Tuttototò - La scommessa

Tuttototo La scommessa


Tuttototo   La scommessa

Scheda del film

Regia: Daniele D'Anza - Soggetto: Antonio de Curtis, Bruno Corbucci - Sceneggiatura: Antonio de Curtis, Bruno Corbucci - Fotografia: Marco Scarpelli - Scenografia: Giorgio Aragno - Musica: Gianni Ferrio - Montaggio: Sergio Muzzi - Produzione: Aldo Pace per la BL Vision, Roma Prima trasmissione Rai: Programma nazionale, 1967 Durata: 50 minuti


Interpreti e personaggi: Totò (Oberdan Lo Cascio) - Mario Pisu (l'avvocato Giulio Cesare) - Luisella Boni (sua moglie) - Mario Castellani (il maitre) - Walter Chiari (se stesso) - Altri interpreti: Franco D'Amato, Tino Fornai, Ivy Holzer, Viviana Larice, Diana Rabito, Dino Valdi, Rosella Spinelli, Vittorio Zizzari


Soggetto, Critica & Curiosità

L'episodio è tratto da una farsa originale dello stesso Totò, autore anche della sceneggiatura. Totò comincia da timidone e finisce dicendo: "datemi le sorelle Kessler e vi solleverò il mondo". Il programma fu trasmesso dal Programma Nazionale della RAI il 25 maggio del 1967 alle ore 21. L'episodio è centrato su una crudele scommessa tra due coniugi, che vogliono mettere alla prova l'affidabilità di un impiegato e la sua fedeltà al capo di un azienda, il marito della coppia (Mario Pisu). È ruolo piuttosto insolito per Totò, che - vestito, come sempre, in frac, bombetta e pantaloni a zompafossi - si trova nei panni del fin troppo ingenuo impiegato Oberdan Lo Cascio, nel cui nome e cognome quasi si sintetizzano i due estremi geografici del nord e del sud dell'Italia. È quindi il povero protagonista che accetta di partecipare a una cenetta intima con la moglie del principale (Luisella Boni), senza sapere che ha scommesso sul tradimento di quell'impiegato da tutti ritenuto onesto e incorruttibile. Naturalmente, il tutto è servito in un contesto da sketch d'avanspettacolo, con riprese in studio e pochissimi movimenti di macchina, salvo i numerosi primi piani del viso di Totò, fotografato dal bravo Mario Scarpelli. Solo apparentemente l'attore appare disinvolto in un contesto che strizza l'occhio alla presunta e idolatrata modernità. In realtà il tessuto profondo della sua recitazione, rimanda all'archetipo del tipo costruito negli anni Venti e Trenta, con l'aggravante che l'attore è ora cieco e del tutto privo di energia fisica e di dinamismo. Tutto si riduce quindi alle antiche mossette, alla mimica e alla confezione manieristica della battuta, stancamente riprodotta nella serie dei duetti su cui l'episodio è costruito. Così lo vediamo prima dialogare con due belle ragazze, che sono le sue colleghe di lavoro, dopo essere sceso da una bicicletta; poi con il capufficio e la moglie di questi; ancora con uno stravagante dongiovanni (Walter Chiari, che fa se stesso pur essendo chiamato da Oberdan prima Ugo Chiari e poi Walter Gassman) che sembra attendere unamante, da lui definita «bella donna», ma che in realtà aspetta solo che il cameriere gli porti una bottiglia del digestivo Belladonna; di nuovo con la moglie del principale; infine, in uno scalcinato night, dove si esibisce nella solita danza fatta di membra sciolte dal corpo, mossette e ghigni vari.


Video e stampa dell'epoca


Alle 21 una farsa scritta e recitata da Totò

In serata sul canale nazionale avremo «Tutto Totò» con una farsa dallo stesso attore ideata e scritta in collaborazione con Corbucci (La scommessa): assieme a Totò reciteranno Walter Chiari e Luisella Boni. Malgrado tutti gli appunti che si possono muovere alla trasmissione, è indubbio che le occasioni di ilarità non mancano mai.

Ugo Buzzolan,«La Stampa», 25 maggio 1967


Torna Totò questa sera alle 21 in un nuovo episodio dal titolo «La scommessa». Si tratta di un'altra farsa nella quale l’attore veste questa volta i panni dimessi e insoliti di un poveruomo, certo Oberdan Lo Cascio, impiegato come «giovane di studio» presso un avvocato. E' un tipo timido, un misogino perennemente bersagliato dai lazzi e dagli scherzi dei suoi colleghi d’ufficio. Una sera, la bella moglie del principale, lo invita a casa sua ad una cena intima, non perché senta una certa attrazione per lo sgraziato personaggio, ma solo per vincere una scommessa. Naturalmente il povero timido Lo Cascio finirà per essere sorpreso dal suo principale, come era nelle intenzioni della donna, e perderà il posto. Assieme a Totò vedremo Walter Chiari, Mario Pisu e Luisella Boni.

«Il Messaggero», 25 maggio 1967


Alle 21, sul Nazionale, va in onda La scommessa, una farsa del ciclo Tutto Totò, autore del canovaccio, che Bruno Carbucci si limitò a sceneggiare, oltreché interprete. Il protagonista della storia non è forse un personaggio originale, per una confessata discendenza da progenitori come il «Travet» di Bersezio ed il «Policarpo De Tappeti» di Gandolin (entrambi portati sullo schermo e da qui sul teleschermo da Mario Soldati) o se si vuole come il «Monsieur Verdoux» di Chaplin (prima che la perdita dell'impiego non lo spingesse i a fare il Landru): un piccolo burocrate, pateticamente umano ed amaro, infimo nella gerarchia degli impiegati di concetto a cinquantanni suonati, remissivo ed inerme zimbello di colleghi e collegllo d'ufficio.

[...] Accanto a Totò, che disegna ancora una volta una delle sue felici macchiette comiche con atteggiamenti quasi chapliniani sotto la bombetta del poveraccio è stavolta Walter Chiari oltre all'inseparabile «spalla» Mario Castellani. La regia è di Daniele D'Anza.

Ugo Buzzolan,«Stampa Sera», 25 maggio 1967


Il povero Lo Cascio

1967 05 23 Radiocorriere TV La scommessa f1Proprio mentre girava la sua prima serie televisiva, Tutto Totò, il vecchio comico fu ripreso dalla tarantola del teatro, non più della rivista, ma della prosa. Racconta Daniele D'Anza, suo ultimo regista e suo primo regista televisivo «Cercavamo un repertorio. Gli proposi una classica "pochade" di Feydeau, «La pulce nell'orecchio, e se ne entusiasmò. Ma subito apprendemmo che Alberto Lionello aveva avuto la nostra stessa idea. "Giacche è così — disse Totò in tono vendicativo — il repertorio me lo faccio da me". Da allora ogni sera aveva da raccontarmi una trama nuova che voleva scriversi addosso, su misura. Ma quale era la misura di Totò?

Diceva Musco a quegli autori che, a cominciate da Pirandello, s'indignavano di non riconoscere più nelle sue interpretazioni le proprie commedie; "Voi accontentatemi di fornirmi la storia, io ci ricavo il vestito. Così avrebbe potuto dite anche Totò all'autore Antonio De Curtis. Tutte le taglie gli andavano bene, perchè tutte le taglie egli le riduceva a sè stesso, come il famoso calzone a saltafosso delle sue gloriose macchiette. Così io non sapevo rispondere quando mi chiedeva un giudizio su quelle trame che ideava la notte, durante le sue interminabili veglie. Erano un po' ingenue, e più che idearle egli le ripescava nella memoria e le rimodellava su antiche situazioni, sui tradizionali qui-pro-quo della commedia popolaresca. Ma andavano tutte bene, perchè mentre le raccontava già c'era lui dentro, ed era impossibile astrarre il testo da quel che lui ne avrebbe ricavato in palcoscenico». Anche la trama de «La scommessa», la terza farsa televisiva della serie «Tutto Totò» — che vedremo stasera e che porta la sua firma d'autore accanto a quella di Bruno Corbucci — non è e non vuole essere gran cosa, se non perche c'è lui dentro: un semplice pretesto alle sue invenzioni d'interprete. Però in questo caso c'è qualcosa da dire anche su Totò interprete. Oberdan Lo Cascio, il personaggio che egli vi impersona, non appartiene ai suoi soliti. «La mia comicità è aggressiva », diceva Totò, e aveva ragione.

Lo Cascio invece è una vittima ; un personaggio comico, certo, ma solo perchè ha la faccia esilarante di Totò; in realtà è un poveraccio, i cui risvolti sono irrimediabilmente patetici. Cinquantenne «giovane di studio», già zimbello dei colleghi e più ancora delle colleghe per la sua cronica timidezza, finirà col perdere anche il posto quando la bella moglie del principale (Luisella Boni) scommetterà sulla sua pelle un milione col fatuo marito (Mario Pisu). La signora (lei si che se ne intende) dovrà dimostrare che Oberdan non è quel misogino che tutti credono ; e ci riuscirà invitandolo a una cena intima, alla quale si farà «sorprendere» dal marito. «La scommessa» è cosi crudele che sarebbe meglio definirla una beffa. E anzi, poichè ha per sfondo un ristorante, l'intero «sketch» avrebbe potuto intitolarsi La cena delle beffe. Ma almeno nel dramma in falso-rinascimento di Sem Benelli l'infelice Giannettaccio traeva la sua atroce vendetta al quarto atto. Qui, alla fine dei cinquanta minuti di programmazione, il povero Lo Cascio si avvia invece a fare karakiri. Naturalmente ci si può divertire anche col karakiri, quando a farlo è Totò. Ma è chiaro che, così stando le cose, la vera scommessa che ci interessa non è più quella dei due potenti ai danni di un derelitto. E‘ quella che Totò, attore comico, ingaggia con Oberdan Lo Cascio, personaggio con le lacrime. Forse anche per questo ha chiamato in appoggio a fargli ila spalla un altro attore comico, Walter Chiarì.

f.r., «Radiocorriere TV», 25 maggio 1967


Deludente la farsa di Totò

Ahi, Totò. La farsa di ieri portava anche la sua firma, De Curtis, ossia Antonio De Curtis Gagliardi Ducas Comneno di Bisanzio. Che brutta, che povera cosa stentata, forse la peggiore di quelle trasmesse sino ad ora. L'intrigo del timido che non ha mai avuto rapporti con donne e che viene attirato per scommessa ad un appuntamento galante dalla moglie del principale era di una puerilità che sconcertava.

Totò si esibirà nel suo repertorio divertente di facce e di gesti, ma tutto l'insieme era roba da gramo avanspettacolo e non faceva ridere. Neanche sorridere. Siamo d'accordo che il grande comico rifuggiva da testi impegnati, con pretese intellettuali. Però qui si esagera e la banalità estrema dei testi finirà col danneggiare lo stesso protagonista.

Ugo Buzzolan,«Stampa Sera», 25 maggio 1967


Superati gli schemi elementari e un po' deludenti delie due precedenti apparizioni, Totò è riuscito nella sua terza «farsa televisiva» a dar vita ad un personaggio nuovo, un poveruomo mite ed estremamente timido che a cinquant'anni è ancora «giovane di studio» e che i colleghi d'ufficio adoperano come bersaglio per i loro scherzi stupidi e spesso crudeli. Non è una grande storia, naturalmente e anche questa volta la fragile trama acquista una parvenza di vitalità unicamente per la presenza del protagonista; ma di farsesco e di ridanciano c'è solo la superficie, il meccanismo esteriore della vicenda, mentre in realtà la maschera che Totò presta al povero Oberdan Lo Cascio è quella patetica e perfino dolorosa di un uomo che non riesce a trovare il suo posto nella vita e che si vede respinto e beffato da quelle persone che considera amiche ed alle quali ha tentato di avvicinarsi con timido affetto.

L'equilibrio è difficile e delicatissimo e si deve riconoscere che Totò ha saputo mantenerlo con disinvoltura, attenuando i lazzi e gli sberleffi di repertorio con la misura che appare nelle sue ultime interpretazioni sullo schermo e con la sensibilità che era sua caratteristica. Atterrito e insieme felice, esitante e costretto ad agire da una forza nuova e irresistibile, vibrante e frenetico come un congegno elettronico che abbia perduto il controllo, il «Totò» che si introduce nell appartamento della bella moglie del principale, senza sospettare l’atroce beffa di cui è vittima ma anzi confusamente convinto di muovere i primi passi nella terra proibita deli amore, ci ha ricordato ieri i giorni di alcune tra le sue interpretazioni più felici.

Il «video», che Totò mostrava di temere e che aveva sempre rifiutato, non rende certo un grande servigio ad un attore che ha bisogno di spazio e di sfondi per le sue macchiette, i suoi movimenti scattanti. danze burattinesche; ma non sempre questa regola si dimostra valida. «La scommessa», come si chiamava la storia trasmessa ieri (e che ha visto insieme a Totò, Luisella Boni, Mario Pisu, Mario Castellani e Walter Chiari), pur rimanendo nei limiti di un lavoretto senza grandi pretese, ci è sembrata proprio un eccezione.

«Il Messaggero», 26 maggio 1967



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