Il monaco di Monza

1963 Il monaco di Monza 6

Lei discende dai Borboni? Allora siamo parenti: da piccolo in casa tenevo un barboncino.

Fra' Pasquale da Casoria

Inizio riprese: gennaio 1963, Teatri di posa INCIR - De Paolis, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 16 marzo 1963 - Incasso lire 539.482.000 - Spettatori 2.444.857


Titolo originale Il monaco di Monza
Paese Italia - Anno 1963 - Durata 101 min - B/N - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Sergio Corbucci - Sceneggiatura Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi - Produttore Giovanni Addessi - Scenografia Ottavio Scotti


Totò: fra Pasquale da Casoria/Don Manuel y Alcazar y Gomera y Fernandez y Montygo - Nino Taranto: Don Egidio, marchese de Lattanziis - Erminio Macario: fra Mamozio - Lisa Gastoni: Fiorenza, marchesa del Giglio - Moira Orfei: Suor Virginia, la monaca di Monza - Giacomo Furia: Cecco, un bravo - Fiorenzo Fiorentini: Smilzo, il bravo balbuziente - Dany París: La zingara - Mario Castellani: Il nobile con due scarpe destre - Gianni Baghino: il bravo "miracolato" - Clara Bindi: Una popolana - Carlo Delle Piane: L'oste - Mimmo Poli: Il frate cercatore - Franco Ressel: Ufficiale del balzello - Adriano Celentano: Adriano, un falso frate - Don Backy: Un falso frate - Marco Morandi: il figlio neonato della marchesa - Renato Terra - Tina Gloriani - Roberto Proietti - Miranda Poggi - María Badmajew


Soggetto

Monza, 1630, epoca del dominio spagnolo. Pasquale Cicciacalda, un umile calzolaio originario di Casoria a cui è morta la moglie (Provvidenza, che svolgeva il lavoro di levatrice), non riesce a mantenere i propri 12 figli e pertanto escogita un furbo stratagemma. Travestito se stesso ed i figli da frati, vaga con loro come frate cercatore alla ricerca di cibo e carità. Sulla strada incontra Mamozio, un pastore povero che pascola solo il proprio cane (dal momento che le 10 pecore che aveva le ha mangiate una dopo l'altra) e che chiede di potersi unire al gruppo. Insieme giungono al castello del perfido Marchese Egidio De Lattanzis che tiene prigioniera la cognata Fiorenza nella speranza che essa voglia sposarlo dal momento che suo fratello ha trovato la morte in battaglia: ella è però innamorata del capitano spagnolo Don Manuel (identico a fra Pasquale) e aspetta da lui un figlio, fatto con il quale il Marchese la ricatta. Incaricato di celebrare il matrimonio fra Pasquale sa che ciò non è valido in quanto egli non è un vero religioso. Dopo una serie di peripezie che vedono il tentativo fallito da parte di fra Pasquale di avvelenare il Marchese e la conseguente vendetta, i protagonisti vengono salvati dal provvidenziale intervento di suor Virginia, sorella di Don Manuel, e delle sue consorelle le quali erano state nel passato sedotte dal marchese e costrette poi a prendere i voti.

Critica e curiosità

📚 Premessa: Manzoni? No, grazie! Facciamo alla Totò

"Il monaco di Monza" è uno di quei film che, se Manzoni fosse ancora vivo, lo riporterebbero in catalessi. Altro che “rami secchi” e “sciacquature in Arno”: qui si tratta di una devastante potatura dell’albero sacro della nostra letteratura, e non con le cesoie, ma con il martello pneumatico. Totò veste i panni (e che panni!) di Fra’ Pasquale da Casoria, falso frate con dodici (sì, DODICI) figli della provvidenza, in combutta con il fido Mamozio-Macario, un compagno di sventura dal cipiglio sfiatato ma ancora teatralmente onesto. I due approdano nel castello del perfido Don Egidio (Nino Taranto), che non è un bravo, ma uno che i bravi li rapisce, con tutto il pacchetto cognate annesse.

🎭 Un Cast di Falsi Frati e Falsi Moti Rivoluzionari

Il film trabocca di figure parodiche e deformate: da Don Manuel, soldato spagnolo romanticamente molesto (doppiato da sé medesimo Totò), alla Marchesa del Giglio in Lattanzis (Lisa Gastoni). Nel loro vortice di latinità farlocca e litanie sacrileghe, Totò e Macario riescono a infilare nel Rosario nomi sacri come “autobus” e “Brigitte Bardot”. Cosa che naturalmente fece schiumare la censura come un bagnoschiuma al peperoncino.

🕯️ Dalla Farsetta al Vilipendio: Avanspettacolo a briglia sciolta

Il film ha l’impianto di una farsa da teatrino di provincia, dove la sceneggiatura è un vago suggerimento, e gli attori – ben lieti – recitano come se fossero nel retrobottega del Teatro Jovinelli. Il più in forma di tutti è Nino Taranto, che disegna un Don Egidio degno di una figurina Liebig con il ghigno sarcastico. Totò invece mostra una doppia anima (anzi, due personaggi): il finto frate e lo spagnolo Don Manuel, entrambi però poco incisivi, come se il nostro amato Antonio fosse più stanco del solito. E Macario... eh, Macario pare uscito direttamente da un baratro glicemico.

🎶 La Carità e le Canzonette

Tra le scene più ricordate c’è “La carità”, canzone-predica intonata da due improbabili frati – Adriano Celentano e Don Backy – in realtà degli infiltrati musicali con tunica a noleggio. Celentano viene perfino doppiato da Gino Bramieri (spoiler: non si sente, ma si percepisce). La scena, pur godibile, è più un videoclip ante litteram che un pezzo di film.

🎬 Dietro le Quinte: Totò Bersagliere!

Durante le riprese, il regista Sergio Corbucci (sì, proprio lui, autore anche di veri capolavori spaghetti-western) preleva Totò travestito da frate, gli mette un cappello da bersagliere in testa e gli fa girare una scena de “Il giorno più corto”. Una sorta di cammeo simultaneo, dove Totò entra ed esce da un film all’altro come una matrioska cinefila. Fantascienza temporale? No, solo Titanus in versione Frankenstein.

🧟‍♂️ La Veglia al Falso Morto e Altri Ricicli Cinematografici

Tra le scene degne di nota – nel bene o nel male – troviamo:

  • La veglia al falso morto, dove si tenta un humour nero alla “Totò cerca casa”, ma il risultato è più nero che humour.
  • Il parto con martello e trapano, in odore di autocitazione da “Sua Eccellenza si fermò a mangiare” e “Totò, Peppino e la dottoressa”, ma qui tirato via come un’invenzione da bricoleur ubriaco.
  • Il duetto nasale con l’oste (Carlo Delle Piane), divertissement di suoni e parole che richiama i grandi numeri di rivista – e l’amore viscerale che Totò nutriva per i nasi importanti.
  • Lo sputo nell’occhio del “bravo”, gag riciclata da “Totò a colori” e “Totò cerca casa”. Quando l’originalità langue, si pesca dal repertorio.
🧠 Il Nulla Dietro la Satira: Quando la Parodia Smette di Parodiare

Corbucci sembra voler emulare il successo di “Figaro qua, Figaro là”, ma finisce con un’accozzaglia disarticolata. La trama non esiste. Non nel senso che sia scarna: proprio non c’è. I riferimenti all’attualità politica, alla cronaca, ai tic linguistici del tempo sono sparsi senza logica come coriandoli sul pavimento dopo una festa finita male. La celebre battuta “ero in società con Mastronardo” è un inside joke che, senza sottotitoli per millennial, oggi suona come un codice fiscale sbagliato.

🔠 Giochi di Parole, Calembour e Freddure Monastiche

Il vero filo conduttore del film è la battuta linguistica: uno stillicidio di doppi sensi, nonsense, omofonie e infrazioni alla sintassi che farebbero impallidire persino il miglior settimana enigmistico. Alcuni esempi:

  • “Su con le corde!” al posto di “Sursum corda”.
  • “Provola!” per “Prova!”.
  • “Sono un monaco di Monza, cioè un Monzambico.”
  • “Con-che comunichi?” – “Con-Checco.”
  • “Hai libero accesso?” – “Grazie, ora non ho bisogno.”
  • “Marchese o maresciallo, sempre con la ‘M’ comincia.”

Insomma, il film è una cattedrale di calembour, peccato sia costruita con mattoni di cartapesta.

🎥 Ambientazioni: il gotico di Balsorano

Gran parte del film è girato in interni teatrali, ma c’è un’eccezione: il Castello Piccolomini di Balsorano, ormai diventato la casa in affitto delle parodie made in Italy. Gotico? Sì. Suggestivo? Un po’. Coerente? Mai.

📉 Conclusione: Un Film Che Affoga nel Suo Stesso Frate

“Il monaco di Monza” è il film più bratto (sì, bratto) di Corbucci, e forse anche il più sconnesso di Totò. Si salva qualche primo piano, dove gli occhi di de Curtis sembrano raccontare un film migliore, parallelo, fatto di malinconia e grandezza. Ma il resto è un minestrone di gag riciclate, macchiette stanche e battute in cerca d’autore. Una parodia che dimentica di parodiare e finisce per annaspare nel teatro leggero più sfilacciato, dove si ride poco e si sbadiglia molto. 

Troviamo anche una comicità surreale, molto cara a Totò, fatta di lazzi, anacronismi e giochi di parole:

“Io sono un monaco vero, iscritto ai sindacati”;
“Sono un vero monaco: guardi sulla Guida Monaci”;
“Ai confini del tonto ci sei tu…”;
“Il morto lo veglia lui che è vegliardo”;
“Mio padre era molto magnanimo”. Totò: “E che si magnava?”


🎬 Le Scene più Memorabili de "Il monaco di Monza" 🎬

🛐 1. Il Rosario Profanato: “Brigitte Bardot, ora pro nobis”

Questa scena è probabilmente la più iconica del film, nonché quella più bersagliata dalla censura (e forse anche da qualche parroco munito di bastone da esorcista). Totò e Macario, nei panni dei frati cialtroni, recitano un Rosario in latino che prende presto una piega surreale: il latino diventa una lingua elastica, litanica e buffonesca. Tra “Ave Maria” e “ora pro nobis” sbucano fuori nomi contemporanei come “autobus” e “Brigitte Bardot”, trasformando una pratica religiosa in una parata dadaista di nonsense. Il ritmo, la dizione furbesca, lo sguardo complice tra i due attori: è un pezzo da avanspettacolo d’altri tempi, da cabaret borderline, in cui la liturgia si piega al lazzo e diventa irresistibile.

Nota di contesto: la censura dell’epoca fece rimuovere o ridurre questa sequenza nelle versioni successive, ma oggi è giustamente considerata una vetta della comicità surreale italiana.

⚰️ 2. La Veglia al Morto (che non è morto): noir, napoletano e… noioso?

Questa lunga scena vuole essere una parodia del genere gotico-funebre, con rimandi espliciti a “Totò cerca casa” e a certi sketch neri dell’umorismo anglosassone. Don Egidio (Taranto), dato per morto, viene vegliato da una serie di personaggi ambigui e bizzarri, mentre il suo corpo – ben poco defunto – funge da MacGuffin per dialoghi surreali, pianti falsi e insulti sussurrati.
Il ritmo qui si fa volutamente lento, quasi teatrale, con lunghi silenzi che danno spazio a improvvisazioni mimiche (soprattutto di Totò) e gag visive che mescolano il macabro al ridicolo.

Critica interna: pur avendo buoni spunti, la scena si trascina e perde mordente. Il registro si vorrebbe nero, ma la vernice è più grigia slavata.

👶 3. Il Parto con Trapano e Martello: ginecologia da ferramenta

Questa è una delle scene più assurde e grottesche del film, nonché uno dei picchi della poetica “artigianale” di Totò. Un parto in corso, un’emergenza, e la risposta del finto frate? Un kit da bricolage: trapano, martello, e altre diavolerie metalliche che fanno impallidire anche i medici di “Totò, Peppino e la dottoressa”.
È l’ennesima parodia di Totò del mondo medico e scientifico: l’idea è che l’ignoranza profonda, se esibita con sicurezza, diventi comica. E infatti, qui non c’è nemmeno bisogno della paziente per ridere: bastano gli strumenti e il tono da perito industriale di Fra’ Pasquale.

Nota di regia: si tratta di una rielaborazione di una scena già vista in “Sua Eccellenza si fermò a mangiare”, segno che Totò amava certi motivi ricorrenti, come un comico barocco che modella e rimodella lo stesso scherzo.

🎤 4. Il Duetto “nasale” con l’oste (Carlo Delle Piane)

Una piccola scena, ma molto brillante. Il personaggio dell’oste (giovanissimo Carlo Delle Piane, qui in uno dei suoi ruoli più brevi ma gustosi) si confronta con Totò in una gara di parole sul naso. Entrambi sfoggiano nasi importanti, e la conversazione degenera in una serie di battute fonetiche, doppi sensi e giochi di rime attorno al tema olfattivo. Totò è in stato di grazia: fa della fisionomia un pretesto per la linguistica, e con l’arte del fraseggio trasforma il naso in una metafora sociale, poetica, forse persino politica.

Esempio: “Col mio naso sento anche i pensieri... ma solo quelli profumati!”

💃 5. La Serenata di Don Manuel (Totò) alla Marchesa: l’amore in parrucca

In una delle scene più teatrali e melodrammaticamente grottesche, Totò, nel ruolo dello spagnolo Don Manuel, dichiara il proprio amore alla Marchesa del Grillo (Lisa Gastoni). Vestito come un Don Giovanni con la varicella, l’attore recita con accento pseudo-castigliano, gesti ampi e ridondanti, e un romanticismo volutamente esagerato. La Marchesa risponde con uno sguardo vacuo, l’inquadratura insiste su Totò che recita a se stesso, come se Gastoni fosse un fondale. Il gioco è tutto metateatrale: una parodia delle telenovelas prima ancora che esistessero.

Momento cult: Totò si inginocchia, inciampa nella spada e si rialza dicendo: “In Spagna, si cade così per amore!”

🎶 6. “La Carità”: il musical parrocchiale degli impostori

In questa scena Don Backy e Adriano Celentano, nei panni di due falsi frati (e già qui siamo oltre il surreale), intonano una canzone-pop in stile cantico intitolata “La carità”. È un numero musicale che rompe completamente il tono del film, ma che funziona come sketch a sé stante, ironico e sottilmente critico.
La canzone è un invito a fare elemosina, ma con toni talmente allusivi e “strizzati d’occhio” che si capisce come la beneficenza sia solo un pretesto per l’imbroglio. Celentano è doppiato da Gino Bramieri, che aggiunge un tono caricaturale perfetto per l’atmosfera farsesca.

Osservazione d’autore: questo è uno dei rari casi in cui il musical entra nella commedia all’italiana senza diventare pacchiano – merito anche del tempismo comico e della regia sobria.

🗣️ 7. Il Tripudio dei Giochi di Parole: l’assalto alla semantica

In tutto il film, e in particolare in alcune scene corali (come quelle con Macario o Taranto), troviamo una raffica quasi ininterrotta di giochi linguistici, freddure, battute da settimana enigmistica con febbre a 40. Alcune tra le più memorabili:

  • “Su con le corde” invece di “Sursum corda”.
  • “Sono un monaco di Monza, cioè un Monzambico”.
  • “Con-che comunichi?” – “Con-Checco”.
  • “Hai libero accesso?” – “Grazie, ora non ho bisogno. Dopo, caso mai”.
  • “Caro maresciallo” – “Sono marchese” – “Marchese o maresciallo sempre con la M comincia”.

Sono giochi del nonsense, ma pieni di ritmo e spirito dialettico. È la lingua che si ribella, come i personaggi, come gli autori. In un certo senso, questa è la vera rivoluzione del film, il suo 1968 anticipato a colpi di sillabe.

🏰 8. Scena finale al Castello Piccolomini: gotico per ridere

Tra le poche scene girate in esterno, l’ultima sequenza nel castello di Balsorano rappresenta il tentativo di chiudere l’intreccio e di “ricomporre l’ordine” con l’arrivo dell’eroe (Don Manuel/Totò) che salva la marchesa. Ma tutto è così volutamente parodico e sconclusionato che l’unica cosa che si salva è l’ambientazione gotica, già ampiamente sfruttata dal cinema italiano. Totò qui fa il suo ultimo gesto da cavaliere, poi l’inquadratura si chiude su una frase che non risolve nulla, ma fa il verso ai finali epici: “E vissero confusi e contenti!”


Così la stampa dell'epoca

📰 Accoglienza Critica, Pubblica e Censoria de Il monaco di Monza (1963): Un Approfondimento Storico-Cinematografico 📰

🧐 1. Accoglienza della critica: tra il disappunto e il sarcasmo

Quando Il monaco di Monza uscì nelle sale italiane nel 1963, la critica specializzata reagì con un misto di perplessità e ironico fastidio. In un'epoca in cui il cinema italiano oscillava tra le vette del neorealismo maturo e l’emergente commedia all’italiana d’autore (si pensi a Risi, Monicelli, Comencini), questa pellicola apparve come un oggetto anacronistico e sgangherato, difficilmente difendibile sul piano artistico.

Le riviste di settore come “Cinema Nuovo” e “Bianco e Nero” liquidarono l’opera come una parodia stanca, incapace di evolversi oltre il bozzetto teatrale. Molti critici notarono l’improvvisazione e la scarsa coerenza narrativa, alcuni arrivarono a definirlo un “mosaico incoerente di sketch da varietà”.

I principali punti di critica furono:

  • La regia piatta di Corbucci, accusata di limitarsi a “registrare” gli attori invece che dirigerli;
  • La sceneggiatura assente o comunque ridotta a una traccia improvvisata, inadatta anche per un varietà televisivo;
  • La fotografia poco curata, con interni che sembravano scenografie di cartone riciclate da altri film in costume;
  • L’eccesso di giochi di parole, considerati da molti “una deriva scolastica della grande comicità totoiana”.

Solo alcune frange della critica più popolare, come quella presente nei rotocalchi del tempo (Gente, Oggi, Il Borghese), mostrarono una certa indulgenza, trattando il film come un pretesto per vedere Totò e Macario all’opera, più che come un vero prodotto filmico.

🍿 2. Accoglienza del pubblico: meglio nelle sale periferiche

Dal punto di vista del pubblico, Il monaco di Monza non fu un successo clamoroso, ma nemmeno un disastro economico. Incassò decentemente, soprattutto nelle sale di seconda visione, nei circuiti parrocchiali, nei cinema rionali, dove il nome di Totò continuava ad attirare una base popolare affezionata, anche quando il livello dei film scendeva sotto la soglia di guardia.

Il pubblico più giovane apprezzò le canzoni (soprattutto “La carità” cantata da Celentano/Don Backy), e non mancò chi trovò divertenti le trovate linguistiche, i duetti slapstick e le scenette farsesche.

Tuttavia:

  • Non conquistò mai il pubblico borghese o cinefilo, che nel 1963 era già attratto da ben altri titoli (Il Gattopardo di Visconti era uscito da pochi mesi).
  • Le sale del nord Italia furono mediamente più severe, mentre al sud e nelle isole il film venne accolto con maggiore calore, soprattutto per la presenza di Totò in ruolo semireligioso, in grado di mescolare rispetto e caricatura.

Va detto che l’uscita ravvicinata con altri film più solidi dello stesso Totò, come Totò e Cleopatra (dello stesso anno), contribuì a rendere Il monaco di Monza una nota minore nel repertorio dell’attore.

✂️ 3. La censura: “Tagliate quel Rosario!”

Uno degli aspetti più dibattuti del film fu il rapporto burrascoso con la censura cinematografica dell’epoca, ancora fortemente legata a criteri morali e religiosi, in particolare in tema di rappresentazione del clero.

La scena del Rosario comico, come già accennato, scatenò reazioni indignate sia nella Commissione di Revisione Cinematografica che nei settori cattolici, come l’Avvenire d’Italia e alcuni bollettini diocesani.

Le richieste principali della censura furono:

  1. Rimozione o accorciamento della sequenza del Rosario, giudicata “irriverente e potenzialmente offensiva del sentimento religioso”;
  2. Modifiche alla scena del parto con martello, considerata “volgare e inadatta al pubblico familiare”;
  3. Tagli a battute con riferimenti sessuali mascherati, anche se in forma puramente allusiva.

Il film ottenne il visto di censura solo dopo l’intervento del produttore Titanus, che accettò di effettuare alcuni tagli. Curiosamente, però, alcune copie circolarono nei circuiti secondari con le scene originali, dando origine a leggende urbane su versioni “integrali” viste in provincia.

🧵 4. Confronto con altri film-parodia: il parente povero

Rispetto ad altri film comici-parodici dell’epoca, come:

  • Figaro qua, Figaro là (1950)
  • Totò a colori (1952)
  • Totò e Cleopatra (1963)

Il monaco di Monza risultò sempre come il cugino goffo e diseredato. Lì dove gli altri titoli offrivano una parodia strutturata e calibrata, qui il materiale narrativo sembrava appiccicato con lo sputo e la cartapesta. Persino la scelta di parodiare I Promessi Sposi, romanzo-totem della cultura italiana, sembrò azzardata e irrisolta: non c’è vera satira, non c’è vera critica, e nemmeno un’adeguata ricostruzione scenica.

📼 5. Rivalutazione postuma: una nicchia per cinefili e cultori di Totò

Con il passare degli anni, Il monaco di Monza ha vissuto una blanda rivalutazione, soprattutto grazie a:

  • I fan più accaniti di Totò, che trovano valore anche nelle sue opere minori;
  • Gli studi sul cinema italiano minore degli anni ’60, dove il film viene citato come esempio di transizione tra l’avanspettacolo e la televisione comica;
  • La critica linguistica, che ha analizzato le battute e i calembour del film in chiave semiotica e filologica (con risultati spesso più seri del film stesso).

In alcuni festival di cinema di genere o retrospettive sul comico italiano, è stato riproposto in versione integrale, suscitando nostalgia e curiosità, ma mai un reale entusiasmo.

🎭 6. Conclusione: frati, fiaschi e frammenti

Il monaco di Monza fu, all’epoca, un film poco amato dalla critica, blandamente accolto dal pubblico e brutalizzato dalla censura, eppure sopravvive nel tempo perché è Totò, e perché anche nelle sue prove meno riuscite c’è sempre un barlume di genio teatrale, mimico, linguistico.

Più che un film, è un contenitore di sketch tra il cabaret e il teatrino parrocchiale, e proprio per questo rimane un testimone prezioso di un tipo di comicità popolare ormai scomparsa. Un frate finto, sì, ma che ancora ci dice qualcosa sul nostro rapporto con l’autorità, con la religione, con il linguaggio – e con la risata.


Parodia abbastanza scontata, vagamente debitrice al Manzoni e sceneggiata da Bruno Corbucci e Gianni Grimaldi, ma letteralmente infarcita di giochi di parole e calembour capaci di strappare più di una risata.

Paolo Mereghetti, 1963


Morando Morandini non si spreca in valutazioni ma conferma una stella e mezzo, aggiungendo le due stelle del pubblico. Pino Farinotti concede due stelle ma non motiva. La critica contemporanee a distrugge il film, Onorato Orsini scrive:«Totò fa un film peggiore dell’altro e l’ultimo è sempre inferiore al precedente». MaIl monaco di Monza, rivisto a distanza di due lustri fa ancora sbellicare dalle risate.


Corbucci, che nel frattempo dirige anche Il monaco di Monza, mette addosso a Totò il saio di fra' Pasquale e gli mette in testa un cappello da bersagliere. L'apparizione è la più divertente e surreale della pellicola, giusto finale per un film basato sull'entrata a sorpresa. Sopravvissuti alla prima guerra mondiale e a un processo per tradimento, i soldatini Franco e Ciccio hanno appena deciso di andarsene finalmente al giardino zoologico ma proprio in quel momento si spalanca una finestra e compare Totò, sulfureo frate bersagliere.

Alberto Anile


Totò interpreta Pasquale Cicciacalda. Siamo nel Seicento e Pasquale Cicciacalda, un ciabattino che fabbrica solo scarpe destre, vedovo e padre di dodici figli, viene cacciato dal villaggio natio perché non paga le decime al signore locale. Travestito da monaco, insieme alla numerosa prole e a un pastore di nome Mamozio (Erminio Macario), Pasquale incomincia a vagabondare cercando di sbarcare il lunario. La fame rende il cammino faticoso, ma la comitiva riesce ad arrivare in un castello dove sta per avvenire un misfatto.

Matilde Amorosi


Esistono film che dovrebbero veder limitato il visto di programmazione ai cinema di periferia, per motivi di gusto. [...] Ora, con questo Il monaco di Monza è da credere che la cinematografia nostrana abbia raggiunto la categoria più infima. [...] Qui, la qualità delle trovate comiche è talmente povera da non riuscire a strappare il minimo accenno di sorriso. Il buon Totò si sbraccia inutilmente.

«Il Nuovo Secolo XIX», 1963


Ancora una volta un Totò in abito da frate, ma stavolta alle prese con un bieco marchese il quale per assicurarsi l'eredità paterna, intende sposare a tutti ì costi la bella cognata vedova, innamorata, tra l'altro, di un nobile spagnolo e per giunta in attesa di un bimbo.

Il povero frate che è capitato al castello con un altro fraticello e con dodici orfanelli, si schiera dalla parte della donna e, dopo aver mandato a monte il rito nuziale, non esita a ricorrere al veleno per eliminare il nobiluomo. Questi però si salva e sta per attuare la sua feroce vendetta nel confronti del pio uomo e della cognata quando ecco il colpo di scena finale per cui ogni cosa si sistema per il meglio.

Movimentato e non privo di gradevoli spunti umoristici, il film che Sergio Corbucci ha diretto con buon mestiere risulta piacevole. Il pubblico ride e sovente di cuore, grazie soprattutto alla brillante interpretazione dell'intramontabìle Totò, al cui fianco si muovono con bravura Nino Taranto, Erminio Macario e Lisa Castoni Del «cast» fanno parte anche Fiorenzo Fiorentini, Giacomo Furia, Mario Castellani e la graziosissima Dany Paris, disinvolta e vivace, in un ruolo sostenuto con lodevole impegno. Bianco e nero.

Vice, «Il Messaggero», 30 marzo 1963


Da un pò di tempo Toto ci provava, ma questa volta c'è riuscito. Sì c'è riuscito a farci ridere, a renderci finalmente allegri; ci ha ingomma regalato un po' di buonumore in questi tempi di cibi adulterati e di moduli Vanoni. Questo film diretto da Sergio Corbucci è ambientato nel secolo XVII e tratta la storia di un padre di dodici bambini che per assicurarsi il rancio quotidiano si traveste da frate cercatore e così conciato capita in un castello nei pressi di Monza dove trova prigioniera di un marchese arrogante e cattivo la bella Castellana. In questa occasione, il falso frate dal «figlio facile» insieme ad un pastorello che nel frattempo ha adottato, si trova protagonista di mille impensabili situazioni che poi si risolveranno per il meglio. Infatti la Castellana ha uno spasimante che a sua volta ha una sorella monaca. Sarà quest‘ultima, insieme alle sue consorelle, a liberare la castellana il falso frate e i dodici marmocchi, ed a punire il cattivo marchese e i suoi «bravi».

Totò nella parte del frate ci è sembrato veramente quello di un tempo: comunicativo e brillante. Nino Taranto è il terribile marchese. Prendono inoltre parte al film Erminio Macario nella parte dei pastorello, Lisa Gastoni la castellana, Moira Orici, Adriano Orientano e Don Backy ed altri. Buona la sceneggiatura anche se in qualche punto è troppo «discorsiva». Non proprio eccellente la fotografia. Bianco e nero.

Vice, «Momento Sera», 31 marzo 1963


Per rassicurare un sospettoso marchese sulla propria autentica identità di monaco, Totò gli consiglia di consultare la «Guida Monaci». Le battute dell’ultimo film del nostro Inesauribile comico sono di questa stoffa, ma saremmo ingiusti se negassimo che qualcuna riesce a far sorridere. La mimica di Totò, questa volta in saio francescano, la tontaggine di Macario in abito di terziario, la bieca spavalderia di Nino Taranto nelle vesti di un secentesco signorotto che vuol piegare Lisa Gastoni ai suoi voleri aiutano a sopportare una vicenda in cui gli echi vagamente manzoniani (la monaca di Monza, sul finire, si vendica di Egidio guidando le consorelle all’assalto del maniero) si intrecciano a spunti di attualità.

La regia di Sergio Corbucci si diverte a muovere in processione dodici ragazzini (i figli del ciabattino Totò), a far ballare e cantare Celentano, anch'egli vestito da frate, a trasformare Totò in levatrice, a gettare nella mischia nerborute monacelle, con l’avvertenza di mostrarcele di spalle perchè non si veda che in realtà sono maschiacci. Il monaco di Monza conferma che la nostra censura è disposta persino a lasciare irridere gli uomini di chiesa, purché un film non metta in circolazione le idee.

G. Gr., «Corriere della Sera», 6 aprile 1963


Ma perché Totò riesce sempre a fare un film più brutto del precedente? Chi lo conosce sa che Totò, per quanto stanco e acciaccato, non può rinunciare a recitare; per lui equivarrebbe rinunciare a vivere. E perciò recita, qualunque sia il soggetto che gli propongono e il regista che dovrà dirigerlo, gli attori che lo affiancheranno.

Onorato Orsini, «La Notte», 6 aprile 1963


E' la solita, squallida storia di Cinecittà: questi filmetti che parodiano un titolo. Ora, è la volta del monaco di Monza. Un povero diavolo con dodici figli a carico che finisce in un castellaccio. Qui, un bieco marchese, oriundo partenopeo pure lui al pari del falso monaco, tiene prigioniera una bella cognata. Il ribaldo vorrebbe che il monaco, che si fa chiamare fra Pasquale da Casoria, celebrasse le nozze, ma i suoi piani falliscono anche per l’energico intervento di un gruppo di monache, che danno botte alla maniera di Robin Hood.

E alla fine si scopre che Totò ha un doppio. Il film è meno che mediocre e se strappa qualche risata è per merito esclusivo dei suoi interpreti. Lisa Gastoni è bella e con quella bocca potrebbe dire ciò che vuole ma lo dicesse almeno in lingua italiana.

Vice, «Corriere dell'Informazione», 9 aprile 1963


I documenti

Ecco un panorama completo e dettagliato delle uscite home video de Il monaco di Monza (1963), per i collezionisti più esigenti 🎥:

🎞️ 🔹 VHS – Edizioni commerciali (anni ’80–’90)

  • Fabbri Video (Italia) – Videocassetta PAL, sigillata. Diffusa nelle videoteche e tramite edicola sotto la collana Il grande cinema di Totò. Nessun extra, nessun taglio segnalato.
  • Aziende locali/secondarie – Fabbri e simili, in buone condizioni sul mercato di seconda mano (vedi eBay/Picclick a 15–20 €), senza dettagli su contenuti speciali .

💿 🔹 DVD – Edizioni retail ed economiche

  1. “Il Sole 24 Ore – Cinema DVD”
    • Edizione economica numero 12, sigillata, distribuita in edicola e online (es. eBay intorno a 14 €) 
    • Video in standard 4:3, nessuna traccia di extra o contenuti speciali.
  2. Edizione IBS / distribuzione retail
    • Presente su IBS Italia, prezzo di listino ca. 19,95 €. Formato DVD comico-commedia, analogamente priva di materiali extra
  3. Versioni da collezione/box Totò
    • Presenti in cofanetti tematici (32 DVD circa) acquistabili su Facebook Marketplace a prezzo di collezione. Non indicano mai contenuti extra; si presume la stessa edizione base

📼 🔹 Formati digitali e streaming

  • Non ci sono segnalazioni di edizioni Blu‑Ray o UHD (luglio 2025).
  • Il film circola su YouTube (completo, probabilmente caricamento non ufficiale)

📑 🔸 Riepilogo dettagliato delle uscite

SupportoEditore / CollanaAnno stimatoContenuti / ExtraNote
VHS Fabbri Video (collana “Gran cinema di Totò”) tardo anni ’80 / ’90 Nessuno, versione integrale censurata Distribuita in edicola/videoteche
VHS Edizioni secondarie PAL ’90 / 2000 Nessuno, versione integrale Prezzo usato 15–20 €
DVD Il Sole 24 Ore – Cinema DVD n°12 200x (≈2005–2010) Nessuno Venduta in edicola
DVD IBS / Retail 2010? Nessuno Prezzo ca. 19,95 €
DVD Co‑fanetti collezione Totò (~32 DVD) tardo 2000s Nessuno, stessa versione IBS/Sole 24 Ore Venduti su marketplace

📌 Conclusioni & spunti per collezionisti

  • Non esistono edizioni Blu‑Ray o restaurate né versioni con contenuti speciali (dietro le quinte, interviste, commento audio al luglio del 2025).
  • Tutte le uscite domestiche corrispondono alla versione teatrale con i tagli censori originali (scena del Rosario, scene “sgraziate”).
  • La versione più facile e aggiornata da trovare è il DVD Il Sole 24 Ore, disponibile anche online.
  • Per appassionati di Totò, le edizioni VHS Fabbri e i DVD da collezione (senza extra) rappresentano un pezzo da scaffale nostalgico.

Lo scandalo del Monaco di Monza

Nel 1963, con una nuova legge di censura approvata e funzionante, un filmetto come Il monaco di Monza non fa più tanto scandalo in Ministero; in Curia invece inorridiscono e questo porterà i funzionari a un ripensamento. Il Centro cattolico si scaglia con veemenza contro la pellicola: "Film di pessimo gusto e gravemente offensivo del sentimento religioso. La stupida storiella pare non avere altro obiettivo che sfruttare qualunque pretesto per parodiare la religione e vilipenderne i simboli: dal farsesco e irriverente uso degli abiti e delle cose sacre fino a quello blasfemo delle preghiere, delle formule liturgiche e sacramentali in un contesto di volgarissimi doppi sensi e di battute triviali. È un lavoro veramente disonorevole per la produzione e per coloro che ne consentono la circolazione. Escluso."

"Totò proibito" (Alberto Anile) - Ed. Lundau, 2005


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

Nulla a che vedere con la monaca di manzoniana memoria. Il protagonista è in questo caso un ciabattino che si traveste da monaco per aiutare la sua numerosa famiglia. Trama non particolarmente originale così come la sceneggiatura che sembra a tratti "tirata via". Godibili tuttavia le gag comiche orchestrate da Totò insieme ai suoi bravissimi comprimari mentre la presenza di Celentano è assolutamente inutile e non funzionale alla vicenda.
I gusti di Galbo (Commedia - Drammatico)


Non è una parodia manzoniana, ma un delirante divertissement in cui il finto frate Totò (che fa la parte del leone) in compagnia dell'ottimo Macario si lancia in spassose avventure per salvare una castellana dalle mire del cognato (un altrettanto scoppiettante Taranto). Trama superficiale (con finale tirato via) che serve in realtà da supporto alle gag e ai giochi di parole (alcuni davvero pregevoli ed esilaranti) dei comici. Incongruo l'inserto rock'n'roll di Celentano e Don Backy, che poteva essere sfruttato altrimenti.
I gusti di Pigro (Drammatico - Fantascienza - Musicale)


Manzoni c'entra come il cavolo a merenda, al di là del titolo e della generica ambientazione storica. Qui Totò è un poveraccio travestito da frate, che, contrariamente a Don Abbondio, il matrimonio lo dovrebbe fare, ma ovviamente cerca di rinviare le nozze... Attorniato da buone spalle e da "comparse musicali" curiose per quanto incongrue, Totò deve rimediare con l'inventiva delle battute ad una sceneggiatura assai misera. Fatto non infrequente nei suoi film, ma questa volta l'improvvisazione non riesce a tappare tutti i buchi ed il divertimento è assai sporadico.
I gusti di Daniela (Azione - Fantascienza - Thriller)


Non male. Totò è un buon interprete e tra battute diventate molto famose ("lei è un criptomane!") riesce a dare lustro al film. L'unica critica è che quando il principe non è in scena, il ritmo cala leggermente, ma pazienza. Da vedere sicuramente. Ci sono pure Celentano e Jimmy il fenomeno!
I gusti di Ciavazzaro (Giallo - Horror - Thriller)


Farsa scatenata che si avvale sicuramente delle grandi improvvisazioni del Principe, testimoniate da tutti quelli che lavoravano con lui. Se il duetto con Macario funziona a tratti per la comicità stralunata di ques'ultimo, Nino Taranto è un ottimo perfido che si fa vessare strepitosamente, facendo ridere di gusto. Apparizione cult di Celentanto (frate, un presagio...) e Don Backy.
I gusti di Gugly (Commedia - Horror - Teatro)


Tra i migliori film interpretati dall'indimenticato comico napoletano. Divertente, ben scritto e diretto con mano leggera da Corbucci, ha un fuoco di fila di trovate e di battute davvero esilaranti. Cameo impagabile della coppia Celentano/Backy e grande duetto Totò/Macario. Sempre grande anche Nino Taranto. Buono.
I gusti di Lovejoy (Comico - Horror - Western)


Siamo un po' lontani dai filmoni di Totò, ma il nostro De Curtis riesce sempre a far sganasciare dalle risate con grande improvvisazione ed espressioni facciali, nonché battute geniali nonostante la discutibilità del soggetto. Grazie anche al simpatico Macario nel film si susseguono gag esilaranti (lui vende solo scarpe destre, l'inventario dei mobili da pignorare, il parto....). Da non perdere il trio Celentano-Backy-Jimmy Il Fenomeno. Peccato per le sequenze finali (il finto morto e l'assalto delle suore).
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Lei è fissato con queste cripte, è un criptomane!".
I gusti di Fabbiu (Commedia - Fantascienza - Fantastico)


Uno dei migliori film di Totò di sempre. Lo spunto iniziale si perde in una sceneggiatura poverissima ma la coppia (Macario è il coprotagonista) è in grande forma e riesce a improvvisare dando ritmo e risate a volontà. Divertentissimo anche Taranto nel ruolo del cattivo, simpatici i bravi Furia e Fiorentini e comparsata per Celentano e Don Backy. Un film da vedere e rivedere per apprezzarne a pieno la grande carica comica.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La scena con Taranto finto morto.
I gusti di Rambo90 (Azione - Musicale - Western)


Il principe della risata si traveste da monaco per una farsa ridanciana che lo vede protagonista di alcune simpatiche battute accompagnate dalla sua unica mimica facciale. Lo sviluppo narrativo è abbastanza semplice e si avvale di un simpatico Macario e un prepotente Taranto. Celentano e Backy fanno i frati canterini. Godibile.
I gusti di Nando (Commedia - Horror - Poliziesco)


È un Totò già sul viale del tramonto, e per di più gli si affianca una spalla che con la sua comicità c'entra come i cavoli a merenda: Macario, l'eterno balbuziente, che si limita a fare più da eco che da spalla. Meno male che a salvare il film dal disastro c'è un Nino Taranto in palla, che alla fine risulterà essere il vero mattatore insieme a Totò; poi un Furia discreto ma efficace e una serie di comparsate (Celentano, Don Backy, Dalle Piane, Moira Orfei) vivacizzanti. Sceneggiatura non lasciata al caso, questa volta.
I gusti di Piero68 (Azione - Fantascienza - Poliziesco)


Una storia folle che vede Totò calato nei panni improvvisati di un irriverente e scanzonato monaco cercatore. Sono tanti gli spunti divertenti, alcuni dei quali veramente esilaranti grazie anche a Macario e soprattutto a Nino Taranto, che offre la sua migliore prova come spalla di Totò sfoggiando una classe non indifferente. Purtroppo non regge fino al termine e si perde in un finale abbastanza confusionario.
I gusti di Minitina80 (Comico - Fantastico - Thriller)


Un film che ha la possibilità di usufruire di tre grandi nomi come Totò, Macario e Nino Taranto, ma il risultato è decisamente stiracchiato e si ride con i classici giochi di parole imbastiti più volte nel corso della pellicola. Alcune scene vengono allungate fin troppo e vengo salvate dal mestiere e dall'improvvisazione dei tre. Presenze francamente inutili di Celentano e Don Backy.
I gusti di Gabrius79 (Comico - Commedia - Drammatico)


Forse l'ultimo film di Totò ancora vecchio-stampo, dove "riconosco" ancora il MIO Totò, quello che ho amato e che mi ha (quasi) sempre divertito e rasserenato. Certo, dopo questo, fece ancora qualcosina di carino, come l'episodio de Gli onorevoli (Vota Antonio, vota Antonio!), il cult grottesco Che fine ha fatto Totò Baby? e La mandragola, ma a mio avviso è come se il "mio" Totò in un certo senso si congedasse con questa simpatica parodia, a tutt'oggi spassosa e piacevolissima da vedere. Bravissimi anche Taranto (soprattutto) e Macario.
I gusti di R.f.e. (Avventura - Azione - Erotico)


Molto divertenti gli equivoci e le battute del trio Totò-Taranto-Macario. Il film si rifà a temi romantici gotici, dove il nobile cattivo tiene prigioniera nel suo castello la donna che vuole sposare contro il suo volere e in più c'è la cripta, con gli strumenti di tortura e dove si svolge una delle scene più divertenti del film (quella dei due monaci che vegliano il morto). Ci sono elementi tipici dei film comici come le monache battagliere e una parte musicale con Celentano (molleggiatissimo) e Don Backy.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Grazie maresciallo, grazie" "Ma che maresciallo, so' marchese"!
I gusti di Von Leppe (Giallo - Horror - Thriller)


Commedia in costume con Totò che una volta tanto ha una storia più o meno lineare; anche la sceneggiatura ha un suo senso fino a quando non entra in gioco Taranto che dalla prima scena con Totò rende qualsiasi cosa fosse scritta sul copione assolutamente superflua. Nella parte Macario, spalla dimessa ma efficace, anche perché la sua non napoletanità spesso stimola il Principe a soluzioni meno prevedibili. Ma quando sono in scena i due maggiori improvvisatori del cinema comico italiano per gli altri diventa dura... Finale un po` appiccicato.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Tutti i dialoghi fra Totò e Nino Taranto, in particolare gli sguardi (i due erano grandi amici e lo sono rimasti fino alla morte di Totò).
I gusti di Pessoa (Gangster - Poliziesco - Western)


Piuttosto mediocre questa falsa e fuorviante parodia della Monaca di Monza di Carmine Gallone. Mi pare operazione pensata a tavolino e organizzata in tutta fretta e con i soldi contati; il solito Totò morto di fame si finge monaco... Qui la sua comicità sembra piuttosto irrigidita e leziosa, le trovate comiche sono di bassa lega, i giochi linguistici si dissipano e rasentano la trivialità, la regia grossolana di Corbucci non aiuta, Celentano e Don Backy c’entrano come i cavoli a merenda, la scena delle suore proto femministe non è comica ma ridicola.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il "Don Rodrigo" di Nino Taranto è molto incisivo e il suo aspetto da corvo è veramente lugubre e inquietante, nella scena della veglia del finto morto.
I gusti di Graf (Commedia - Poliziesco - Thriller)


Commedia del principe della risata in ambientazione manzoniana. Poco a che vedere con il racconto "ufficiale", anche se le gag sono comunque divertenti e gli avvenimenti nella cripta del castello hanno, con il dovutl "rispettl", qualcosa di "hammeriano" in termini di atmosfera gotica. Ottima come sempre la spalla di Taranto, ininfluenti Don Backy e Celentano.
I gusti di Jurgen77 (Fantascienza - Guerra - Horror)


Ecco uno dei tanti film in cui Totò si carica sulle spalle la mediocre sceneggiatura e riesce a dare un senso alla pellicola. Le sue gag mascherano l'inconsistenza della storia ma stavolta non bastano per raggiungere la sufficienza. Macario simpatico ma inutile; si segnala la presenza di un giovane Celentano.
I gusti di Mutaforme (Avventura - Fantascienza - Fantastico)


Molto liberamente ispirato ai "Promessi sposi", Totò veste i panni del (finto) monaco di Monza... anche se una monaca di Monza c'è davvero (ed è una bellissima Moira Orfei!). Macario si conferma un'ottima spalla per le (tantissime) battutone improvvisate del Principe De Curtis ma la vera stella del film è sicuramente un superbo Nino Taranto nei panni del perfido Marchese De Lattanzis invaghito della cognata Lisa Gastoni. Tra i "bravi" ricordiamo un Giacomo Furia sovente schiaffeggiato e Fiorenzo Fiorentini. Classicissimo.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La veglia alla salma del Marchese De Lattanzis che ha delle contrazioni nervose...
I gusti di John trent (Commedia - Horror - Thriller)


Tra i titoli che meno mi entusiasmano della corposa filmografia di Totò, sebbene gli ingredienti per un buon lavoro vi siano tutti: una trama (seppur parodistica), un cast di rispetto (Taranto, Macario, la Gastoni, Furia) e tanti giochi di parole divertenti. Tuttavia la recitazione del Principe appare spenta, le gag con Macario non ingranano e quello di Taranto appare essere il personaggio più brillante e riuscito della pellicola. L'apparizione di Celentano è del tutto avulsa. Affascinante la Gastoni, finale mediocre. C'è di meglio.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La litania recitata da Totò e Macario; Il primo incontro tra Totò e Taranto.
I gusti di Smoker85 (Commedia - Drammatico - Fantastico)


Uno dei miei Totò preferiti. Anche perché il film presenta una sceneggiatura talmente esile e piena di buchi che il Principe riesce ad infilarvi lazzi e battute a profusione. Taranto e Macario, poi, non gli sono da meno: i due non reggono solo il ruolo di spalle, ma hanno modo di rubare spesso la scena al protagonista. Lasciati a briglia sciolta dallo sbrigativo Corbucci, i tre comici danno vita ad un’esibizione da avanspettacolo puro. Promozionale la presenza di Celentano e Don Backy.
• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La litania recitata da Totò e Macario usando nomi di attori e attrici: "Tony Curtis" "Ora pro nobis"...
I gusti di Pstarvaggi (Comico - Commedia)


Le incongruenze

    .
  1. In un dialogo con un esattore a Totò viene richiesto il pagamento di non ricordo quanti scudi. Totò risponde di non potere pagare in quanto non era in possesso di una lira!
  2. Quando Totò e la castellana vengo legati ai blocchi di pietra per essere schiacciati, questi blocchi aumentano e diminuiscono la loro velocità a seconda dell'inquadratura, e nei cambi di scena ora sono vicini ora sono lontani
  3. Scena comica con Mario Castellani che va a ritirare un paio di scarpe dal calzolaio Toto' Ma all'atto di provarle non entrano nel piede, allora Toto prende un martello per calzarle meglio ma nel cambio d'inquadratura la scarpa calzata sul piede di Castellani non e' piu' la stessa (e a punta)
  4. Il pancione della marchesa incinta di Don Manuel non si vede mai ne' prima e ne' durante il parto da dove nasce il bebè
  5. Nella scena dove cantano Celentano e Don Backy e vengono interrotti da Totò incavolato, possiamo ascoltare Celentano che parla con la sua voce in presa diretta e si giustifica del fatto che hanno cantato. Quando poi vengono cacciati fuori dalla taverna sentiamo i due parlare tra loro e notiamo che Celentano ha una voce totalmente diversa da quella che aveva nella locanda, evidentemente è stato doppiato in fase di montaggio nelle scene girate senza presa diretta
  6. Poco dopo l'inizio, Totò cerca inutilmente di infilare una scarpa destra al piede sinistro di Castellani. Alla fine della scenetta deve desistere e Castellani, molto infastidito, obietta che Totò è un calzolaio solo di scarpe destre. Totò, altrettanto seccato, ribadisce che il problema è suo ". . . . che c'ha il piede DESTRO al piede SINISTRO". Ma avrebbe dovuto dire il contrario, "che ha il piede SINISTRO al piede DESTRO", visto che è una scarpa DESTRA che non riescono ad infilare (se il piede fosse. . . "DESTRO", la scarpa avrebbe calzato, no?).
.

www.bloopers.it


Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo.

Il monastero della monaca di Monza (ovvero Suor Virginia / Orfei, la sorella di Don Manuel / Totò), alla quale Fra Mamozio (Macario) si rivolge per salvare Fra Pasquale da Casoria (Totò) e la marchesa del Giglio Fiorenza (Gastoni), imprigionati nel suo castello dal tremendo marchese Don Egidio de Lattanziis (Taranto) non si trova a Monza, come vorrebbero farci credere: si tratta, infatti del Casal dei Pazzi, situato in Via Giovanni Zanardini a Roma, presso il quale l'anno successivo Totò girerà diverse scene de Le belle famiglie (1964) (fotogramma più in basso), al quale vi rimandiamo per le dimostrazioni

Il castello vicino Monza (set principale) nel quale il marchese Egidio De Lattanzis (Taranto) tiene rinchiusa la cognata Fiorenza (Gastoni) e presso il quale si presenteranno travestiti da frati Pasquale Cicciacalda (Totò) e il pastore Mamozio (Macario) è in realtà il Castello di Tor Crescenza in Via di Tor Crescenza 1 a Roma, che ritroveremo anche in 2061, Un anno eccezionale. Grazie a Mauro per fotogramma e descrizione.

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Totò e... Sergio Corbucci

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4910


Riferimenti e bibliografie:
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • "Totò: principe clown", Ennio Bìspuri - Guida Editori, 1997
  • "Totò proibito" (Alberto Anile) - Ed. Lundau, 2005
  • Gordiano Lupi - www.infol.it/lupi
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • «Il Nuovo Secolo XIX», 1963
  • Vice, «Il Messaggero», 30 marzo 1963
  • Vice, «Momento Sera», 31 marzo 1963
  • G. Gr., «Corriere della Sera», 6 aprile 1963
  • Onorato Orsini, «La Notte», 6 aprile 1963