Letto a tre piazze

È stata una guerra terribile: granate che scoppiavano a destra, granatine che scoppiavano a sinistra; nella confusione ci uscì pure una mezza gazzosa.

Antonio Di Cosimo

Inizio riprese: aprile 1960, Studi Cinecittà, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 20 luglio 1960 - Incasso lire 458.495.000 - Spettatori 2.676.093


Titolo originale Letto a tre piazze

Paese Italia - Anno 1960 - Durata 105’ - B/N - Audio sonoro - Genere commedia - Regia Steno - Soggetto Lucio Fulci, Bruno Baratti, Vittorio Vighi - Sceneggiatura Alessandro Continenza, Steno, Lucio Fulci, Bruno Baratti, Vittorio Vighi - Fotografia Alvaro Mancori - Montaggio Giuliana Attenni - Musiche Carlo Rustichelli


Totò: Antonio Di Cosimo - Peppino De Filippo: Prof. Peppino Castagnano - Nadia Gray: Amalia - Cristina Gaioni: Prassede, la cameriera - Aroldo Tieri: Avv. Vacchi - Gabriele Tinti: Nino, il fidanzato di Prassede - Angela Luce: la soubrette Janette - Mario Castellani: il preside - Luciano Bonanni: tassista - Riccardo Ferri - Bruno Scipioni: il cameriere - Nico Pepe: il direttore dell'albergo - Cesare Fantoni: Don Ignazio - Paolo Ferrara: il commissario


Letto_a_tre_piazzeSoggetto

Roma, inizio degli anni sessanta. Giuseppe Castagnano, stimato professore di lettere, è felicemente sposato con Amalia da dieci anni e proprio durante i festeggiamenti dell'anniversario riappare Antonio Di Cosimo, il primo marito di Amalia, disperso in Russia durante la guerra e creduto morto da ormai vent'anni. Dopo un tentativo di un'assurda vita coniugale a tre, la situazione fa precipitare il solido rapporto tra Peppino e Amalia: così i due mariti, su consiglio anche di Don Ignazio, parroco di fiducia di Amalia, sono costretti a convincere la donna che la situazione può essere risolta solo se lei effettuerà una scelta in favore di uno dei due.

Comincia pertanto una divertente "sfida" tra i due mariti che cercano di screditarsi a vicenda al fine di convincere Amalia che l'altro marito è un fedifrago e poco di buono. Alla fine Amalia, disperata per i continui litigi tra Antonio e Peppino, decide di andare in crociera alle Isole Canarie con l'avvocato Vacchi, da sempre innamorato di Amalia. Antonio e Peppino cercano di raggiungerla, ma il loro aereo precipita e i due vengono considerati dispersi. Sette anni dopo si ripresentano, vivi e vegeti, il giorno dell'anniversario di matrimonio di Amalia con il suo ex-avvocato e nuovo marito.

Critica e curiosità

Da un soggetto di Lucio Fulci, Bruno Baratti, Vittorio Vighi, il film è ispirato ad un fatto reale accaduto a Napoli, di cui documentiamo in questo articolo. Per tutti gli anni '50 infatti, rientrarono in Italia molti ex militari creduti morti o dispersi, e al loro arrivo nelle agognate case, si trovarono spesso nell’imbarazzante situazione di affrontare il nuovo marito e nuove situazioni delle giovani consorti.

Come molti film di Totò, la censura inizialmente limita la visione del film ai maggiori di anni 16 ma con opportuni tagli di qualche metro di pellicola, ad un'esibizione canora e sexy di Angela Luce, giudicata troppo spinta dalla commissione censura, il divieto viene revocato. Il soggetto affronta anche il delicato tema dell'adulterio (ricordiamo che la Corte Costituzionale affermerà nel 1961 che è lecito punire solo l’adulterio della moglie e non quello del marito) e dovrà fare i conti con le due censure, quella ministeriale e quella cattolica: viene allora inventato un "matrimonio bianco". La donna non aveva comsumato il matrimonio con i due uomini, poichè la milizia fascista aveva arrestato antecedentemente alla prima notte di nozze, Totò "imboscato" sul treno.

Il titolo provvisorio durante la lavorazione del film è "Totò tovarich". Nel film si nota l'interessante novità del "terzo incomodo", Aroldo Tieri nel ruolo dell'avvocato Vacchi che, come i due protagonisti della vicenda, è invaghito della bella Amalia Castagnano. Al Festival del cinema comico e umoristico di Bordighera, nel 1960, il film ha vinto "L'ulivo d'oro". Per la seconda volta dopo il film I tartassati, Steno ripropone il personaggio del prete Don Ignazio interpretato da Cesare Fantoni. Il film è in parte doppiato e in parte in presa diretta. Per questo motivo alcuni personaggi, come quello interpretato da Nadia Gray, hanno in diverse scene voci differenti. Rosetta Calavetta, doppiatrice di Nadia Gray, offre alla protagonista un'eccellente espressività che rende il film un esempio di completa adeguatezza della voce alla mimica.

Il film ha subito pochi tagli in fase di montaggio, infatti Steno lascia campo libero ai due protagonisti, limitando al massimo i suoi interventi lasciando scorrere a ruota libera l'improvvisazione e i lazzi profusi a volontà nel film da Totò e Peppino. Ottimo apporto al film è dato dal personaggio di Nadia Gray e, come detto da Aroldo Tieri.


Così la stampa dell'epoca

Torna a Napoli dopo sedici anni un ex-prigioniero dato per disperso

Ha vissuto in Germania dove era stato internato in un lager

Napoli, 13 gennaio 1959

Nella notte fra sabato e domenica alle 3.30, un uomo ha bussato timidamente a un portone di via Tano: la portinaia appena aperto il portone ha gridato: « Un fantasma! » ed è svenuta. La donna aveva infatti riconosciuto nella « apparizione » l'ex-soldato Umberto Irace di 46 anni che, dopo sedici anni di assenza, è tornato da sua moglie, Concetta Schettini, della stessa sua età, che lo riteneva morto in guerra e percepiva la pensione. Anche la moglie alla vista del «redivivo» è svenuta.

L'uomo è rientrato dalla Germania: è alto, dal volto affilato, si esprime con difficoltà, è agitato, gesticola.

Soldato di artiglieria nell'undicesimo reggimento, Umberto Irace era stato catturato nel settembre del 1943 dai tedeschi. Deportato in Germania, egli lasciava la moglie, che aveva da poco sposata, in stato interessante al terzo mese. E da allora, per sedici anni. non aveva più dato alcuna notizia di sè. Frattanto la donna, per mantenere se e la figlia, si impiegò come domestica sempre sperando che il marito tornasse.

Dalla Germania rientrarono migliaia di prigionieri che erano stati internati nei campi di concentramento tedeschi e la donna si mise in contatto con vari comandi militari e con gli organi del Ministero della Difesa. Lesse i nomi di coloro che facevano ritorno in Italia e di quelli che erano ancora lontani dalla patria. Quello dell’Irace non figurava in nessuno dei due elenchi. La Schettini non disperò di rintracciare suo marito; si rivolse alla Croce Rossa e riuscì anche ad ottenere l’interessamento del Ministero degli Esteri perché venissero fatte eseguire indagini in Germania.

I risultati delle ricerche furono negativi; non fu possibile nemmeno accertarsi in quale Lager fosse stato rinchiuso l'Irace. Le autorità italiane chiusero definitivamente la pratica dell'ex-artigliere che fu dato per disperso. Nel 1949 il Ministero della Difesa, su richiesta della Schettini, redasse per l’Irace un certificato di morte concedendo dal 4 gennaio la pensione di guerra alla vedova. Ma la donna continuò a sperare che il marito fosse caduto nelle mani dei russi e che quindi fosse vivo, ma nell'impossibilità di comunicare con l’Italia.

In realtà l’uomo non era stato deportato dai russi: si trovava nel Lager numero cinque di Vergaten nella Germania occidentale e fu rilasciato quando Berlino cadde sotto il fuoco dei sovietici.

Ma com'è vissuto in questi dici anni di assenza? A questa domanda l'uomo si stringe nelle spalle, agita le mani e fatica a trovare le parole adatte. Alla fine si limita a sillabare che si tratta di motivi personali e si immerge in un ostinato silenzio. Da lui si può sapere soltanto che nel febbraio del 1952 si trasferì a Stoccarda dove ottenne dallo autorità tedesche il passaporto per l'Italia. Perchè non
parti allora e perchè solo ora si è deciso a fare ritorno in patria? La risposta del reduce e tempre la stessa: motivi personali. Della vicenda si stanno ora incaricando le autorità che si sono messe in contatto col Ministero della Difesa.

«Corriere della Sera», 13 gennaio 1959


1958 01 01 Epoca Reduce Russia intro

Dopo soltanto un mese di matrimonio, sedici lunghi anni di penosa attesa. Nicola Silvestro, tornato dalla prigionia in Russia dopo sedici anni, quando ormai tutti lo ritenevano morto, non ha voluto riabbracciare la moglie che ha continuato ad attenderlo fedelmente : gli avevano fatto credere che la donna avesse avuto cinque figli da un altro marito.

Cronaca dell'episodio di cronaca che ha ispirato il film.

Giorgio Salvioni,«Epoca», anno IX, n.379, 5 gennaio 1958


Peppino De Filippo e Totò [...] sono i protagonisti di questo film di Steno, tutto da ridere dal principio alla fine. Il film è sul solito metro di tutti gli altri che hanno Totò e Peppino De Filippo quali protagonisti. Il soggetto è comunque indovinato e si rifà ad un episodio avvenuto proprio qui a Napoli qualche tempo fa.

Vice, «Roma», 1960


Totò e Peppino De Filippo sono sistematicamente adoperati dai produttori del più usuale film comico italiano così come accade alle coppie brillanti nell' avanspettacolo. Buttati allo sbaraglio, senza copione e con molto mestiere, ad arrangiarsi in scena, alla bell'e meglio.[...] Quello che Steno, vecchio praticante del sottocinema comico italiano, ormai non cerca neppure più di simulare. Tanto sa che il pubblico, tollerante, ride in ogni caso. E si diverte, beato lui.

Claudio G. Fava, 1960


Non tutti i film di Bordighera strappano le più matte risate

Totò, di scena nel Letto a tre piazze, è anche il protagonista dell'ultima pellicola, in cartellone.

Bordighera, sabato sera.

Gli spettatori dell'Arena degli Ulivi, dove si svolge da lunedi scorso il Festival comico umoristico che domani sera si conclude, sono in genere dei sedentari. E' difficile che, finito il film, se ne vadano, anche se non sia ancora mezzanotte, a fare le ore piccole a Sanremo o alla Marina di Capo Pino, dove le strtpteases una volta occorreva andare a cercare nel night club di Nizza, ora si spogliano ogni sera anche al di qua del confine. Dopo la proiezione, e le rituali due chiacchiere al caffè, qui si va a dormire, buoni buoni ed economicamente.

Un piccolo esodo, di giornalisti soprattutto, al di là di Ponte San Luigi lo si è avuto, ma non di sera, bensì di pomeriggio è determinato, diciamolo, pure, da motivi professionali. Saputo che a Nizza, in un «cinema d'essai», si proiettava Il film di Roger Vadim, Les ilaisons dangeréuses, per il quale il ministro Malraux non ha concesso il vise d'éxportation, e che quindi non vedremo mai in Italia anche se la nostra censura non lo bocciasse, svariati recensori sono andati, fuori servizio, a rendersi conto dell'esatto valore artistico della discussa pellicola. E, come già a Cannes, ne riportarono una impressione positiva, se pur qualcuno abbia osservato che per una scena, quella della fine, quando Jeanne Moreau è scottata abbondantemente mentre brucia cospargendole di alcool le lettere compromettenti, l'effetto era cosi da ridere che meritava tagliarla dal resto dell'eccellente film e mandarla a Bordighera dove avrebbe divertito forse più, di taluni film comici in cartellone.

Con questa malignità non si intende significare che all'Arena degli Ulivi si rida verde. D'altra parte da certi filmetti, e da taluni registi, non si deve pretendere di più di quel che han dato: Il letto a tre piazze, per esempio, diretto da Steno, è già tanto, secondo noi, che abbia contenuto in limiti di sufficiente onestà mimica e visiva una vicenda dove Totò fa il disperso in Russia che resuscita, e rientra in patria dopo dieci anni di silenzio e trova la moglie (Nadia Gray) sposata ad un altro (Peppino De Filippo), talché la donna si barcamena poi per un bel po' con due mariti, sino a che un incidente li fa fuori entrambi e lei né sposa tranquillamente un terzo (Aroldo Tieri). Si può dire che è deprecabile che attori come i nominati si sprechino in insulsaggini del genere, e basta: l'eventuale discorso criticomoralistico sarà, semmai, da riserbarsi per quando la farsetta, fra non molto, entrerà nel giro normale delle programmazioni.

[...] Stasera e domani i film, entrambi italiani, saranno rispettivamente A noi piace freddo e Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, a proposito dei quali è annunciato l'arrivo dei principali interpreti: Tognazzi, Vianello, Yvonne Furneaux, per il primo, e per l'altro la principale attrice, la tedeschina Christine Kaufmann. Poiché sono già qui Peppino De Filippo, Jàcqueline Plessis, Leonora Ruffo, Lidia Martora, non si può dire che gli attori siano stati del tutto sordi all'invito degli organizzatori.

Achille Valdata, «Stampa Sera», 6-7 agosto 1960


Si è concluso a Bordighera il V Festival del film comico

L'umorismo è apparso quest'anno un po' in ribasso - I film italiani programmati sono stati «Letto a tre piazze», «A noi piace freddo» e «Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi». Gli «ulivi d'oro» a Renato Rascel, a Tognazzi e Vianello, Marisa Merlini e Peppino De Filippo

Bordighera, 7 agosto

— A che servono i ponti?
— Forse da ombrello per i pesci...

Questa battuta dell’ultima pellicola di Jerry Lewis rende più o meno il tono del V Festival Internazionale del Film comico umoristico che si è chiuso oggi a Bordighera dopo sette giorni di proiezioni, nel quadro delle tradizionali manifestazioni estive della cittadina ligure. Un Festival in cui, per la verità, le risate non sono state nè moltissime né scroscianti: tuttavia un Festival affabile, gradevole, sorridente, direi quasi familiare: che alla qualità dei film hanno supplito la tradizionale ospitalità bordigotta. La buona organizzazione curata da Umberto Rancati, le belle giornate di sole, le fresche serate trascorse all’Arena degli Ulivi.

Bordighera ha fatto bene a darsi un Festival cosi specializzato. Esso è assai diverso dallo pletora di analoghe iniziative fiorenti in tutti i centri turistici, termali e balneari d'Italia, il cui continuo moltiplicarsi sta creando nel pubblico un senso di sfiducia e di noia. La manifestazione bordigotta è tutt'altro che inutile, tanto è vero che essa si svolge sotto l’alto patronato della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Si tratta, ogni anno, di fare il punto sull'umorismo cinematografico internazionale. E non è colpa della città ospite se tale umorismo quest’anno è apparso un poco in ribasso, se le commediole hanno predominato sulle commedie autentiche, se le trovate si sono spesso ridotte al rango di semplici freddure.

Ciò è stato evidente nei tre film italiani in programma: «Letto a tre piazze» di Steno, «A noi piace freddo» anche di Steno, «Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi» di Mario Mattioli. Quest’ultimo ha tentato la corda lirica, senza per altro farla vibrare in modo originale e ci ha narrato la storia di due giovanissimi (Geronimo Meynier e Christine Kaufmann) che con la complicità delle madri (Franca Marzi e Rina Morelli) riescono a vincere l’opposizione alle nozze dei padri troppo litigiosi (appunto Totò e Aldo Fabrizi). Steno ha cercato, si, la via della satira, presentandoci nel primo film il caso di un reduce (ancora Totò) che trova la sua bella moglie (Nadia Gray) ormai felicemente sposata a un altro uomo (Peppino De Filippo) e nel secondo riportandoci all’epoca dell'occupazione tedesca per annodarvi un intrigo a base di colonnelli SS. (Francis Blanche) alle prese con agenti segreti più o meno autentici (Ugo Tognazzi). Ma la satira troppo spesso ha ceduto alla farsa nuda e cruda, sicché il tono delle due pellicole non e stato quello che gli spunti avrebbero potuto suggerire. Dei film stranieri il migliore è stato unanimemente giudicato quello francese di Jean Delannov. «Il barone», tratto da un noto romanzo di Georges Simenon. Vi si narra di un simpatico e irrequieto frequentatore del Casinò di Deauville alle prese con una ormai cronica indigenza e con i primi avvilimenti della vecchiaia. Film garbatamente umano, che si avvale di un’ugualmente umana interpretazione di Jean Gabin ben coadiuvato da Micheline Presie. Esso non ha ricevuto il primo premio della manifestazione solo perchè, saggiamente, il Festival di Bordighera non assegna premi ma solo diplomi di partecipazione ed evita in tal modo di contribuire alla pericola inflazione di coppe e copette in corso da qualche tempo.

Assai deludenti, viceversa, i due film inglesi: «Guerra fredda e pace calda» e «Nudi alla meta». L'aureo filone dell'umorismo in punta di penna, sempre a cavallo tra realtà e fantasia, unente una osservazione minuziosa dell'anima umana con un pizzico di gradevolissimo surrealismo, sembra ormai andato perduto nelle già fertili terre d’oltre Manica. Un motivo di tale decadenza e che i nuovi campioni della risata, tipo Peter Sellers, sono ben lungi dalle raffinate e originali vette del loro predecessore e prototipo Alee Guinness mentre si afferma sempre più un tipo di comicità piuttosto plebea, rappresentata ad esempio dall'istrionico Terry Thomas. Ma la decadenza, bisogna dirlo, si manifesta attualmente solo nel cinema e non nelle tradizionali attività umoristiche britanniche; tanto è vero che al Salone dell’Umorismo, altra branca delle intelligenti iniziative estive bordigotte, è proprio una serie di vignette del «Punch», la nota rivista londinese, ad attirare i massimi consensi e i più divertiti sorrisi dei visitatori.

Resta cosi da parlare soltanto del film di Jerry Lewis da cui ho tratto la battuta iniziale. Si chiama «Un marziano sulla terra» ed è ricavato da una commedia di Gore Vidal che trionfò a Broadway per circa un paio di anni: «Visita ad un piccolo pianeta». Il piccolo pianeta è appunto il nostro e quel turbolento visitatore extra terrestre rischia di portarvi il massimo scompiglio con i suoi stravaganti poteri sovrannaturali. Solo che al di sopra di lui ci sono autorità ben decise a tenerlo a freno, poiché si tratta di un noto scavezzacollo interplanetario. E alla fine l'importuno visitatore fa la figura dei pifferi di montagna che andarono per suonare e furono suonati, sicché la terra, o almeno l’angolo di Georgia in cui egli è sceso, può riprendere le proprie vecchie abitudini. Il tutto non è tra le migliori pellicole dello smorfioso e simpatico Jerry nè le trovate vi si moltiplicano con ritmo costante; ma gli episodi gustosi non mancano, le caratterizzazioni dei vari personaggi sono esatte, un paio di animali parlanti aggiungono gradevoli effetti di contorno. E i film, se non altro, è servito a popolare Bordighera di tanti Jerry Lewis di cartone i quali, ritti in tutti gli angoli della città, hanno sfidato impavidi anche l’unico, ma violento temporale della settimana, che ha costretto il film americano ad essere proiettato di pomeriggio al chiuso anziché di sera all'aperto.

Non sono stati attribuiti premi ai film, come abbiamo detto. Ma le autorità di Bordighera, come è loro consuetudine, hanno voluto dare quattro «ulivi d’oro» ad altrettanti attori italiani che si sono particolarmente distinti durante l’anno nel campo della commedia cinematografica. Uno di essi, Renato Rascel, non potendo restare in Riviera sino alla fine del Festival, aveva ricevuto il ramoscello di ulivo martedì scorso. Stasera, tuttavia non è salito sul palcoscenico dell’Arena degli Ulivi un trio, bensì un quartetto, dato che uno dei premi è stato diviso ex aequo da Ugo Tognazzi e dal suo partner Raimondo Vianello. Gli altri due premiati erano Peppino De Filippo e Marisa Merlini, sempre aggressivamente e cordialmente simpatica. Tra gli applausi che hanno accompagnato la piccola premiazione c’erano anche quelli dei colleghi Christine Kaufmann, Lidia Martora, Yvonne Fourneaux, Eleonora Ruffo, Mara Dani, Francis Bianche, Alberto Talegalli, i quali poco più tardi si sono ritrovati ad un dinner di gala i cui brindisi hanno avuto come auguroso tema obbligato: arrivederci tra un anno a Bordighera.

Guglielmo Biraghi, «Il Messaggero», 8 agosto 1960


Nadia Gray divisa tra due uomini: il secondo marito. Peppino De Filippo, e il primo, Totò, reduce da una lunga prigionia in Russia, dove tutti lo avevano creduto morto.[...]«Letto a tre piazze» del regista Steno, film impostato in massima parte sulla vis comica dei due attori napoletani: e, anche se non destate da situazioni originalissime, le risate non mancano. Accanto a Totò e Peppino, una Nadia Gray che si adatta piacevolmente al suo personaggio, un Aroldo Tieri non più nei panni del «geloso» ma addirittura in quelli di un «conquistatore» e, in una particina di contorno, Cristina Gaioni.

Arturo Lanocita, «Corriere della Sera», 10 settembre 1960


Totò torna dalla Russia dopo vent'anni. E trova la moglie sposata con Peppino. La situazione è ambigua e grottesca. Una donna con due mariti. La poveretta non sa decidersi. Si prende un esaurimento nervoso e se ne va alle Canarie. I mariti l'inseguono in aereo ma l’aereo cade e i poveracci tornano sette anni dopo, giusto in tempo per assistere alle terze nozze della moglie. Totò e Peppino cercano di vivacizzare la trama stenta ma non sempre ci riescono. Il film, quando la trovata iniziale s’è spenta, ristagna, diventa noioso.

«Corriere dell'Informazione», 10 settembre 1960


Dopo tanti film comici importati sulle difficoltà di binare un matrimonio, stavolta Totò e Peppino De Filippo si scontrano par la ragione opposta. C'è infatti un matrimonio di troppo nella vita coniugale di Amalia, la moglie contesa da due manti: il secondo, in carica, e iI primo che ritorna dalla prigionia dopo essere stato dato par disperso. Nessuno si dà per vinto ad ha così inizio uno strano quanto spassoso menage a tra che finisce però per infastidire la balla contesa. Stanca per i continui litigi. Amelia accetta la corte di un suo vecchio spasimante e parte par una crociera. I due mariti si gettano all'inseguimento ma scompaiono in seguito a un incidente aereo. Ricompariranno però sette anni dopo giusto par guastare agli sposi il pranzo del loro anniversario.

Vicenda, dunque, da farsa facile e banale, sostenuta del tutto dalla prestigiosa presenza dei due collaudati beniamini dal pubblico e di Nadia Gray affiancati da Aroldo Tieri e Cristina Gajoni. Ha diretto Steno

«Il Tempo», 12 settembre 1960


Il binomio Totò - Peppino De Filippo costituisce per le platee un facile richiamo, spesso giustificato. Tuttavia i due simpatici comici non riescono sempre a colmare le lacune di certi soggetti, imbastiti alla buona come questo di Letto a tre piazze: storia di un reduce creduto morto che, tornato dalla prigionia dopo vent'anni, si trova alle prese con secondo marito della moglie. I due rivali, arbitro un intraprendente avvocato (Aroldo Tieri) si contendono la dolce metà dando vita ad una serie di situazioni più grottesche che comiche, il cui epilogo a sorpresa è già scontato dopo il primo tempo.

Accanto a Totò e Peppino Da Filippo, una simpatica e spigliata Nadia Gray bigama suo malgrado; volenterosi la Gaioni e il Tinti rispettivamente nei ruoli di una domestica a di un sospettoso fidanzato. In tono minore la regia di Steno.

«Il Messaggero», 12 settembre 1960


Ecco una nuova razione di ameni litigi tra Peppino De Filippo e Totò nel filmetto di Steno, Letto a tre piazze. Il quale letto ha ironico riferimento al caso della signora Amalia (Nadia Gray), bigama senza sua responsabilità perché, sposato in seconde nozze un professor Peppino dopo che le era stato comunicato il decesso del primo marito in Russia, si vede poi arrivare in casa il coniuge numero uno: il quale, durante la guerra nella steppa non era morto come si riteneva, ma soltanto disperso.

Questo consorte redivivo è Totò; data la situazione, e tenuti presenti i personaggi e gli attori, si può facilmente intuire in qua! modo la farsetta si evolve. Forse non era il caso di scherzare, e con siffatta banalità e pesantezza, su un argomento dal fondo per molti doloroso, come è quello del dispersi dell'Urss, ma tant'è: il regista Steno ha creduto evidentemente di non offendere nessuno, però ad evitare che il tema potesse determinare qualche perplessità, occorrevano nello svolgimento un tocco e un gusto che viceversa mancano tanto nella regia che nella sceneggiatura. Tuttavia i protagonisti (al quali va aggiunto Aroldo Tieri) tengono su la baracca col loro estro e il loro mestiere.

l.p. (Leo Pestelli), «La Stampa», 23 settembre 1960

 


La censura

1960 Letto a tre piazze intro

Come molti film di Totò, la censura inizialmente limita la visione del film ai maggiori di anni 16 per "espressioni verbali non adatte ai minori". Viene accolto l'appello e la scena della danza del ventre di Angela Luce, considerata offensiva del pudore e della morale, viene eliminata quindi il divieto viene revocato. Il soggetto affronta anche il delicato tema dell'adulterio (ricordiamo che la Corte Costituzionale affermerà nel 1961 che è lecito punire solo l’adulterio della moglie e non quello del marito) e dovrà fare i conti con le due censure, quella ministeriale e quella cattolica: viene allora inventato un "matrimonio bianco". La donna non aveva consumato il matrimonio con i due uomini, poichè la milizia fascista aveva arrestato antecedentemente alla prima notte di nozze, Totò "imboscato" sul treno.

1960 Letto a tre piazze 1Documenti censura del film Letto a tre piazze, 1960 - Fascicolo - Direzione Generale Cinema

1960 Letto a tre piazze 2Documenti censura del film Letto a tre piazze, 1960 - Presentazione - Direzione Generale Cinema


I documenti


Dopo I due musicarelli, I ragazzi del Juke Box e Urlatori alla sbarra, Fulci era tornato al suo “primo amore”, cioè Totò, che aveva seguito, come aiuto regista di Steno, fin dall'inizio della sua carriera e che aveva (brillantemente) diretto nel suo film d’esordio I ladri. Perciò, all'inizio del 1960, scrisse sia il soggetto sia la sceneggiatura di Letto a tre piazze insieme all'amico Vittorio Vighi calibrando la storia in modo tale da esaltare le innumerevoli potenzialità comiche dell'attore napoletano.
Per Fulci essere scritturato dalla (allora) potente Cineriz rappresentava un bel salto di carriera, significava entrare nell'ambiente cinematografico che davvero contava e la possibilità di girare film di ben altro spessore produttivo ed artistico. E poi un cachet di 4 milioni finora non l’aveva mai percepito. Magli lo invitò a ripassare esattamente tra dieci giorni per la firma del contratto. Fulci, dieci giorni dopo si presentò puntuale all'appuntamento ma dovette subire una cocentissima delusione: Magli gli disse esplicitamente che non sarebbe stato il regista del film perché Totò in persona aveva messo su di lui un veto irrevocabile ma senza esporne i motivi; Fulci, caduto letteralmente dalle nuvole tentò di telefonare a Totò, di rintracciarlo in ogni modo per chiedere chiarimenti ma il comico napoletano si negò sempre e comunque.
Fulci, orgoglioso com'era, allora lasciò correre e accettò, obtorto collo, di farsi da parte. Magli, di conseguenza, chiamò alla regia di Letto a tre piazze Steno che girò il film cambiando notevolmente la sceneggiatura scritta da Fulci e Vighi. L’improvvisa e traumatica rottura con Totò e l’ormai dichiarata separazione da Steno, dal “clan” del quale Fulci era uscito definitivamente, inauguravano l’inizio di un periodo difficile per il regista romano che, perdendo in modo imprevedibile due punti di riferimento umano e professionale, dovette indirizzarsi per necessità più che per scelta (e la sua famiglia, nel frattempo, si ingrandì con la nascita, il 7 agosto 1960, della figlia Antonella) verso la mai abbandonata attività di sceneggiatore. Fu il grande attore Mario Carotenuto a favorire due anni dopo, in veste di produttore, il ritorno di Fulci alla regia con il film Colpo gobbo all'italiana.
Albiero e Cacciatore

Cosa ne pensa il pubblico...


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I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Deludente Totò & Peppino che, dopo una discreta partenza, ripete in maniera sistematica i continui e interminabili battibecchi fra i due protagonisti maschili, i cui personaggi non riescono a risultare simpatici. La vicenda si avvita su sé stessa e, sorprendentemente, il film respira proprio quando intervengono interpreti terzi (Tieri, Castellani eccetera), rubando spazio ai due grossi nomi. Si arriva in fondo con fatica. Bella la Gray, deliziosa la Gajoni.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò, che apparteneva alla Gran Loggia d'Italia, vede una grande pietra e la chiama ripetutamente "Massone".

  • Tra i migliori film interpretati dalla coppia Totò-De Filippo, ottimamente diretti da Steno. La storia dello strano ménage à trois con i due uomini che si contendono le grazie (e il letto) della consorte, dà modo ai due comici di scatenarsi in un repertorio comico travolgente venato da umorismo nero. La sceneggiatura non è impeccabile, ma gli interpreti compensano con grande bravura. Bravi i caratteristi (tra cui Aroldo Tieri).

  • Reduce dalla campagna di Russia ritorna a casa dopo 15 anni ma trova la moglie che si è risposata. Una storia, ispirata alla cronaca, che sarebbe piaciuta a Pirandello e che nelle mani di Totò e Peppino diventa un farsa surreale. Purtroppo lo spunto è buono ma la sceneggiatura è esile, in totale stallo narrativo, praticamente ripetitiva per tutta la durata del film. E pure la regia è fiduciosa nelle capacità dei protagonisti, che però si trovano a sorreggere il quasi nulla.

  • I bisticci tra il reduce dalla Russia Totò e il serioso professore Peppino De Filippo per contendersi la bigama suo malgrado Nadia Gray puntellano una commedia che esaurisce tosto l'iniziale effervescenza, facendosi sempre più fiacca sino a stancare del tutto; e a dire il vero i due illustri comici sono ben al di sotto dei loro livelli abituali. Tra i pochi volti di contorno, un cenno per l'aspirante "tertius gaudens" Aroldo Tieri.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò reduce dalla Russia che non può dormire senza il ritratto di Stalin alla parete; "Signor presbite"; "perizia callifuga".

  • Uno dei miei favoriti di Totò. Nulla è fuori posto in questa pellicola, dalla coppia Totò-De Filippo al loro meglio alla Gray, alla sceneggiatura (con ottime trovate come il ritorno di Totò, la convivenza forzata a letto tra i due mariti, il finale). Se poi consideriamo che nella sceneggiatura c'è lo zampino del buon Fulci allora si capisce il perché della qualità del film.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il sogno biblico di Totò.

  • Divertente commedia ben scritta e diretta con buona lena dal grande Steno. Due o tre gag, specie nella prima parte, funzionano e i personaggi sono ben delineati. Una volta di più memorabili i due protagonisti, gli scatenati Totò e De Filippo. Ottimi anche Tieri, la Gray e il solito Castellani. Da riscoprire.

  • Questa volta i due ci fanno ridere su quello che è un facile caso giuridico riportato negli esempi del titolo di famiglia, l'ironia degli art 60-68 cc e l'istituto del matrimonio canonico, con una storia semplice che i due interpretano a tal punto da farla altamente comica, negli sfrenati battibecchi con le espressioni e mimiche di uno splendido Totò. Le belle gag ci sono (il sogno di Salomone, la scuola...). Le battute non stancano, il film non ha età, è uno di quelli che a distanza di quasi cinquant'anni risultano ancora freschi.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: I due che dormono nello stesso letto.

  • Uno dei migliori prodotti della coppia Totò-Peppino De Filippo, firmato Steno. Forse qui più che in altri film i due non hanno avuto bisogno della sceneggiatura, perché si nota come improvvisino le battute. Da citare c'è anche il bravo Aroldo Tieri.

  • Divertente film con l'inimitabile coppia Totò e Peppino. La sceneggiatura è più scarna che in altre occasioni, ma lo spunto iniziale basta comunque ai due per strappare molte risate. Bravo anche Aroldo Tieri nel ruolo dell'avvocato carogna e non male anche Nadia Gray. Un po' di cedimenti nella seconda parte, ma sicuramente un film molto godibile.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò che cammina sul letto.

  • Un fatto reale che diventa surreale sotto le mani di Steno e Lucio Fulci (fra gli altri) e che il duo Totò e Peppino De Filippo trasforma in una baraonda comica che sfrutta le assurdità del caso per dar modo ai due di poter sfoderare tutte le loro doti. Nonostante i buoni inserimenti di Aroldo Tieri e, in maniera più defilata, di Cristina Gajoni, per spezzare i furiosi battibecchi dei due comici la ripetitività dell'argomento si fa sentire negativamente. Il finale, non così scontato, fa riprendere energia e terminare in bellezza.

  • Nonostante sia considerato un film minore in realtà è uno dei pochi della coppia Totò e Peppino, che abbia una sceneggiatura che si discosta da quelle abituali, proponendo una quanto mai strana unione a tre. Ma la vera novità è che il rapporto tra i due attori non è più quello di mattatore e spalla: Totò carnefice e Peppino vittima indefessa di tutte le sue angherie. Questa volta i due se la giocano alla pari e in qualche scena è addiritura Peppino a diventare carnefice (cosa che giova non poco). Come al solito grandissimi Castellani e Tieri.

  • Divertente commedia che vede Totò e Peppino l’uno contro l’altro a causa di una moglie contesa. I due mettono in mostra tutto il loro carisma e talento, visibile soprattutto nella capacità di improvvisazione. La prima parte è la migliore, poi purtroppo il film inizia ad arrancare e si trascina stancamente verso la fine a causa delle situazioni che si ripetono uguali e della sceneggiatura monocorde e poverissima. Ci si diverte solo quando i due comici sono in scena, ma vale la pena vederlo.

  • Totò e Peppino diretti da Steno divertono, ma convincono meno del previsto in questa commedia tutto sommato simpatica. Merito della discreta riuscita va anche a un bravissimo Aroldo Tieri e alla bella Nadia Gray. Le gag funzionano a fasi alterne e nella seconda parte la noia si fa sentire.

  • Vivace commedia di Steno nobilitata dal lavoro oscuro di futuri protagonisti del cinema italiano (Fulci, Laurenti). Gli scambi fra Totò e Peppino garantiscono comunque risate in abbondanza, nonostante la sceneggiatura lasci un po' troppo al caso. Bene anche Tieri e la Gray, che non si limita a fare la bella statuina. Forse la parte centrale è un po' lenta, ma il finale è da antologia. Steno mantiene la giusta misura in regia e spesso lascia saggiamente fare. Un film davvero divertente che merita sicuramente di essere visto.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò che parla col cinese; La scena dell'aereo tutta; Il finale.

  • Difficilmente si sbaglia con la coppia Totò/De Filippo. In questo film Steno ci regala situazioni divertenti e risate assicurate. I due attori si confermano mattatori anche quando la sceneggiatura non è particolarmente minuziosa. Forse senza un puntiglioso "canovaccio" ci si espone maggiormente a cadute, ma nel caso dei nostri fuoriclasse il tutto non può essere che un valore aggiunto. Un plauso va a tutto il cast.

  • Il Totò-Peppino che preferisco. Non solo una vera bomba atomica comica dalla forza devastatrice ma uno dei film più divertenti della storia del cinema. Per funzionare, un film comico deve disporre di due personaggi che siano in continuo conflitto, vuoi di caratteri vuoi di interessi; ma qui sono addirittura in aperta e totale ostilità perché entrambi mariti legittimi della stessa donna. E, se i mariti si chiamano Totò e Peppino, al meglio della loro forma, la baraonda burattinesca è assicurata, il divertimento all’ennesima potenza garantito. Imperdibile!• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il lento ma inesorabile accumularsi dell’attesa comica nei primi dieci minuti del film: una deliziosa sottigliezza della sceneggiatura.

  • Tra i due litiganti il terzo gode. È questo il sunto di questa commedia grottesca che vede protagonisti i rivali in amore Totò e Peppino. Il film è un continuo duello tra i due, a suon di battute. Ne gode lo spettatore, che non si annoia mai, fino all'ultima esilarante scena...

Le incongruenze

  1. Quando Totò suona una campanella in classe, la poggia sul lato destro della cattedra ma alcune scene dopo compare sul lato sinistro senza che nessuno la tocchi
  2. Quando Totò e Peppino sono in montagna si vede benissimo che la neve è finta formata da palline di polistirolo.
  3. Dall'iniziale Antonio DI Cosimo, Totò diventa ben presto Antonio LO Cosimo!
  4. Nella scena in montagna, con Toto', Peppino e Nadia Gray, Toto' ha al collo una macchina fotografica biottica nella sua custodia. Qualche sequenza dopo il coperchio della custodia non c'è più...
  5. Quando Toto' e Peppino dormono insieme , Toto' sposta un quadro e lo da' a Peppino che lo mette a lato del letto , ma dopo il sogno (di Salomone), il quadro non c'e' piu'
  6. Quando vengono mostrati i titoli di giornale che annunciano l'incidente occorso all'aereo sul quale viaggiavano Totò e Peppino è possibile notare che i titoli non coincidono con i contenuti degli articoli sottostanti, che riguardano partite di calcio.
  7. Verso la fine del film, Totò e Peppino stanno nell'aereo. Totò si sente male, ha bisogno di vomitare e chiede a Peppino un po' di bicarbonato, e Peppino gli consiglia di chiamare la hostess per farselo dare. Ma quando la hostess arriva, improvvisamente Totò si sente bene e si lamenta per un altro motivo: secondo lui l'aereo è troppo lento.

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Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo.
Il palazzo dove abitano Amalia (Gray) e il suo secondo marito Peppino Castagnano (De Filippo) e nel quale si troveranno a coabitare con il precedente consorte Antonio Di Cosimo (Totò), erroneamente dato per morto quasi vent’anni prima in Russia e improvvisamente ritornato a casa si trova in Via Crescenzio 12 a Roma. Nella sequenza d’apertura del film vediamo De Filippo parcheggiare davanti all’ingresso (alle spalle della macchina da presa).

ed entrare nell’edificio, posto all’angolo con Via Virgilio.

Villa La Quiete, la casa di riposo nella quale viene ricoverata Amalia (Gray), vittima di un esaurimento nervoso a causa della difficile convivenza con i suoi due “pretendenti” mariti, è in realtà la palazzina che ospitava la direzione dei Cinecittà Studios, in Via Tuscolana 1055 a Roma.

La piazza dove Amalia (Gray), stufa dei litigi dei suoi due “pretendenti” mariti, propone all’avvocato Vacchi (Tieri) di andare a stare da lui è Piazza di Campitelli a Roma, che vedremo anche l'anno successivo in Una vita difficile

La pensione Mimosa presso la quale Peppino Castagnano (De Filippo) e Antonio Di Cosimo (Totò), tentano di screditarsi l’un con l’altro agli occhi della comune moglie Amalia (Gray) si trova in Via Giovanni Nicotera 31 bis a Roma. In questo primo fotogramma ci troviamo all'esterno della palazzina che ospita la pensione, il cui ingresso è sulla destra, fuori campo.

Totò fa capolino dall'ingresso, le cui ante sono le stesse di cinquant'anni fa

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Riferimenti e bibliografie:

  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Al diavolo la celebrità. Steno dal Marc’Aurelio alla televisione: 50 anni di cinema e spettacolo in Italia" (Bruno Ventavoli) - Torino, Lindau, 1999
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • “Sul set era lui a comandare”, Elisabetta Rasy, Steno e Monicelli, “Paese Sera”, 18 marzo 1973
  • “Il terrorista dei generi. Tutto il cinema di Lucio Fulci” di Albiero e Cacciatore - Un mondoaparte editore ed. 2004. Pag. 45, nota n.11 pag. 388
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
  • Documenti censura Ministero dello Spettacolo - cinecensura.com

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