UCCELLACCI E UCCELLINI
Innocenti Totò/Frate Ciccillo
Inizio riprese: ottobre 1965 - Autorizzazione censura e distribuzione: 16 marzo 1966 - Incasso lire 173.036.000 - Spettatori 606.442
L'assurdo Totò, l'umano Totò, il matto Totò, il dolce Totò...
Titolo originale Uccellacci e uccellini
Paese Italia - Anno 1966 - Durata 85 min - B/N - Audio sonoro - Genere commedia, grottesco - Regia Pier Paolo Pasolini - Soggetto Pier Paolo Pasolini - Sceneggiatura Pier Paolo Pasolini - Produttore Alfredo Bini - Fotografia Tonino Delli Colli, Mario Bernardo - Montaggio Nino Baragli - Musiche Ennio Morricone - Scenografia Luigi Scaccianoce, Dante Ferretti
Totò: Innocenti Totò/Frate Ciccillo - Ninetto Davoli: Innocenti Ninetto/Frate Ninetto - Femi Benussi: Luna, la prostituta - Francesco Leonetti: la voce del corvo - Gabriele Baldini: il dentista dantista - Riccardo Redi: l'ingegnere - Lena Lin Solaro: Urganda la sconosciuta - Rossana di Rocco: amica di Ninetto - Vittorio Vittori: Guitto - Fides Stagni
Soggetto
Totò e suo figlio Ninetto vagano per le periferie e le campagne circostanti la città di Roma. Durante il loro cammino incontrano un corvo. Come viene precisato durante il film da una didascalia: «Per chi avesse dei dubbi o si fosse distratto, ricordiamo che il corvo è un intellettuale di sinistra - diciamo così - di prima della morte di Palmiro Togliatti.»
Il corvo narra loro il racconto di Ciccillo e Ninetto (anch'essi interpretati da Totò e Ninetto), due monaci francescani a cui San Francesco ordina di evangelizzare i falchi ed i passeri. I due frati non riusciranno a raggiungere il loro obiettivo, perché, pur essendo riusciti ad evangelizzare le due "classi" di uccelli, non avranno posto fine alla loro feroce rivalità: per questa mancanza verranno rimproverati da San Francesco ed invitati ad intraprendere nuovamente il cammino di evangelizzazione.
Chiusa la parentesi del racconto, il viaggio di Totò e Ninetto prosegue; il corvo li segue e continua a parlare in tono intellettualistico e altisonante. I protagonisti, in un contesto fortemente visionario, incontrano altre persone, tra le quali: alcuni proprietari terrieri che ordinano a Totò e Ninetto di allontanarsi dalle loro proprietà e finiscono per sparare contro i due, che non vogliono obbedire; una famiglia, che vive in condizioni assai degradate, a cui Totò intima di abbandonare la propria casa; un gruppo di attori itineranti a bordo di una Cadillac; i partecipanti al "1º convegno dei dentisti dantisti"; un uomo d'affari di cui Totò è debitore. In seguito, prima i due si ritrovano ai funerali di Togliatti e poi incontrano una prostituta.
Alla fine del film i due, stanchi delle chiacchiere del corvo, lo uccidono e se lo mangiano.
Critica e curiosità
Le riprese sono state effettuate ad Assisi, Tuscania, Roma e all'aeroporto di Roma-Fiumicino. Pasolini afferma di aver scelto Totò come protagonista del film, pur non conoscendolo personalmente, poiché riteneva che la sua maschera rappresentasse in modo esemplare i due caratteri tipici dei personaggi fiabeschi: la stravaganza e l'umanità. Questo giudizio fu poi confermato una volta che i due ebbero iniziato a lavorare insieme.
Il regista ha usato nella stessa pellicola attori presi dalla strada e senza esperienza recitativa e mostri sacri della cinematografia come Totò, nella convinzione che alcuni personaggi necessitassero di interpretazioni estreme: la naturale brutalità o leggerezza del dilettante e l'impostazione ed esperienza dell'attore professionista. Totò definisce Pasolini come un uomo intelligente e pieno di fantasia, con un modo di regia differente da quello cui il comico era abituato. Totò, grande improvvisatore sul set e abituato ad avere sempre carta bianca, fu invece costretto in questo film a rispettare puntualmente le battute del copione e le indicazioni del regista.
Come raccontato anni dopo, Oreste Lionello raccontò che Pasolini rifiutò l'aiuto di Carlo Croccolo, che solitamente doppiava Totò ormai cieco nelle scene esterne dei suoi film, e chiamò invece proprio Lionello per doppiare tutto il film: il Principe avrebbe poi ascoltato la traccia di Lionello autodoppiandosi. La produzione fu costretta più volte a cambiare il corvo, perché ogni volta l'animale tentava di cavare gli occhi a Totò. Venne così escogitato il sistema con cui la gabbia del corvo veniva posta dietro la macchina da presa, e ogni volta che questa girava, il corvo la inseguiva.
Notevole l'idea, pressoché unica nel suo genere, di far cantare i titoli di testa del film. Infatti a partire dal titolo del film fino ai nomi degli attori, del regista, del montatore, dell'architetto, del fotografo ecc. tutti i nomi vengono annunciati in canzone da Domenico Modugno, conferendo ai titoli stessi un effetto suggestivo, accompagnato tra echi barocchi e chitarre elettriche, flauti dolci e i cori dello stesso compositore Ennio Morricone.
Scene inedite
Durante la lavorazione, Pasolini scartò delle sequenze, conservate mute alla Cineteca di Bologna. Tra le varie scene, la più interessante è quella in cui Totò è un addestratore da circo, in compagnia di Davoli, che fa pronunciare delle frasi politiche a vari animali in cattività, prendendosela furiosamente contro un cammello marxista, e rimpiangendo il periodo del nazismo. Dopo aver tentato inutilmente di addestrare un'aquila, Totò viene sopraffatto dal suo spirito di libertà e spicca il volo verso il cielo. Questa scena, con sottotitoli, fu inserita nel documentario RAI "Lei non sa chi sono io!".
I documenti
Totò, una ricca statua di cera
Così Totò fu definito da Pierpaolo Pasolini, all'inizio di una bella collaborazione artistica in occasione dell'uscita del film "Uccellacci e uccellini":
"Uccellacci e uccellini" è stato il mio film che ho amato e continuo ad amare di più, prima di tutto perché come dissi quando uscì è "il più povero e il più bello" e poi perché è l'unico mio film che non ha deluso le attese. Collaborare con Totò "reduce da quegli orribili film che oggi una stupida intelligenzia riscopre" fu molto bello: era un uomo buono e senza aggressività, di dolce cera. Voglio ricordare anche che oltre che un film con Totò, "Uccellacci e uccellini" è anche un film con Ninetto, attore per forza, che con quel film cominciava la sua allegra carriera. Ho amato moltissimo i due protagonisti, Totò, ricca statua di cera, e Ninetto. Non mancarono le difficoltà, quando giravamo. Ma in mezzo a tanta difficoltà, ebbi in compenso la gioia di dirigere Totò e Ninetto: uno stradivario e uno zuffoletto. Ma che bel concertino.
Pier Paolo Pasolini
Uccellacci e uccellini è stato il mio film che ho amato e continuo ad amare di più, prima di tutto perché come dissi quando uscì è "il più povero e il più bello" e poi perché è l'unico mio film che non ha deluso le attese. Collaborare con lui [con Totò] "reduce da quegli orribili film che oggi una stupida intellighenzia riscopre" fu molto bello: era un uomo buono e senza aggressività, di dolce cera. Voglio ricordare anche che oltre che un film con Totò, Uccellacci e uccellini è anche un film con Ninetto, attore per forza, che con quel film cominciava la sua allegra carriera. Ho amato moltissimo i due protagonisti, Totò, ricca statua di cera, e Ninetto. Non mancarono le difficoltà, quando giravamo. Ma in mezzo a tanta difficoltà, ebbi in compenso la gioia di dirigere Totò e Ninetto: uno stradivario e uno zuffoletto. Ma che bel concertino.
Pier Paolo Pasolini
Ho in mente una dozzina di episodi comici, che vorrei girare ancora con Totò e Ninetto, ma forse non potrò farlo per i troppi impegni.
Pier Paolo Pasolini a Livio Garzanti.
Alla Magliana girammo il pezzo con Femi Benussi, montato al finale, ma girato non per ultimo.. A Tuscania girammo davanti la chiesa, la sequenza della “cacciata dal tempio”; ricordo che scongiurai Pasolini di non girare qui certe scene, e lui, per rispetto, le sospese. A Tuscania girammo dopo che Tonino Delli Colli aveva girato “Il circo”. La lavorazione era in previsione a partire da luglio od agosto (1965), invece, per altri impegni avuti fino a fine settembre, il primo ciack fu dato a circa metà ottobre. Nel complesso la lavorazione del film durò circa 2 mesi - 2 mesi e mezzo, lo finimmo prima di Natale.
Personalmente non andavo “daccordissimo” con Pasolini. Mi incaricò di rendere fotograficamente bella la Benussi, in quanto rappresentava “l’ideologia”. L’ attrice che fa il ruolo di partoriente, brava, era la moglie del regista Solaro. Il dialogo di Totò e Ninetto sulla sopraelevata era su di un cavalcavia verso Fiumicino. La controfigura di Totò qui non ebbe molto da fare. Per far credere al pubblico che parlasse, il corvo avrebbe dovuto aprire il becco, ma non vi riuscivano: Serpe provò in ogni modo, girandogli la testolina, prendendolo a schiaffi, offrendogli cibo; stava sempre a becco chiuso. Alfredo Bini, vedute le prime proiezioni giornaliere commentò: "Non parla" Pasolini se la prese talmente che fu colpito da un violento attacco d’ulcera, addirittura vomitando sangue. Sotto contratto con Bini per un film vi era Rossellini, al quale Bini fece vedere il materiale girato fino a lì; Rossellini commentò che pareva uno dei suoi film, così Bini, per non perdere preziose giornate di lavorazione offerse a Rossellini di girare alcune sequenze, mentre io fui incaricato di informare Pasolini, il quale dissentiva, dicendomi: "tanto fra un paio di giorni starò bene". Roberto Rossellini diresse le prese per un paio di giorni, con un altro corvo (però troppo “magro”), dato che il primo corvo era morto. Le inquadrature di Rossellini erano buone, ma al suo ritorno Pasolini non le volle montare. No, non mi risulta che qualche corvo, durante la lavorazione abbia mai beccato Totò.
Anche negli esterni Totò fu diretto in campi medi o lunghi, togliendogli gli eventuali ostacoli dal percorso, perché non vedeva e vi avrebbe inciampato. Pietro Davoli, anche se imposto da Pasolini, era uno dei macchinisti bravi, ed uno dei pochi che non erano “lecchini”. Una mattina passò un gatto nero e Pasolini trovò tutte le scuse per non girare. Riccardo “Redi” (figlio del prof. di storia dell’università di Padova) è nel ruolo dell’ingegnere antipatico, poiché aveva appunto un viso da antipatico. Fu convocato e la scena con lui fu girata in una villetta sulla Magliana, scoperta da Scaccianoce (architetto di origine pugliese, vissuto anni a Venezia); in tale villetta girammo tutta la sequenza del salone con gli intellettuali e dei cani. Fra gli intellettuali ve ne erano di autentici: i Baldini, la De Giorgi, ecc. Ogni tanto qualche amico mi chiede della troupe televisiva venuta sul set per filmare uno special, e che talvolta viene riedito dalla Rai: francamente, io, sul set ero talmente concentrato sul ciack che stavamo girando, che non mi accorsi nemmeno della troupe, e tanto meno del fatto che ci stesse filmando, altrimenti, avrei rifiutato di farmi filmare! No, sul set operatori di Cinegiornali o documentari non ne ricordo, ed escludo la presenza di eventuali troupe russe: se lo hanno scritto da qualche parte è un errore.
Come intervistatori di Pasolini, sul set di “Uccellacci e uccellini” venne una piccola equipe francese, due uomini ed una donna, con una macchina fotografica. L’intervista la concesse ad una pausa. All’approssimarsi della pausa, mentre tutti gli altri si avviavano per un caffè, Pasolini, che non conosceva il francese, mi chiamò per fargli da interprete, ma rifiutai, ed andai a mangiarmi il cestino. Era una bella giornata e la troupe francese rimase per qualche ora. Totò, gran signore, aveva simpatia per me, ma era seccato di Ninetto Davoli, a causa del quale, le loro sequenze in comune, dovevano essere ripetute dai 10 ai 15 ciack, perché Davoli, o scordava la battuta o non la recitava correttamente. Il cugino di Totò sul set io non lo ho mai veduto; vi era invece Mario Castellani, anche se non ho mai capito cosa esattamente ci stesse a fare. Al montaggio furono tagliate parecchie piccole inquadrature. In origine la predica agli uccelli, per il pezzo dei frati, Pasolini la aveva scritta esageratamente prosaica, in quanto temeva che, eccessivamente poetica, non sarebbe stata comprensibile. A Pasolini riferii che io preferivo quella di San Francesco, così la riscrisse, più poetica e lirica. Nel nostro “Uccellacci E Uccellini” nel ruolo di San Francesco d’Assisi, era il medesimo attore spagnolo che interpretava Gesù nel Vangelo, ovviamente, con trucco diverso.
Mario Bernardo
Cosa ne pensa il pubblico...
I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com
- Terribile, m'è parso terribile questo film di Pasolini realizzato due anni dopo il notevole Vangelo. Apologo? Metàfora? Ma cosa significa Totò che accanto al cartello DIVIETO DI SCARICO deve invece scaricare le interiora, per poi abbattere come marionette i contadini che lo sgridano, fuggendo poi chaplinianamente a velocità accelerata mentre la contadina spara? E i cartelli che segnalano la lontananza di Istambul e Cuba che significano? E la vecchia che va ginocchioni richiamando i cinesi? Le cose migliori sono volto e didietro della Benussi.
- Pregevole film di Pasolini, è un insieme di favole ed apologhi morali, di chiara impronta marxista, talora pedante ma capace in alcuni momenti di gettare un acuto occhio anticipatore sui problemi della società del futuro. Il film si avvale di un cast pregevole dove spicca Totò (si tratta di una delle sue ultime apparizioni). Benchè evidentemente stanco e provato, il grande attore è ancora in grando di regalare una grande perfomance dai toni dolceamari.
- Una delle pellicole più considerate dalla critica, alla quale Totò presta, come sempre, la sua "maschera" comico/tragica, una volta tanto in una sceneggiatura più raffinata, non a caso diretta dal grande Pasolini. Cinema alto che si mescola con quello basso (a raccordo funge una bella/brava Femi Benussi) per un risultato che sarà poco gradito al pubblico. Da vedere, per comprendere come De Curtis sia sempre -in precedenza- stato mal utilizzato per storielle divertenti, ma fini a se stesse..
- Esemplare materializzarsi della definizione che, di Pasolini, diede Nicola Chiaromonte: "un pedagogo petulante ed equivoco, tutto bandiere rosse e rigurgiti parrocchiali". Pesantissima infilata di allegorie cattomarxiste che manda allo sbaraglio un Totò ormai cieco e stanco con il fastidioso Davoli e l'orrido corvo zdanoviano. Da tramandare solo la straordinaria idea dei titoli di testa cantati da Mimmo Modugno: "Alfredo Bini presenta l'assurdo Totò, l'umano Totò, il matto Totò, il dolce Totò nella storia: Uccellacci e uccellini... "
- Film di suggestive parabole idelogiche per dichiarare a metà degli anni ’60 ciò di cui solo molti anni dopo ci si è resi conto: che le ideologie sono finite. Pasolini costruisce un’opera intrigante e complessa, comica e intellettuale, in due episodi incastrati, in cui Totò e Ninetto (qui al suo debutto e già “maschera” del ragazzotto ingenuo) sono rispettivamente padre e figlio in viaggio nell’Italia moderna in compagnia di un corvo (un road movie grottesco e borgataro) e due frati francescani in un medioevo ironicamente rosselliniano. Un unicum nel cinema italiano.
- L’incontro tra Totò, Pasolini e Davoli è un apologo picaresco sulla crisi del marxismo di cui oggi si possono osservare due facce: una, incartapecorita per le sue stantie dissertazioni intellettualistiche; l’altra, ancora rosea per la scrittura cinematografica in libertà protesa alla fiaba surreale e per l’ambientazione verace nelle desolate borgate romane con i volti naif dei loro abitanti. Fortuna che, alla fine, il peso dell’Ideologia viene alleggerito dallo slancio artistico, in cui favore giocano il fascino della stranezza, le mimiche del Principe e la faccia da monello di Davoli...
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: I titoli di testa malinconicamente intonati da Modugno.
- Direi che non è il miglior film di Pasolini, ma pur sempre un'opera di un certo interesse. A tratti si ha la sensazione che la trama in sé sia secondaria, ma forse è solo una mia impressione. Molti momenti sono anche emozionanti, ed è un piacere vedere Totò un un ruolo così fuori dalle sue corde abituali, peraltro a meno di un anno dalla sua scomparsa. Forse il limite più evidente della pellicola è quello di voler essere esplicitamente politica, cosa che l'ha fatta invecchiare peggio di altri lavori del regista.
- Film non semplicissimo ma suggestivo e originale, molto povero e con varie imperfezioni ma assolutamente interessante. Alcune scelte registiche potrebbero sembrare un po' ingenue, ma l'atmosfera creata è suggestiva e rarefatta, con ambientazioni periferiche stupendamente sfruttate ed esaltate dall'azzeccatissima fotografia in bianco e nero. Tra politica, religione, parabole, metafore varie e inserti documentaristici si rischia di perdere il filo ma il clima particolarissimo che si crea lo rende comunque imperdibile. Grandi musiche e cast.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: I titoli di testa.
- Film sovraccarico di simboli, che rimanda alle fiabe morali, al racconto sociale mascherato da teatrino delle marionette (Davoli palleggiato come un fantoccio) nella ricerca di riallacciarsi al racconto popolare virato in metafora politica. Personalmente lo considero un film compiaciuto, incapace di trasmettermi partecipazione nonostante alcune scelte visuali pregievoli, allontanandomi così dal possibile messaggio. Pasolini riconferma la sua profondità, ma non tocca i vertici del suo cinema più viscerale (Accattone).
- Film poetico solo a tratti, che sinceramente non sono mai riuscita a capire sino in fondo. A mio modesto parere è come se Pasolini, che era ben conscio di essere un intellettuale, si ponesse sull'avviso: attenzione, noi intellettuali parliamo parliamo ma prima di tutto bisogna soddisfare gli istinti più vitali (ad esempio il cibo), poi possiamo parlare...
- Un film di Pasolini che parla di Pasolini, delle sue idee, dei suoi ideali, ma anche della sua consapevolezza della irraggiungibilità di questi ideali, come forse dell'utopia di tutti gli ideali. La forma adottata è la migliore, spoglia ma allo stesso tempo ricca. Ricca di metafore, semplici se si vuole, ma che raggiungono subito il bersaglio, senza lasciare dubbi e ambigue interpretazioni. La scelta di Totò e di Ninetto si rivela perfetta. Totò ci lascia una sua immagine ricca di espressioni che proprio nei suoi occhi stanchi trovano l'apice.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: I paesaggi; Il finale.
- Film politicamente didascalico in cui il regista mette a confronto l'icona comica per eccellenza con un ragazzetto di borgata. Il loro vagare per strade vuote ed in costruzione rappresenta il grande lavoro di Pasolini che permette loro d'imbattersi in un popolo variegato e multiforme. Alla fine arriva il corvo comunista che cerca di costruire una morale ma sconosce gli intenti dei due vaganti. Amara analisi del fallimento culturale italiano.
- Senza dubbi né reticenze affettive, uno dei film meno riusciti (e più invecchiati) del grande Pier Paolo. Il peccato capitale è da rintracciare nel fatto che la intima refrattarietà di Pasolini al cinema (ai suoi canoni e stilemi) viene qui "tradita", utilizzando (in ovvio senso antagonista) un'icona di celluloide tout court come Totò, per un'idea di comico alto o teorico che (dal punto di vista strettamente filmico) si dimostra un vicolo cieco. La complessità di scrittura risulta così slegata dalla misera messa in scena, anche se sprazzi di poesia abbacinano.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: I titoli di testa cantati da Mimmo Modugno; La voce del Corvo (di Francesco Leonetti); Sora Gramigna, sora Micragna e sora Grifagna.
- Padre e figlio vagano per le campagne in compagnia di un corvo comunista. Pasolini dirige una piccola summa del suo pensiero criticando il cattolicesimo che forza le conversioni, la sinistra che non convince più e la fame che regola il quotidiano. Complesso per la scarsa fluidità, anche se gli sfondi urbanizzati chiariscono più dei concetti. Totò straordinario (tenuto conto dei suoi problemi di vista) e Davoli allegro monello.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: I titoli di testa cantati da Modugno; Il 1º convegno dei dentisti dantisti; Davoli che finge il mal di pancia.
- Evangelizzare i falchi e poi i passeri; colmare un conflitto insanabile. Con gli umani (forse) ci si è già rinunciato, non v’è presa di coscienza, il futuro è lontano kilometri. Apologo picaresco con venature favolistiche e commedia colta dalle sembianze visionarie e decadenti. Appare ostico, didascalico ed ermetico allo stesso tempo, ma al di là di tutto emerge una critica lucida e spietata al comunismo non più forte delle sue ideologie Togliattiane, forse indebolito da intellettuali ciarlatani e una società moralmente e materialmente povera.• MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Gli stupefacenti titoli di testa.
- Un’opera profonda, ricca di significati e in grado di lasciare qualcosa anche a chi la guarda per la prima volta. Uccellacci e uccellini, cioè la borghesia e il proletariato, ma anche il monito all'umanità, l'omologazione di massa, la crisi del marxismo e la fine delle ideologie politiche, qui rappresentate simbolicamente dal funerale di Togliatti. È bello da vedere già dagli originali titoli di testa, ma anche per il realismo dei volti e delle ambientazioni. Da approfondire.
- Appartengo alla categoria di persone che non hanno capito il film. Perché o è un capolavoro che appartiene a un genere a me geneticamente estraneo oppure, per dirla con il rag. Ugo, "è una cagata pazzesca". Sconclusionato ovunque, in primis nelle inquadrature per poi scendere su un Davoli allergenico e un Totò che, fuori ruolo, ce la mette tutta per interpretare il suo personaggio, ma con evidente imbarazzo. Morricone scrive una partitura di mero intrattenimento, senza sprecarsi troppo, con Modugno a cantare i titoli di testa e coda. Terribile.
- Pasolini in stato di grazia. Poesia lirica e tragica "scritta" in un lingua libera e metaforica. Siamo dentro un intreccio di immagini senza punteggiatura, senza sequenze, senza concatenazioni razionali, dentro una meditazione autobiografica piena di appunti, di folgorazioni, di intuizioni, di ripensamenti. Questo è un viaggio di due "Totò" astorici ed eterni dentro fatti e luoghi storici dell’Italia lontana e vicina, di due realtà concrete in conflitto perenne contro il simbololo gnostico della ragione. Canto appassionato della "follia" esistenziale.
- Film complesso e ricco di simbolismi, è il Pasolini che preferisco (anche se alcune situazioni sono in effetti un po' troppo figlie di certo intellettualismo politicizzato degli anni 60). Resta comunque il fascino tipico dei film "poveri" di Pasolini, con un bianco e nero tagliente che aumenta la desolazione. Totò dimostra la sua duttilità interpretando un ruolo amaramente comico. Davoli gli fa da buona spalla con quell'aria sempre spaesata e circospetta. Molto bravo anche il corvo.
- Un esperimento, in fin dei conti, come nella migliore tradizione neorealista Pasolini ci ha abituati interpretato da sconosciuti presi dalla strada. Provocazione, ma non credo che Totò abbia partecipato alla pellicola come avrebbe voluto; il suo apporto, seppure notevole, non è supportato da un adeguato risultato finale. Lo spettatore rimarrà spiazzato, la critica ci darà dentro, anche a distanza di anni. Davoli e Totò inoltre non sono nemmeno una bella coppia.
- Difficile giudicare questa pellicola. Da un lato c'è grande poesia, anche grazie alle musiche perfette del maestro Morricone. C'è un Totò strepitoso nelle vesti di frate francescano. Questi aspetti meriterebbero 5 pallini, ma purtroppo ci sono molte cose che lasciano perplessi. A partire da una trama nel complesso indigesta e irrisolta, passando per l'eccessiva pesantezza delle continue metafore e per la petulanza del corvo marxista. E anche l'abuso di espressioni romanesche stanca perché superflue. Altalenante.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: L'episodio di frate Ciccillo; I titoli di testa e di coda cantati dal grande Modugno; Le musiche di Morricone.
- Il film si può dividere in due parti: la prima è dominata dall'allegorico racconto dei due fraticelli, la seconda è un atipico road movie con accenti visionari. Ma è proprio nella prima parte (forse stilisticamente migliore) che si notano tutte le lacune del Pasolini più politicamente impegnato. Come non riscontrare infatti nella metafora della necessità di pace tra la classe di falchi e passeri (da interpretare con l'antinomia borghesia/proletariato) un cattocomunismo piuttosto fastidioso (tanto più se il mezzo che dovrebbe unirle è "l'amore di Dio").
- Favola ideologica, pedante in certe parti e nell'insieme scombinata, sgangherata. Non esiste una vera e propria trama, solo uno scorrere, un viaggio a piedi apparentemente senza una meta. Grande Totò nella sua nuova dimensione. A volte si ha l'impressione come di dilettantismo, con cambi d'inquadratura che non corrispondono alle posizioni precedenti ma che alla lunga si arriva a supporre siano voluti. Noioso ma col passare degli anni terribilmente affascinante. Giudizio mediato allora: tre pallini.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: I titoli iniziali cantati da Modugno; La lezione di danza al bar.
- Padre e figlio proletari, che vanno in giro per l'Italia a riscuotere debiti, vengono affiancati da un corvo parlante che gli fa una morale etico-marxista. Quando si stancano delle sue chiacchiere, lo mangiano. Collage intellettuale scombiccherato e poco interessante. Pasolini vuol parlare di tutto (crisi del marxismo, destino del proletariato, ruolo dell'intellettuale, approssimarsi del Terzo Mondo) e finisce col non dire nulla. Accanto ad un insopportabile Ninetto Davoli, Totò dà un'interpretazione scolorita.
- L'intenzione di Pasolini era quella di trasporre in pellicola il suo pensiero e le sue riflessioni sull'Italia che stava cambiando, servendosi di Totò (la vecchia generazione), Ninetto Davoli (la nuova generazione) e di un corvo (voce della coscienza e portavoce di Pasolini stesso). Ricco di metafore, allusioni e riferimenti religiosi, putroppo il film finisce per risultare non proprio semplice (troppo di cui parlare in poco tempo). Bella la fotografia che ci presenta un paesaggio quasi lunare, di una periferia di Roma ancora in costruzione.
MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Titoli di testa cantati da Modugno; Ingresso del corvo.
- Tragedia, commedia, tragico-comico-storico-pastorale, "conte philosophique" bello e pazzesco, sotto il segno della luna fin dagli indimenticabili titoli di testa. Pasolini trascina Totò e Ninetto Davoli in un viaggio senza fine su una stradina periferica, viandanti un po' troppo spensierati accompagnati da un uccello molto troppo serio. Sotto le sue apparenze buffe c'è una grande poesia assurda che fa pensare a Beckett. Imperfetto, per forza, ma è il film che sceglierei per rappresentarmi.
Possiede una grande poesia tutta da riscoprire e la capacità di suggerire cose mai banali senza mai dirle veramente.
Libero De Rienzo
Dopo aver visto Uccellacci e uccellini (l’ho fatto e poi l’ho visto, come sempre succede) ho avuto una specie di rimpianto e mi sono chiesto perché mai non avevo usato questa coppia così poetica, questi due attori — Totò e Ninetto — così complementari, per fare un film più puro, più aggraziato, più semplice: una favola, un racconto veramente picaresco.
Pier Paolo Pasolini - Paolo Castaldini, Razionalità e metafora in P P Pasolini, “Filmcritica”, n. 174, gennaio-febbraio 1967
Pier Paolo ripeteva molti ciak nella speranza di riuscire a cogliere quello che più gli serviva dentro tutta la gamma di gestualità propria di Totò. Tutto sommato cercava un po’ di spiazzarla, di non utilizzare quello che era il tesoro del repertorio di Totò. Questo ha fatto sì che il personaggio risultasse tale da meritare il premio a Cannes, però anche a non essere il Totò che ormai tutti conoscevamo benissimo. E forse forse Pasolini aveva anche ragione, perché quel Totò lì aveva un po’ stancato, era invecchiato, non aveva più inventato e quindi non faceva che ripetere stancamente una gestualità che ormai non parlava più. Certo, nel rivederlo oggi non abbiamo più il sentimento che si aveva quand’era ancora vivo, ma alla fine Totò era diventato un po’ una caricatura di se stesso e Pasolini cercò proprio di togliergli questa caricatura, di cogliere una verità comica diversa, più umana.
Passavo molto tempo con lui nella roulotte - racconta Cerami in "Consigli a un giovane scrittore" - a suggerirgli i dialoghi. [...] Leggevo dal copione scandendo forte e bene le parole e lui le ripeteva tra sé una per una. Poi però, quando recitava la battuta intera, a voce alta, pronunciava una frase tutta diversa. All’inizio lo correggevo e lui mi faceva si con la testa. Poi, nel riprovare, ne dava un’altra versione ancora. Ne parlai con il regista e si decise di lasciarlo libero di inventare nelle prove di memoria. Ci avrebbe pensato Pasolini durante le riprese a ristabilire il testo originale. Ma non fu cosi. Totò a ogni ciak cambiava sempre qualcosa. Vedevo che il regista spesso non interveniva. In verità Totò non faceva che girare intorno alle frasi per cercare di mettere in bocca al proprio personaggio la battuta più vicina alla sua maschera. Pasolini lo interrompeva poco perché l’attore, pur rigirando la frase, spesso modificandola nei toni, salvava puntualmente tutti i contenuti «informativi» e le metonimie. Ciò significa che nel momento di lasciarsi andare all’improvvisazione non dimenticava neanche per un istante il filo del racconto. Sapeva perfettamente tutto ciò che era successo fino a quel punto e che cosa sarebbe successo nel seguito. I suoi interventi creativi erano diretti alla forma verbale e lasciavano intatta la sostanza narrativa.
Vincenzo Cerami (Assistente alla regia nel film "Uccellacci e Uccellini")
Il cammino incomincia e il viaggio è già finito (il corvo)
Ciccillo: Altissimo, onnipotente, bon Signore, | quanto sò contento che c'è il sole | e quanto sò contento pure che c'è l'acqua | così chi è zozzo ce se lava la faccia.
Ninetto: Sede contento, eh, frate Cicillo, eh, eh?
Ciccillo: Laudato sii, o mio Signore, pe' sto somaro, per tutte queste pecore, e pe' sto pecoraro, vah!
Ninetto: Amen!
Ciccillo: Laudato sii, o mio Signore, pe' sto santo mondo | che ce vonno campà tutti, pure quelli che non ponno.
Ninetto: Amen!
Ciccillo: Beata l'erba fresca, l'ortica, la cicoria, | e chi se la magna, che Dio l'abbia in gloria! | E guai a quelli che morranno ne li peccati mortali | che me dispiace tanto vedé sti bbrutti funerali!
Ninetto: Amen!
Ciccillo: Laudato sii, o mio Signore, per la contentezza che stà nei cuori | e perché tutto quello che ci dai son rose e fiori.
Ciccillo: Ecco, frate Francesco, noi i falchi li abbiamo convertiti; e i falchi, come falchi, l'adorano il Signore. E poi, frate Francesco, pure i passeretti li abbiamo convertiti; e pure i passeretti, come passeretti, per conto loro, je stà bbene, l'adorano il Signore.
Ma il fatto è che fra di loro si sgrugnano, s'ammazzano... e... e... e che ci posso fà io se... se... se ci stà la classe dei falchi e la classe dei passeretti, che non possono andà d'accordo fra di loro.
Francesco: Che ce poi fà?! Ma tutto ce poi fà! Con l'aiuto del Signore!
Ciccillo: Come sarebbe a dì?
Ninetto: Come sarebbe a dì?
Francesco: Sarebbe a dì che dovete andare ad insegnare ai falchi e ai passeretti tutto quello che non hanno capito e che voi dovevate faje capì!
Ciccillo: Come?
Ninetto: Come?
Francesco: Bisogna cambiallo questo mondo, fra Ciccillo! È questo che non avete capito! Un giorno verrà un uomo dagli occhi azzurri e dirà: «Sappiamo che la giustizia è progressiva, e sappiamo che man mano che progredisce la società si sveglia la coscienza della sua imperfetta composizione e vengono alla luce le disuguaglianze stridenti e imploranti che affliggono l'umanità». Non è forse questa avvertenza della disuguaglianza tra classe e classe, tra nazione e nazione, la più grave minaccia della pace! Andate e ricominciate tutto daccapo, in lode del Signore.
Ciccillo: Andiamo, Niné! Ricominciamo, sù! Andiamo, sù, figlio mio, non t'avvilì! Non t'avvilì! Coraggio, coraggio, sù, allegri!
Homenaje a Pier Paolo Pasolini. Conferència colloqui. Projecció de ‘Uccellacci e uccellini’. - 4 noviembre, 2015 - La Nau Valencia Carrer de la Universitat 2, 46003 València, Valencia España
Approfondimenti
Ho letto delle sue opere, ma di persona l'ho conosciuto soltanto in occasione di questo film. So che è bravissimo e un intellettuale vero e profondo, non superficiale come molti altri. Non ho visto però gli altri suoi film, anche perché io vado poco al cinema... penso che sia meglio, perché non sapendo niente posso essere più fresco, più sensibile.
Sicuramente è un genio, io non so bene quello che vuole, però lo faccio perché sento che va bene.
Mi ha spiegato poco, mi ha spiegato volta per volta, cioè: «Io preferirei che tu facessi così, così e così». Ma non so che cosa ci sia prima e dopo non so cosa viene. (...) Se io debbo raccontare il film in ordine, da cima a fondo, non lo posso dire. Inoltre, quello che lui mi dice io faccio. Ho una gran fiducia nella sua cultura, nella sua preparazione.
Questo Pasolini, pasolineggia un po' troppo. Stiamo a metà del film e non ho ancora capito che razza, che schifezza di film, stiamo facendo. Certe volte io gli prendo la mano, faccio a modo mio. Insomma, capisci, cerco di forzare la situazione. Ma lui urla, mi sgrida, mi strapazza, come se fossi un ragazzino. No, questo non lo devi fare, mi dice, ma io lo faccio lo stesso.
La regia di Pasolini è differente da tutte le altre. Pasolini, innanzi tutto, è un uomo intelligente, ma è anche un uomo pieno di fantasia, ha un metodo tutto suo per lavorare.
No, non mi lascia libero di recitare... Io ho sempre recitato per conto mio, improvvisando, dicendo cose che non erano scritte nel copione... alle volte sono state le migliori quelle battute così... Pasolini vuole che si faccia quello che dice lui.
Sono state scene faticose, molto faticose, camminare nel fango, nella melma, nelle sabbie mobili. Pasolini cerca a volte i posti più impensati, e del resto ha ragione lui perché poi i risultati son molto belli, non sono comuni. (...) Pensi che in una scena avevo soltanto un paio di zoccoli, un saio di sacco che lasciava passare vento e freddo con la tessitura così rada. Gli zoccoli sono duri e pesanti, e poi l'altro giorno, con la melma, ogni zoccolo pesava venti chili, impregnato di fango, di creta...
... e la trama non me la domanda?
Per la mia interpretazione ho ottenuto a Cannes la menzione d'onore al Festival, dovrei essere ampiamente soddisfatto; invece non lo sono. L'impegno guasta la comicità, la battuta non è più spontanea, nasconde sempre un secondo o un terzo o addirittura un quarto scopo e allora lo spettatore è costretto a pensare, a individuare il messaggio, a intendere il secondo o il terzo scopo... e non si diverte più. I moli drammatici sono piaciuti molto di più alla critica che al pubblico. Il pubblico ama Totò perché Totò fa ridere, perché lo aiuta a dimenticare i guai, le amarezze di tutti i giorni. Non vuole vedere Totò serio, impegnato in vicende drammatiche.
[Dopo il «Nastro d'argento» per Uccellacci e uccellini]
Ora sono attore sul serio, ma non abbandono la comicità.
Io sono un po' riluttante ai premi. A questo qui, questo del «Nastro d'argento», ci sono venuto volentieri, perché è un premio serio. È il secondo che prendo. L'altro l'ho vinto per Guardie e ladri, un film che oggi classificano un classico.
«Uccellacci e uccellini», Pasolini rispunta accompagnato da un residente della Sanità illustre, Totò, davanti all’ingresso del Nuovo Teatro Sanità, e qui, come a Scampia, nessuno tocca il murales
Io mi trovo benissimo. Infatti lui è contento di me. È la terza volta che lavoro con lui [Che cosa sono le nuvole, 1967]. (...) È un regista impegnato... è il suo genere, il suo stile. Io lo capisco, mi piace. Con gli altri registi è tutto più calmo, si corre meno, è più ordinaria amministrazione. Con lui no, con lui è un po' differente, perché lui è dinamico, pieno di vitalità, pieno di improvvisazione. È un uomo molto intelligente, un intellettuale, un poeta. Non credo di aver modificato il mio personaggio con lui. Io interpreto. Siccome credo di essere un attore quasi completo, quel che mi fa fare, faccio. La parte bisogna sentirla dentro, neH'animo, nello spirito, secondo quello che hai da fare. Un attore deve essere completo. Non deve saper fare solo una cosa. Non crede che sia così?
Pasolini intende fare un film comico con un personaggio a sfondo comico, pur impegnato e significativo, per far capire qualche cosa. E ha creduto di scegliere me. Mi ha spiegato poco, mi ha spiegato volta per volta, cioè: «Io preferirei che tu facessi cosi, cosi, cosi». Ma non so che cosa ci sia prima, e dopo non so cosa viene. Cerco di seguirlo, e in un’intervista mi ha chiamato... ha detto che sono come uno stradivario... Se io debbo raccontare il film in ordine, da cima a fondo, non lo posso dire. Inoltre, quello che lui mi dice io faccio. Ho una gran fiducia nella sua cultura, nella sua preparazione.
Certo, alla massa non può piacere, la massa va per divertirsi, va per ridere, quindi non vuol pensare, non vuole approfondire.
II 1966 è un anno storico, una pietra «emiliana» della mia carriera. Il Sindacato nazionale dei giornalisti cinematografici, molti dei quali probabilmente sono gli stessi che mi hanno denigrato per anni, mi assegna il «Nastro d'argento» per la mia interpretazione di "Uccellaci e uccellini". Qualcuno arriva a definirmi un grande attore e io quasi non ci credo. Forse in un caso così clamoroso di pentimento tardivo, bisognerebbe dire «meglio tardi che mai», ma lasciamo correre. Per l'occasione, ho composto una breve dichiarazione in cui esprimo la mia soddisfazione, ma anche altri sentimenti che ognuno potrà intendere a modo suo. Si tratta di quisquilie, pinzellacchere, buone per un epitaffio che in fondo è soltanto uno sberleffo finale: «Sono veramente lusingato e, perché no, un po' commosso, per questo ambito premio che mi arriva così, come si usa dire a Napoli, fra la capa e il cuollo, cioè tra testa e collo. Ringrazio sentitamente la giuria dei critici cinematografici che hanno avuto la bontà di assegnarmelo, ringrazio le autorità intervenute, ringrazio ancora S.E. l'onorevole Andreotti e, a prescindere da tutto quello che ho detto io, mi auguro che questo argenteo nastro mi sia di sprone a far meglio, se mi riesce. Ringrazio ancora una volta, faccio a tutti tanti auguri per il prossimo Natale e il Capodanno, auguri estensibili anche a tutto il Ferragosto.
Antonio de Curtis
Accanto a "Uccellacci e uccellini" Pasolini gira anche l'episodio Totò al circo (o anche L'Aquila) poi non utilizzato nel montaggio definitivo e quindi destinato a restare inedito. Si tratta di un breve film che, preso da solo, per la sua schematicità ed anche per alcuni eccessivi compiacimenti nella recitazione di di Davoli, può risultare "minore", mentre è invece fondamentale per comprendere meglio, l'apologo di Frate Ciccillo, di cui costituisce l'evidente compendio. Protagonista dell'episodio (anch'esso un aneddoto che avrebbe dovuto essere raccontato dal corvo) è un domatore francese, interpretato da Totò chiamato Monsieur Cournot (in onore del critico de Le Nouvel Observateur, che aveva stroncato il Vangelo secondo Matteo). Razionalista e manicheo, il domatore è convinto che sia possibile ammaestrare qualsiasi animale, dunque anche una bellissima aquila reale a cui cerca di imporre, inizialmente con pazienza e garbo raffinato, il modello del pensiero razionalista francese. L'aquila naturalmente, è refrattaria ad ogni insegnamento e questa indisponibilità fa perdere la testa a Cournot: tigri, leoni, serpenti e anche uno spaurito assistente umano, interpretato da Davoli. Tutti parlano perfettamente la lingua del domatore e si comportano secondo le buone regole della borghesia parigina. L'aquila però non recede dal suo comportamento e, per la rabbia, Cournot rischia l'infarto. Il paziente Ninetto scongiura allora l'animale di accontentare il suo padrone, e a quella preghiera l'aquila si intenerisce, confessando di non poter rispondere alle richieste di Cournot perché deve pregare. Alla inattesa rivelazione, il domatore cambia metodo e comincia a leggere all'aquila, mellifluamente, lunghi testi di Pascal, ma ancora senza risultato. E' la sconfitta totale. Demoralizzato, Cournot si appollaia su un trespolo posto di fronte all'aquila e inizia lui a imitarne i gesti. Infine, si reca su una montagna e spicca il volo verso il cielo.
Piero Spila
Monsieur Corneau, domatore del Grand Cirque de France
campione dello spirito volterriano, nel prologo di "Uccellacci e uccellini",
eliminato da Pasolini nel montaggio definitivo del film.
IL FOTOFILM
La censura
La V Sezione della Commissione censura, revisionata la presentazione il 15 marzo 1966, esprime parere favorevole per la concessione del nulla osta di proiezione in pubblico a condizione che sia vietata la visione ai minori degli anni diciotto.
Domanda di revisione 46649 in data 14 marzo 1966
In data 25 marzo 1966 la Soc. Arco Film, a firma dell'Amministratore e produttore del film Alfredo Bini, richiede della limitazione della visione ai maggiori di anni 18.
Ci riferiamo alla lettera di codesto Spett. Ministero in data 16 marzo scorso in cui ci è comunicata la concessione del nulla osta di proiezione in pubblico con il divieto di visione per i minori di anni 18 in relazione al film in oggetto, per presentare ricorso ai sensi della legge 21.4.1962, n. 161, per ottenere la revoca della-limitazione decretataci. ,
Il nostro ricorso parte dalle seguenti considerazioni: Non vediamo perchè i giovani dovrebbero essere esclusi da questa discussione, che riguarda così da vicino e cosi drammaticamente più il loro mondo - il mondo di domani - che il nostro.
Il film, dunque, è stilisticamente eseguito con assoluto rigore, che non concede nulla a nessun basso sentimento. In questo senso esso è addirittura monacale. Se a un certo punto si vede una povera girovaga, che, mentre recita, è presa dalle doglie di un parto, e assolutamente fuori da ogni realismo, anzi, in un clima surreale di favola fa un il Sig. Innocenti Totò e il ragazzo Ninetto rappresentano l’umanità o meglio due generazioni, la vecchia e la giovane, dell'umanità.
b) Luna è una prostituta per modo di dire: essa pure non è che un simbolo. Il simbolo delia sensualità. Non ha infatti nessuna caratteristica del mestiere. Si trova in una landa deserta dove è chiaro che nessuno passa. E' di una bellezza quasi asettica, del tutto improbabile per una professionista del genere. Non si parla con lei di mercede, e i rapporti con lei, sia dell'anziano che del giovane, sono del tutto camerateschi e innocenti. Sul loro rapporto intimo c'è una dissolvenza, perchè in questo caso, "il tacere è bello".
c) Simbolico è anche il rapporto d'amore. I due, l'anziano e il giovane, vengono da un funerale (che simbolicamente rappresenta la fine di un'epoca), e sono ripresi dalla vita, e, precisamente, da quel momento tipicamente vitale della vita che la sensua lità: è la rivincita del loro "innocente qualunquismo" sui grandi problemi con cui il corvo aveva cer cato di occuparli.
d) L'episodio è raccontato con uno stile rigido, quasi geometrico, in cui le cose vengono rappresentate prescindendo dalla loro intimità, che è semplicemente suggerita: insomma, della sensualità viene mostrato l'involucro, non la sostanza. E dunque in tutto l'episodio non può esserci il mirino eccitamento sensuale. La sensualità vi è simbolica, e quindi astratta.
e) Infine, come in tutto il film, la chiave narrativa è comica. Il comico esclude la sensualità: se si ride o sorride non si pensa all'atto sessuale, che è, per definizione, segreto e drammatico. Esso si sterilizza, diventa un puro dato di fatto, un pretesto, per la geometria buffa del doppio stratagemma, del vecchio e del giovane.
Ci sembra dunque ingiusto che, per qualche scabrosità puramente nominale, e mai sostanziale, un film come questo venga sottratto ai giovani, a cui specialmente, come film di pensiero, vorrebbe rivolgersi. Esso è veramente uno dei rari casi di assoluto disinteresse spettacolare (la sua povertà estrema: un vecchio, un giovane, un corvo parlante) e punta quindi tutto sulla passione e la severità con cui imposta i problemi. Di questi problemi ce n'è molti (la pace, la non violenza, il Terzo Mondo, il declino dell'ideologia marxista), ma questo fondamentale è, tutto sommato, il dialogo aperto da Giovanni XXIII e continuato da Paolo VI (oltre alla frase citata, anche la frase finale di San Francesco a Frate Ciccillo e frate Ninetto, è presa da un discorso di Paolo VI, e precisamente quello pronunciato all'ONU). Ora, ripetiamo ancora una volta, perchè escludere i giovani da tutto questo?
Chiediamo perciò che il film sia ammesso alla programmazione senza alcun limitazione di età.
Nel film vengono infatti indicate dalla Commissione alcune espressioni come sconvenienti: Esse sarebbero tre: "'che belle zinne che ciài", "je volemo fà la stira", "di quanti problemi si potrebbe parlare a proposito di puttane". Pensiamo sia inutile ricordare qui gli innumerevoli precedenti esistenti in film italiani non vietati, ma rinnoviamo solamente la nostra proposta di effettuare eventuali cambiamenti. In ogni caso ci sembra che un film che voglia rappresentare la vita a tutti i livelli, e che sia eseguito stilisticamente con un rigore da presentarsi senza alcun tentativo di speculazione commerciale queste tre espressioni sono veramente il minimo necessario a rappresentare quel momento della vita che è reale anche se non molto raccomandabile. Senza questo minimo, l'apologo che è il film rischierebbe veramente di sfumare verso l'inanità di una favola edificante. "Zinne" e "stira", poi, sono parole estremamente particolaristiche, intese nella stretta cerchia dei parlanti romani: ed è almeno poco realistico pensare che dei ragazzi romani dai quattrodici anni in, su si scandalizzino di fronte a queste due espressioni che sono semplicemente comiche: che suscitano cioè un'idea di ilarità, assolutamente contraria al compiacimento sessuale (niente è più antiafrodisiaco del riso: non si può dunque scambiare un'espressione semplice mente rozza e sconveniente per un'espressione oscena). Quanto alla parola "puttana" essa è una parola del vocabolario italiano, usata da Dante in poi in tutti i testi della letteratura italiana, letti al ginnasio e al liceo. Ora questo film ha l'ambizione di non essere un semplice spettacolo, ma un vero e proprio testo: il cui tema centrale consiste nei rapporti della religione con la lotta di classe, e degli ideologi della lotta di classe con la religione. Tutto il film è pervaso dalla serietà, e diremmo dalla severità di questo tema: sì che ogni particolare realistico (e ce n'è un quantitativo minimo, rii potiamo) si vanifica e perde ogni violenza diretta, nell'elezione morale del tutto.
Quanto poi all'accenno all'"antifecondativo", ricordato come sconveniente dalla nota della Commissione di Censura, vorremmo ricordare che la frase detta dal corvo nell'occasione, è citata da un discorso di Paolo VI (quello agli operai di Pietralata), ed è quindi chiaro che si inserisce nel dialogo coi cattolici, che, secondo lo spirito del Concilio, si apprestano meglio in questi giorni a discutere sul problema del Controllo delle nascite.
Per i motivi sopra esposti, chiediamo pertanto a Codesto On.le Ministero di voler concedere il nulla osta di proiezione in pubblico per il film "UCCELLACCI E UCCELLINI" senza alcuna limitazione.
Con osservanza. Roma, 25 Marzo 1966
Revisionato integralmente il film a maggioranza accoglie in parte il reclamo ed esprime parere favorevole alla visione ai maggiori di 14 anni. Si riscontrano infatti delle sequenze scabrose, come del resto riconosciuto anche dal ricorrente nel suo dettagliato esposto, e precisamente quelle indicate nella decisione della Commissione di 1° grado:
"La V Sezione visionato il film e sentiti i Sigg. A.Bini e P.Pasolini che avevano chiesto di essere ascoltati, all'unanimità esprime parere favorevole per la concessione del nulla osta di proiezione in pubblico e per l'esportazione a condizione che ne sia vietata la visione ai minori degli anni diciotto considerando che numerose e ricorrenti situazioni, atteggiamenti di personaggi e passi del dialogo consigliano tale limite con particolare riferimento a quanto segue:
- piani ravvicinati del parto della girovaga;
- lunga sequenza in cui la giovane prostituta adesca ed ha rapporti carnali successivamente con padre e figlio, situazione sottolineata dai commenti tra i due;
- riferimenti agli antifecondativi e cautele da adottare nei rapporti con la moglie;
- termini quali "puttana" (usato anche dal corvo parlante) "zinne" "je volemo fa la stira" ecc.:
- ripetuti accenni a rapporti carnali tra giovani.
La Commissione non ha ritenuto di valersi della disposizione del produttore di effettuare qualche taglio, date l'ampiezza e la complessità delle modifiche che a suo avviso sarebbero necessarie per abbassare il limite sopra adottato.
Commissione di revisione di 2° grado. Roma, 2 aprile 1966
Rispetto alla precedente edizione sono state apportate le seguenti modifiche:
- alleggerimento delle inquadrature relative al parto della girovaga (mt. 1,40)
Totale dei tagli: metri 1,40 in 16mm pari a metri 3,50 in 35mm - Totale film metri 980 in 16mm pari a mt. 2.450 in 35mm
Domanda di revisione (2a edizione) 88556 in data 24 marzo 1993
La società che ha acquistato i diritti d'uso del film nel 1993, chiede l'eliminazione di ogni divieto di visione ai minori, in considerazione che, a distanza di ben 27 anni dalla prima uscita in pubblico del film:
- la vetustà del film rispetto ai profondi mutamenti di costumi intervenuti nella società italiana in questo sensibile lasso di tempo con la conseguente evoluzione del patrimonio informativo dei minori degli anni 14 in ordine agli elementi scenico/narrativi che nel film la Commissione del 1966 considerò motivi di divieto;
- l'assenza nell'impianto narrativo di situazioni scabrose scene erotiche o tali, comunque, da recare pregiudizio alla sensibilità dei minori degli anni 14;
- la validità artistica e culturale di "Uccellacci e uccellini", realizzato da Pier Paolo Pasolini ed interpretato dal popolare comico Totò. Come noto, al film furono tributati unanimi riconoscimenti di pubblico e di critica per il felice accostamento di elementi scenico/narrativi di toccante poesia e profonde riflessioni sulle lacerazioni e sulla crisi di valori della società italiana degli anni '60;
- il fatto che il film è già noto ai minori degli anni 14, in quanto prima dell'entrata in vigore della nuova legge in materia televisiva la sua visione è stata consentita senza limiti di fasce orarie per età e senza che alcuna associazione o ente ne abbia mai denunciato le avvenute proiezioni.
asTutte le immagini e i testi presenti qui di seguito ci sono stati gentilmente concessi a titolo gratuito dal sito www.davinotti.com e sono presenti a questo indirizzo. (Maggiori dettagli sul blog aprescindere.com)
La scena dei frati francescani Ciccillo e Ninetto raccontata dal corvo a Totò e Ninetto mentre camminano nella periferia romana (zona Magliana-Trullo) è girata a San Pietro in Tuscania (Tuscania - VT)
Tra l'altro segnalo altri film girati in questo luogo suggestivo come scritto in Wikipedia: L'armata Brancaleone (Monicelli 1966), in particolare la scena in cui l'armata si reca alla reggia della famiglia di Teofilatto dei Leonzi (Gian Maria Volontè)(...) Tra gli altri si possono ricordare i film: Otello di e con Orson Welles(...), Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli (1968), Francesco di Liliana Cavani (1989) come anche la scena finale del film Lady Hawke di Richard Donner (1985)
La scena finale, quando Totò e Ninetto incontrano, su una strada sterrata, la prostituta. La strada è ancora oggi sterrata e costeggia l'aeroporto di Fiumicino (RM). Il campo dove si appartano con la ragazza fa parte integrante ormai del perimetro aeroportuale, ma è ancora all'esterno, perfettamente visibile, la stazione metereologica da cui, nel film, viene lanciato un pallone sonda. Ho fatto alcune altre foto che potete trovare sul mio blog
I protagonisti camminano su un viadotto in costruzione, conversando sulla morte. Siamo allo svincolo tra l'autostrada Roma-Fiumicino e la Roma-Civitavecchia.
Il casale di poveri contadini a cui Totò e Ninetto (Davoli) si recano per riscuotere l'affitto che questi non possono pagare è, come noto e scritto anche qui Villa Koch, su una collina in via del Fosso di Papa Leone a Roma. Oggi è in rovina
Nel controcampo, quando Totò, giunto al casale, chiama i contadini, si vedono dietro di loro un piccolo edificio diroccato e una Torre Righetti. Qui Pasolini ha barato un po' in quanto il casale, che si presume di fronte ai due attori, in realtà è più distante e girato in senso contrario
La casa dei contadini che sparano a Totò e Ninetto (Davoli), rei di aver sconfinato nella loro proprietà per "impellenti necessità corporee", è oggi il Ristorante Nuovo Gusto in via delle Idrovore della Magliana 93 a Roma. La casa, all'epoca piuttosto fatiscente, si presentava isolata nella campagna e vi passava a fianco l'appena costruita autostrada Roma - Fiumicino
Il bar Las Vegas dove Totò e Ninetto (Davoli) trovano alcuni ragazzi che ballano di fronte all'ingresso è in Via Torremaggiore a Pomezia (RM).
L'insieme degli edifici per capirne meglio la posizione.
La Torre Maggiore di Santa Palomba e il profilo della montagna
I ruderi di un acquedotto romano sui quali Ninetto (Davoli) corre dopo essere andato a trovare una ragazza sono lungo la Circonvallazione Orientale a Roma. Il profilo montuoso è una specie di impronta digitale, quello che si intravede nel fotogramma orienta chiaramente lo sguardo verso nord est rispetto a Roma.
Considerando le zone di poco a nord rispetto all'acquedotto alessandrino si individuano alcuni palazzi dello sfondo molto scorciato a Torre Angela (RM). I palazzi in questione si trovano oggi nel bel mezzo del quartiere di periferia romana, e non più ai margini dei campi come allora. La cosa può essere compatibile con la forte espansione e speculazione edilizia documentata in zona. Precisamente sono questi sopra.
Allineando dunque i palazzi in questione con il profilo montuoso di sfondo a nord e scendendo con l'immagine si trova questo unico altro tratto di acquedotto scoperto che ha la stessa leggera curvatura di quello del fotogramma e anche il tipo di diroccamento degli archi quasi identico ad allora. Eccone una immagine, a destra, dal versante opposto a quello del fotogramma, dal vicino svincolo autostradale.
Lo sfasciacarrozze dove Ninetto (Davoli) va a trovare una ragazza che è vestita da angelo per una recita è di fronte a via Monopoli nella zona di Torre Angela a Roma, come si può riscontrare dalle due caratteristiche palazzine.
Ecco sullo sfondo anche l'edificio C
La baracca di lamiere dello sfasciacarrozze (D) era nei pressi del palazzo (E)
Mentre il palazzo in costruzione dove appare la ragazza vestita da angelo è di fronte al palazzo E.La mappa che mostra dove sono tutti i punti individuati
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Baldini Gabriele
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Riferimenti e bibliografie:
- "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
- "Pier Paolo Pasolini" di Piero Spila, Gremese Editore
- Nestor Covachev in http://nestorkovachev.net/uccellacci-e-uccellini/
- Documenti censura Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - www.cinecensura.com
- Pier Paolo Pasolini a Livio Garzanti, gennaio 1967, in P.P. Pasolini, Lettere 1955-1975, a cura di Nico Naldini, Einaudi, Torino 1986
- "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
- Intervista esclusiva di Simone Riberto, alias Tenente Colombo a Mario Bernardo del 5 ottobre 1999
- "Totò, un napoletano europeo" (Valentina Ruffin), Ed. Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1996
- "Pierpaolo Pasolini: ecco il mio Totò" - Intervista con Pier Paolo Pasolini risalente al 1974 ed è in gran parte inedita. Solo qualche piccolo brano è stato inserito nel programma televisivo «Perché Totò», realizzato da Tommaso Chiaretti e Mario Morini. («La Repubblica», 3 agosto 1976)