Così la stampa dell'epoca
«Il robot è la nuova macchietta di Totò nella rivista "Bada che ti mangio", andata in scena la settimana scorsa a Milano. Nelle vesti metalliche dell'uomo meccanico Totò ha trovato modo di concentrare ancora una volta la nota comicità. L'automatismo dei gesti, già notato in Pinocchio, è qui portato alle estreme possibilità, per sempre dominato dalla maschera esilarante. Ma Totò è stato un po' sacrificato dal copione. Poche scene per lui e non tutte di quell'umorismo vivido e sostenuto di cui è capace (ricordate la scena del vagone letto nella precedente rivista?). I critici più severi hanno scritto che la vena comica della autore, Galdieri, si è rivelata stanca. Alla "prima" il sipario è calato alle 2 del mattino: materia in esuberanza. La seconda sera è terminata alle una; svaltita, ne ha guadagnato e gli applausi sono stati più nutriti. Essa rappresenta il maggior sforzo del teatro della rivista per diventare "successo di coreografia e dominio di buon gusto". C'è una scena durante la quale il pubblico applaude ininterrottamente, quella delle fontane colorate, realizzazione veramente grandiosa. Per l'occasione il palcoscenico del Nuovo era tutto una grande fontana i cui getti, illuminati alternativamente nelle tinte più delicate, diffondevano la "Rapsodia in blu" di Gershwin, con l'altalenare ritmico degli zampilli. Questa fontana è costata a quattro milioni di lire.»
«Tempo», 12 marzo 1949
«[..] La nuova rivista di Totò, o, meglio la nuova rivista che Michele Galdieri ha ideato per Totò era in prova da quasi un mese e mezzo, e la prima rappresentazione ha subito quattro rinvii. Galdieri avrà voluto fare qualcosa di più di ciò che avevano fatto, per Vanda Osiris, Garinei e Giovannini, così come Macario aveva voluto, a sua volta, schiacciare anche lui la sua antica compagnia di ribalta, con l'opulenza del suo spettacolo. E' una gara a chi spende di più [..] ,a chi fa lo spettacolo più sontuoso e più lungo, a chi richiede, per fermare il pubblico agli ingressi, i maggiori contingenti della Celere. Giova, alla rivista, questa tendenza al gigantismo? Giovano queste proporzioni elefantiache? [...] E' probabile che, immersi nel colossale fino alla gola, gli stessi attori perdano il controllo degli effetti. Uscito dal teatro l'ultimo spettatore, comincia un nuovo lavoro, quello dei tagli. Solamente messa a confronto con il pubblico la rivista mostra le sue falle e le infiltrazioni d'acqua. Si spiegano cosi i malumori che ieri sera, durante il secondo tempo della rivista, il pubblico del Nuovo ha fatto sentire con una certa insistenza, seguiti subito, appena il "quadro" lo soddisfaceva, da raffiche di entusiasmo [...]. Il pubblico voleva Totò, o la scena di vasto e grandioso effetto: le romanze, i duettini, i tubettini, i couplets lo stancavano subito, qualche volta anche a torto. [...] Bada che ti mangio va sottoposto ad una energica cura dimagrante. Ha tutta la materia e la qualità di uno spettacolo di classe europea. Michele Galdieri, Totò e Remigio Paone avranno certamente capito dove bisogna lavorare di forbici. Se ne gioverà anche la amenissima comicità di Totò, che potrà avere più spicco se gli sketches saranno più brevi.[..]» .
«Corriere d'Informazione», Milano, 4-5 marzo 1949
«Mai mi è accaduto di fendere una folla più strabocchevole, più disposta a pagare qualunque somma pur di non tornarsene a casa senza il ricordo del collo natante, degli occhi couillards, della mascella surrealista di Totò, delle gambe mistinguettiane della Barzizza, della dolce voce della Giusti.»
Leonida Repaci, Totò senza Aristofane, in "Teatro di ogni tempo", Ceschina, Milano 1967
«Tutto il favore di cui gode presso il pubblico è fatto della ripetizione, talvolta invocata a gran voce, delle due o tre frasi e dei quattro o cinque particolari atteggiamenti nei quali consiste il suo repertorio.»
Giovanni Mosca, Ha ragione Totò, «Oggi», 27 giugno 1948
Muro del pianto tra le quinte dopo la "prima" di Totò
Il debutto di Totò a Milano era stato preso molto seriamente. Quattro rinvii, una preparazione pubblicitaria eccezionale, l'annuncio di quadri fantastici e di cifre da far venire il capogiro. Le sole fontane luminose, fatte fabbricare a Milano su un'idea copiata in Spagna, costavano oltre 4 milioni. I bagarini facevano aumentare il costo delle poltrone e i ritardatari correvano il rischio di vendere indumenti personali se dovevano accontentare le richieste della borea nera.
La sera della i prima, la Celere era schierata davanti al teatro Nuovo e lasciava passare il cordone steso agli ingressi solo a chi già possedesse il biglietto, acquistato praticamente 15 giorni prima. Paone distribuì alle signore presenti un giocattoletto racchiuso in cellophane: era un Totò minuscolo che muoveva la manina destra in un suo tipico gesto marionettistico. E qualcuno ha osservato, alla fine, che se S.M. Totò si era presentato nei primi quadri con una sicurezza superiore e regale, finì poi, nel secondo tempo, per farsi piccino quasi quanto il giocattolo di Paone. Diciamo subito che, in tema di coreografie e di eleganza, di scene e di costumi, la rivista di Totò supera in molti punti qualsiasi altra apparsa sinora sulle nostre scene: ma il copione è meglio dimenticarlo. Evidentissimi sono gli squilibri tra i quadri fantastici delle coreografie e gli sketch di una palese povertà e l'estro dei balli ha spesso cozzato contro la scarsa vena del copione.
Dietro le quinte, le alternative del debutto avevano provocato un terribile senso di ansia, dopo una tensione di nervi che durava da un mese: Galdieri, dopo i primi fischi, se ne era andato più per avvilimento che per mancanza di coraggio; Totò imprecava ogni qualvolta doveva uscire in scena e non ritrovava il suo umore adatto a far sbellicare dalle risa la platea; Castellani aveva le mani nei capelli della parrucca. Ma la vera crisi si sviluppò infine, con accenti un po' drammatici e un po' umoristici, tra le artiste della compagnia, le quali offrirono un altro commosso spettacolo nel retroscena. Calato il sipario, la Giusti era forse la meno abbattuta, ma strillava per come era andata: « Un copione migliore e sarebbe venuto il più grande successo di questi ultimi tempi! »
La Barzizza colava lacrime nere per via del trucco, a pena consolata da e Tatina, la giovane e avvenente mamma che da due notti non dormiva per starle accanto. Silva era anch'ella piangente. Ma le sue lacrime non erano dovute a un fiasco: tutt'altro. Il famoso i quadro delle fontane fa apparire in controluce, davanti alla cascata luminosa dell'acqua, una donna nuda o quasi che, a mala pena illuminata, danza lentamente. Un successo sicuro! La figuretta esile doveva essere quella di Silva; all'ultimo momento, invece, fu Ginger Stuart che si slacciò íl reggiseno ed esegui la danza. E Silva, coal lei diceva fra le lacrime, fu rinchiusa a chiave nel suo camerino dall'amministratore Rosina perché non uscisse a protestare. A prescindere, si replica.
(Periodico 8Otto del 31 marzo 1949)