguire con gusto la complessa mimica del principe De Curtis e quella più misurata del suo compagno [...] Totò e Peppino se la cavano — per quanto li riguarda — con spirito e consumato mestiere. Non altrettanto accade agli altri attori che recitano senza molta convinzione (Dorian Gray è tanto più brava in teatro e Teddy Reno è tanto più a suo posto dinanzi a un microfono) senza cioè nè spirito, nè consumato mestiere.
«Corriere dell'Informazione», 10 settembre 1956
Due ingenui tipi di villici, semplicioni fin troppo, (Totò e Peppino De Filippo) si avventurano non senza timore in una grande città per strappare dalle dorate unghie di una presunta malafemmina (Dorian Gray), un loro nipote (Teddy Reno) che essi credono in pericolo. Ma la fanciulla, una vezzosa ballerina di caffè concerto, è una perla di donna che pensa sinceramente al matrimonio. Per cui dopo avventure di ogni genere, qualche buona trovata e canzoni a non finire, la vicenda si conclude al suono della marcia nuziale. Assai in forma i due popolari comici napoletani, diretti stavolta da Camillo Mastrocinque.
vice, «Il Monferrato», 14 settembre 1956
Il film racconta una banale avventura di uno studente con un’attrice di teatro, che è in fondo più buona e più semplice di quanto le apparenze lascino credere. Perciò accetterà con gioia la serena soluzione che le viene offerta, dopo l’intervento dei due zìi dello studente innamorato, della madre di questi che ha capito che i due giovani si vogliono veramente bene: Marisa, vivrà con lei e con gli zìi la vita semplice di una casa di campagna. I due zii sono Totò e Peppino: e si comprende facilmente che tutta la vicenda vive per la loro arte comica. Solo questo dà interesse al lavoro che del resto è mediocre.
La visione del film richiede piena maturità morale per discernere e rifiutare gli elementi negativi, sia pure quando sono attenuati dal tono comico.
«L'Unione Monregalese», 18 aprile 1959
Totò e Peppino, così nacque la gag della lettera
Il principe all'amico poco prima delle riprese: «Tu scrivi e io ti detto le parole per Dorian Gray»
«Come spiega Orio Caldiron in "II principe Totò" (Gremese) «Il titolo non significa donna di facili costumi indica invece una donna dal cuore inaccessibile che non ricambia i sentimenti di chi è innamorato di lei». All’epoca circolò la chiacchiera che Totò avesse scritto la canzone per la Pampanini, ma pare certo che la vera destinataria era Diana Rogliani, la moglie separata che aveva lasciato una ferita nel cuore del coniuge.
Nella pellicola Teddy Reno interpreta la celebre canzone che era stata lanciata nel 1951
Nel film è Ferruccio Merk-Ricordi, in arte Teddy Reno, che canta l’ormai popolare canzone. Ed è sfogliando la sua autobiografia «Ricordi» (un gioco di parole sul suo vero cognome) che troviamo la paginetta riferita al maggio 1956, mentre si girava negli stabilimenti romani della De Paolis: «Dal camerino vicino al mio sento un voce inconfondibile che dice all’altro grande co-protagonista, Peppino De Filippo: "Leggiti un po’ ’sta scena... Non fa ridere... Bisogna che ci inventiamo qualcosa, io e te, tanto per cambiare!''.
La conferma la troviamo in un altro libretto, l’ormai irreperibile Strette di mano, in cui De Filippo passa in rassegna gli incontri più memorabili del suo lungo viaggio nello spettacolo. Nel capitolo «Il principe de Curtis», Peppino scrive: «Posso affermare che in tutti i film girati insieme spesso abbiamo recitato a soggetto. Creati lì per lì, scena per scena, al momento...». Torniamo ai ricordi di Teddy Reno e a Totò che tira fuori l’idea di ispirarsi a un classico della scena napoletana, Miseria e nobiltà di Scarpetta: «Tu, Peppino, scrivi e io ti detto una lettera per Dorian Gray». Sullo schermi Teddy è uno studente innamorato pazzo della soubrette e i due comici sono gli zìi piombati a Milano per riportare il nipote sulla retta via: «Non potei fare a meno di aguzzare le orecchie. Così facendo assistetti" dal mio camerino alla nascita della celebre lettera, piena di strafalcioni fatti in barba alla grammatica italiana, che girata poi nel pomeriggio fra l’ilarità generale sarebbe rimasta nel tempo quale autentica gemma di un certo tipo di umorismo cinematografico italiano degli anni Cinquanta».
Improvvisazioni continue nella storia dei due zii in cerca del nipote innamorato di una soubrette
Totò, Peppino e... la malafemmina è il primo dei numerosi film di successo che videro i due grandi abbinati nel titolo ma quali furono, in una collaborazione così stretta e duratura, i rapporti fra i due? Si erano incontrati, racconta Peppino, intorno al 1918, quando al teatro Mercadante di Napoli il 20enne Totò imitava le mosse dei «Pupi». A quell'epoca Antonio de Curtis era «affabilissimo di carattere, tutto bei modi, ricercato nel vestire e amante delle belle donne». Nel prosieguo della carriera i due non si persero mai di vista, anche se De Filippo restò fedele al teatro di prosa e Totò si dedicò interamente al cinema: il che sembra autorizzare a Peppino la quasi impercettibile sfumatura di superiorità dell'attore «serio» di fronte a un campionissimo del varietà.
Stringe il cuore leggere ciò che riferisce Peppino del suo partener negli ultimi anni: «povero Totò non ci vedeva quasi più e io ero costretto (Dio sa con quanta tenerezza e amicizia) a girare le nostre scene portandomelo sottobraccio, accompagnandolo così, naturalmente, senza dare a capire, e lui recitando mi seguiva fiducioso, tranquillamente...». Il capitolo si chiude con una scena commovente, quando Totò semicieco in visita nel giardino della villa di Peppino sulla Nomentana gli chiede che cosa c’è dove il suo sguardo non arriva.
Risposta: «È il cimitero dei miei cani». E Totò, chiudendo la mano a cannocchiale sull’occhio destro, si curva a decifrare la poesiola scolpita su una delle dodici lapidi: «Tanto ti fui fedele, o mio padrone. Tanto t’ho amato e t’ho voluto bene...». Non ci voleva altro per toccare il cuore del Principe, innamorato sì di alcune «malafemmine», ma più ancora innamorato dei cani: «Finito di leggere, si girò verso di me e tendendomi le braccia disse: "Damme nu bacio... m'è fatto chiagnere!»
Tullio Kezich,«Corriere della Sera», 5 ottobre 2003
Un classico «italiano» per ricordare Totò
Antonio De Curtis, o più semplicemente Totò, nell’arco della sua carriera, ha girato un centinaio di film. Tutti preziosi, sublimi e poetici, tutti quanti, dai suoi capolavori a quelli più imperfetti. Sono il ritratto di un grande artista. Lo specchio della sua umanità. Quest’anno ricorre il 40° dalla sua morte. Un film esemplare, per ricordarlo, è «Totò, Peppino e la malafemmina». [...]
Totò e Peppino confezionano alcuni dei loro «numeri» più celebri. I due, in calesse, cantano: Totò, invariabilmente, frusta il cavallo e colpisce ad un occhio il distratto Peppino. Peppino che, a corto d’argomenti di conversazione, conclude dicendo «...ho detto tutto!», in realtà non avendo detto proprio nulla e non essendo stato affatto capito dagli astanti. I due fratelli sulle tracce di Gianni arrivano a Milano, dove «fa freddo» e c’è la nebbia che «non si vede», arrivano vestiti da cosacchi pur essendo in piena estate. I due che preparano la lettera per questa misteriosa amante del nipote, per dissuaderla («Veniamo noi con questa mia addirvi una parola...»).
È la celebre «scena della lettera». L’affiatamento dei due attori è perfetto, il divertimento è di testa e di cuore, e si rinnova ogni volta che si rivede, da spettatori, la sequenza. Davvero da manuale. La rifaranno poi Benigni e Troisi, anni dopo, in «Non ci resta che piangere». Briosa anche questa, ma i maestri restano insuperati. Totò e Peppino, quindi, alla ricerca di Gianni, si ritrovano in piazza Duomo «per vedere il Colosseo». Ad un «ghisa», che scambiano per un ufficiale asburgico, chiedono in un improbabile gramelot, «Scùsmi, bìttescen, nòio vulevòn savuàr l’indirìss...». Il ritratto di una Italia semplice e ingenua, questa del film. Una perfetta esemplificazione della coppia comica. Lezioni d’arte interpretativa. Divertimento puro. Cari Totò e Peppino: «salutandovi indistintamente», grazie.
Pietro Caccavo, «La Voce del Popolo», 4 luglio 2007
La grammatica di Totò (e Peppino)
Chi l'avrebbe detto, quel 7 settembre 1956, quando il film fu stroncato con summo gaudio da tutti i «vice», che "Totò, Peppino e la... malafemmina" sarebbe diventato cult? Regista fedelissimo al principe de Curtis, Camillo Mastrocinque, ex architetto con la passione per la lirica, diresse per sua maestà Totò cinque film no stop; questo, ispirato alla nota canzone scritta da Totò per rimuovere l’amore infelice per la bellezza in bicicletta Silvana Pampanini, incassò 682 milioni e fu tra i quattro del '56, primo in cui sul titolo sedevano insieme Totò e Peppino, strana coppia garanzia di risate. [...]
Nel corso del tempo il film è diventato amatissimo e citatissimo per la scena proverbiale della dettatura della lettera: punto due punti, abbondiamo. È l’Italia anni '50, dove Nord e Sud sono separati in casa, e Totò e Peppino arrivano coi colbacchi temendo la nebbia del Nord e incontrano un vigile in Piazza del Duomo. È la sintonia tra i comici che è eccezionale anche se Peppino, nella Avventurosa storia del cinema italiano di Fofi e della Faldini che la Cineteca di Bologna sta ristampando, racconta quanto fosse divertente e faticoso lavorare con Totò che arrivava sul set dopo le 14 perché aveva orari notturni, da teatrante, e fa presente che lui invece era in prosa, n film prova quanto le fondamenta del cinema comico siano nella rivista: lo prova la presenza di Dorian Gray ex soubrette di Tognazzi, da anni misteriosamente scomparsa ma ricercata da Gianni Amelio e altri fans d.o.c.: è lei che, truccata fellinianamente, ruba il cuore al triestino Teddy Reno che la sera nel musical L'adorabile Giulio cantava «Simpatica» a Delia Scala, ma pensando a m.me Vania Traxler.
«Corriere della Sera», 18 agosto 2009
Intabarrati come cosacchi due fratelli napoletani scendono dal treno sotto le volte della stazione di Milano. Sono sulle tracce di una pericolosa sciantosa, una malafemmina che insidia la serenità della famiglia, distraendo dagli studi un amato nipote. (E una delle celebri sequenze di «Totò Peppino e... la malafemmina», film del 1956, che nella colonna sonora ha la canzone del titolo scritta dallo stesso Totò nel '51. Per decenni si è creduto che al nobile Antonio de Curtis l'avesse ispirata Silvana Pampanini, inutilmente corteggiata: in realtà la canzone è dedicata a Diana Rogliani, ramatissima moglie del principe della risata).
Dall'archivio Santi Urso, «Corriere della Sera», 17 dicembre 2011
La censura
Da un appunto di Annibale Scicluna riguardo alla sceneggiatura di Malafemmena, giugno 1956
Si richiama l'attenzione sui seguenti punti:
1) P. 7/0, battuta di Peppino a proposito delle avventure di Antonio: «Quattro contadine fetenti, che ti hanno levato la camicia!».
2) P. 42/0 Peppino: «Stai accorto a non farti accalappiare dalle malefemmine di Napoli... Folla sterminata e corrotta... Anzi corrotta e corruttrice...».
3) P. 6/B Antonio: «Tu vedi sempre il peggio... quello si ripassa l'anatomia su un bel corpo vivo e allettante... gli serve per gli esami...».
4) P. 19/D Mezzacapa: «Sì (a Milano) le donne sono facilissime... ti si buttano fra le braccia appena arrivi, specie a noi meridionali...».
5) P. 21/L e segg. Antonio e Peppino si trovano fra le quinte del teatro di rivista, fra un continuo andirivieni di ballerine «spogliatissime»; scena da sorvegliare.
6) P. 23/L Ballerina: «Sono stanca, vado a letto...» Antonio: «Appunto... anche io».
"Totò proibito" (Alberto Anile) - Ed. Lundau, 2005
I documenti
Influenze
In Non ci resta che piangere del 1985 Massimo Troisi e Roberto Benigni si ispirano liberamente a questa lettera interpretando una scena nella quale tentano di scrivere a Girolamo Savonarola per chiedere un atto di clemenza. I tentennamenti dei due personaggi nella stesura della lettera vanno racchiusi nella ricerca di una forma che possa esprimere al meglio il loro sussiego nei confronti del celebre personaggio, con eccesso di umiltà e servilismo che ottiene anche qui una lettera bizzarra più dal punto di vista sintattico che grammaticale.
In Ho visto le stelle! del 2003 Maurizio Casagrande scrive sotto dettatura di Vincenzo Salemme una e-mail, ispirandosi alla celebre scena di Totò e Peppino.
Nella seconda puntata di Rockpolitik del 2005 va in scena uno sketch in cui Roberto Benigni, ospite del programma, detta ad Adriano Celentano, conduttore del programma, un'ipotetica lettera di scuse a Silvio Berlusconi, ispirata alla celebre scena di Totò e Peppino.
Nel 2008 esce in Francia il film Bienvenue chez les Ch'tis che parla delle differenze nord-sud della Francia e riprende alcuni tematiche di questo film: il ruolo di consigliere sul freddo e sulla nebbia milanesi qui attribuito a Mezzacapa sarà interpretato dal celebre attore Michel Galabru. In entrambi i film quando i protagonisti arrivano nel nord del loro paese sono vestiti con abiti invernali quando invece fa molto caldo. Infine in entrambi i film si gioca sulla possibile incomprensione tra i diversi popoli del nord e del sud causata dai diversi dialetti utilizzati nelle diverse regioni di Francia e Italia.
Nell'ultima edizione di Zelig Paolo Cevoli e Claudio Bisio hanno proposto alcuni sketch in cui il primo nei panni dell'assessore Cangini detta al secondo una lettera sulla falsa riga della lettera di Totò e Peppino.
Ho un ricordo di Totò favoloso, perché nella mia lunga carriera ho trovato pochi “signori”: lui, indipendentemente dal fatto di essere stato, come affermava, discendente diretto dell’imperatore di Bisanzio, era veramente un signore d’animo. Inoltre aveva preso una simpatica cotta per il mio modo di cantare, in particolare in napoletano, in modo confidenziale in un momento in cui il napoletano si cantava in modo classico. Mi sentì cantare "Malafemmena" e mi disse: “Io ti devo fare prendere per una serie di film che ho in progetto con Peppino De Filippo”.
Teddy Reno
In quel film gli sceneggiatori non si spremevano molto le meningi. Io, che agli stabilimenti della De Paolis me ne stavo sempre attaccato a Peppino e Totò, vedevo che tutte le mattine gli davano dei fogliettini fatti giorno per giorno, senza capo né coda. “Ma noi qui ci roviniamo la faccia”, dicevano. E allora cercavano disperatamente una soluzione per non rimetterci troppo. Un giorno sento che Peppino dice a Totò: “Senti, perché non rivoltiamo la situazione che c’è in Miseria e nobiltà, dove al comico veniva dettata una lettera?” A un certo momento mi accorgo che ridevano tutti e due, soddisfattissimi. Nessuno si aspettava questa scena della lettera, perché non era scritta nel cosiddetto copione, hanno preso di sorpresa tutti, compreso il produttore. Girano nel pomeriggio di quello stesso giorno, in presa diretta. In tutti noi c’era una difficoltà per non ridere; a un manovale delle luci, che chiamavano Polifemo perché era mezzo cecato, scappò improvvisamente una risata come fosse a teatro. “Chi è questo cretino?”, gridò Peppino De Filippo. Dovendo rifare tutto il produttore aveva perso duecentomila lire di allora, roba del genere, ed era disperato. Polifemo fu praticamente licenziato ma io mi resi parte attiva per creare una specie di commissione interna per riprendere questo poveraccio che in fondo aveva riso solo perché non ne poteva più; e infatti siamo riusciti il giorno dopo a far sì che non venisse licenziato. Chiesero a Totò e a Peppino di rifare la scena, ma quel giorno non se la sono sentita di rifarla, non erano nelle condizioni di spirito, perché il comico dentro deve essere assolutamente tranquillo mentre loro erano arrabbiati perché dovevano ripetere una scena venuta magnificamente. Hanno dovuto aspettare due o tre giorni, e finalmente hanno rifatto la scena, che è diventata poi uno dei pilastri del film.
Teddy Reno
L’unico ruolo cinematografico di cui vado fiero è quello in Totò, Peppino e la malafemmina dove faccio il giovane che i fratelli Capone cercano di distogliere dalla sbandata per una soubrette. Contrariamente a quanto è accaduto dopo la sua morte, Totò era allora molto osteggiato dalla critica, i suoi film si giravano con quattro lire e con copioni praticamente inesistenti. La lettera che ormai è diventata un cult nacque perché la sceneggiatura di Edoardo Anton e altri risultava debolissima. Giravamo alla De Paolis e, in mancanza di camerini, Totò, Peppino e io dividevamo uno squallido camerone. Totò si era sistemato al centro, io sulla sinistra e Peppino a destra. Ogni giorno perciò li udivo brontolare perché quello che trovavano scritto sulle pagine della sceneggiatura non faceva ridere. La loro conclusione era sempre la stessa: “E mo’ che ci inventiamo?". E inventavano, e come! Accadde anche con la lettera. Se ben ricordo fu Peppino a rammentarsi di una missiva in Miseria e nobiltà di Scarpetta. In quel lavoro era la spalla a dettarla al comico e la situazione era diversa, loro invece decisero di invertire i ruoli. E al ciack, senza fare alcuna prova, la inventarono di sana pianta scatenandosi come se invece che su un set si trovassero su un palcoscenico, davanti al pubblico pagante.
Teddy Reno
Non è che con Totò mi trovassi proprio a mio agio però lui aveva una grande stima, un grande rispetto per me. Totò poteva permettersi di fare tutto, cinema e teatro e sempre con una maschera, io mi preoccupavo tantissimo di non cadere in questo errore... Ci ho lavorato sempre bene e ci siamo trovati d’accordo in tante cose. Cominciavamo ad andare sul set alle due, perché prima di allora non ce la facevamo in quanto che Totò era abituato ad andare a letto alle tre-quattro di notte e faceva l’alba, lo finivo il mio lavoro alle otto-nove e andavo dritto a letto perché ero stanco. Ci si trovava alle due sul set con Totò a ricombinare la sceneggiatura; il soggetto era quello, la base era quella, ma era tutto campato in aria. E ricominciavamo il soggetto, il soggetto vero e proprio. Il primo esperimento fu Totò, Peppino e la malafemmina. Questo tipo di film andò avanti sempre su questo binario: ci incontravamo a casa di un produttore e si combinava tutto ma non il copione che, benché io lo chiedessi, non esisteva mai! Ogni film con Totò era per me una lotta, una lotta disperata. A lui per portarlo su un piano di umanità, a me per stare un po’ tranquillo e salvarmi il più possibile da quelle cose che facevano fare a Totò.
Peppino De Filippo
Discutendo con Andrea Camilleri su Totò e Peppino De Filippo, da lui molte volte diretti:
Che cosa volevi intervenire su quei due? Io mi facevo dire supergiuù come avrebbero recitato in scena, stabilivo dove mettere la camera e mi andavo a prendere un caffè.
Camillo Mastrocinque
Dialoghi e situazioni che faranno la storia della commedia italiana
Mezzacapa insegna ai fratelli Caponi come comportarsi a Milano.
Antonio Caponi: Ci vorrebbe qualcuno che ci mettesse aggiorno. Per andare a Milano non è una cosa semplice.
Mezzacapa: Qualcuno... E allora io qua che ci sto a fare. Tutti mi chiamano il milanese.
Peppino Caponi: Mezzacapa, ma parliamoci chiaro, voi siete stato veramente a Milano?
Mezzacapa: Eccome non ci sono stato, ho fatto il militare nel '31...
Antonio Caponi: No dico io...
Mezzacapa: Cavalleria...
Antonio Caponi: Mezzacapa, e i milanesi, quando vi vedevano, che dicevano?
Mezzacapa: Che devono dire..
Antonio Caponi: No, dico quando camminavate per la strada...
Mezzacapa: Beh?
Antonio Caponi: Beh, questo tipo straniero, va.
Mezzacapa: Ma per carità... Che, si andavano ad accorgere di me, a Milano? Ma voi non avete idea Milano che cosa sia.
Peppino Caponi: Parlano parlano, eh?
Mezzacapa: Parlano? Ma Milano è una grande città!
Antonio Caponi: Camminano camminano... come noi?
Mezzacapa: Camminano? C'è un traffico enome. Anzi, vi dovete stare accorti eh! Là attraversare la strada è una cosa pericolosa.
Antonio Caponi: Oh, e chi attraversa! Chi si muove, per carità.
Mezzacapa: Certo, certo non è una città, vero il clima non è come qui da noi. Lì è un clima più rigido, eh, vento, neve..
Antonio Caponi: Freddo?
Mezzacapa: Freddo. Le bufère...
Antonio Caponi: Le bùfere.
Peppino Caponi: Ci sono? Le bùfere?
Mezzacapa: Eccome.
Peppino Caponi: Per la strada?
Antonio Caponi: Per la strada.
Mezzacapa: Per la strada, dappertutto.
Antonio Caponi: Capirai, entrano nei palazzi, salgono le scale... eh che ne so!
Mezzacapa: Acqua, vento... e nebbia! Eh... nebbia, nebbia!
Antonio Caponi: Ah, questo m'impressiona! Tutto, ma la nebbia.
Mezzacapa: A Milano, quando c'è la nebbia non si vede.
Antonio Caponi: Perbacco... e chi la vede?
Mezzacapa: Cosa?
Antonio Caponi: Questa nebbia, dico?
Mezzacapa: Nessuno.
Antonio Caponi: Ma, dico, se i milanesi, a Milano, quando c'è la nebbia, non vedono, come si fa a vedere che c'è la nebbia a Milano?
Mezzacapa: No, ma per carità, ma quella non è una cosa che si può toccare.
Peppino Caponi: Ah, ecco.
Antonio Caponi: Non si tocca... non si tocca.
Peppino Caponi: Ma io, a parte questa nebbia, io non la tocco per carità... Ma adesso se noi dobbiamo incontrare a mostro nipote, questa cantante, come li vediamo, dove li troviamo?
Antonio Caponi: Già! Eh già, non ci avevo pensato.
Mezzacapa: È facile, la cantante, quella c'ha il nome sul manifesto.
Antonio Caponi: Hai capito, a Milano quando c'è la nebbia, mettono i nomi sui manifesti. Dice, chi mi vuol trovare, io sto qua.
La dettatura della lettera alla malafemmena
Teddy Reno la vede nascere direttamente sul set, dopo un breve conciliabolo fra Totò e Peppino poco distante dai riflettori:
Uno diceva una battuta, l’altro si metteva a ridere, l’altro diceva una battuta, ridevano, non ridevano... A un certo momento mi sono accorto che ridevano tutti e due, erano soddisfattissimi. Al pomeriggio di quel giorno nessuno si aspettava la lettera, perché non era scritta nel cosiddetto copione: hanno preso di sorpresa tutti, compreso il produttore.
Teddy Reno
Durante la ripresa in studio, ad un tecnico delle luci non trattiene una risata, rendendo inutilizzabile la scena. E' il caos: il tecnico rischia il licenziamento, Totò e Peppino De FIlippo sono infuriati per il contrattempo e preferiscono rinviare le riprese. E' molto probabile, quindi, che la scena finale sia un misto delle due riprese.
Antonio Caponi: Giovanotto, carta, calamaio e penna, su! Scriviamo!...dunque, hai scritto?
Peppino Caponi: Eh, un momento, no?
Antonio Caponi: E comincia, su!
Peppino Caponi: [Fra sé e sé] Carta, calamari e penna...
Antonio Caponi: OOOHHHH.... [Inizia a dettare] Signorina!...Signorina!
Peppino Caponi: [Si gira verso la porta] Dove sta?
Antonio Caponi: Chi è?
Peppino Caponi: La signorina.
Antonio Caponi: Quale signorina?
Peppino Caponi: Hai detto "Signorina?".
Antonio Caponi: È entrata la signorina?!?
Peppino Caponi: [Di nuovo verso la porta] Avanti!
Antonio Caponi: ...Animale! "Signorina" è l'intestazione autonoma... della lettera... oh! Signorina! [Peppino cambia il foglio] Non era buona quella signorina là?
Peppino Caponi: è macchiata...
Antonio Caponi: Signorina!...veniamo... veniamo... [Peppino nel frattempo fa' da coro continuando a dettare a se stesso, per le prossime battute]...veniamo noi con questa mia addirvi.
Peppino Caponi: Addirvi...
Antonio Caponi: Addirvi, una parola: addirvi!
Peppino Caponi: Addirvi una parola...
Antonio Caponi: [Alzando la voce] Che!
Peppino Caponi: Che!
Antonio Caponi: Che è?
Peppino Caponi: Che è?
Antonio Caponi: Che è?
Peppino Caponi: Uno, quanti?
Antonio Caponi: Che è...
Peppino Caponi: Uno che!
Antonio Caponi: Uno che! Che è...
Peppino Caponi: Che è! eh..
Antonio Caponi: Scusate se sono poche...
Peppino Caponi: Che.
Antonio Caponi: Che è? Scusate se sono poche, ma SETTECENTOMILA [scandendo la cifra] lire, punto e virgola, noi.
Peppino Caponi: Noi...
Antonio Caponi: Ci fanno... specie che quest'anno, una parola, quest'anno... c'è stato una grande moria delle vacche [Peppino ripete, scrivendo], come voi ben sapete! Punto! Due punti!...ma sì, fai vedere che abbondiamo... abbondandis'id abbondandum... questa moneta servono, questa moneta servono... questa moneta servono acchè voi vi consolate... aho, scrivi presto!
Peppino Caponi: Conninsalate...
Antonio Caponi: Che voi vi consolate...
Peppino Caponi: Ah, avevo capito con l'insalata.
Antonio Caponi: Voi vi consolate, non mi fa' perdere il filo che ce l'ho tutta qui!
Peppino Caponi: Avevo capito coll'insalata!
Antonio Caponi: Dai dispiacere, dai dispiacere che avreta... che avreta... che avreta. Eh già, è femmina, è femminile. Che avreta perché... perché? io non so...
Peppino Caponi: Perché che cosa?
Antonio Caponi: Perché che? ohhhh, perché! Dai dispiacere che avreta perché! è aggettivo qualificativo, no?
Peppino Caponi: [Sottovoce] Io scrivo...
Antonio Caponi: Perché! Dovete lasciare... nostro nipote... che gli zii, che siamo noi medesimo di persona... [Peppino si tampona la fronte]...ma che stai facendo 'na faticata, si asciuga il sudore... [Peppino sospira]...Che siamo noi medesimo di persona, vi mandano questo. [Mostrando la scatola contenente i soldi]
Peppino Caponi: Questo.
Antonio Caponi: Perché il giovanotto è studente che studia, che si deve prendere una laura...
Peppino Caponi: Laura.
Antonio Caponi: Laura... che deve tenere la testa al solito posto, cioè... sul collo. Punto, punto e virgola. Punto e un punto e virgola.
Peppino Caponi: Troppa roba..
Antonio Caponi: Salutà..lascia fare..dicono che noi siamo provinciali, siamo tirati. Salutandovi indistintamente. Salutandovi indistintamente... sbrigati!...salutandovi indistintamente, i fratelli Caponi, che siamo noi... questa, apri una parente... apri una parente, dici: che siamo noi, i fratelli Caponi.
Peppino Caponi: Caponi...
Antonio Caponi: Hai aperto la parente? [Peppino annuisce] Chiudila!
Peppino Caponi: Ecco fatto...
Antonio Caponi: Volevi aggiungere qualcosa?
Peppino Caponi: [Mugugna qualcosa di incomprensibile]...senza nulla a pretendere, non c'è... non c'è bisogno...
Antonio Caponi: In ba... in data odierna.
Peppino Caponi: Beh, quello poi si capisce.
Antonio Caponi: Vabbè, si capisce.
L'arrivo a Milano: la sistemazione in albergo e...
Enorme è il quantitativo di cibarie, oggetti e... animali che i fratelli Caponi portano a Milano. Tra quelli presenti sulla scena e quelli estratti dalle valige, ecco un sommario:
una bottiglia di olio;
due bottiglie di vino:
mutande;
un "palatone" di pane di circa 2 Kg (ad occhio);
una caciotta (Peppi', attacca 'sta caciotta!)
pasta bianca, 4 Kg. (Basterà per tre giorni?)
due galline (Aria, aria, camminate per la stanza…)
Sullo sfondo della scena, s'intravedono:
ritratto incorniciato della buonanima del marito della sorella di Totò e Peppino;
candela, che viene accesa, davanti al ritratto;
un prosciutto intero;
un "filo" di salsicce;
un bel grappolo di pomodorini;
delle teste di aglio;
borracce militari, già "apprezzate" all'arrivo alla stazione.
...le informazioni a un vigile
Una delle scene più famose di Totò, Peppino e la Malefemmina è quella che vede Totò e Peppino tentare di chiedere a un vigile urbano di Milano alcune informazioni. Per la precisione, i nostri due eroi vorrebbero chiedere al vigile come fare a rintracciare Marisa, la fidanzata del loro nipote. Nella realtà la richiesta sarà un po' diversa. Non sappiamo perchè il vigile milanese associ la Val Brembana a Totò e Peppino; lo possiamo immaginare... e crediamo proprio che gli abitanti della Val Brembana non godessero di grande considerazione da parte del nostro milanese! La Val Brembana è un'amena valle in provincia di Bergamo, ricca di piccole e ridenti cittadine...
Antonio Caponi: Escuseme.
Peppino Caponi: Ahi!
Antonio Caponi: E scansati... scusi lei è di qua?
Vigile: Dica!
Antonio Caponi: È di qua?
Vigile: Sì, beh, sono di qua perché m'ha ciapà per un tedesco?
Antonio Caponi: Ah, è tedesco... te l'avevo detto io che era tedesco.
Peppino Caponi: E allora come si fa?
Antonio Caponi: Eh, ci parlo io.
Peppino Caponi: Perché tu parli?
Antonio Caponi: Oooh ho avuto un amico prigioniero in Germania, non mi interrompere se no perdo il filo, dunque, escusemi...
Vigile: Se ghè?
Antonio Caponi: Bitte schön, noio...
Vigile: Se ghè?
Antonio Caponi: Ha capito!
Peppino Caponi: C'ha detto?
Antonio Caponi: Dopo ti spiego, noio volevan, volevon, savuar, noio volevan savuar l'indiriss, ia?
Vigile: Eh ma, bisogna che parliate l'italiano perché io non vi capisco.
Antonio Caponi: Ah, parla italiano.
Peppino Caponi: Complimenti!
Antonio Caponi: Complimenti, eh bravo!
Vigile: Ma scusate, ma dove vi credevate di essere, siamo a Milano qua.
Antonio Caponi: Appunto lo so, noi volevamo sapere, per andare, dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare, sa è una semplice informazione.
Vigile: Sentite...
Antonio Peppino [in coro]: Signorsì?
Vigile: Se volete andare al manicomio.
Antonio Peppino [in coro]: Sìssignore?
Vigile: Vi accompagno io, ma varda un po' che roba, ma da dove venite voi? Dalla Val Brembana?
Antonio Caponi: Non ha capito una parola!
Maître: Buonasera signori.
Antonio Caponi: Buonasera commendatore. [Inchinandosi]
Peppino Caponi: Commendatore. [Inchinandosi]
Antonio Caponi: Buonasera signor commendatore.
Maître: I signori desiderano?
Antonio Caponi: Ma, veramente, volevamo parlare con il cameriere.
Maître: Appunto, io sono il maître.
Peppino Caponi: C'ha detto? [Sottovoce]
Antonio Caponi: È un metro.
Peppino Caponi: Ah, un metro... Eh, se li porta bene i centimetri.
Maître: Si affidino a me ... combinerò loro un servizio del quale non si scorderanno mai più. [si congeda]
Antonio Caponi: ... e questo ce lo fa il servizio, eh!
Peppino Caponi: [assentendo]... ci ha minacciato chiaramente!
Totò, Peppino e... la malafemmina, di Camillo Mastrocinque
Poco prima della loro partenza per Milano, ancora relegati nella dimensione rurale e provinciale del Mezzogiorno d’Italia, i due avevano avuto un analogo diverbio temporale.
“lo vado avanti!", aveva detto Totò.
“E io indietro...", aveva replicato Peppino.
“Tu quanto fai?"
“Le cinque meno un quarto. E tu?"
“lo le cinque e un quarto. Allora facciamo a metà e vuoi dire che sono le cinque...!”
Nella sua emblematica evidenza, la gag dichiara esplicitamente il segreto dei tempo comico di Totò e Peppino: la sua natura compromissoria, il suo derivare da una continua tensione fra l’essere avanti (troppo avanti) e l’essere indietro (frappo indietro), il suo darsi come tempo vuoto dentro l'attrito fra un non esserci ancora e un esserci già stato. Perché il tempo comico di Totò non è solo - come è stato da più parti rilevato - il tempo della divagazione, o il tempo del differimento. È anche, soprattutto, il tempo dello sperpero: tempo dello spreco, tempo dell’accumulo, tempo del deragliamento. Rispetto a un rapporto con il tempo di tipo razionale e funzionalistico, dove ogni dettaglio è finalizzato al progredire dell'azione e del racconto, nel gesto comico di Totò il tempo si disperde, rincula su se stesso, sì inebria nella ripetizione, regredisce nella lallazione, gira a vuoto nel fraintendimento.
Tempo della dispersione, insomma. Dispersione del senso e del racconto.
Per tutta la durata della citata gag della lettera, Totò sì liscia i baffi che non ha, tiene i pollici infilati nei bordi del panciotto e ripete come un’eco infinita congiunzioni e segni di interpunzione (che... che,..', punto; punto e virgola-, due punti!!) che gli servono come punti d'appoggio al lavoro di disarticolazione dispersiva del linguaggio, in una sistematica decostruzione del discorso attuata con tale velocità che Peppino fatica comunque a seguirlo, e suda copiosamente per la concentrazione. Come ha notato acutamente Roberto Escobar, quel che Totò fa con il torso, le braccia, il collo, il mento, Io fa anche “con il linguaggio: lo distacca, lo devia, lo aliena [...]. Allo stesso modo in cui, nel corpo di legno della marionetta, i comportamenti si condensano fino a diventare astratti, così nel discorso fattosi puro ritmo si condensa e si astrae il senso. Totò non si limita a dividere l’armonia dal ritmo. Fa del ritmo l’unica possibile armonia” ("Totò. Avventure di una marionetta" (Roberto Escobar) - Ed. Il Mulino, 1998, pag.69).
Totò e Peppino riescono così a intavolare infinite discussioni sul nulla: dialoghi a base di ripetizioni, suoni onomatopeici, interiezioni vuote (beh..., mmm...). L'uno afferma, l’altro replica. Cioè deforma. O corregge. O precisa. E, in genere, complica ulteriormente invece di semplificare. Un dialogo fra Totò e Peppino, in genere, finisce per essere una fenomenologia della complicazione dispersiva: l’evidenza trasformata in enigma, la trasparenza in opacità. Come nella gag sulle 40.000 lire che Totò ha come debito con Peppino e che si trasformano, grazie a un prestidigitatorio e irresistibile gioco verbale, in 40.000 lire di credito. Ancora una volta: il dover dare diventa dover avere, l’aver avuto diventa un aver dato, e il passato fa cortocircuito con il futuro.
La comunicazione è quasi sempre fatica, nell’universo di Totò: lo si vede benissimo, sempre in Totò, Peppino e... la malafemmina, nella gag con il “ghisa” ambrosiano in piazza Duomo, dove l’insistita enunciazione della disponibilità a comunicare blocca di fatto la comunicazione. La ricerca del codice (“Parla italiano!?”) annulla il messaggio. Il tempo gira a vuoto come il ghisa sospettoso e sconcertato intorno ai due fratelli, in una voragine di senso che scatena nello spettatore un riso di onnipotenza: non semplice “riso di derisione" ma - come direbbe Lucie OIbrechts-Tyteca - riso al contempo di accoglimento e di esclusione. Giacché consente allo spettatore di misurare il proprio non essere così, la propria distanza dal modello, ma ai contempo lo rassicura sul proprio possesso dei codici (“il riso è anche un modo di attestare che si sa quello che si deve sapere per far parte del gruppo. È come se gli uomini si congratulassero di essere uomini": Olbtrechts-Tyteca 1977,357).
Insomma, nel cinema di Totò il tempo della dispersione sta dentro ii testo, e io condiziona, ma produce un effetto di campo opposto; lo spettatore sperimenta il tempo come tempo produttivo, se non altro perché produce la risata e, in essa e con essa, anche l'illusione che il proprio tempo di consumo sfugga ai non senso del tempo diegetico. Così Totò e Peppino riescono davvero a cortocircuitare tutti i possibili stadi e strati del comico, come mescolando una sorta di irresistibile attrazione per il paroliberismo futurista con l’ontologica indolenza delle loro maschere partenopee di riferimento. Lento / veloce. Rapido /ritardato. Sensato / insensato, li riso germoglia nell'ossimoro, si dà nel compromesso e nella coincidentia oppositorum. Ed esplode in un presente che è sempre e solo tempo vuoto: tempo del godimento, sospeso fra un prima e un poi che - fuori dal cinema, oltre il comico - sono sempre e solo tempo di lavoro. O, più banalmente, tempo della vita.
Gianni Canova
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Affianca momenti di sublime genialità (il decantatissimo momento della lettera, con Totò che improvvisa e Peppino che, avendo finito la carta, è costretto a continuare a scrivere sull'ultima riga, oppure la rivelazione di Castellani sulla sorte dell'altrui nipote) ad altri assai meno interessanti, talora noiosi. Ne esce quello che è, mediamente ragionando, un buon film... Sopportabile Teddy Reno. Interessante Dorian Gray. Linda Sini è la sua scafata collega.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Avreta...".
- Uno dei grandi classici della coppia Totò/Peppino De Filippo è in realtà una commedia ampiamente sopravvalutata perchè estremamente diseguale: la parte con i due grandi comici è assolutamente irresistibile con la scena della dettatura della lettera rimasta negli annali della comicità italiana; a questa parte si contrappone la storiella d'amore tra il giovane e l'attricetta che invece è di ordinaria banalità. Facendo i conti pertanto......la media si abbassa.
- Lievemente retorico nei siparietti musicali (con Teddy Reno) il film si distingue per trovate linguistiche (la famosa lettera, la richiesta d'informazioni a piazza del Duomo con un vigile che Totò e Peppino credono "austriaco") e gag indimenticabili (De Curtis sul trattore). La bella soubrette (Dorian Gray) è la malafemmina alla quale il testo della canzone (scritta da Totò) rimanda, mentre dietro alla sua bellezza si perde il plebeo nipote Gianni (Teddy Reno). Scritto anche da Sandro Continenza il titolo diventa, giustamente, un classico.
- Gli zii abbandonano il paesello per ricondurre sulla retta via il nipote perduto a Milano dietro una donnetta: su questa traccia da romanzone popolare si installa la vorticosa comicità di Totò e Peppino, che oltre a schermaglie esilaranti regalano almeno due tra gli sketch più memorabili della coppia, la scombiccherata dettatura della lettera e l'improbabile richiesta di informazione al vigile in piazza Duomo. Purtroppo il plot sentimentale di contorno è una zavorra che non aiuta. Insomma, splendidi i frammenti con i due ma banalotto il resto.
- Uno dei punti più alti raggiunti dalla coppia Totò e Peppino. Sono strepitosi; e menomale, perché se non ci fossero loro il film si ridurrebbe a una commediola sentimentale di bassa lega. La scena della lettera è forse la più famosa (notare anche i formaggi appesi nella stanza), ma ce ne sono altre fenomenali (sul calesse, Totò che spia Peppino, il trattore, Mezzacapa, l’arrivo a Milano imbaccuccati col colbacco, il duetto Totò-vigile urbano). Siamo al cospetto di due fuoriclasse capaci, assieme, di far ridere con qualunque copione. Una volta visti, i fratelli Capone non si scordano più.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò spiega a Peppino come funziona il trattore: "Qui c'è la zanzariera e qui c'è tutto l'apparato tecnico movimentale".
- Vertice della comicità dell' affiatata coppia Totò e Peppino: esuberante il primo, sottomesso il secondo. Funziona anche il cast di contorno: Reno, la Gray, la Crispo, la Sini, Manfredi. Le gag memorabili sono innumerevoli: i dispetti a Mezzacapa, la dettatura della lettera, l'arrivo a Milano, l'incontro con il vigile, i giochi lessicali. Imperdibile.
- Molto divertente, anche se con qualche pausa di troppo. È perfino inutile soffermarsi sulle scene che tutti conosciamo a memoria o quasi: diciamo solo che Totò e Peppino De Filippo sono praticamente perfetti, sia quando improvvisano sia quando seguono un copione certo non memorabile. Le parti canore sono invecchiate in modo orrendo, ma sarebbe ingiusto pretendere di più da un film comico di Camillo Mastrocinque. Storico.
- Uno dei film più belli e divertenti di Totò (in coppia con Peppino) che può contare su diversi momenti divenuti ormai leggendari: l'arrivo a Milano imbacuccati come se stessero a Mosca, la richiesta di indicazioni al vigile ma soprattutto la lettere. Divertimento allo stato puro: si ride sempre ogni volta che lo si vede. Conta infinite imitazioni: ovviamente tutte inferiori all'originale.
- Vispo e godibile, ma non il capolavoro incensato dalla critica (ufficiale). I siparietti di Totò e Peppino, tanto esilaranti quanto pretestuosi ai fini del racconto (modesto), creano diversi imbarazzi a Mastrocinque che, assecondandoli, deve costantemente calibrare il tiro, dando inevitabilmente corso a qualche scompenso nella gestione del narrato. Niente di grave, ci si diverte comunque: certe frecciate sui provinciali in città restano memorabili. L’ellissi finale è una gradita economizzazione dei tempi cinematografici, visto che il meglio è ormai passato.
- Forse il Totò (qui in coppia con l'altrettanto bravo Peppino De Filippo) più famoso, con alcune scene che, giustamente, sono oramai entrate nella storia del cinema. Purtroppo quello che contorna tali (spassosissime) sequenze non è all'altezza e per questo ci troviamo di fronte solo ad un buon film e non ad un capolavoro. Comunque immancabile.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Ovviamente: la lettera.
- Indimenticabile. A partire dalla canzone "Tu si na malafemmena" composta da Totò in persona per compensare una delusione d'amore fino al momento in cui vestiti da cosacchi Totò e Peppino arrivano a Milano! Bellissima la Gray, ottima regia di Mastrocinque. Capolavoro.
- Tra le commedie più famose di Totò. Il film scorre su due binari paralleli: da un lato abbiamo le peripezie di Totò e Peppino, dall'altro invece la storia d'amore tra Teddy Reno e Dorian Gray. Se quest'ultima parte, nonostante sia raccontata con gusto e intelligenza, può apparire un po' scontata e datata allo spettatore moderno, l'altra raggiunge livelli altissimi: battute a raffica, trovate simpaticissime e i due comici al massimo. Peccato invece per il finale troppo affrettato e per alcuni inutili intermezzi musicali.
Che ogni sequenza con Totò e Peppino meriti 5 palle non ci piove; purtroppo, come nelle commedie dell'epoca, era impossibile evitare il romanzetto rosa a latere e quando entra in azione Teddy Reno (antipaticissimo) con Dorian Gray (bonissima) son dolori. Grande il titolo della rivista dove lavora la Gray, parodia di un film di Matarazzo (La nave delle donne maledette). Cameo per un giovane Manfredi.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Ogni qualvolta appaiano Totò e Peppino è un momento memorabile.
- Film che strappa più di una risata ad ogni suo passaggio; certo non tutto è perfetto: l'immancabile storia d'amore "a latere" ammoscia il ritmo, la descrizione dei napoletani appena arrivati a Milano sconta uno strisciante razzismo, ma Totò e Peppino, alias i fratelli Caponi, non si possono non amare, indistintamente!• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Richiesta di indicazioni; la lettera.
- Titolo storico della coppia Totò/De Filippo. Ma se da una parte la comicità dei due è contagiosa e memorabile, dall'altra abbiamo la storia tra Teddy Reno e la soubrette Gray con inutili intermezzi musicali, molto poco interessante e che finisce per appiattire la vicenda. Peccato, perché Totò e Peppino, sopratutto nella prima parte, sono in una forma a dir poco strepitosa. Il loro arrivo a Milano in stazione, in seguito con il vigile e alle prese con la lettera, è da antologia assoluta. Bravi comunque Reno e Manfredi.
- Le gag tra la coppia Totò e Peppino sono irresistibilmente comiche: Totò che ruba i soldi a Peppino, l'arrivo alla stazione di Milano, le pietre lanciate sulla finestra del loro rivale... In questo film ci sono scene che fanno parte della memoria collettiva e che hanno costruito il mito di Totò. Purtroppo la commedia non raggiunge i risultati comici di altri film perché deve contemporaneamente sorreggere la romance tra Dorian Gray e Teddy Reno, interessante ma per molti versi un po' troppo noiosa e lenta.
- Uno dei classici del cinema italiano con la coppia Totò-Peppino. Battute a non finire. Purtroppo va detto che le scene senza loro due (con Teddy Reno e la Gray) annoiano un po': troppo mielose. Comunque un film da vedere e non c'è battuta che si dimentichi.
- Deliziosa opera di Mastrocinque che si affida alla genialità comica del duetto Totò-Peppino. Questa volta nelle vesti di due zii in pensiero per il proprio nipote che invece di studiare si perde con le donne di "malaffare". Molte le gag esilaranti, in questo film, che sono indelebili nel repertorio della comicità italiana.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il trattore con la zanzariera...
- Capolavoro indiscusso della comicità italiana e punto mai più raggiunto dalla grande coppia Totò-Peppino De Filippo, affiatatissimi, perfettamente complementari e capaci di improvvisare senza mai perdere il senso del ritmo. Sono i loro duetti a fare un film dalla storia molto debole ma pieno di risate e di pezzi diventati veri e propri cult. Simpatico anche Teddy Reno e splendida la canzone malafemmena cantata da lui e scritta da Totò. C'è anche Manfredi: capolavoro assoluto!
- Ad essere completamente onesti bisognerebbe sforzarsi di valutare il film come se si fosse appena usciti da una prima visione nel 1956. Non che in quegli anni non si facessero capolavori assoluti, ma nel caso di commedie all'italiana, come questa, anche la parte canora sentimentale sarebbe meglio compresa e accettata. Per il resto è evidente che la coppia Totò e Peppino è la colonna portante di questo e di tanti altri lavori dove i due Grandi hanno espresso una comicità e umanità uniche, ed ora capite e giudicate per il loro reale valore.
- La grande arte comica di Totò e Peppino si manifesta in questa commedia in cui la liaison amorosa tra il loro nipote e un'ammaliante ballerina, l'algida ed altera Gray, è solo un pretesto per far sfoderare al duo alcune tra le gag più riuscite dell'intera comicità italica. Memorabili i momenti della lettera e dell'arrivo a Milano.
- Indiscutibilmente il film più conosciuto e popolare della coppia Totò e Peppino. Quello con il maggior numero di sketch passati alla storia e quello che ancora oggi vanta numerosi tentativi di imitazione. Dalla famosa lettera all'arrivo a Milano passando per il vigile (austriaco) e i continui battibecchi con Mezzacapa/Castellani. La bellezza di questa pellicola sta tutta nell'improvvisazione dei due, piaccia o no, maggiori geni della comicità italiana. Omaggiati persino da Benigni e Troisi nel film Non ci resta che piangere. Inarrivabile!• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Al ristorante. Totò: "Scusi, ma lei chi è?" "Io sono il Maitre" Totò: "Complimenti! Se li porta bene i centimetri!".
- Forse il film più famoso di Totò, che regala duetti con Peppino De Filippo assolutamente eccezionali, alcuni dei quali rimasti impressi nella collettività oltre che nella storia del cinema italiano, come la lettera o l’arrivo a Milano. Purtroppo non si può dire lo stesso dell’insieme; dove non ci sono i due artisti, il film risulta tremendamente noioso e lento e non si aspetta altro che rientrino in scena.
- Merita i quattro pallini perché in questo film c'è l'apice della comicità di Totò e Peppino, con pezzi memorabili e tutt'oggi irresistibili. Purtroppo il film si completa con storie secondarie poco interessanti scaturite da una sceneggiatura non eccelsa e intrise di un sentimentalismo tipico dell'epoca (oggi stucchevole sarebbe dir poco). Da rimarcare la bellezza di Dorian Gray, ancora oggi un innegabile motivo d'interesse. Cultissimo.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò e Peppino mano nella mano camminano per Piazza Duomo...
- Senza alcun dubbio è uno dei film migliori nati dal sodalizio fra Totò e Peppino, la cui performance è talmente debordante da trasformare in pregi quelli che sono i difetti del film. Non si può però discutere sul fatto che, quando i nostri eroi non sono in scena, la storia va avanti a denti stretti, non senza punti morti. Un difetto importante che però stavolta viene perdonato dalla tante risate, banco di prova e marchio di fabbrica del successo della coppia. Da non perdere. ****• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò e Peppino sul calesse; L'arrivo a Milano; La lettera.
- Quasi sicuramente è il film con Totò più popolare, trasmesso e ritrasmesso a ciclo continuo in tv e sempre con gradimenti di ascolto elevati e costanti. Un prodotto costruito all'epoca soprattutto per lanciare nel mondo del cinema il volto della luccicante e solare Dorian Gray, oltre che la voce calda e vibrante del bravo Teddy Reno. Col tempo però, quelli che dovevano essere semplici siparietti comici a supporto dell'innocuo sentimentalismo della storiella centrale, sono irresistibilmente divenuti il vero geniale motivo d'interesse dell'intera messinscena.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La storica dettatura della lettera di Totò a Peppino: "Punto... due punti... ma sì, fai avvedè che abbondiamo. Abbondandissis adbondandum!".
- Commedia celeberrima con l'impagabile coppia formata da Totò e Peppino De Filippo che ci regalano alcune perle memorabili entrate nella storia del nostro cinema italiano. Si ride sano, ma la pecca (se così la si può definire) sta nella melensa storia d'amore tra Teddy Reno e Dorian Gray, che è alla fin fine il nocciolo del film; ma la si può perdonare.
- Commedia brillante, leggera e divertente con Totò e Peppino che offrono il meglio della loro arte comica. Un soggetto semplice ma efficace che vede i fratelli Caponi partire per Milano per salvare il nipote innamoratosi di una avvenente soubrette. La composizione della lite con Mezzacapa, la scrittura della lettera, l'arrivo in stazione, le domande al Ghisa in Piazza Duomo, la cena al Gran Milàn... tanti piccoli capolavori, esempi di una comicità pura che non ha tempo e limiti. Teddy Reno interpreta le belle canzoni.
- Questo film bisognerebbe farlo a pezzettini! No, non mi fraintendete. Nel senso di "salvare" solamente i brani "d'antologia" (l'inizio, l'arrivo a Milano dei due "cosacchi", Castellani e la Crispo, la "dettatura della lettera", Peppino che "eehee... ho detto tutto! ", l'informazione chiesta al vigile) che, lo si ammetta o no, sono ormai pietre miliari del cinema comico italiano e buttare via invece tutte le mediocri e insignificanti sequenze di raccordo, quelle con protagonista Teddy Reno, Dorian Gray e Linda Sini. Eehee.. ho detto tutto!
- Si vede subito che agli amici d'infanzia Totò e Peppino basta uno sguardo per costruire dal niente alcune fra le più esilaranti scene del cinema italiano. Quando non ci sono loro il film è di una noia mortale, ma questo è il prezzo che spesso hanno dovuto pagare gli spettatori del Principe. Bravi come sempre Castellani, Vittoria Crispo e un giovanissimo Manfredi. Mastrocinque conosce bene il mestiere e i protagonisti, dai quali riesce sempre a tirare fuori il meglio. Imitatissimo anche all'estero, dovrebbe essere presente in tutte le cineteche.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Tutte le scene con Totò e Peppino, soprattutto quando è presente anche Castellani.
- Commedia irresistibilmente divertente. La coppia comica è superba. Totò e Peppino De Filippo sono una garanzia, ma qui si va oltre. Ritmi perfetti, scene divenute immortali e sempre gustose. La lettera, il vigile, la nebbia di Milano... cosa aggiungere? La storia d'amore è contorno, ma non inificia la grandezza del film. Non è una commedia, è un "trattato" di comicità pura, cristallina.
- Due ingenui campagnoli partono alla volta di Milano per dissuadere un loro nipote a frequentare un'attricetta che lo distoglie dagli studi di medicina. Celeberrima commedia con la magnifica coppia Totò-Peppino che straripa e inonda di comicità tutto l'intorno. Se non ci fossero loro, il film sarebbe una mera storiella senza arte né parte, mentre grazie a loro esso diventa una pietra miliare del cinema comico italiano perché si basa su tempi comici tuttora insuperati. La scena della lettera, poi, è da antologia.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La rottura della finestra di Mezzacapa; L'arrivo a Milano di Totò e Peppino; La scena del vigile sempre a Milano; La scena della lettera.
- Io penso che tutti film della serie “Totò e Peppino” siano i veri “film d’autore” dei quali il nostro cinema dovrebbe menare vanto. Questo, in particolare, è di una forza comica straordinaria. I due comici, in forma strepitosa, formano, miracolosamente, una coppia perfetta, totalmente affiatata e complementare. Le due maschere sono del tutto divergenti: mobilissima e picassiana quella di Totò, cristallizzata in una immutabilità un po’ opaca quella di Peppino. Totò è il fratello irruente, anarchico, un po’ folle, Peppino quello calmo, saggio e un po' ottuso.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Tutte le scene nelle quali siano presenti Totò e Peppino in coppia sono da applausi, nessuna esclusa.
- Il grande Totò farebbe ridere anche enunciando il teorema di Pitagora e in questo film, grazie anche alla buona spalla di Peppino De Filippo, si ride di gusto per le tante deliziose scenette che si succedono con buon ritmo. Classica commedia all'italiana dei bei tempi che furono dove si guarda con benevolenza alle miserie di una Italia un po' strafalciona e casinara.
- Una della più felici prove di Totò e Peppino De Filippo: esilaranti provinciali meridionali in quel di Milano, dispiegano tutto il loro repertorio di invenzioni verbali, in scene giustamente passate alla storia. La reputazione del film poggia tutta sui due grandi comici, in quanto la cornice è davvero modesta: una commedia sentimentale con intermezzi musicali datati, da ricordare solo per la bellezza di Dorian Gray e per la presenza del giovane Nino Manfredi (purtroppo sprecato).• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò e Peppino con i colbacchi davanti al Duomo: “Noio vulevan savuàr l'indiriss”; La lettera sotto dettatura.
- Deludente. Non che sia un brutto film, ma è oltremodo osannato dalla critica quasi come fosse il vero capolavoro di Totò. Invece purtroppo la storia d'amore con la malafemmina non è all'altezza di Totò e Peppino e la visione lascia un senso di incompiutezza, quasi ci si aspettasse obbligatoriamente qualcosa di più.
- Totò viene inserito in una trama con accanto un comprimario di lusso (De Filippo) e una storiella sentimentale per giustificare i momenti in cui non è in scena. Risultato oltre le aspettative dei produttori: il film diventa una pietra miliare del cinema italiano, con irresistibili momenti quali quello della "lettera" e del surreale dialogo col "milite austriaco". Bene anche i comprimari, ma la scena è tutta per il primo vero film della premiata ditta Totò & Peppino (In Totò e le donne Peppino ebbe poco spazio). Evergreen.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò che frega i soldi da sotto la mattonella a Peppino; L'incidente col trattore; La lettera; Il Duomo; "Na femmena bugiarda m'ha lassat...".
- Tra i film più celebri della coppia Totò/De Filippo. Alcune scene fanno ormai parte della storia del cinema italiano, su tutte la composizione della lettera sotto dettatura di Totò. Il film è diviso in due parti: la prima ad ambientazione campana, la seconda a Milano. Un poco invecchiato. Alcune gag rimangono memorabili, l'elemento sentimentale-romantico con protagonisti Dorian Gray e Teddy Reno è invece assolutamente trascurabile.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "E adesso che siamo arrivati a Milano, andiamo a vedere questo famoso Colosseo?"; La composizione della lettera.
- Più che un film, un classico. Popolato di scene memorabili ormai entrate a far parte dell'immaginario e del lessico comuni, scopiazzate o citate da chiunque altro abbia cercato di far ridere con un film, è davvero un toccasana per le serate tristi, o per le giornate uggiose. L'arrivo di Totò e Peppino a Milano, la dettatura della lettera alla "malafemmina", l'atmosfera di ingenua malizia che si respira in tutto il film ce lo rende davvero caro. L'unico neo sta nella storia, che di per sè è davvero troppo poco originale per restare impressa.
- La storia è banale, decisamente invecchiata, farcita di luoghi comuni e nel complesso noiosa. Film da evitare quindi? Assolutamente no! Perchè contiene alcune delle migliori scenenette della coppia Totò-Peppino De Filippo. I due personaggi valgono da soli l'intero film. Geniali a tutti i livelli, dal fisico-visuale al verbale che raggiunge l'apice nella lettera dettata, una delle migliori improvvisazioni di sempre. Purtroppo ci sono anche balli e canzoni in cui la noia regna sovrana. Le parti comiche estrapolate dal resto meritano 5 pallini.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: L'arrivo a Milano; la lettera.
- Grandissimo cult della premiata ditta Totò e Peppino con numerose scene da antologia. I duetti sono fantastici, come anche le conversazioni con la sorella e l'odiato Mezzacapa. Simbolistico di un sud arretrato e provinciale al cospetto di un nord avanzato e godereccio: l'amore colma ogni distanza e trionfa superando tutti gli ostacoli. Intermezzi musicali (belli) e romantici (meno belli) rallentano un po' il ritmo, ma le decine di gag a cui danno vita i nostri eroi, probabilmente nella loro migliore performance, sono una migliore dell'altra. Cineteca.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Noio volevam savuà... ja, l'indiriss...
- Totò e Peppino offrono scene indimenticabili, ciascuna delle quali meriterebbe cinque pallini. Mario Castellani, che compare poco, è sempre una sicurezza. La Gray e la Sini sono belle, Vittoria Crispo in parte. Il film, in sé, non dice molto: ma ha pezzi da Antologia (con la A maiuscola) e dimostra come due attori quali i nostri protagonisti, in piena maturità artistica e ben coadiuvati da ottimi comprimari, siano in grado di creare divertimento puro anche con materiale povero. Nel complesso davvero notevole!• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Quelle con Totò e Peppino: ho detto tutto!
Le incongruenze
- Per tutto il film Totò dà un sasso a Peppino che lo tira alla finestra al primo piano di Mezzacapa, ma vorrei sapere, alla fine del film, quando Totò dice al bambino di tirare il sasso, come faccia quest'ultimo ad avere la forza di tirare una pietra tanto lontano, visto che loro sono sul carretto in mezzo alla strada...!
- Nella famosa scena della lettera c'è una curiosità/svista per i piu' attenti: Peppino scrive sull'ultima riga del foglio quasi metà del testo, perche ci era arrivato troppo presto nella finzione, e deve continuamente scrivere sullo stesso punto.
- Durante la scena della lettera fate attenzione alle ombre di oggetti e persone: variano da inquadratura ad inquadratura, sono multiple, e in direzione opposta alla luce che proviene dalla finestra
- Nella scena in cui Totò e Peppino, andati a cercare la "malafemmina", sono stati accolti nel suo camerino e si presentano alla stessa, tra un cambio di inquadratura e l'altro, il suo trucco del viso cambia vistosamente, leggero e inavvertibile prima, pesantissimo poi.
- La famosa lettera di Totò e Peppino: Totò detta e Peppino scrive anche quasi accavalando le righe a fondo pagina e addirittura mettendo il foglio di sbieco. Quando pero' la lettera viene consegnata e letta dalla destinataria (Dorian Gray) si puo' vedere il foglio che a fondo pagina e' ben spaziato e senza accavallamenti e scritture di sbieco.
- Fine film, Totò e Peppino sono a letto dopo la sbornia al night, la borsa dell'acqua calda che ha sullo stomaco Totò continua a spostarsi di posizione istantaneamente (2/3 volte).
- I fratelli Caponi tirano sempre un sasso alla finestra di Mezzacapa, lo fanno anche quando accompagnano il nipote al treno, facendo un bel buco tondo nel vetro, Quando tornano ne tirano un'altro ma il precedente buco e' completamente diverso.
- Quando Totò e Peppino vanno da Dorian Gray in camerino a parlarle del nipote, questa e' chiaramente doppiata da due diverse persone, infatti il timbro della sua voce cambia palesemente. Il momento in cui cambia e' quando lei li riconosce e dice loro (approssimativamente) "Tu devi essere zio Antonio! E tu zio Peppino!"
- La scena dell'arrivo alla stazione di Milano è doppiata, lo si può notare seguendo il labiale di Totò!
- Nella prima scena dove appare Teddy Reno, quando scende le scale con le valigie, si sente che ha una voce diversa da quella che avrà per tutto il resto del film, probabilmente si tratta della vera voce di Teddy Reno. Infatti nella scena successiva, quando è sul calesse con Totò e Peppino, la sua voce è cambiata quella del famoso doppiatore Pino Locchi, che gli darà la voce per tutta la durata del film.
- Quando a Milano Totò svuota le valigie piene di generi alimentari, passa a Peppino un formaggio commentando "prendi 'sta caciotta", quando in realtà in mano ha una scamorza.
- La lettera anonima che informa la famiglia Capone dell'esistenza della malafemmina ha sull'indirizzo la località "Colizzi" che in realtà non esiste
- Una scena del film è ambientata nel piazzale del Maschio Angioino di Napoli, ma in realtà è stata girata in uno studio di posa. Lo si nota guardando il cielo sullo sfondo: nonostante abbiano dato l'illusione di una giornata di brezza (le frange dell'ombrellone di un bar si muovono, effetto ottenuto probabilmente con un ventilatore nascosto), l'unica nuvola che si vede sullo sfondo è perfettamente immobile.
- All'inizio del film si assiste alla scena in cui Totò deve restituire 40.000 Lire a Peppino. Totò, di nascosto, preleva il denaro dai risparmi del fratello, 30.000 Lire li tiene in mano e 10.000 se li mette nella tasca destra della giacca. Nella scena dopo quando li restituisce al fratello, questi si accorge, "soppesandoli" con la mano, che sono solo 30.000. A questo punto Totò restituisce anche la banconota mancante ma anzichè prenderla dalla tasca destra la tira fuori dalla tasca interna della giacca.
www.bloopers.it
Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo | |||
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La fattoria Mezzacapa (Mario Castellani), alla quale i fratelli Caponi (Totò e Peppino) si divertono a fracassare le finestre a suon di sassate, non si trova a Napoli (o, per essere precisi, a Colizzi, in località Borgata Tre Pini, come si leggerà sulla lettera che verrà inviata a Lucia Caponi), come si sarebbe portati a pensare, ma a Roma, in Via del Ponte di Nona, a breve distanza dall’innesto sulla Via Prenestina. | |||
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Qui ripresa dalla facciata che dà su Via del Ponte di Nona. È interessante notare come l’edificio e la zona circostante abbiano conservato quasi intatte le caratteristiche rurali. L’unica sostanziale differenza rispetto al 1956 è la costruzione di un’area residenziale all’altezza dell’incrocio con la Prenestina, che si vede alle spalle dei due attori | |||
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Il controcampo. | |||
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Si veda invece qui la fattoria di Via Chiodelli sullo sfondo, tuttora visibile dallo stesso punto, sempre lungo Via del Ponte di Nona | |||
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LA FATTORIA DEI FRATELLI CAPONI - La fattoria dei fratelli Caponi (Totò e Peppino), dove i due personaggi rientrano dopo aver fatto visita – non proprio cortese – a quella di Mezzacapa (vedi sopra), si trova sulla stessa Via del Ponte di Nona a Roma, a circa 700 metri di distanza dall’altra. Eccoli entrare nella viuzza della loro fattoria, dove tutto è rimasto come allora.Nel film Totò e Peppino arrivano dalla Prenestina, transitano davanti alla fattoria Mezzacapa e quindi proseguono verso la loro casa, ma ad essa li si vede poi arrivare dalla direzione opposta, ossia da Via Collatina! Rispetto all’altro edificio, questo ha subito più trasformazioni, ma è innegabilmente quello. | |||
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Guardiamo anche la vicina stalla | |||
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Nonché il casolare. | |||
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Ecco come sono posizionate le due fattorie lungo Via del Ponte di Nona e dov'è posizionato l'incrocio con la Prenestina. | |||
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Il casolare in panoramica. | |||
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LO SFONDAMENTO DEL MURO (FINTO) La scena in cui i fratelli Caponi si mettono incautamente alla guida del trattore nuovo provocando un grande scompiglio che termina con lo sfondamento di un muro e i due che escono malconci dall'incidente. Vediamo dove era il muro (B): se consideriamo una precedente inquadratura del fienile attiguo alla casa... ci accorgiamo che nella scena dello sfondamento del muro (nel lasso di tempo intercorso tra le riprese i contadini "veri" hanno intanto avuto tutto il tempo di riempire per bene il fienile A), a destra del fienile è comparso un muro posticcio (B)... | |||
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...che è quello che, visto dal lato opposto, i due sfondano col trattore. | |||
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La facoltà di medicina che frequenta Gianni (Teddy Reno), il nipote dei fratelli Caponi, si trova in Corso Umberto I° a Napoli, all’interno del Palazzo degli Studi, sede centrale dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, visibile anche nel film "Stanno tutti bene". | |||
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Il bar dove Gianni (Teddy Reno) racconta a Raffaele (Manfredi) del primo incontro con Marisa (la “malafemmina”) si trova in Piazza Municipio a Napoli. Nonostante la centralità della location non è possibile individuare il luogo con streetview, perché le immagini riprendono un cantiere, nel quale è riconoscibile la parte superiore del monumento che si intravede a sinistra.Il bar di Piazza Municipio in realtà non è mai esistito! Furono messi 3-4 tavolini e 2 ombrelloni al centro di Piazza Municipio, prendendoli dal vicino BAR MARIA (angolo Calata San Marco). Il traffico fu deviato, (anche per la grande folla sul posto, in quanto ci si aspettava la presenza di Totò, che invece non recitava nelle scene girate a Napoli). La scena fu ripetuta 2 volte. | |||
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La piazza dello spassoso incontro tra i fratelli Caponi e il “ghisa” è l’inconfondibile Piazza Duomo a Milano. | |||
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I giardini dove Gianni (Teddy Reno) e Raffaele (Nino Manfredi) vedono passare i cartelloni pubblicitari con la foto di Marisa, la "Malafemmina" (Dorian Gray) sono quelli della Villa Comunale in Via Francesco Caracciolo a Napoli. | |||
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La via all'uscita del teatro a Napoli (l'uscita è lungo gli edifici sulla sinistra del fotogramma) dove, alla fine dello spettacolo, Gianni aspetta Marisa, è in realtà in Via del Melone a Roma. | |||
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LA VILLA DI RAFFAELE (MANFREDI) - La villa in cui abita Raffaele (Manfredi) ha una doppia natura molto curiosa. ESTERNO MAREQuando la vediamo perché Raffaele la presta all’amico Gianni per il secondo incontro con Marisa, capiamo che si trova a Napoli, in Via Posillipo 33. Il luogo è riconoscibile dalla vista su Palazzo Donn'Anna (A). | |||
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Vediamo la terrazza vera e propria dove stanno i due, che è quella sopra agli archi (B) e (C), visti attraverso l'arco nella roccia (D): | |||
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INGRESSO - L'ingresso della villa lo vediamo quando Raffaele e Gianni ne escono indugiando sul muretto a discorrere. E qui siamo invece in via Marechiaro (Napoli), parecchio distante dall'altra "sede"... Quando Gianni e Raffaele escono di casa ci mostrano una fioriera a sinistra dell'ingresso oggi totalmente coperta dalle piante (come se vede nella foto).La fioriera a sinistra è identica a quella di sinistra che possiamo vedere in streetview. | |||
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Quando i due si muovono poi si appoggiano al muretto discorrendo (l'uomo in figura qui interpreta Manfredi) e ci mostrano alle spalle un edificio che sta dietro di loro, oggi anch'esso coperto dalle piante... | |||
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Quell'edificio esiste ancora e ci dà la prova che il posto è quello giusto! Andiamo quindi a ingrandire il fotogramma servendoci della foto di oggi. | |||
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Ecco quindi l'ingresso alla villa, con (cerchiato di rosso) l'edificio chiave e il cono di ripresa che lo inquadra da dove stanno i due protagonisti della scena. In definitiva ecco segnate con A la terrazza sul mare e con B l'ingresso della villa |
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Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "Totò e Peppino, fratelli d'Italia", (Alberto Anile, Pablo Escobar), Einaudi, 2001
- Alberto Anile, Totò, Musco e la malafemmina, “Cabiria”, n. 168, maggio-settembre 2011, pp. 45-56.
- Teddy Reno e Franco Interlenghi, interviste: "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- Piacere, Ettore Scola, a cura di Marco Dionisi e Nevio De Pascalis, Edizioni Sabinae, Roma 2016, p. 69
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- "Totò proibito" (Alberto Anile) - Ed. Lundau, 2005
- "Totò, un napoletano europeo" (Valentina Ruffin), Ed. Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1996
- Tullio Kezich, «Corriere della Sera», 5 ottobre 2003 (in occasione dell'uscita della collana di videocassette dei film di Totò abbinata alla vendita del quotidiano)
- La grammatica di Totò (e Peppino) - «Corriere della Sera», 18 agosto 2009