Signori si nasce

1960 Signori si nasce 6

Cave canem, cave canem, in hoc signo vinces, est est est. Mah...

Barone Ottone Degli Ulivi

Inizio riprese: gennaio 1960, Stabilimenti INCIR - De Paolis, Roma
Autorizzazione censura e distribuzione: 5 aprile 1960 - Incasso lire 359.918.000 - Spettatori 2.100.730


Titolo originale Signori si nasce
Paese Italia - Anno 1960 - Durata 96’ - B/N - Audio sonoro - Genere comico - Regia Mario Mattoli - Soggetto Dino Falconi e Luigi Motta - Sceneggiatura Castellano e Pipolo, Edoardo Anton - Produttore Isidoro Broggi, Renato Libassi - Casa diproduzione Manenti Film - Fotografia Alvaro Mancori - Musiche Gianni Ferrio


Totò: Ottone degli Ulivi detto Zazà - Peppino De Filippo: Pio degli Ulivi - Delia Scala: Patrizia, la soubrette - Riccardo Garrone: Enzo, il suo fidanzato - Carlo Croccolo: Battista Signori - Lidia Martora: Maria Luisa - Angela Luce: Fedele - Luigi Pavese: cavalier Bernasconi - Liana Orfei: Titì Monteur - Nando Angelini: il tenore - Nico Pepe: Binotti l'impresario - Dori Dorika: Adelina Maniglia - Nino Milano: il cameriere - Ughetto Bertucci: il portiere del teatro - Aldo Pini: il costumista teatrale - Piero Pastore: un operaio teatrale - Salvo Libassi: il monsignore - Renato Malavasi: il sacerdote che prova l'abito - Gino Buzzanca: il maresciallo dei carabinieri - Vera Nandi: la moglie di Battista - Leopoldo Valentini: il secondino del carcere - Edy Biagetti: il portiere della pensione - Walter Grant: il colonnello del circolo - Mario Meniconi: il fioraio - Attilio Torelli: il socio del circolo


Soggetto

Il barone Ottone Spinelli degli Ulivi, detto Zazà (Totò) , nonostante la sua nobile discendenza, è sempre al verde, a causa di una vita dissoluta passata dietro le quinte dei teatri a corteggiare le soubrettes. Nonostante l'indigenza economica, l'uomo continua a intrattenere una vita da nobile, vivendo in un albergo e servito dal fedele (e mai pagato) Battista (Carlo Croccolo). Incalzato da un creditore insoluto, tale Bernasconi (Luigi Pavese), viene denunciato perché ha falsificato la garanzia su una cambiale in scadenza e ovviamente scoperta. Messo alle strette, Zazà decide con riluttanza di accettare il consiglio di Battista, ossia chiedere un prestito al fratello Pio Degli Ulivi (Peppino De Filippo), titolare di una sartoria frequentata principalmente da prelati e suore. Tra i due fratelli non corre buon sangue a causa dello stile di vita di Zazà, ritenuto immorale da Pio, uomo timorato di Dio, dedito al lavoro ed alla carità. Presentatosi a casa del fratello, Zazà viene scacciato e, per dispetto, fa credere al fratello di volersi suicidare. Rientrato in casa, riceve l'inaspettata visita della bella e spregiudicata soubrette Patrizia (Delia Scala) , che finge di sedurlo allo scopo di dimostrargli il suo talento recitativo e quindi chiederli di farle ottenere la parte in una Rivista. Zazà spiega alla ragazza che lo spettacolo era stato abbandonato dal produttore ma, nel mezzo della discussione, arriva Pio, spaventato dalle minacce suicide del fratello. Per spillare quattrini a Pio per la cambiale e per rilevare la Rivista, Zazà decide di far credere al fratello che Patrizia è sua figlia. Valutata la situazione, Pio decide di invitare fratello, presunta nipote e presunto fidanzato di Patrizia (ossia Battista) a casa sua. Durante la permanenza a casa del fratello, Zazà si traveste da sacerdote per ingannare Bernasconi facendogli credere di essere fratello gemello del vero debitore per ottenere un rinvio del pagamento. Successivamente nascono una serie di equivoci, durante i quali Pio si convice a torto di essere padre di Patrizia ed arriva a travestirsi da sacerdote, venendo smascherato e abbandonato dai suoi clienti. Alla fine, Zazà riuscirà a sanare la cambiale e costringerà il fratello a finanziare lo spettacolo teatrale, con Patrizia finalmente primadonna.

Critica e curiosità

🎩 “Signori si nasce” – Anatomia baronale di una farsa nobilmente sbilenca 🎩

Benvenuti nell’universo barocco, sontuoso e smaccatamente teatrale di “Signori si nasce” (1960), ovvero: l’arte di prendere in giro l’aristocrazia con lo smoking sgualcito del varietà e la classe immutabile della maschera comica. Il film, diretto con mano lieve ma consapevole da Mario Mattoli, non è un semplice scherzo in costume: è una messa in scena della messa in scena, una delle più riuscite partiture comico-nostalgiche mai orchestrate per la strana coppia Totò–Peppino. E con un titolo, diciamolo, che è già di per sé una battuta compiuta e autoconsapevole.

🎭 Due baroni, due mondi: Zazà vs. Peletti

Alla base dell’opera troviamo una dicotomia perfetta e geniale: da un lato il barone Antonio Peletti di “47 morto che parla”, avaro, tirchio, incartapecorito dentro e fuori, dall’altro il barone Ottone Spinelli degli Ulivi, detto “Zazà”, spendaccione impenitente, rubacuori senile, aristocratico decadente che vive sopra i suoi mezzi e sotto le sue possibilità mentali. Due poli opposti dello stesso sistema nobiliare, due modi diversi (ma ugualmente fallimentari) di interpretare la decadenza.

In entrambi i film, il maggiordomo è lo stesso: Carlo Croccolo, impeccabile, sottomesso, disperato. Un personaggio a metà tra San Sebastiano e Ragionier Filini. Un servo di scena travolto da padroni che non distinguono il teatro dalla realtà.

🩰 Ballerine, soubrettes e la Belle Époque di cartapesta

L’ambientazione è quella di una Napoli da sogno, evanescente e dorata, dove i nobili si rovinano al tavolo da biliardo e s’innamorano delle ballerine con la stessa convinzione con cui firmano cambiali inesigibili. Mattoli ricostruisce con sorprendente gusto scenografico un universo dèmì-monde, fatto di teatri col sipario che scende, soubrettes che danzano, imbrogli degni di Miseria e Nobiltà, e travestimenti da farsa classica.

In effetti, c’è una regolarità geometrica nella struttura delle farse mattoliane con Totò: ogni film finisce in teatro, letteralmente. Il teatro dentro il teatro, la finzione che si richiude su se stessa. Un segno di stile, una dichiarazione d’intenti. Chi ride, è complice. E lo sa.

🎙️ "Signori si nasce e io lo nacqui" – Antologia di fulmini verbali

Qui Totò è in stato di grazia parossistica. La voce altera e impennata del barone Zazà – qualcosa tra il falsetto aristocratico e il cinguettio da uccello impagliato – diventa subito segno di riconoscimento, cifra comica e stilistica. Ogni battuta è un ricamo, una rasoiata in guanti bianchi. Qualche esempio?

  • “Sapete perché noi nobili siamo bravi a giocare a biliardo? Perché abbiamo dimestichezza con le palle.”
  • “Signori si nasce e io lo nacqui!”
  • “Bona questa… peccato che l’ho sciupata così.”

C’è il gusto della metabattuta, della frase che si autocita e si autocritica. Totò è il burattino che tiene i fili del burattinaio, il nobile che non sa più distinguere il blasone dalla buffonata.

💰 Soldi, truffe e fraterni pestoni

Come sempre accade quando Peppino è coinvolto, il poveretto viene travolto dagli imbrogli dell’altro: gli viene pestato il piede, rubata la stoffa, infangato l’onore, sfregiato il buon senso. Totò non si limita a truffarlo: lo massacra con allegria chirurgica, applicando con zelo clinico il manuale della beffa napoletana.

Eppure, in questo caos di trovate, la coerenza drammaturgica regge: l’interazione Totò-Peppino funziona per contrasto assoluto. Uno è il fuoco, l’altro la cenere. Uno è la truffa, l’altro la ricevuta fiscale. E insieme fanno ridere come due clown in smoking dentro un baratro finanziario.

🎞️ Baci spontanei e scandali clericali

Il film ha pure i suoi scandali piccanti e parrocchiali. Come la celebre scena in cui Totò bacia il seno (castamente, si fa per dire) di Angela Luce, la quale non se lo aspettava. E nemmeno la censura, che difatti sobbalza. Ma il principe si giustifica con aplomb: «Angela è talmente bella che mi è venuto naturale, spontaneo…». Il bacio non viene tagliato. Il “nobile” ha vinto.

Diversamente va per certe scenette ecclesiastiche, che all’epoca disturbano i membri più clericali della commissione censura. Tuttavia, e per fortuna, il buon senso (e le risate) prevalgono, e nulla viene tagliato.

📰 Giolitti, Esposizioni universali e Grottaminarda

Il film mescola sapientemente elementi farseschi e storici, inserendo qua e là riferimenti d’epoca come l’onorevole Giolitti, menzionato in un articolo del Messaggero letto da Peppino. Oppure la Grande Esposizione Universale, citata sia nel prologo sia da una guardia carceraria.

E se volete un aneddoto da cineteca urbana: il film è stato girato a Grottaminarda, in Irpinia, dove oggi c’è persino una piazza dedicata a Totò, con tanto di bassorilievo. È la prova che il barone Zazà, pur spendendo troppo e combinandone di tutti i colori, qualcosa di duraturo l’ha lasciato.

🎬 Sintesi del genio farsesco

Alla fine dei conti, Signori si nasce è molto più di una farsa in costume. È una celebrazione della comicità come status nobiliare, della maschera come unica vera eredità aristocratica. Totò non è più solo il “principe della risata”: è l’impostore che si è fatto re, il ciarlatano che ha vinto il gioco del teatro.

E il film, pur richiamando in continuazione schemi da altre opere – Miseria e nobiltà, 47 morto che parla, Il medico dei pazzi – riesce a metabolizzare tutto con sapienza, facendo del riciclo un’arte e della ripetizione un miracolo.

In conclusione? Signori si nasce è un film che non si limita a far ridere. Ci insegna a ridere della nobiltà, della povertà, e soprattutto… di noi stessi. A prescindere.


🎱 La lezione aristocratica sul biliardo e le palle

Una delle sequenze più celebri del film si svolge nel circolo aristocratico frequentato dal barone Ottone Spinelli degli Ulivi, detto Zazà, ovvero Totò in versione dandy in decadenza. Il nostro barone, tra un sigaro e un bicchierino di cognac, si cimenta in una partita a biliardo che è in realtà un duello di parole mascherato da sport. Ed è qui che pronuncia una delle sue battute più iconiche:

«Sapete perché noi nobili siamo bravi a giocare a biliardo? Perché abbiamo dimestichezza con le palle!»

Battuta da manuale, seguita da una meta-battuta che sfonda la quarta parete con stile:

«Bona questa… peccato che l’ho sciupata così.»

In pochi secondi, Totò ironizza sul rango, sulla virilità, sulla comicità stessa. La scena ha un valore emblematico: il barone gioca con le palle e con le parole, confondendo nobiltà e buffoneria con una grazia unica.

💋 Il bacio “spontaneo” sul seno di Angela Luce

Altra scena rimasta negli annali è quella in cui il barone Zazà bacia il seno della bella soubrette, interpretata da Angela Luce. Una scena ambigua, a metà tra la farsa galante e l'improvvisazione scellerata. Secondo la testimonianza postuma, Totò stesso avrebbe dichiarato:

«Angela è talmente bella che mi è venuto naturale, spontaneo…»

Il gesto, per quanto coreografato con eleganza (e sfacciataggine), fece sobbalzare la commissione censura, che prese nota della cosa. Ma, incredibilmente, non venne tagliato nulla, forse perché l’ironia era talmente palese da disinnescare ogni lettura scandalistica.

Angela Luce, dal canto suo, rappresenta la musa involontaria di un barone tragico e grottesco, che confonde il palcoscenico con la vita vera. Una scena che oggi sarebbe analizzata in ottica meta-teatrale e post-femminista… ma all’epoca fu solo puro Totò.

👥 Gli “atti persecutori” del fratello Totò su Peppino

Non può mancare il classico repertorio di soprusi, angherie e sevizie teatrali che Totò infligge con scientifica puntualità a Peppino De Filippo, qui nel ruolo del fratello Antonio.

Le gag si susseguono con ritmo serrato:

  • Totò pesta i piedi a Peppino durante un dialogo “casuale”.
  • Gli ruba della stoffa con l’aria più candida del mondo.
  • Lo coinvolge in imbrogli sempre più imbarazzanti che culminano nella scena del travestimento, dove i due si ritrovano impelagati in situazioni da commedia dell’arte con tanto di equivoci e fughe.

Peppino è, come sempre, il martire comico, l’uomo medio travolto da un ciclone in giacca e cravatta. L’ironia sta nella ripetizione: è il pubblico che “si aspetta” che Totò lo bastoni, e quando accade, ride come se fosse la prima volta.

Le scene “ecclesiastiche” e la censura turbata

Indimenticabili anche alcune scene ambientate in sartorie frequentate da religiosi, oppure durante i siparietti in cui Totò e Peppino si trovano travestiti in abiti clericali o coinvolti in dialoghi che toccano il tema della Chiesa.

Queste scene furono oggetto di attenzione minuziosa da parte della censura, che temeva potessero risultare “irrispettose”. Il tono farsesco, però, smonta qualunque intento blasfemo. I preti sono caricature bonarie, parte del teatro dell’assurdo sociale che Mattoli ricrea. Nessuno scandalo vero, solo comicità ben dosata che sfiora ma non morde.

🎭 Il finale teatrale: sipario, applausi, e metacinema

Come da tradizione nelle farse mattoliane, il finale del film si consuma sul palcoscenico. Gli attori si inchinano, il pubblico applaude, il sipario cala. Totò e Peppino, dopo mille imbrogli, truffe e peripezie, non redimono nessuno, ma concludono la loro commedia con una strizzata d’occhio alla platea.

È il trionfo del teatro nel cinema, del “nulla cambia, ma tutto si rappresenta”. E in questa chiusura c’è tutto il senso della farsa napoletana, che non vuole correggere i costumi ma celebrarli nella loro deformità umana.

📜 Citazioni storiche: Giolitti e la Grande Esposizione

Due chicche testuali che meritano attenzione:

  • Peppino legge ad alta voce un trafiletto in cui Giolitti promette che non ci saranno più alluvioni nel Polesine. Una battuta d’attualità che, nella bocca di Peppino, diventa assurdo programmatico: come se la politica potesse governare il clima.
  • La voce narrante iniziale ci porta “nell’anno della Grande Esposizione Universale”, evento evocato poi anche da una guardia carceraria.

Questi riferimenti donano verosimiglianza storica al film, ma sono ovviamente usati con finalità parodica. In questo mondo baronale, la cronaca è un’altra forma di teatro, e la realtà è solo una scenografia provvisoria.

🗿 Grottaminarda: la scena, la statua, la memoria

Una scena chiave del film venne girata nella piazza centrale di Grottaminarda, in provincia di Avellino. Oggi quella piazza è intitolata al Principe della risata, e custodisce un bassorilievo in suo onore.

La scena, in sé, può sembrare “di passaggio”. Ma oggi è diventata iconica per il significato simbolico che ha assunto: la maschera di Totò scolpita nella pietra, al centro di un paese che lo ha reso eterno. Segno che la farsa, talvolta, ha più peso del dramma.

In sintesi: “Signori si nasce” è una miniera di scene memorabili, stratificate, intelligenti nella loro comicità naïf. Gag fisiche, battute fulminanti, travestimenti esilaranti e citazioni storico-politiche convivono in un equilibrio da commedia dell’arte filtrata dal cinema. Ogni scena è una perla del repertorio totiano, e insieme un atto d'amore per il teatro comico, popolare, ma anche raffinato. A prescindere. 


Così la stampa dell'epoca

📰 Accoglienza critica: tra elogi sornioni e malcelato snobismo

All’epoca dell’uscita (1960), "Signori si nasce" fu accolto dalla critica con quella tipica miscela di sufficienza e rispetto condizionato che accompagnava da anni il cinema di Totò. Alcuni critici lo videro come “l’ennesima farsa mascherata da film”, e non avevano tutti i torti: la struttura teatrale, la comicità centrata sul duo Totò-Peppino, il ritorno ai motivi cari a Mattoli e al de Curtis teatrale lo rendevano, a loro occhi, un’opera “minore”, o meglio non degna di reale analisi cinematografica.

Tuttavia, qualche voce fuori dal coro cominciava a cogliere il valore profondo del lavoro di Totò: la capacità di manipolare il linguaggio, di mescolare alto e basso, di fare del proprio volto una maschera in perenne trasformazione. Non mancarono critiche positive al lavoro registico di Mattoli, che veniva considerato un onesto artigiano della commedia, abile nel ricreare ambientazioni storiche verosimili e al tempo stesso caricaturali, soprattutto nei dettagli del costume e della scenografia belle époque.

Le recensioni più tiepide puntavano il dito sulla ripetitività dei meccanismi comici e sull'“abuso del duetto Totò-Peppino”, senza cogliere appieno la ricchezza semiotica e teatrale insita proprio in quel riproporsi “sempre uguale, sempre diverso”. Il gioco della variazione sul tema — che è tipico del teatro comico napoletano, dal cunto alle farse di Scarpetta — veniva frainteso come pigrizia narrativa, piuttosto che raffinata grammatica di tradizione scenica.

🎟️ Il pubblico in sala: successo immediato e risate garantite

Il pubblico, invece, fu tutto un altro discorso. "Signori si nasce" fu un successo commerciale immediato, grazie alla presenza di Totò, Peppino e Delia Scala (reduce da Canzonissima), e al gusto per le ambientazioni d’epoca, all’epoca di gran moda.

In un'Italia in pieno boom economico, dove il neorealismo lasciava spazio alla commedia leggera e ai varietà della RAI, il film rappresentava un’oasi di evasione nostalgica e farsesca, che però strizzava l’occhio al presente. Il barone Zazà, con i suoi debiti e le sue vanterie, era una macchietta belle époque, ma anche uno specchio deformante del piccolo borghese in ascesa.

Le sale risero di gusto. Le battute vennero immediatamente adottate nel linguaggio quotidiano, in particolare il mantra:

“Signori si nasce, e io lo nacqui!”

Una frase che ancora oggi vive nei meme e nei tormentoni da social, segno che Totò aveva (e ha) un impatto trans-generazionale.

Il film piacque al Sud come al Nord, ai grandi e ai piccoli, anche perché non spinge mai verso la volgarità (se non con quel savoir-faire che Totò elevava a forma d’arte), e si appoggia su una struttura narrativa che è quasi quella di una fiaba moderna.

⛪ Il giudizio della censura: turbamenti clericali e salvataggi in extremis

La Commissione di Revisione Cinematografica (oggi la chiameremmo censura, e con più onestà) non si lasciò incantare tanto facilmente. Non furono poche le obiezioni mosse in sede di rilascio del nulla osta, in particolare per:

  • Le “scene ecclesiastiche”, che coinvolgevano alcuni personaggi in abiti religiosi ritratti in situazioni caricaturali (compreso un prete in sartoria e un'altra figura vicina alla parodia).
  • La celebre scena del bacio di Totò sul seno di Angela Luce, giudicata al limite dell’improprio, anche se sostenuta dall’improvvisazione (e dalla dichiarata spontaneità dell’attore).

I funzionari della Commissione si trovarono divisi tra moralismo e tolleranza, e solo dopo accese discussioni si decise di non tagliare nulla, in virtù del tono evidentemente farsesco e non scandalistico. Come spesso accadeva con Totò, la sua ironia salvava anche le scene più ardite, perché il Principe — e qui è il caso di dirlo — giocava sempre sul filo, ma con la leggerezza di un funambolo.

Inoltre, il film, essendo ambientato in un passato "innocuo" (la Belle Époque), beneficiava della distanza storica come attenuante. Le battute che nel presente sarebbero state sanzionate come “indecorose”, nel contesto storico assumevano un’aura da “cultura d’epoca”, e passavano il vaglio più facilmente.

📽️ Retrospettiva moderna: rivalutazione critica e status cult

Nel tempo, la critica ha ampiamente rivalutato "Signori si nasce". Lo si studia oggi come:

  • un esempio perfetto di maschera comica post-scarpettiana;
  • un film dalla struttura teatrale consapevole, ricco di metacinema (con quel finale col sipario che scende!);
  • una lezione di comicità linguistica e gestuale, condensata nel corpo e nella voce di Totò;
  • una pagina di cultura popolare italiana, in grado di fotografare l’inconscio collettivo del secondo dopoguerra meglio di molti drammi borghesi.

Oggi il film passa nei cineforum, nelle rassegne dedicate a Totò, e viene spesso citato come uno dei migliori esempi del “filone nobile” della comicità cinematografica italiana. I duetti con Peppino vengono ancora trasmessi come “pillole di saggezza demenziale”, e le battute sono vive nel lessico dell’italiano medio, come proverbi buffi senza età.

🎯 Conclusione: tra le risate e la nobiltà della comicità

“Signori si nasce” fu, al tempo della sua uscita, una commedia di grande successo popolare, minimamente disturbata da qualche rigurgito moralista della censura. La critica, all’epoca restia a “nobilitare” il comico, lo accolse con circospezione ma senza stroncature.

Il tempo, però, ha fatto giustizia: oggi il film è considerato una vetta della collaborazione Totò-Peppino, una piccola enciclopedia vivente della farsa napoletana cinematografica, e una gioielleria verbale in costume, dove ogni battuta è un cammeo inciso con la finezza del burattinaio di talento.

E come direbbe Zazà:

“Bona questa. Peccato che l’ho sciupata così.”


Per Totò il tempo s'è fermato: sono anni, anzi decenni, che dal palcoscenico, dallo schermo, attraverso la radio e la televisione continua a presentarci le stesse battute, gli stessi clowneschi atteggiamenti volgari e risaputi. Il popolare comico napoletano è rimasto ai tempi della pochade, della comica finale [...] che se una volta - ad un certo pubblico - poteva essere gradito perchè alla moda, oggi non diverte più nessuno o quasi.

Vice, «Il Popolo», 1960


Questa pietanza cinematografica, detta in gergo di cucina «Piglia Totò e Peppino De Filippo e lascia fare a Dio», s'impernia sul contrasto fra i petti di pollo (ossia gli attori in questione) e la polenta di una vicenda farsesca e dozzinale. Piatto facilissimo a prepararsi, ed ottimo per congedare infallibilmente gli ospiti non scevri di intelligenza e di finezza, o per trattenere sine die gli ospiti volgari ed ottusi. Pigliate dunque Mario Mattoli e non ponete limiti alle sue native qualità di regista che dove s'attacca là ogni illusione d'arte muore. [...]

Giuseppe Marotta, «L'Espresso», 1960


Sequestrati i manifesti con la fotografia di Liana Orfei

La giovane attrice vi appariva in costume succinto accanto a Totò per la pubblicità di un nuovo film

ROMA, mercoledì sera

I manifesti pubblicitari per il lancio del film «Signori si nasce» con Della Scala, Totò e Liana Orfei sono stati sequestrati perché ritenuti contrari alla decenza. La denuncia è stata redatta dal commissariato Viminale che ha ritenuto la foto di Liana Orfei, che appare in costume succinto, contraria alla pubblica morale. In secondo piano si nota Totò in tonaca che strabuzza gli occhi alla vista della bella Liana. Il sostituto Procuratore della Repubblica dott. Pedote ha quindi ordinato il sequestro del manifesti.

«Stampa Sera», 27-28 aprile 1960


In un clima d'altri tempi, ingenuo e bonario, mattacchione e patetico cui si adegua la garbata recitazione di Totò e Peppino De Filippo calibrata per l'occasione su toni più misurati del solito, la trama si snoda senza scosse e soprattutto senza essere costellata di trivialità

E' il contrasto dal caratteri di due fratelli che dà vita e sapore al racconto: Ottone, scioperato, fantasioso e, naturalmente, povero. Pio, avaro, sempliciotto e ricco. Tuttavia il contrasto non crea urto fra i due: uno attento alla borsa e alla credulità dell'altro e costui si difende con una tattica furbesca che paralizza i colpi mancini. Ma una volta tanto Pio ci casca in pieno a farsi imbrogliare ed é quando Ottone riesce a far passare per figlia un'attricetta scostumata legata a lui da ben altri rapporti, il che dà l'avvio a una serie di equivoci a malintesi che arricchiscono la commediola di motivi umoristici.

La nota piccante è data da Delia Scala - l'attricetta camuffata da figlia - che ritorna al cinema dopo anni di assenza, con lo stesso piglio ingenuo e petulante e, come prime, più disinvolta che brava. Ha diretto Mario Mattoli.

Vice, «Il Tempo», 30 aprile 1960


Tempi duri per li teatro di rivista. E non solo oggi, ma, evidentemente, anche all’epoca (sessant'anni fa) in cui si svolge questa farsa cinematografica che reca la firma di Mario Mattoli. Per realizzare uno spettacolo — più per amore di una bella soubrette (Delia Scala) che per effettiva passione per l’arte — un nobile spiantato detto «Zazà» (Totó) cerca di imbrogliare il credulone, ma danaroso fratello Pio (Peppino De Filippo). [...] Dal che si deduce che se il potere d'acquisto della moneta è mutato, nel mondo affascinante e avventuroso del teatro succedono sempre le medesime cose. La pellicola, più che per le situazioni alquanto stantie e poi il dialogo molto approssimativo, si lascia vedere per la divertente interpretazione di Totò e di De Filippo, accanto al quali figurano, oltre alla sempre brava Della Scala, Riccardo Garrone, Lidia Martora, Luigi Pavese, Carlo Croccolo e Liana Orfei.

«Il Messaggero», 30 aprile 1960


[...] Mario Mattoli si è servito, qualche volta con opportunità e allegria, di tutte le buffonerie facili e bonarie che frequentano da tre quarti di secolo i palcoscenici. Totò e Peppino De Filippo, naturalmente, ci sguazzano, con tutto il loro repertorio.

Maurizio Liverani, «Paese Sera», 1 maggio 1960


Una farsa all’antica, con tutti i garbugli della tradizionale meccanica teatrale, montati come la panna, nel canovaccio di Dino Falconi e Luigi Motta per il film Signori si nasce di Mario Mattoli. [...] Del principio del secolo il racconto ha i costumi, il gusto e l'ordito, nello spirito evocativo che in Falconi e Motta è stato alimentato dalla nostalgia di certe commediole bonaccione e, per quel tempo, spregiudicate. Ma anche la tecnica del regista è annosa: gli interpreti si muovono, fra scenografie di carta, pesta, come se fossero su un palcoscenico del 1900 o in una pellicola del muto. Se amate le stampe ingenue e stinte d'altro tempo, il film può interessarvi e può anche accadere che vi diverta. Cinematografia retrospettiva, senza sguaiataggini nè trivialità, in cui il candore voluto e quello non voluto si accavallano. Totò e De Filippo, stavolta, contengono le esuberanze. Da segnalare il ritorno al cinema di Della Scala, dopo alcuni anni di assenza; il teatro di rivista non l’ha migliorata. Signori si nasce, ma anche attrici.

lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 29 aprile 1960


Mario Mattoli, regista da lungo tempo sulla piazza, ci porta con Signori si nasce al cinema prebellico, quello tirato via, per nulla ambizioso, ignaro dei buoni usi della cultura [...] L'invenzione è scarsa, il dialogo indigente, lo spirito da sottoscala. Chi salva un pochino lo spettacolo è il duo Totò-Peppino De Filippo. Non ci dicono nulla di nuovo, ma le macchiette da essi disegnate hanno smalto, colore, vivacità meridionale.

Pietro Bianchi, «Il Giorno», 29 aprile 1960


Quattro risate, ma molto alla buona, con Signori si nasce in cui Totò e Peppino De Filippo sono ancora in coppia, l'uno nei panni di un barone sciacquatore e vitaiolo, l'altro in quelli del fratello tirchio e bigotto, al portafogli ben fornito del quale Totò mira con i suoi raggiri.

Arriva persino a spacciare come figlia naturale una subrettina (Delia Scala, senza troppo pepe in verità) che vuole innalzare ai fastigi di primadonna, in un'operetta di cui si è improvvisato finanziatore. Un imbroglio tira l'altro, gli equivoci e i malintesi s'infittiscono salvo a diradarsi, per modo di dire, in un Anale qualsiasi. Ambientata ai primi del secolo, la farsa trae molti dei suoi effetti di ilarità da trovate, battute e scenette che risalgono alla stessa età. Il divertimento offerto dal regista Mattoli è quindi anche questa volta modesto, ma lo ravvivano, per quel che possono, i lazzi di Totò e la buffoneria, abbastanza misurata, di Peppino.

«La Stampa», 20 maggio 1960


Va in onda in prima serata l'ennesimo film che il principe Antonio De Curtis (in arte Totò) ha girato nella sua trentennale carriera cinematografica, costellata di grandi successi, ma di scarsa attenzione critica. Infatti solo dopo la sua morte, nel '67, gli studiosi hanno cominciato ad occuparsi seriamente di questo grande comico, valutandone appieno il valore artistico, al di là dei filmetti spesso commerciali che girava talvolta al ritmo di 6-7 l’anno, o magari due contemporaneamente (passando nello stesso giorno da un teatro di posa all'altro). Di Totò è stata finalmente messa in luce il sommo istrionismo interpretativo con una mimica e una gestualità che sono discendenti diretti dellaCommedia dell'Arte del Rinascimento, in particolare quella napoletana (la maschera di Pulcinella). Anche "Signori si nasce" come film in sè non è gran cosa: ma quello che conta nella vasta cinematografia di Totò è la presenza detrattore con la sua carica verbale aggressiva e spesso surreale e coti quella fisica del ruolo da guitto che riesce a salvare persino le trame più banali.

Infatti in questo lungometraggio Totò è il solito indefesso donnaiolo che subisce i contrasti di un fratello tutto casa e famiglia: manco a dirlo quest'ultimo è interpretato dalla spalla più ideale per lui, l'altrettanto spiritoso Peppino De Filippo, la cui comicità volutamente paesana s'integra alla perfezione con quella concettuale e raffinata di Totò. A merito di quest'ultimo va ascritto il fatto che le sue battute non sono mai volgari e, riviste oggi, con la profusione dei tanti comici grossolani scoperti di recente dalla tv, si presentano come modello di gentile umorismo. Un umorismo comunque ,sempre attuale, che non ha perso assolutamente nulla del suo smalto e del suo vigore. Prova ne sia che persino una rete legata all'audience, come quella berlusconiana, trasmette il film in pieno week-end: segno che Totò piace ancora e soprattutto ai giovani. Una ragione in più per apprezzarlo appieno e considerarlo come il maggior attor comico del cinema italiano di tutti i tempi.

Guido Michelone, «Corriere Eusebiano», 12 settembre 1991


Carlo Croccolo come Totò - "Signori si nasce", farsa di Castellano e Pipolo

«Signori si nasce e io, modestamente, lo nacqui». Citazione storica che, immediatamente, richiama alla memoria il grande Totò, la sua ironia, il suo personalissimo stile, in magico equilibrio tra miseria Snobiltà. A quello stile, alle battute e gags che ormai sono patrimonio della memoria collettiva, si ispira «Signori si nasce», farsa musicale di Castellano e Pipolo, che il napoletano Carlo Croccolo, affiancato da folto cast (c'è anche Cosimo Cinieri), porta in scena al Teatro Superga di Nichelino sabato 6 gennaio alle 21 e domenica 7 alle 16 (tel.011/68191). Lo spettacolo è tratto dal film omonimo che fu campione d'incassi e che registra come tutti i film di Totò, d'altronde, numerosissimi passaggi televisivi. Croccolo firma anche la regia.

La trama prende spunto dalla guerra dichiarata e perenne tra il barone Zazà, spalleggiato dal fido maggiordomo e il fratello del barone: tal Pio degli Ulivi, ecclesiastico tirchio e bacchettone. Due ruoli che al cinema furono, rispettivamente, di Totò e Peppino, e che rappresentano, in chiave comica, l'eterna lotta tra il bene e il male, tra Abele e Caino. Un «bene» che, in questo caso, suscita parecchia antipatia e un «male» che, al contrario, diverte e incuriosisce. Tanto che il vero protagonista di una girandola di situazioni farsesche, è proprio Zazà/Caino: sfaticato, scroccone, donnaiolo, bugiardo e scialacquatore. Sempre preso a escogitare imbrogli e raggiri per sbarcare il lunario: oltre che, naturalmente, per divertire il pubblico.

Silvia Francia, «La Stampa», 5 gennaio 2001


Angela Luce "Quei due baci entrati nella storia del cinema"

Nella famosa scena di “Signori si nasce”, ricorda l’artista, “era previsto tutt’altro, lui mi sorprese e mi fece ridere”

Bella e brava, Angela Luce ha intrecciato la sua carriera d'attrice con quella del grande Totò, con lui è stata sul set di "Signori si nasce", "Letto a tre piazze" e "Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi", ne ha interpretato le canzoni nel cd "Luce per Totò", lo ha ricordato in uno spettacolo "Totò 110 e lode".

Signora Luce, qual è stato il suo rapporto con Totò?

«Un rapporto straordinario, e lui per me è come la tavolozza di un pittore che ha tutti i colori possibili. Ma quello dominante è la sua immensa bravura. Mi ritengo davvero fortunata di aver partecipato ai tre film al suo fianco».

Di lui cosa la colpì ?

«La grande eleganza. Eleganza di gesti e di parola. C'era da innamorarsi di lui. Quando giravamo era un attore di comicità esilarante ma dietro la scena, durante le pause, era diversissimo, sembrava un signore che stesse aspettando degli ospiti per conversare amichevolmente con loro. Il set era come un salotto in cui si muoveva a suo agio, con autorevolezza».

Un bell'incontro, quindi.

«Indimenticabile. Era di una classe straordinaria, non alzava mia la voce, quando recitava io avevo verso di lui una grande soggezione, ma sentirlo parlare era un piacere».

Gentile?

«Sapeva che avevo lavorato con Eduardo, e quando lo conobbi già non vedeva bene. Chiese ai suoi assistenti se ero davvero tanto bella e rassicurato disse "e tene pure 'na bella voce". Poi mi disse chiamami Totò, io risposi: "Principe non potrei". Mi intimidiva.»

Era galante?

«Apprezzava la bellezza, certo. Ma mentre giravamo, durante le pause, mi diceva: "Angeli', finiamo presto questa scena che mi devi cantare una bella canzone, aggia senti' l'addore ‘e Napule"».

Napoli sempre presente?

«Adorava Napoli, per questo mi faceva sempre cantare. Le sue canzoni erano bellissime».

Ce n'è una che preferisce?

«Canto molto volentieri "T'aggia lassà, ma 'o core nun m' 'o dice 'e te lassà...", peccato che Totò non ha potuto ascoltare il cd che ho inciso con i suoi brani».

Un'emozione che ricorda volentieri?

«Quando un giorno, stavamo girando una scena di "Signori si nasce", io facevo la fantesca, aprivo la porta e lo facevo accomodare. La scena doveva essere drammatica, era morta sua sorella e io gli porgevo le mie condoglianze avvicinandomi per dargli un bacio sulle guance. Ma quale fu il mio stupore quando Totò avvicinandosi al mio decolleté mi diede due baci sui seni che, devo dire, avevo assai belli. Dovetti fare uno sforzo per non ridere e mi preoccupai che si dovesse rifare la scena per colpa mia. Ero davvero confusa e dissi a Mario Mattoli che se voleva tagliare quella effusione fuori programma non mi sarei offesa. Ma lui, ridendo divertito, mi rispose che quella scena era bellissima e divertentissima, e sarebbe rimasta nella storia del cinema. Infatti è stato così».

Giulio Baffi, «Repubblica», 15 aprile 2017


I documenti

Tutte le principali uscite home video di Signori si nasce:

📼 VHS

  • Edizione originale (probabile anni ’80/’90)
    Circolò in videocassetta in formato PAL, con copertina tipica del repertorio Totò; oggi è reperibile solo nel mercato dell’usato.
  • Riedizione Amazon (moderna)
    Video disponibile come “TOTO' – SIGNORI SI NASCE – VHS” su Amazon.it. Nessuna informazione aggiuntiva disponibile sulle caratteristiche o extra; presumibilmente si tratta della stessa edizione in circolazione.

💿 DVD

  • Terminal Video / Ripley’s Home Video (1 disco)
    • Data d’uscita: 7 luglio 2009 su Amazon.it 
    • Caratteristiche tecniche:
      • Video in 16:9 letterboxed (rapporto 2,35:1)
      • Audio: Italiano Dolby Digital 5.1 e 1.0
    • Contenuti speciali: Nessuno menzionato (probabilmente nessun extra)
  • Re-release 2024 (Ripley’s Home Video / Terminal Video)
    • Edizione precisa: menzionata con produzione Ripley's Home Video, distribuzione Terminal Video, anno 2024
    • Caratteristiche analoghe all’edizione precedente (1 disco, audio italiano), e rating ADC “5/5” nelle recensioni di IBS .
  • UK Import DVD (Region 2)
    • Edizione venduta su eBay (rareWaves), palese come import britannico, indicata come “Brand New” e senza dettagli su eventuali extra 

🧩 Altre collane e omaggi

  • “Totò story” (1968)
    Non un’uscita dedicata a Signori si nasce, ma un antico lungometraggio antologico contenente alcune scene tratte dal film; uscito nel 1968 e spesso ristampato in TV o su VHS collettive

🔍 Riepilogo comparativo

SupportoAnno di uscitaEdizione / EditoreCaratteristiche principali
VHS Anni ’80‑’90 (originale) / moderna riedizione su Amazon Copertina Totò classica / VHS generica Amazon Formato PAL, senza extra
DVD 7 luglio 2009 Terminal Video / Ripley’s 16:9 letterbox, audio 5.1 e 1.0, nessun extra
DVD 2024 Ripley’s/Terminal Video (riedizione) Stesse caratteristiche tecniche, edizione aggiornata
DVD (import 2) Indeterminata UK Import Region 2 (eBay) Probabile identica alla versione italiana, senza extra

🎯 Conclusioni

Le edizioni italiane ufficiali, due uscite DVD (2009 e 2024) sono sostanzialmente identiche – formato corretto e buon audio, ma prive di contenuti speciali. La VHS è un oggetto da collezione privo di extra. Non risultano uscite Blu‑Ray o con commenti, dietro‑le‑quinte o altri materiali bonus (giugno 2025). Un peccato per gli amanti del Totò con approfondimenti, ma d’altra parte in linea con la tendenza generale delle commedie dell’epoca (solo pellicole, senza extra cinematografici).


Ho passato due mesi di lavorazione stupenda con un uomo eccezionale, Totò era un uomo molto serio, molto galante, una galanteria diversa da quella di Eduardo, che era interessata, mentre la sua era una galanteria proprio da signore. Io ero un fiorellino, a quell'età tutti lo si è, ed ero sempre in guépière. Mi guardava, per quel poco che vedeva, ma era piacevole essere guardata così, perché c'era pulizia nel suo sguardo. Seppi che era anche venuto a teatro riuscendo a intravedere il mio personaggio non ricordo se in Giove in doppiopetto o in quale altro spettacolo. E allora durante la lavorazione del film gli chiesi una foto per ricordo, per tenerla fra quella di Charlot e le altre che mi accompagnano. Me la diede e ci scrisse sopra: "Che peccato, facevo il mestiere per cui lei è nata, mi sarebbe tanto piaciuto lavorare con lei anche sul palcoscenico". La conservo ancora.

Delia Scala


Io facevo una cafoncella, una contadinotta per la prima volta in città, che era venuta a servizio. 'Allora Angela, proviamo’, mi dice Totò. ‘Tu fai ‘Condoglianze signò e fai un inchino’. Il regista: 'Allora, giriamo? Giriamo!’. Totò arriva e fa una scena madre, io guardo tutti, mi compenetro nella situazione e partecipo al dolore facendogli le condoglianze: ‘Condoglianze signò'. Avevo un abito, una camicina con un bustino molto aderente, la gonna molto svasata, proprio tipo contadinotta e un decolleté bellissimo, avevo diciannove anni! Lui mi guarda: 'Condoglianze pur’a ’tte, figlia mia'. Metto in avanti il viso convinta che mi dia un bacio sulle guance, lui m’acchiappa e smack!, un bacio su una mammella e un bacio sull’altra mammella! Io resto cosi una frazione di secondo, stavo letteralmente schiattando: avevo voglia di ridere, ero imbarazzata, non sapevo manco io cosa fare ma non potevo mica sospendere la scena, guai!, dovevo andare avanti. Finisce la scena, tutti quanti a ridere, ad applaudire. E lui ridacchiava tutto, perché sapeva che mi aveva messo in imbarazzo...

Angela Luce (intervista di Alberto Anile, "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998, pp. 286-287)


Era accaduto che da qualche anno, in coppia con Totò, avevo ottenuto un notevole successo cinematografico guadagnandomi, così, la fiducia del «noleggio», la sicurezza, cioè, di aver provocato l’interesse diretto dei distributori di films. Tra costoro vi figurava il più importante: Angelo Rizzoli. [...] Infatti, si creda o non si creda ma le statistiche parlano chiare, furono i films che io girai in coppia con Totò a salvare il nostro cinema di allora che subiva la barriera delle produzioni americane, fino a raggiungere la vetta di oltre un miliardo e mezzo di incassi. Si parla di una cifra di tredici anni fa!

Peppino De Filippo («Strette di mano», Peppino De Filippo, Alberto Marotta Editore, Napoli 1974)


Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Celebre Totò&Peppino, giustamente definito “farsa” sin dai titoli di testa. Comunque non all’altezza della fama e della nota, bellissima frase di Totò (vedi sotto), ma talora assai divertente, anche perché i due sono in gran forma e specialmente Carlo Croccolo è loro degna spalla. Delia Scala affascinante. A un certo punto Totò dice pure di aver fatto, insieme a un altro, “tre anni di seminario a Cuneo”.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Scelta forse banale, ma inevitabile. “Signori si nasce… e io lo nacqui, modestamente”.

  • Film totalmente "giocato" sulle schermaglie tra i due fratelli, uno onesto lavoratore, l'altro furbastro che vive di espedienti: benché dotato di momenti divertenti (ed alcune battute rimaste nella storia), non può dirsi molto riuscito, a causa di una sceneggiatura un po' anonima ed anche una certa stanchezza degli attori, non brillantissimi come in altre occasioni.

  • Una delle pellicole più curate da un punto di vista narrativo: Totò, nei panni del compassionevole Zazà (Ottone Degli Ulivi) infonde un profilo convincente al suo idealistico personaggio, che di espedienti tira avanti e che cerca di sfruttare, economicamente, il più concreto fratello (Peppino De Filippo). Nonostante sia pellicola più curata e più ricca di "valori", a livello popolare passa in secondo piano rispetto a titoli più banali ma senz'altro di contenuto più esilarante.

  • Scioperato scroccone donnaiolo firma cambiali col nome del fratello, che invece è ricco e onesto lavoratore; seguono equivoci a ruota. Farsa molto modesta, con i soliti Totò e Peppino a tirare le fila e garantire il divertimento. Alcuni momenti proverbiali, alcuni momenti curiosi (le prove in teatro), una giovane e promettente Delia Scala, per il resto niente di memorabile. Musica fastidiosamente insistente.

  • La battuta più famosa la dice Totò: "Signori si nasce e io lo nacqui, modestamente". Detto questo, il film non è completamente riuscito, nonostante Totò (il nobile Zazà) si dia da fare per dare un po' di colore a una sceneggiatura piuttosto grigia, anche se il suo personaggio è più macchiettistico del solito (quasi eccessivo). Bello il suo rapporto col maggiordomo (lo tratta male e gli fa pagare tutto). Divertente la scena al circolo (la puntata, la palla in testa, il sigaro), oltre a un paio di scambi con Peppino (il fratello sarto). Non male.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò al circolo: "Ma che bella battuta che ho fatto". Dopodichè, guarda il suo interlocutore e aggiunge: "Peccato che l'ho sprecata così".

  • Simpatica commedia-farsa che mette in scena lo scontro tra due fratelli che non potrebbero essere più diversi. Come sempre in queste occasioni la pellicola si regge soprattutto sulla verve del duo Totò-De Filippo anche se qui c'è pure la gustosa presenza di Carlo Croccolo, di Garrone e di Delia Scala. Molte le risate, i momenti e le battute (tra cui una mitica e proverbiale che dà il titolo al film) riuscite ma alla fine si sente che manca qualcosa per farlo entrare nel novero dei migliori del principe della risata.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La madre di mia figlia è morta due giorni prima che nascesse la bambina; Croccolo "serve", oggi diremmo impiatta, la mortadella a Totò. .

  • Sceneggiatura più curata che in altre occasioni similiari per questo confronto fra due fratelli, il primo sarto ecclesiastico, pio e parsimonioso, l'altro sfaccendato, amante delle belle donne e perennemente in bolletta. Però, nonostante i vari aspetti positivi (alcune battute proverbiali, Carlo Croccolo spalla eccellente nel ruolo del domestico mal pagato) affiora pure una certa stanchezza nel confronto fra Peppino e Totò, forse troppo imbrigliati nelle maglie della farsa per poter dare libero sfogo alle loro doti migliori.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La descrizione della tomba faraonica per la presunta moglie defunta.

  • Grande film di Totò e Peppino; entrambi in splendida forma regalano alcuni fra i duetti migliori della loro carriera, per una volta anche aiutati della sceneggiatura, che riesce nell'intento di ricreare la farsa in ambito cinematografico. Puntuale e svelta la regia del fido Mattoli, ottimo il cast di contorno in cui spiccano personaggi come Delia Scala, Croccolo, Riccardo Garrone. Azzeccata anche la colonna sonora, da non perdere.

  • Una continua girandola di battute e situazioni "pericolose" che il nobile Zazà riesce sempre e comunque a sbrogliare. Totò è fantastico nei panni dello spiantato, ma pieno di savoir vivre, Ottone degli Ulivi (Zazà) e spara una battuta dietro l'altra con una parlata dall'accento classico dei nobili gagà di un certo meridione. Peppino, sempre vittima, lo segue con la solita bravura. Girato in un bel b/n con i tempi giusti e teatrali della farsa. Bravi anche i comprimari con le belle Delia Scala, Moira Orfei (e Carlo Croccolo mangia baccalà).

  • Mattoli è probabilmente il regista che ha diretto più volte Totò. Non è quindi un caso se le migliori maschere del Principe De Curtis passano proprio per le sue mani. E quella del barone Ottone degli Ulivi, insieme al finto Principe di Casador di Miseria e nobiltà, sono sicuramente le più riuscite nell'immensa filomografia di Totò. Anche qui le battute memorabili si sprecano e quel parlare da gagà napoletano rimarrà impresso per sempre nella storia della cinematografia. E, udite udite, questa volta c'è persino una sceneggiatura che non demerita.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Totò che illustra il mausoleo funebre al fratello: "Il muro del pianto, il muro del pianto".

  • Contrapposizione tra due fratelli diametralmente opposti di carattere: l’estroverso e il parsimonioso. Prima parte basata sulla parlantina di Totò e il suo fare elegante (ma senza un soldo in tasca) che diverte anche grazie a battute memorabili. I seguenti giochi delle parti che sfruttano la Scala come finta figlia invece risultano abbastanza forzati, negli sviluppi. Buona prova anche di Croccolo e del geloso Garrone. Classico bailamme finale.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: “Domani ti pago”; La maleducanda; “Peccato che l’hai sciupata”; “Modestamente lo nacqui”.

  • È una testimonianza delle doti di Totò attore, che non si limitano a una battuta divertente ma che sono evidenti a tutto tondo nel personaggio del barone Ottone Degli Ulivi. Croccolo è una spalla degnissima, capace di fornire lo slancio per tanti momenti di puro divertimento. Non tutto riesce alla perfezione; il personaggio di Garrone è alquanto banale e fastidioso, ma nel complesso il film funziona.

  • Il principe della risata (nonché di Bisanzio e di Costantinopoli, conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero) a cui furono riconosciuti tanti cognomi e titoli da rendere il suo passaporto corposo come un volume enciclopedico, non rinnega lo scugnizzo illegittimo del rione Sanità: Zazà, nobile spiantato, donnaiolo, istrionico, snob e spiritoso fuori posto, resta una maschera indimenticabile e molti sono gli attori che se ne ricorderanno; e il film ruota tutto attorno a lui, relegando il bigotto Peppino accanto alle altre (valide) spalle.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La battuta del titolo.

  • Totò e Peppino offrono una commedia spassosa e caotica: l’intreccio di menzogne e inganni in cui ognuno dei due fratelli sembra avere qualcosa da nascondere arriva a un apocalittico finale dal quale usciranno “liberati”, liberi soprattutto di poter continuare a litigare. Classica pellicola del duo in cui la trama è solo un esile pretesto per le continue gag. Leggero.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Signori si nasce, e io modestamente, lo nacqui; Il progetto della tomba!

  • Farsa di Mattoli orchestrata su un soggetto classico del teatro di rivista, che trova la sua ragione di essere solo nella splendida prestazione dei due protagonisti, coadiuvati da validi caratteristi come Garrone, Pavese e il solito Croccolo qui particolarmente in forma. Alcuni scambi di battute sono fulminanti ed è difficile non ridere, ma nel complesso la mancanza di idee ne fa un prodotto minore della filmografia di Totò e Peppino. Decorativo il cast femminile. Un classico del nostro cinema comico che si rivede sempre con piacere.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: "Bona, bona questa, peccato che l'ho sprecata così"; I soliti tre anni di militare a Cuneo che per Totò finto prete diventano tre anni di seminario.

  • Un film dove Totò interpreta il Barone Ottone Degli Ulivi che è l’esatto contrario del Barone Antonio Peletti protagonista di 47 morto che parla. Due film dove il protagonista assoluto è il “denaro”; lì perché patologicamente risparmiato, qui perché dissipato con assoluta amoralità. Totò è il personaggio principale di una società aristocratica di primo novecento parassita e dedita solo al gioco e agli amplessi passeggeri con soubrette leggere e caramellose. Travolgente la recitazione farsesca di Totò.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Il contrasto totale tra Totò e il fratello conservatore Peppino, sarto provetto di solida estrazione borghese, è il sale che insaporisce tutto il film.

  • Sicuramente da rivalutare, con un Totò in forma strepitosa ed un Peppino che tiene tranquillamente il passo. Il principe recita con accento frou frou e unisce due tratti costanti della sua maschera, ossia la "fame" e l'ostentazione di nobiltà. Ottimi i comprimari, dalla bella e altrettanto brava (un tempo eran entrambe le cose) Delia Scala a Riccardo Garrone, passando per i "soliti" Croccolo (il cameriere, ovviamente non pagato) e Pavese. Da notare anche la bellissima e acerba Angela Luce. Forse non raffinatissimo, ma uno dei Totò più spassosi.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Croccolo che sbatte letteralmente in faccia a Totò "la solita mortadella"; La lite tra i due fratelli vestiti da parroci.

  • Altro film di Totò, altro esempio di grande cinema. Totò, alias il barone Zazzà, donnaiolo e squattrinato ma nobile e generoso, con la sua strana dizione si prende gioco della vita come fosse un grande teatro o una passerella, scontrandosi inevitabilmente coi problemi reali basati, come sempre, sulla cronica (come quasi in tutti i film) mancanza di soldi e cambiali in scadenza. Alla figura di questo nobile scialacquatore di denaro fa da contraltare un piccolo grande Peppino, sarto indefesso e tanto religioso. Numerose gag da ricordare.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: La tomba di famiglia.

Le incongruenze

  1. Peppino (Pio) dice a Totò (Ottone) che la combinazione della cassaforte è una parola di otto lettere, ma poi Totò la aprirà usando la parola ottone che è di sei lettere
  2. Totò al termine della gag della costruzione della tomba (o "tombone") riesce a convincere il fratello Peppino a sganciare il denaro. Si vede quest'ultimo al registratore di cassa e Totò che improvvisamente la apre. Peppino arrabbiato afferma "Che per poco non gli spezzava un dente". Ma in realtà lo sportello del registratore lo colpisce alla spalla.. che centra il dente?
  3. Quando Totò colpisce con un calcetto sotto il tavolo il suo domestico per fargli segno di tacere, la scena è palesemente finta in quanto la larghezza del tavolo è troppo grande per permettere a Totò (che nemmeno si allunga più di tanto) di raggiungere il domestico, che tra l'altro è anche abbastanza scostato dal tavolo

www.bloopers.it


Tutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo.

Il piazzale dove il fidanzato (Riccardo Garrone) di Patrizia (Delia Scala), dopo aver malmenato alcune persone che infastidivano la fidanzata, viene arrestato dalle guardie, è Piazza San Pietro in Montorio nei pressi del Gianicolo a Roma, dove Sordi andava a prendere la moglie alla messa di Pasqua in Il commissario.

Il teatro dove Patrizia (Scala) si esibisce come soubrette è il Teatro Valle in Via del Teatro Valle 23/A a Roma, già visto in Il mondo dei Miracoli (1959), film col quale facciamo un confronto.

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02 Dic 2019

Mancori Alvaro

Mancori Alvaro (Roma, 15 settembre 1923 – Roma, 24 giugno 2011) è stato un direttore della fotografia e produttore cinematografico italiano. Fra gli anni cinquanta e sessanta ha lavorato…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
1870
03 Lug 2022

Mancori Sandro

Mancori Sandro E' stato assistente operatore e operatore cinematografico Il direttore di fotografia Mario Albertelli accanto all’operatore alla macchina Giuseppe La Torre furono i maestri…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
908
14 Gen 2016

Martora Lidia (Maresca Lidia)

Martora Lidia (Maresca Lidia) Pseudonimo di Lidia Maresca (Rocca di Cave, 13 gennaio 1917 – Roma, 23 aprile 1971), è stata un'attrice italiana. Biografia Nata da una famiglia di famosi…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
7218
09 Apr 2014

Mattòli Mario

Mattòli Mario Non ho nessun merito nella carriera di Totò, se non quello di aver capito che non doveva continuare a fare il filmetto con la storiellina, ma che bisognava alzare un po' il…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
6139
27 Nov 2015

Meniconi Mario

Meniconi Mario (Roma, 14 marzo 1912 – Roma, 15 giugno 1984) è stato un attore italiano. Biografia Fratello di Furio Meniconi, ha interpretato come attore caratterista i ruoli più disparati,…
Simone Riberto, Daniele Palmesi, Federico Clemente
3500
12 Nov 2015

Mignone Toto (Ottone o Totò)

Mignone Toto (Ottone o Totò) Ottone Mignone detto Totò (Alessandria, 8 febbraio 1906 – Roma, 3 gennaio 1993) è stato un attore e ballerino italiano. Biografia Fratello minore di Milly e…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3683
23 Nov 2015

Milano Nino

Milano Nino (Eboli 28 febbraio 1920 - Roma 07 marzo 1989) è stato un attore italiano. Biografia Figlio di Cosimo e di Cosimina Rinaldi, nel 1958 sposa Edwige Havenstein. L'attore napoletano…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2894
14 Gen 2016

Nandi Vera (Brigida Cinque)

Nandi Vera (Brigida Cinque) Nome d'arte di Brigida Cinque (Napoli, 5 aprile 1924 – Napoli, 18 febbraio 1998), è stata un'attrice e cantante italiana. Biografia Vera Nandi è stata una delle…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3614
14 Gen 2016

Orfei Liana

Orfei Liana Liana Orfei (San Giovanni in Persiceto, 6 gennaio 1937) è un'attrice teatrale, attrice cinematografica e circense italiana. È stata anche cantante e come la cugina Moira Orfei e…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
7024
14 Gen 2016

Pastore Piero

Pastore Piero Pietro Mario Pastore detto Piero (Padova, 3 aprile 1903[1] – Roma, 8 gennaio 1968) è stato un calciatore, allenatore di calcio e attore cinematografico italiano. Carriera…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2678
09 Apr 2014

Pavese Luigi

Pavese Luigi (Asti, 25 ottobre 1897 – Roma, 13 dicembre 1969) è stato un attore e doppiatore italiano. Biografia Fratello maggiore di Nino Pavese, esordì al cinema giovanissimo,…
Daniele Palmesi, Valentina Pattavina
8646
20 Ago 2021

Pazza Delia Scala per il ballo

Pazza Delia Scala per il ballo A sette anni Delia Scala era considerata una bambina prodigio. Aveva l’istinto del ballo. Vorrebbe poter fare dei film come attrice e come ballerina. Delia…
Domenico Meccoli, «Epoca», anno XIII, 19 maggio 1951
1332
21 Nov 2015

Pepe Nico

Pepe Nico (Udine, 19 gennaio 1907 – Udine, 13 agosto 1987) è stato un attore e regista teatrale italiano. Nella parte finale della carriera è stato attivo anche in televisione. È stato…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
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20 Gen 2021

Peppino in tentazione

Peppino in tentazione A teatro chiuso, Peppino De Filippo non riposa: si dedica al cinema e alla televisione. Nel film “Boccaccio 70” e sul video, in “Peppino al balcone”, dimostra che le…
Arturo Gismondi, «Noi donne», anno XV, n.33, 13 agosto 1961
1056
14 Gen 2016

Pini Aldo

Pini Aldo (Bologna, 6 aprile 1909 – Ferrara, 11 febbraio 1990) è stato un attore italiano. Biografia In giovane età esordì nel varietà e nel teatro di rivista, attorno ai vent'anni iniziò…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2518
16 Nov 2015

Scala Delia (Bedogni Odette)

Scala Delia (Odette Bedogni) Pseudonimo di Odette Bedogni (Bracciano, 25 settembre 1929 – Livorno, 15 gennaio 2004), è stata un'attrice, showgirl e ballerina italiana, il cui nome è legato…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
7384
23 Nov 2015

Torelli Attilio

Torelli Attilio (Roma, 8 giugno 1897 – Chiavari, 28 febbraio 1968) è stato un attore italiano. Esordisce nel film Fiamme sul mare di Michał Waszyński del 1947. Fino al 1963 è attore di…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
3523
21 Nov 2016

Totò e... Carlo Croccolo

Totò e... Carlo Croccolo La voce di Totò L’ho doppiato naturalmente non in tutti i film ma solamente nelle scene esterne, per via dei rumori che richiedevano la doppiatura e, siccome Totò…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
7663
23 Nov 2016

Totò e... Castellano e Pipolo

Totò e... Castellano e Pipolo L'istinto e l'invenzione La prima volta che abbiamo conosciuto Totò è stato un dramma. Eravamo alle primissime armi, lavoravamo per la DDL di Libassi, che lo…
Daniele Palmesi, Orio Caldiron
4805
10 Gen 2017

Totò e... Luigi Pavese

Totò e... Luigi Pavese Luigi Pavese: la voce profonda del cinema che non voleva protagonismi C'era una volta, in quell’Italia dai toni seppia e dai film in bianco e nero, un uomo che sapeva…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
6309
15 Mag 2016

Totò e... Mario Mattoli

Totò e... Mario Mattoli Quasi un contorsionista Non ho nessun merito nella carriera di Totò, se non quello di aver capito che non doveva continuare a fare il filmetto con la storiellina, ma…
Orio Caldiron, Franca Faldini, Goffredo Fofi
6095
27 Ago 2016

Totò e... Peppino De Filippo

Totò e... Peppino De Filippo Era accaduto che da qualche anno, in coppia con Totò, avevo ottenuto un notevole successo cinematografico guadagnandomi, così, la fiducia del «noleggio», la…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
17068
10 Apr 2014

Totò, Peppino e... ho detto tutto (2001)

TOTÒ, PEPPINO E... HO DETTO TUTTO (2005) Titolo originale Totò, Peppino e... (ho detto tutto) Opera composta da un video e il libro «Fratelli d'Italia» edito da Einaudi.Paese di produzione…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
7259
24 Nov 2015

Valentini Leopoldo

Valentini Leopoldo (Roma, 4 marzo 1912 – Roma, 26 gennaio 1983) è stato un attore italiano. Biografia Iniziò la sua attività nel teatro di rivista, affermandosi come attore di buone qualità…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
2160


Riferimenti e bibliografie:

  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • "Totò: principe clown", Ennio Bìspuri - Guida Editori, 1997
  • Angela Luce, intervista di Alberto Anile, "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998, pp. 286-287.
  • www.angelaluce.it
  • «Strette di mano», Peppino De Filippo, Alberto Marotta Editore, Napoli 1974

Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:

  • Vice, «Il Popolo», 1960
  • Giuseppe Marotta, «L'Espresso», 1960
  • «Stampa Sera», 27-28 aprile 1960
  • Vice, «Il Tempo», 30 aprile 1960
  • «Il Messaggero», 30 aprile 1960
  • Maurizio Liverani, «Paese Sera», 1 maggio 1960
  • lan. (Arturo Lanocita), «Corriere della Sera», 29 aprile 1960
  • Pietro Bianchi, «Il Giorno», 29 aprile 1960
  • «La Stampa», 20 maggio 1960
  • Guido Michelone, «Corriere Eusebiano», 12 settembre 1991
  • Silvia Francia, «La Stampa», 5 gennaio 2001
  • Giulio Baffi, «Repubblica», 15 aprile 2017