UOMINI A NOLO

(1937)

Scheda dell'opera

Titolo originale Uomini a nolo (1937)

  • Testo: Antonio de Curtis e Bel Ami, rivista in due tempi
  • Compagnia: Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche Totò

Sketch, quadri e notizie

Viene presentata per il visto a marzo del 1937 ed è forse quella più ricca e complessa. La condizione del protagonista Cirillo, quella dell'uomo in affitto Totò se la porterà con sé in molte fasi della sua successiva carriera, compresa Napoli milionaria!, di Eduardo De Filippo (1950), per citarne un risvolto “serio”. Anche la scena nella Morgue, dove Cirillo sostituisce un cadavere rapito fingendosi morto, ricorda la situazione interpretata in questo film, come il numero da finto morto dei suoi esordi. Il quadro interamente abitato da personaggi miopi, un “classico” di Totò, si troverà con modalità diverse in Totò cerca moglie, di Carlo Ludovico Bragaglia (1950). L’episodio del turco che deve andare a insegnare in un collegio femminile, dove con uno stratagemma lo sostituirà Cirillo fingendosi “eunuco”, cita Un turco napoletano di Scarpetta, mentre la situazione nel collegio femminile anticipa quella de I due orfanelli, di Mario Mattoli (1947).


SCENE PRINCIPALI

L'agenzia
In collegio
La famiglia di miopi
La balia

Gli sketch: Cirillo perde tutto alla roulette e la sua amante dal nome programmatico di Passepartout l’abbandona per Cambronne. Insieme a Giocondo, abbandonato anche lui dalla sua donna, apriranno un ufficio, l’Agenzia «Uomini a nolo», che si incarica di offrire sostituti di persone temporaneamente mancanti. Unico addetto alle sostituzioni, Cirillo, che, a seconda delle richieste, si finge di volta in volta quello che occorre, dando vita ai diversi quadri di cui si compone la rivista. Entra la Diva di varietà francese, che vuole un Segretario prima remissivo, poi brutale, tipo apache; poi un Nobile che ha bisogno di un ospite raffinato per il suo pranzo di tredici invitati. Quindi Cirillo capita in una situazione in cui sono tutti miopi, e scambia un manichino per la donna che corteggia e la finestra per l’armadio: anche il gendarme che dovrebbe arrestarlo per adulterio è miope e cercandolo nell’armadio precipita dalla finestra. Si sostituisce a un turco che, in quanto eunuco, sarebbe dovuto andare a far da guardiano in un collegio femminile, con tutti gli equivoci possibili, che si scatenano quando chiede la mano di una delle collegiali. Cirillo viene poi ingaggiato come balia e corteggiato dall’attendente del padre del bambino al quale fa bere del vino invece che il latte. A vedere il bambino diventato rosso tutti si spaventano e fuggono pensando alla scarlattina: rimangono solo la balia e la madre del bambino che commossa invita la balia a dormire con lei. Finisce ad aiutare uno scienziato che ha inventato la televisione con gli odori e i sapori. Quindi c’è un quadro sull’amore romantico nell’Ottocento, quando, per spogliarsi, ci vogliono ore e ogni tanto per riprendersi occorre fare uno spuntino, ma l’atmosfera idilliaca è rovinata dall’arrivo del marito che oltretutto è afflitto da balbuzie. Cirillo conclude la serie delle sue trasformazioni alla Morgue, dove fa il finto morto e riesce a far arrestare l’assassino guadagnando la taglia che gravava su di lui e risparmiandosi cosi ulteriori noleggi.

Totò è Cirillo, in una apoteosi di trasformazioni che sembra riassumere molti dei suoi personaggi precedenti e farne un prontuario di alcuni personaggi cinematografici. È vestito alla “Rotschild" e il suo avversario è Cambronne in una parodia del contemporaneo Maria Walewska, il film di Clarence Brown, e dei suoi riferimenti pseudostorici. I suoi tentativi di suicidio iniziali ricordano quelli di Animali pazzi, di Carlo Ludovico Bragaglia (1939). Nei panni del segretario violento «fa il tipo dell’Apache, esplora la donna, sputa» e dà uno sguardo che «disabiglia». Come invitato di lusso, esibisce un vocabolario ricercato, la «ballalustra», il «damaschio», ed è iscritto all’«Almanacchio» di Salvator Gotta mentre è «invacchito» di una dama.


«Uomini a nolo», uno sketch inedito del 1937, di Antonio de Curtis

Un gentiluomo: (molto austero, entra solennemente, in cilindro e redingote) Si può?

Giocondo: Prego!...

Gentiluomo: E' ben questo il noleggio d'uomini di cui paria il giornale?

Giocondo: Certo, signore: l'unico della città, anzi, l'unico al mondo!...

Gentiluomo: Bene. Vi dirò. Sono il conte Fabrizio di Rocca verde e proprio oggi dò un banchetto a palazzo...

Giocondo: (sente l‘acquolina in bocca) Un banchetto?...

Gentiluomo: Ma mi capita un contrattempo increscioso... Siamo in tredici a tavola. Sette dame e sei gentiluomini.

Giocando: Ho capito: vi manca un gentiluomo.

Gentiluomo: Precisamente.

Giocondo: Oh ma vengo io, signor conte!... (tra sé) Che strippata voglio fare! Si sentono dei colpi alla parete sinistra

Giocondo: (tra sé) Vigliacco, ha sentito!...

I colpi si ripetono

Gentiluomo: Che accade?...

Giocondo: Oh nulla... Ho degli operai che lavorano... Dicevo dunque...

Altri colpi

Giocondo: ...che sarei venuto io, ma ho piuttosto da fare. (Dice queste parole volgendosi alla parete per far capire a Cirillo).

Giocondo: Ci sarebbe il numero 8... (sfogliando il registro) Ma non è abbastanza chic... (sfoglia) Il 16 forse, ma è troppo grosso... Ecco il 23... è più stilè... ora ve lo chiamo.

Gentiluomo: Un momento!... Io tengo soprattutto alla cultura. Capirete, in casa mia si usa un parlare forbito, elevato, fiorito... Gli invitati sono cosi dotti, che non vorrei davvero che l’uomo da me noleggiato facesse una magra figura...

Giocondo: Oh. allora state tranquillo... l’uomo che vi indico è un pozzo di scienza.. e le parole scelte sono il suo forte (suona il campanello).

Impiegata: (entra).

Giocondo: Il numero trentadue.

Gentiluomo: Pardon. Non avevate detto ventitré?

Giocondo: Ah, si?... Allora il 23. Non sbagliate!

Impiegata: (via).

Giocondo: Ne sarete entusiasta!...

Cirillo: (entra, in alta tenuta: cilindro e tait).

Giocondo: (fa le presentazioni) Il Conte di Roccaverde... Il Barone 23... Pardon... Il Barone di Gambamolle, (inchini dei due) Il signor conte vorrebbe noleggiarvi... (correggendosi) Cioè, invitarvi ad un banchetto nel suo palazzo.

Gentiluomo: (a Cirillo) Se aveste l’amabilità di accettare...

Cirillo: Sono lusingato. Sarebbe per oggi?...

Gentiluomo: Per domani.

Cirillo: (sospira) Ehh... Peccato. Gentiluomo: Forse non siete disponibi-

Cirillo: (risponde immediatamente) Sì!... Cioè, credo. Un momento che ci pensi addosso!...

Giocondo: (sottovoce, correggendolo) Sopra...

Cirillo: (piano) Sopra o addosso non è lo stesso?... (forte) Si, si, senz’altro. Non ho impegni.

Gentiluomo: Ah, bene. Faremo prima un po’ di musica, poi pranzeremo.

Cirillo: Ah prima la musica... poi... va bene, vuol dire che verrò sul tardi. Oh, conte, lo conosco il vostro palazzo. E’ veramente lussurioso... Ricordo lo scalone monumentale, con quella grande ballalustra...

Giocondo: Ma che dici?

Cirillo: Taci, plebeo!... Volevi andar tu a pappare, eh? Zzzz! (forte) E il salone, il salone è magnifico... con quelle tende di damaschio!...

Gentiluomo: (fra sé) Damaschio? ... Ohibò!...

Cirillo: (con un gran sospiro) Ehh, vedete, conte, la vita a che conduce!... Un gentiluomo come me, iscritto nell'almanacco di Salvator Gotta...

Giocondo: Almanacco di Gotha!... (suggerendo)

Cirillo: Doverso trovare a questo punto!...

Gentiluomo: Ci vuol pazienza.

Cirillo: Se sapeste! Ho sofferto tante privative!...

Gentiluomo: (sbalordito) Eh??? Siete rimasto senza sigarette?...

Giocondo. Vuol dir privazioni. Un lapsus linguae!...

Cirillo: Già, un lapis linguae!... Mi ero invacchito di una dama..

Gioconda: (correggendo) Invaghito!...

Gentiluomo: E un po’ forte! (tra sé)

Cirillo: E tra la dama, e la roulette, mi diedero scacco matto. Ero nato per brillare, e adesso mi deridono. Perfino i ragazzi per la strada mi danno la balia!...

Giocondo: (correggendo) La baia!

Gentiluomo: Usa certe espressioni!

Giocondo: Sa, è stato molto all’estero.

Cirillo: Io sono già stato nel vostro salone, caro conte, in occasione di una festa.

Gentiluomo: Ah, sì?

Cirillo: Oh, era tutto costipato di gente.

Giocondo: Stipato!

Cirillo: E visitai anche il vostro giardino. Già, il cancelliere mi aprì.

Gentiluomo: (fa gesti desolati).

Cirillo: Quel laghetto dei cigni; che bellezza! Cera un cigno che faceva l’amore...

Gentiluomo: Davvero?

Cirillo: E con le ali, delicatamente si stringeva la cigna. Ma, da un pezzo la mia vita è diversa! Decaduto! A ripensarci mi vengono le lucciole agli occhi!

Gentiluomo: Certo, ricordare i tempi lieti è una sofferenza.

Cirillo: Altro che sofferenza! E’ un patibolo!

Gentiluomo: E' troppo! Non è possibile!... Se dice cose simili a tavola!

Cirillo: Che dice?

Giocondo: Potrei andare io...

Cirillo: Guai a te: mi dimetto.

Gentiluomo: Bisogna che cerchi altrove Costui non va.

Cirillo: E me lo dice sul viso! Ci vuole una bella faccia soda!

Giocondo: Tosta!

Cirillo: O soda o tosta non è lo stesso! Ah. questa figura mi fate fare? Ma badate: io ho una temperatura nervosa, eh! Anche il medico me l'ha detto che sono un po’ clisterico.

Gentiluomo: Mamma mia!

Cirillo: Chiama la mamma, lui che è vecchio come il cucciolo. Se non mi volete, ditelo, ci tiriamo una fregola sopra e buonanotte!

Gentiluomo: Per carità: che gentiluomo! E che agenzia! (via)

Cirillo: vedi? A sentirmi trattar cosi, mi sento fremere i pipistrelli delle dita. Giocondo: Sei stato tu adesso a rovinar l’affare!

Cirillo: Sfido! Voleva fare il Brodomonte.

Giocondo: Taci.

Cirillo: E perché?

Giocondo: C’è qualcuno, (va verso la porta) Una signora! Va’ di là.

Cirillo: Ancora? Che mestiere! (via).


Censura: nel secondo quadro del primo tempo, Cirillo, stupito, risponde alla Diva che lo vuole ingaggiare «Sans faute»: «Sans faute?... E allora che cosa vengo a fare io?...». Nel quinto quadro del primo tempo, Cirillo risponde al Direttore, che gli chiede da chi è stato condannato: «Dai medici. Già... perché dicevano che era gracile, che difettavo di ormoni. Invece non era che un po’ di debolezza...». La censura entra ancora nelle didascalie: nel terzo quadro del primo tempo, Cirillo, riferendosi al marito di Barbara, sopraggiunto improvvisamente, dice: «Eh, allora la porta la sfonda lui [gesto dell’ariete]». Inoltre in uno dei brani cantati sono state eliminate tutte le attribuzioni di «santo» accostate ai nomi di attori, attrici e soubrette di varietà.


Rassegna stampa

Totò prima di Totò: preistoria di un mito

Scintille del varietà/Una mostra a Roma entra nella "fabbrica” del grande comico, quando ancora il cinema non l'aveva scoperto. Macchiette, canzoni, poesie, contorsioni del corpo e della parola: il genio allo stato nascente

«Il comicissimo dei comici grotteschi»: cosi "Il Messaggero” alla fine del 1928 presenta Totò, l’attore «che fa far buon sangue con la sua irresistibile comicità» e che si trova a Roma, una delle sue piazze abituali, alla Sala Umberto, impegnato in uno "spettacolo mondiale” con l’esibizione di una jazz-band. Sono gli anni del suo primo, incontenibile successo teatrale tra café-chantant e avanspettacolo, che lo porterà a immergersi vittoriosamente nel repertorio partenopeo per poi riprendere, negli anni Trenta, la via della rivista esibendo una lingua da «italiano con accento partenopeo». E’ l’epoca in cui Totò affina i suoi personaggi costruendoli come una continua invenzione di temi appena sfiorati, una massa già sbozzata che prende il tono e il ritmo dell’improvvisazione serale. Una passerella in cui tutto può accadere: anche che, nella sua più scatenata delle fughe, il comico si arrampichi «lungo il sipario di velluto» del Teatro Nuovo di Napoli e si dedichi a «smorfie e massetto simili a quelle di una scimmia che allo zoo fa sberleffi ai suoi visitatori».

Durante quegli anni straordinari, Sandro De Feo scopre «l’allucinante Totò» in un sua esibizione marionettistica, slogato come un’incredibile palla che va da una parte e dall’altra, gli occhi nella direzione opposta a quella del capo e «la bazza per conto suo rispetto alla bocca». Un’esplosione incontenibile. La figura surreale, da acrobata c contorsionista, scardina ogni codice e con il gesto disarticolato e spezzato, in una serie di sequenze irreali, potenzia il senso delle imprese di cui è involontario protagonista. Situazioni di fame e di sesso, un’avidità antica che scompiglia e contagia, «rompe gli ingranaggi, eccede trame e caratteri, s’impossessa della platea appena ne sente le vibrazioni e la trascina al di là delle sue attese». Come nei trascinanti gran finali dei suoi spettacoli di cui si conserva traccia in molti film, quando egli procede con una candela in un immaginario corteo funebre «sotto l’ala della bombetta due occhi allucinati dolcissimi, da rondone, da ectoplasma», scriverà Fellini che mai lo utilizzerà sul set.

Antonella Ottai rievoca l’exploit romano di Totò nella bella sezione teatrale della mostra "Totò, partenopeo e parte napoletano" con cui, al Teatro dei Dioscuri, nel centenario della sua nascita, Roma (sotto l’egida dell’Assessorato alla Cultura e dell’Università La Sapienza) vuole ancora ricordare il comico partenopeo. Il percorso segue la figura dell’attore di teatro, erede della tradizione napoletana, ma anche il poeta, con una sezione a lui dedicata (a cura di Tullio De Mauro) e il paroliere-musicista affidato alle scelte di Vincenzo Mollica. Con la sua storia, i codici, le posture e le continue trasgressioni, l’attore è una sorta di grande foresta di figurazioni e di gesti; è la prima vera pelle che troviamo impastata in ogni sua altra trasformazione; è il materiale combustibile da cui è alimentato il Totò approdato al cinema tardi, quasi quarantenne, dopo un primo provino (fallito) alla Cines. Con lui ci si immerge in un colorato universo di locandine sbiadite, caricature fulminanti, copioni scritti a macchina con molti errori e, in calce, l’occhiuta vigilanza del censore fascista, del tutto disorientato di fronte a una macchina comica ingovernabile e straripante. Come capita per "Uomini a nolo", la rivista in due tempi del 1937, forse la più ricca e complessa, con un Totò "uomo in affitto” pronto a ogni mutazione. Anche a passare (con tutti i suoi strafalcioni linguistici) da ospite raffinato a casa di un nobile, in un pranzo che ha tredici commensali. E' il testo, inedito, che qui pubblichiamo. Leggendolo, e accostandolo con la memoria alle immagini del Totò cinematografico, percepiamo il perduto luccichio impresso dallo straordinario Burattino nello scacco metafisico del suo contorcimento. Che, dalle posture del corpo, si estende anche alle peripezie della lingua.

Renato Minore, «Il Messaggero», 14 ottobre 1998

Ricostruzione delle rappresentazioni della rivista nelle varie città italiane


TITOLO DELL'OPERATAPPE

Uomini a nolo

Rivista in due tempi di Antonio de Curtis e Bel Ami

Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche Totò

1937

Riferimenti e bibliografie:

  • "Quisquiglie e Pinzellacchere" (Goffredo Fofi) - Savelli Editori, 1976 - «Uomini a nolo» e «La balia», pp. 71-83;
  • "Tutto Totò" (Ruggero Guarini) - Gremese, 1991 - «L’agenzia» e «In collegio», pp. 269-277
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Totò partenopeo e parte napoletano", (Associazione Antonio de Curtis), Marsilio Editore 1999
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • Renato Minore, «Il Messaggero», 14 ottobre 1998