Signori si nasce
Barone Ottone Degli Ulivi
Inizio riprese: gennaio 1960, Stabilimenti INCIR - De Paolis, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 5 aprile 1960 - Incasso lire 359.918.000 - Spettatori 2.100.730
Titolo originale Signori si nasce
Paese Italia - Anno 1960 - Durata 96’ - B/N - Audio sonoro - Genere comico - Regia Mario Mattoli - Soggetto Dino Falconi e Luigi Motta - Sceneggiatura Castellano e Pipolo, Edoardo Anton - Produttore Isidoro Broggi, Renato Libassi - Casa diproduzione Manenti Film - Fotografia Alvaro Mancori - Musiche Gianni Ferrio
Totò: Ottone degli Ulivi detto Zazà - Peppino De Filippo: Pio degli Ulivi - Delia Scala: Patrizia, la soubrette - Riccardo Garrone: Enzo, il suo fidanzato - Carlo Croccolo: Battista Signori - Lidia Martora: Maria Luisa - Angela Luce: Fedele - Luigi Pavese: cavalier Bernasconi - Liana Orfei: Titì Monteur - Nando Angelini: il tenore - Nico Pepe: Binotti l'impresario - Dori Dorika: Adelina Maniglia - Nino Milano: il cameriere - Ughetto Bertucci: il portiere del teatro - Aldo Pini: il costumista teatrale - Piero Pastore: un operaio teatrale - Salvo Libassi: il monsignore - Renato Malavasi: il sacerdote che prova l'abito - Gino Buzzanca: il maresciallo dei carabinieri - Vera Nandi: la moglie di Battista - Leopoldo Valentini: il secondino del carcere - Edy Biagetti: il portiere della pensione - Walter Grant: il colonnello del circolo - Mario Meniconi: il fioraio - Attilio Torelli: il socio del circolo
Soggetto
Il barone Ottone Spinelli degli Ulivi, detto Zazà (Totò) , nonostante la sua nobile discendenza, è sempre al verde, a causa di una vita dissoluta passata dietro le quinte dei teatri a corteggiare le soubrettes. Nonostante l'indigenza economica, l'uomo continua a intrattenere una vita da nobile, vivendo in un albergo e servito dal fedele (e mai pagato) Battista (Carlo Croccolo). Incalzato da un creditore insoluto, tale Bernasconi (Luigi Pavese), viene denunciato perché ha falsificato la garanzia su una cambiale in scadenza e ovviamente scoperta. Messo alle strette, Zazà decide con riluttanza di accettare il consiglio di Battista, ossia chiedere un prestito al fratello Pio Degli Ulivi (Peppino De Filippo), titolare di una sartoria frequentata principalmente da prelati e suore. Tra i due fratelli non corre buon sangue a causa dello stile di vita di Zazà, ritenuto immorale da Pio, uomo timorato di Dio, dedito al lavoro ed alla carità. Presentatosi a casa del fratello, Zazà viene scacciato e, per dispetto, fa credere al fratello di volersi suicidare. Rientrato in casa, riceve l'inaspettata visita della bella e spregiudicata soubrette Patrizia (Delia Scala) , che finge di sedurlo allo scopo di dimostrargli il suo talento recitativo e quindi chiederli di farle ottenere la parte in una Rivista. Zazà spiega alla ragazza che lo spettacolo era stato abbandonato dal produttore ma, nel mezzo della discussione, arriva Pio, spaventato dalle minacce suicide del fratello. Per spillare quattrini a Pio per la cambiale e per rilevare la Rivista, Zazà decide di far credere al fratello che Patrizia è sua figlia. Valutata la situazione, Pio decide di invitare fratello, presunta nipote e presunto fidanzato di Patrizia (ossia Battista) a casa sua. Durante la permanenza a casa del fratello, Zazà si traveste da sacerdote per ingannare Bernasconi facendogli credere di essere fratello gemello del vero debitore per ottenere un rinvio del pagamento. Successivamente nascono una serie di equivoci, durante i quali Pio si convice a torto di essere padre di Patrizia ed arriva a travestirsi da sacerdote, venendo smascherato e abbandonato dai suoi clienti. Alla fine, Zazà riuscirà a sanare la cambiale e costringerà il fratello a finanziare lo spettacolo teatrale, con Patrizia finalmente primadonna.
Critica e curiosità
Il titolo provvisorio del film è "Paparino", dalla commedia di Dino Falconi e Luigi Motta del 1948 da cui è tratta la sceneggiatura del film, coprodotto da Manenti Film e DDL. Del cast fanno parte la giovane Delia Scala, reduce dai recenti successi televisivi di Canzonissima, Lidia Martora compagna di vita di Peppino De Filippo e Angela Luce (l'intervista a cura di Alberto Anile più in basso, nella sezione "documenti"), protagonista involontaria della scena del bacio sul seno da parte del barone Zazà (Totò), il quale successivamente affermò: «Angela è talmente bella - disse - che mi è venuto naturale, spontaneo...»
La commissione censura ebbe difficoltà a concedere il nulla osta in quanto le scene "ecclesiastiche" di Totò e Peppino turbarono i membri clericali della commissione; alla fine prevalse il buon senso e fortunatamente le riprese furono lasciate invariate.
Nel film viene menzionato l'on. Giolitti dal momento che Peppino legge in un articolo del Messaggero: "L'onorevole Giolitti dichiara alla Camera che con i nuovi stanziamenti non ci saranno più alluvioni nel Polesine". Nel prologo iniziale la voce narrante dice testualmente: "Siamo nell'anno della Grande Esposizione Universale", circostanza ripresa nel corso della trama da una guardia carceraria che annuncia l'inaugurazione dell'Esposizione.
Il film è stato girato in Campania e precisamente presso il centro di Grottaminarda in provincia di Avellino dove nel centro sorge la Piazza Intitolata al principe della risata e dove è possibile ammirare il bassorilievo dello stesso scolpito sulle pareti della scalinata della piazza stessa.
I documenti
Ho passato due mesi di lavorazione stupenda con un uomo eccezionale, Totò era un uomo molto serio, molto galante, una galanteria diversa da quella di Eduardo, che era interessata, mentre la sua era una galanteria proprio da signore. Io ero un fiorellino, a quell'età tutti lo si è, ed ero sempre in guépière. Mi guardava, per quel poco che vedeva, ma era piacevole essere guardata così, perché c'era pulizia nel suo sguardo. Seppi che era anche venuto a teatro riuscendo a intravedere il mio personaggio non ricordo se in Giove in doppiopetto o in quale altro spettacolo. E allora durante la lavorazione del film gli chiesi una foto per ricordo, per tenerla fra quella di Charlot e le altre che mi accompagnano. Me la diede e ci scrisse sopra: "Che peccato, facevo il mestiere per cui lei è nata, mi sarebbe tanto piaciuto lavorare con lei anche sul palcoscenico". La conservo ancora.
Delia Scala
Io facevo una cafoncella, una contadinotta per la prima volta in città, che era venuta a servizio. 'Allora Angela, proviamo’, mi dice Totò. ‘Tu fai ‘Condoglianze signò e fai un inchino’. Il regista: 'Allora, giriamo? Giriamo!’. Totò arriva e fa una scena madre, io guardo tutti, mi compenetro nella situazione e partecipo al dolore facendogli le condoglianze: ‘Condoglianze signò'. Avevo un abito, una camicina con un bustino molto aderente, la gonna molto svasata, proprio tipo contadinotta e un decolleté bellissimo, avevo diciannove anni! Lui mi guarda: 'Condoglianze pur’a ’tte, figlia mia'. Metto in avanti il viso convinta che mi dia un bacio sulle guance, lui m’acchiappa e smack!, un bacio su una mammella e un bacio sull’altra mammella! Io resto cosi una frazione di secondo, stavo letteralmente schiattando: avevo voglia di ridere, ero imbarazzata, non sapevo manco io cosa fare ma non potevo mica sospendere la scena, guai!, dovevo andare avanti. Finisce la scena, tutti quanti a ridere, ad applaudire. E lui ridacchiava tutto, perché sapeva che mi aveva messo in imbarazzo...
Angela Luce (intervista di Alberto Anile, "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998, pp. 286-287)
Era accaduto che da qualche anno, in coppia con Totò, avevo ottenuto un notevole successo cinematografico guadagnandomi, così, la fiducia del «noleggio», la sicurezza, cioè, di aver provocato l’interesse diretto dei distributori di films. Tra costoro vi figurava il più importante: Angelo Rizzoli. [...] Infatti, si creda o non si creda ma le statistiche parlano chiare, furono i films che io girai in coppia con Totò a salvare il nostro cinema di allora che subiva la barriera delle produzioni americane, fino a raggiungere la vetta di oltre un miliardo e mezzo di incassi. Si parla di una cifra di tredici anni fa!
Peppino De Filippo («Strette di mano», Peppino De Filippo, Alberto Marotta Editore, Napoli 1974)
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Celebre Totò&Peppino, giustamente definito “farsa” sin dai titoli di testa. Comunque non all’altezza della fama e della nota, bellissima frase di Totò (vedi sotto), ma talora assai divertente, anche perché i due sono in gran forma e specialmente Carlo Croccolo è loro degna spalla. Delia Scala affascinante. A un certo punto Totò dice pure di aver fatto, insieme a un altro, “tre anni di seminario a Cuneo”.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Scelta forse banale, ma inevitabile. “Signori si nasce… e io lo nacqui, modestamente”.
- Film totalmente "giocato" sulle schermaglie tra i due fratelli, uno onesto lavoratore, l'altro furbastro che vive di espedienti: benché dotato di momenti divertenti (ed alcune battute rimaste nella storia), non può dirsi molto riuscito, a causa di una sceneggiatura un po' anonima ed anche una certa stanchezza degli attori, non brillantissimi come in altre occasioni.
- Una delle pellicole più curate da un punto di vista narrativo: Totò, nei panni del compassionevole Zazà (Ottone Degli Ulivi) infonde un profilo convincente al suo idealistico personaggio, che di espedienti tira avanti e che cerca di sfruttare, economicamente, il più concreto fratello (Peppino De Filippo). Nonostante sia pellicola più curata e più ricca di "valori", a livello popolare passa in secondo piano rispetto a titoli più banali ma senz'altro di contenuto più esilarante.
- Scioperato scroccone donnaiolo firma cambiali col nome del fratello, che invece è ricco e onesto lavoratore; seguono equivoci a ruota. Farsa molto modesta, con i soliti Totò e Peppino a tirare le fila e garantire il divertimento. Alcuni momenti proverbiali, alcuni momenti curiosi (le prove in teatro), una giovane e promettente Delia Scala, per il resto niente di memorabile. Musica fastidiosamente insistente.
- La battuta più famosa la dice Totò: "Signori si nasce e io lo nacqui, modestamente". Detto questo, il film non è completamente riuscito, nonostante Totò (il nobile Zazà) si dia da fare per dare un po' di colore a una sceneggiatura piuttosto grigia, anche se il suo personaggio è più macchiettistico del solito (quasi eccessivo). Bello il suo rapporto col maggiordomo (lo tratta male e gli fa pagare tutto). Divertente la scena al circolo (la puntata, la palla in testa, il sigaro), oltre a un paio di scambi con Peppino (il fratello sarto). Non male.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò al circolo: "Ma che bella battuta che ho fatto". Dopodichè, guarda il suo interlocutore e aggiunge: "Peccato che l'ho sprecata così".
- Simpatica commedia-farsa che mette in scena lo scontro tra due fratelli che non potrebbero essere più diversi. Come sempre in queste occasioni la pellicola si regge soprattutto sulla verve del duo Totò-De Filippo anche se qui c'è pure la gustosa presenza di Carlo Croccolo, di Garrone e di Delia Scala. Molte le risate, i momenti e le battute (tra cui una mitica e proverbiale che dà il titolo al film) riuscite ma alla fine si sente che manca qualcosa per farlo entrare nel novero dei migliori del principe della risata.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La madre di mia figlia è morta due giorni prima che nascesse la bambina; Croccolo "serve", oggi diremmo impiatta, la mortadella a Totò. .
- Sceneggiatura più curata che in altre occasioni similiari per questo confronto fra due fratelli, il primo sarto ecclesiastico, pio e parsimonioso, l'altro sfaccendato, amante delle belle donne e perennemente in bolletta. Però, nonostante i vari aspetti positivi (alcune battute proverbiali, Carlo Croccolo spalla eccellente nel ruolo del domestico mal pagato) affiora pure una certa stanchezza nel confronto fra Peppino e Totò, forse troppo imbrigliati nelle maglie della farsa per poter dare libero sfogo alle loro doti migliori.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La descrizione della tomba faraonica per la presunta moglie defunta.
- Grande film di Totò e Peppino; entrambi in splendida forma regalano alcuni fra i duetti migliori della loro carriera, per una volta anche aiutati della sceneggiatura, che riesce nell'intento di ricreare la farsa in ambito cinematografico. Puntuale e svelta la regia del fido Mattoli, ottimo il cast di contorno in cui spiccano personaggi come Delia Scala, Croccolo, Riccardo Garrone. Azzeccata anche la colonna sonora, da non perdere.
- Una continua girandola di battute e situazioni "pericolose" che il nobile Zazà riesce sempre e comunque a sbrogliare. Totò è fantastico nei panni dello spiantato, ma pieno di savoir vivre, Ottone degli Ulivi (Zazà) e spara una battuta dietro l'altra con una parlata dall'accento classico dei nobili gagà di un certo meridione. Peppino, sempre vittima, lo segue con la solita bravura. Girato in un bel b/n con i tempi giusti e teatrali della farsa. Bravi anche i comprimari con le belle Delia Scala, Moira Orfei (e Carlo Croccolo mangia baccalà).
- Mattoli è probabilmente il regista che ha diretto più volte Totò. Non è quindi un caso se le migliori maschere del Principe De Curtis passano proprio per le sue mani. E quella del barone Ottone degli Ulivi, insieme al finto Principe di Casador di Miseria e nobiltà, sono sicuramente le più riuscite nell'immensa filomografia di Totò. Anche qui le battute memorabili si sprecano e quel parlare da gagà napoletano rimarrà impresso per sempre nella storia della cinematografia. E, udite udite, questa volta c'è persino una sceneggiatura che non demerita.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò che illustra il mausoleo funebre al fratello: "Il muro del pianto, il muro del pianto".
- Contrapposizione tra due fratelli diametralmente opposti di carattere: l’estroverso e il parsimonioso. Prima parte basata sulla parlantina di Totò e il suo fare elegante (ma senza un soldo in tasca) che diverte anche grazie a battute memorabili. I seguenti giochi delle parti che sfruttano la Scala come finta figlia invece risultano abbastanza forzati, negli sviluppi. Buona prova anche di Croccolo e del geloso Garrone. Classico bailamme finale.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: “Domani ti pago”; La maleducanda; “Peccato che l’hai sciupata”; “Modestamente lo nacqui”.
- È una testimonianza delle doti di Totò attore, che non si limitano a una battuta divertente ma che sono evidenti a tutto tondo nel personaggio del barone Ottone Degli Ulivi. Croccolo è una spalla degnissima, capace di fornire lo slancio per tanti momenti di puro divertimento. Non tutto riesce alla perfezione; il personaggio di Garrone è alquanto banale e fastidioso, ma nel complesso il film funziona.
- Il principe della risata (nonché di Bisanzio e di Costantinopoli, conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero) a cui furono riconosciuti tanti cognomi e titoli da rendere il suo passaporto corposo come un volume enciclopedico, non rinnega lo scugnizzo illegittimo del rione Sanità: Zazà, nobile spiantato, donnaiolo, istrionico, snob e spiritoso fuori posto, resta una maschera indimenticabile e molti sono gli attori che se ne ricorderanno; e il film ruota tutto attorno a lui, relegando il bigotto Peppino accanto alle altre (valide) spalle.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La battuta del titolo.
- Totò e Peppino offrono una commedia spassosa e caotica: l’intreccio di menzogne e inganni in cui ognuno dei due fratelli sembra avere qualcosa da nascondere arriva a un apocalittico finale dal quale usciranno “liberati”, liberi soprattutto di poter continuare a litigare. Classica pellicola del duo in cui la trama è solo un esile pretesto per le continue gag. Leggero.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Signori si nasce, e io modestamente, lo nacqui; Il progetto della tomba!
- Farsa di Mattoli orchestrata su un soggetto classico del teatro di rivista, che trova la sua ragione di essere solo nella splendida prestazione dei due protagonisti, coadiuvati da validi caratteristi come Garrone, Pavese e il solito Croccolo qui particolarmente in forma. Alcuni scambi di battute sono fulminanti ed è difficile non ridere, ma nel complesso la mancanza di idee ne fa un prodotto minore della filmografia di Totò e Peppino. Decorativo il cast femminile. Un classico del nostro cinema comico che si rivede sempre con piacere.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Bona, bona questa, peccato che l'ho sprecata così"; I soliti tre anni di militare a Cuneo che per Totò finto prete diventano tre anni di seminario.
- Un film dove Totò interpreta il Barone Ottone Degli Ulivi che è l’esatto contrario del Barone Antonio Peletti protagonista di 47 morto che parla. Due film dove il protagonista assoluto è il “denaro”; lì perché patologicamente risparmiato, qui perché dissipato con assoluta amoralità. Totò è il personaggio principale di una società aristocratica di primo novecento parassita e dedita solo al gioco e agli amplessi passeggeri con soubrette leggere e caramellose. Travolgente la recitazione farsesca di Totò.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il contrasto totale tra Totò e il fratello conservatore Peppino, sarto provetto di solida estrazione borghese, è il sale che insaporisce tutto il film.
- Sicuramente da rivalutare, con un Totò in forma strepitosa ed un Peppino che tiene tranquillamente il passo. Il principe recita con accento frou frou e unisce due tratti costanti della sua maschera, ossia la "fame" e l'ostentazione di nobiltà. Ottimi i comprimari, dalla bella e altrettanto brava (un tempo eran entrambe le cose) Delia Scala a Riccardo Garrone, passando per i "soliti" Croccolo (il cameriere, ovviamente non pagato) e Pavese. Da notare anche la bellissima e acerba Angela Luce. Forse non raffinatissimo, ma uno dei Totò più spassosi.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Croccolo che sbatte letteralmente in faccia a Totò "la solita mortadella"; La lite tra i due fratelli vestiti da parroci.
- Altro film di Totò, altro esempio di grande cinema. Totò, alias il barone Zazzà, donnaiolo e squattrinato ma nobile e generoso, con la sua strana dizione si prende gioco della vita come fosse un grande teatro o una passerella, scontrandosi inevitabilmente coi problemi reali basati, come sempre, sulla cronica (come quasi in tutti i film) mancanza di soldi e cambiali in scadenza. Alla figura di questo nobile scialacquatore di denaro fa da contraltare un piccolo grande Peppino, sarto indefesso e tanto religioso. Numerose gag da ricordare.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La tomba di famiglia.
Così la stampa dell'epoca
Per Totò il tempo s'è fermato: sono anni, anzi decenni, che dal palcoscenico, dallo schermo, attraverso la radio e la televisione continua a presentarci le stesse battute, gli stessi clowneschi atteggiamenti volgari e risaputi. Il popolare comico napoletano è rimasto ai tempi della pochade, della comica finale [...] che se una volta - ad un certo pubblico - poteva essere gradito perchè alla moda, oggi non diverte più nessuno o quasi.
Vice, «Il Popolo», 1960
Questa pietanza cinematografica, detta in gergo di cucina «Piglia Totò e Peppino De Filippo e lascia fare a Dio», s'impernia sul contrasto fra i petti di pollo (ossia gli attori in questione) e la polenta di una vicenda farsesca e dozzinale. Piatto facilissimo a prepararsi, ed ottimo per congedare infallibilmente gli ospiti non scevri di intelligenza e di finezza, o per trattenere sine die gli ospiti volgari ed ottusi. Pigliate dunque Mario Mattoli e non ponete limiti alle sue native qualità di regista che dove s'attacca là ogni illusione d'arte muore. [...]
Giuseppe Marotta, «L'Espresso», 1960
Sequestrati i manifesti con la fotografia di Liana Orfei
La giovane attrice vi appariva in costume succinto accanto a Totò per la pubblicità di un nuovo film
ROMA, mercoledì sera
I manifesti pubblicitari per il lancio del film «Signori si nasce» con Della Scala, Totò e Liana Orfei sono stati sequestrati perché ritenuti contrari alla decenza. La denuncia è stata redatta dal commissariato Viminale che ha ritenuto la foto di Liana Orfei, che appare in costume succinto, contraria alla pubblica morale. In secondo piano si nota Totò in tonaca che strabuzza gli occhi alla vista della bella Liana. Il sostituto Procuratore della Repubblica dott. Pedote ha quindi ordinato il sequestro del manifesti.
«Stampa Sera», 27-28 aprile 1960
In un clima d'altri tempi, ingenuo e bonario, mattacchione e patetico cui si adegua la garbata recitazione di Totò e Peppino De Filippo calibrata per l'occasione su toni più misurati del solito, la trama si snoda senza scosse e soprattutto senza essere costellata di trivialità
E' il contrasto dal caratteri di due fratelli che dà vita e sapore al racconto: Ottone, scioperato, fantasioso e, naturalmente, povero. Pio, avaro, sempliciotto e ricco. Tuttavia il contrasto non crea urto fra i due: uno attento alla borsa e alla credulità dell'altro e costui si difende con una tattica furbesca che paralizza i colpi mancini. Ma una volta tanto Pio ci casca in pieno a farsi imbrogliare ed é quando Ottone riesce a far passare per figlia un'attricetta scostumata legata a lui da ben altri rapporti, il che dà l'avvio a una serie di equivoci a malintesi che arricchiscono la commediola di motivi umoristici.
La nota piccante è data da Delia Scala - l'attricetta camuffata da figlia - che ritorna al cinema dopo anni di assenza, con lo stesso piglio ingenuo e petulante e, come prime, più disinvolta che brava. Ha diretto Mario Mattoli.
Vice, «Il Tempo», 30 aprile 1960
Tempi duri per li teatro di rivista. E non solo oggi, ma, evidentemente, anche all’epoca (sessant'anni fa) in cui si svolge questa farsa cinematografica che reca la firma di Mario Mattoli. Per realizzare uno spettacolo — più per amore di una bella soubrette (Delia Scala) che per effettiva passione per l’arte — un nobile spiantato detto «Zazà» (Totó) cerca di imbrogliare il credulone, ma danaroso fratello Pio (Peppino De Filippo). [...] Dal che si deduce che se il potere d'acquisto della moneta è mutato, nel mondo affascinante e avventuroso del teatro succedono sempre le medesime cose. La pellicola, più che per le situazioni alquanto stantie e poi il dialogo molto approssimativo, si lascia vedere per la divertente interpretazione di Totò e di De Filippo, accanto al quali figurano, oltre alla sempre brava Della Scala, Riccardo Garrone, Lidia Martora, Luigi Pavese, Carlo Croccolo e Liana Orfei.
«Il Messaggero», 30 aprile 1960
[...] Mario Mattoli si è servito, qualche volta con opportunità e allegria, di tutte le buffonerie facili e bonarie che frequentano da tre quarti di secolo i palcoscenici. Totò e Peppino De Filippo, naturalmente, ci sguazzano, con tutto il loro repertorio.
Maurizio Liverani, «Paese Sera», 1 maggio 1960
Una farsa all’antica, con tutti i garbugli della tradizionale meccanica teatrale, montati come la panna, nel canovaccio di Dino Falconi e Luigi Motta per il film Signori si nasce di Mario Mattoli. [...] Del principio del secolo il racconto ha i costumi, il gusto e l'ordito, nello spirito evocativo che in Falconi e Motta è stato alimentato dalla nostalgia di certe commediole bonaccione e, per quel tempo, spregiudicate. Ma anche la tecnica del regista è annosa: gli interpreti si muovono, fra scenografie di carta, pesta, come se fossero su un palcoscenico del 1900 o in una pellicola del muto. Se amate le stampe ingenue e stinte d'altro tempo, il film può interessarvi e può anche accadere che vi diverta. Cinematografia retrospettiva, senza sguaiataggini nè trivialità, in cui il candore voluto e quello non voluto si accavallano. Totò e De Filippo, stavolta, contengono le esuberanze. Da segnalare il ritorno al cinema di Della Scala, dopo alcuni anni di assenza; il teatro di rivista non l’ha migliorata. Signori si nasce, ma anche attrici.
lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 29 aprile 1960
Mario Mattoli, regista da lungo tempo sulla piazza, ci porta con Signori si nasce al cinema prebellico, quello tirato via, per nulla ambizioso, ignaro dei buoni usi della cultura [...] L'invenzione è scarsa, il dialogo indigente, lo spirito da sottoscala. Chi salva un pochino lo spettacolo è il duo Totò-Peppino De Filippo. Non ci dicono nulla di nuovo, ma le macchiette da essi disegnate hanno smalto, colore, vivacità meridionale.
Pietro Bianchi, «Il Giorno», 29 aprile 1960
Quattro risate, ma molto alla buona, con Signori si nasce in cui Totò e Peppino De Filippo sono ancora in coppia, l'uno nei panni di un barone sciacquatore e vitaiolo, l'altro in quelli del fratello tirchio e bigotto, al portafogli ben fornito del quale Totò mira con i suoi raggiri.
Arriva persino a spacciare come figlia naturale una subrettina (Delia Scala, senza troppo pepe in verità) che vuole innalzare ai fastigi di primadonna, in un'operetta di cui si è improvvisato finanziatore. Un imbroglio tira l'altro, gli equivoci e i malintesi s'infittiscono salvo a diradarsi, per modo di dire, in un Anale qualsiasi. Ambientata ai primi del secolo, la farsa trae molti dei suoi effetti di ilarità da trovate, battute e scenette che risalgono alla stessa età. Il divertimento offerto dal regista Mattoli è quindi anche questa volta modesto, ma lo ravvivano, per quel che possono, i lazzi di Totò e la buffoneria, abbastanza misurata, di Peppino.
«La Stampa», 20 maggio 1960
Va in onda in prima serata l'ennesimo film che il principe Antonio De Curtis (in arte Totò) ha girato nella sua trentennale carriera cinematografica, costellata di grandi successi, ma di scarsa attenzione critica. Infatti solo dopo la sua morte, nel '67, gli studiosi hanno cominciato ad occuparsi seriamente di questo grande comico, valutandone appieno il valore artistico, al di là dei filmetti spesso commerciali che girava talvolta al ritmo di 6-7 l’anno, o magari due contemporaneamente (passando nello stesso giorno da un teatro di posa all'altro). Di Totò è stata finalmente messa in luce il sommo istrionismo interpretativo con una mimica e una gestualità che sono discendenti diretti dellaCommedia dell'Arte del Rinascimento, in particolare quella napoletana (la maschera di Pulcinella). Anche "Signori si nasce" come film in sè non è gran cosa: ma quello che conta nella vasta cinematografia di Totò è la presenza detrattore con la sua carica verbale aggressiva e spesso surreale e coti quella fisica del ruolo da guitto che riesce a salvare persino le trame più banali.
Infatti in questo lungometraggio Totò è il solito indefesso donnaiolo che subisce i contrasti di un fratello tutto casa e famiglia: manco a dirlo quest'ultimo è interpretato dalla spalla più ideale per lui, l'altrettanto spiritoso Peppino De Filippo, la cui comicità volutamente paesana s'integra alla perfezione con quella concettuale e raffinata di Totò. A merito di quest'ultimo va ascritto il fatto che le sue battute non sono mai volgari e, riviste oggi, con la profusione dei tanti comici grossolani scoperti di recente dalla tv, si presentano come modello di gentile umorismo. Un umorismo comunque ,sempre attuale, che non ha perso assolutamente nulla del suo smalto e del suo vigore. Prova ne sia che persino una rete legata all'audience, come quella berlusconiana, trasmette il film in pieno week-end: segno che Totò piace ancora e soprattutto ai giovani. Una ragione in più per apprezzarlo appieno e considerarlo come il maggior attor comico del cinema italiano di tutti i tempi.
Guido Michelone, «Corriere Eusebiano», 12 settembre 1991
Carlo Croccolo come Totò - "Signori si nasce", farsa di Castellano e Pipolo
«Signori si nasce e io, modestamente, lo nacqui». Citazione storica che, immediatamente, richiama alla memoria il grande Totò, la sua ironia, il suo personalissimo stile, in magico equilibrio tra miseria Snobiltà. A quello stile, alle battute e gags che ormai sono patrimonio della memoria collettiva, si ispira «Signori si nasce», farsa musicale di Castellano e Pipolo, che il napoletano Carlo Croccolo, affiancato da folto cast (c'è anche Cosimo Cinieri), porta in scena al Teatro Superga di Nichelino sabato 6 gennaio alle 21 e domenica 7 alle 16 (tel.011/68191). Lo spettacolo è tratto dal film omonimo che fu campione d'incassi e che registra come tutti i film di Totò, d'altronde, numerosissimi passaggi televisivi. Croccolo firma anche la regia.
La trama prende spunto dalla guerra dichiarata e perenne tra il barone Zazà, spalleggiato dal fido maggiordomo e il fratello del barone: tal Pio degli Ulivi, ecclesiastico tirchio e bacchettone. Due ruoli che al cinema furono, rispettivamente, di Totò e Peppino, e che rappresentano, in chiave comica, l'eterna lotta tra il bene e il male, tra Abele e Caino. Un «bene» che, in questo caso, suscita parecchia antipatia e un «male» che, al contrario, diverte e incuriosisce. Tanto che il vero protagonista di una girandola di situazioni farsesche, è proprio Zazà/Caino: sfaticato, scroccone, donnaiolo, bugiardo e scialacquatore. Sempre preso a escogitare imbrogli e raggiri per sbarcare il lunario: oltre che, naturalmente, per divertire il pubblico.
Silvia Francia, «La Stampa», 5 gennaio 2001
Angela Luce "Quei due baci entrati nella storia del cinema"
Nella famosa scena di “Signori si nasce”, ricorda l’artista, “era previsto tutt’altro, lui mi sorprese e mi fece ridere”
Bella e brava, Angela Luce ha intrecciato la sua carriera d'attrice con quella del grande Totò, con lui è stata sul set di "Signori si nasce", "Letto a tre piazze" e "Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi", ne ha interpretato le canzoni nel cd "Luce per Totò", lo ha ricordato in uno spettacolo "Totò 110 e lode".
Signora Luce, qual è stato il suo rapporto con Totò?
«Un rapporto straordinario, e lui per me è come la tavolozza di un pittore che ha tutti i colori possibili. Ma quello dominante è la sua immensa bravura. Mi ritengo davvero fortunata di aver partecipato ai tre film al suo fianco».
Di lui cosa la colpì ?
«La grande eleganza. Eleganza di gesti e di parola. C'era da innamorarsi di lui. Quando giravamo era un attore di comicità esilarante ma dietro la scena, durante le pause, era diversissimo, sembrava un signore che stesse aspettando degli ospiti per conversare amichevolmente con loro. Il set era come un salotto in cui si muoveva a suo agio, con autorevolezza».
Un bell'incontro, quindi.
«Indimenticabile. Era di una classe straordinaria, non alzava mia la voce, quando recitava io avevo verso di lui una grande soggezione, ma sentirlo parlare era un piacere».
Gentile?
«Sapeva che avevo lavorato con Eduardo, e quando lo conobbi già non vedeva bene. Chiese ai suoi assistenti se ero davvero tanto bella e rassicurato disse "e tene pure 'na bella voce". Poi mi disse chiamami Totò, io risposi: "Principe non potrei". Mi intimidiva.»
Era galante?
«Apprezzava la bellezza, certo. Ma mentre giravamo, durante le pause, mi diceva: "Angeli', finiamo presto questa scena che mi devi cantare una bella canzone, aggia senti' l'addore ‘e Napule"».
Napoli sempre presente?
«Adorava Napoli, per questo mi faceva sempre cantare. Le sue canzoni erano bellissime».
Ce n'è una che preferisce?
«Canto molto volentieri "T'aggia lassà, ma 'o core nun m' 'o dice 'e te lassà...", peccato che Totò non ha potuto ascoltare il cd che ho inciso con i suoi brani».
Un'emozione che ricorda volentieri?
«Quando un giorno, stavamo girando una scena di "Signori si nasce", io facevo la fantesca, aprivo la porta e lo facevo accomodare. La scena doveva essere drammatica, era morta sua sorella e io gli porgevo le mie condoglianze avvicinandomi per dargli un bacio sulle guance. Ma quale fu il mio stupore quando Totò avvicinandosi al mio decolleté mi diede due baci sui seni che, devo dire, avevo assai belli. Dovetti fare uno sforzo per non ridere e mi preoccupai che si dovesse rifare la scena per colpa mia. Ero davvero confusa e dissi a Mario Mattoli che se voleva tagliare quella effusione fuori programma non mi sarei offesa. Ma lui, ridendo divertito, mi rispose che quella scena era bellissima e divertentissima, e sarebbe rimasta nella storia del cinema. Infatti è stato così».
Giulio Baffi, «Repubblica», 15 aprile 2017
Le incongruenze
- Peppino (Pio) dice a Totò (Ottone) che la combinazione della cassaforte è una parola di otto lettere, ma poi Totò la aprirà usando la parola ottone che è di sei lettere
- Totò al termine della gag della costruzione della tomba (o "tombone") riesce a convincere il fratello Peppino a sganciare il denaro. Si vede quest'ultimo al registratore di cassa e Totò che improvvisamente la apre. Peppino arrabbiato afferma "Che per poco non gli spezzava un dente". Ma in realtà lo sportello del registratore lo colpisce alla spalla.. che centra il dente?
- Quando Totò colpisce con un calcetto sotto il tavolo il suo domestico per fargli segno di tacere, la scena è palesemente finta in quanto la larghezza del tavolo è troppo grande per permettere a Totò (che nemmeno si allunga più di tanto) di raggiungere il domestico, che tra l'altro è anche abbastanza scostato dal tavolo
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Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo. | |
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Il piazzale dove il fidanzato (Riccardo Garrone) di Patrizia (Delia Scala), dopo aver malmenato alcune persone che infastidivano la fidanzata, viene arrestato dalle guardie, è Piazza San Pietro in Montorio nei pressi del Gianicolo a Roma, dove Sordi andava a prendere la moglie alla messa di Pasqua in Il commissario. | |
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Il teatro dove Patrizia (Scala) si esibisce come soubrette è il Teatro Valle in Via del Teatro Valle 23/A a Roma, già visto in Il mondo dei Miracoli (1959), film col quale facciamo un confronto. |
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Riferimenti e bibliografie:
- "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- Angela Luce, intervista di Alberto Anile, "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998, pp. 286-287.
- Giulio Baffi, «Repubblica», 15 aprile 2017
- www.angelaluce.it
- «Strette di mano», Peppino De Filippo, Alberto Marotta Editore, Napoli 1974
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
- La Stampa
- La Nuova Stampa
- Stampa Sera
- Nuova Stampa Sera
- Corriere della Sera
- Corriere d'Informazione
- Il Messaggero
- Il Popolo
- L'Espresso
- Paese Sera
- Il Giorno
- Corriere Eusebiano
- Repubblica